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QUESTO E’ IL SITO
DI: FILIPPO ARMAIOLI MAGI
NATO A PISA IL 12/3/1977
ULTIMO AGGIORNAMENTO: 10/08/2008
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filippo12377@email.it
7.
La figlia del locandiere
Darkonnen era
una colonia piena di risorse, ma aveva sofferto numerose scorrerie negli anni
che rendevano i villici preda di un timore che pervadeva ormai il sangue dei
loro figli. Essi conservavano la runa di Pietra di Rok dentro un tabernacolo,
riposto con cura dentro l'anfratto di una caverna, dentro cui si accedeva alla
cavità che portava al ruscello sotterraneo che proseguiva nell'alveo del
torrente che scendeva verso il lago Batra.
Loihren era la donna più ambita nel villaggio. Tutti credevano che il
giovane Jann sarebbe riuscito a conquistarla, ma egli riusciva piuttosto ad
abbattere un fortilizio da solo che rompere quel muro insondabile di
indifferenza che lo separava da lei.
“Verahon, che
cosa devo fare?,” chiedeva disperato all’amico.
“Sai, Jann,
che per me quella donna ha una bellezza che non mi attrae. Quindi, se potessi
vedervi insieme, per me non sarebbe che una cosa gioiosa. Non vale lo stesso
per Jlovain, che pare aver posto i suoi occhi nella tua stessa direzione, ma
sai che lui è un Suvajim, una razza selvaggia. Lei lo disprezzerebbe.”
“Non temo
infatti lui, ma alcuni contadini. Alcuni di loro si sono arricchiti, anche con
furti e rapine, e con qualche sacco di monete mai avuto prima credono di valere
molto.”
“E perché
dovresti temere questi infingardi?”
“Raglan, un
mio fidato artigliere, mi ha confidato che alcuni di essi hanno tratto
fanciulle molto più valenti di loro quotidiane occupazioni cui erano solite, e
ne hanno fatto delle mogli, in un modo tanto subdolo che non si sa se l’abbiano
fatto loro malgrado.”
“Mi pare di
ricordare ora di qualche brigante, che derubando qualche giovane, le ha anche
costrette ad accasarsi con loro. Con questa dinamica di subdola azione, sono
nate una decina di nuove coppie nei villaggi vicini.”
“Loihren non
cederebbe facilmente, ma non è abituata alla povertà, e se venisse depredata di
ogni suo bene…”
“Difendila se
la ami, Jann.”
“Raglan mi è
vicino.”
“Chiama anche
Dave e Beim. Presentati a casa della giovane con questi scudieri a mezzanotte.
Intanto, io andrò alla Locanda delle Quattro Volpi, e davanti all’ oste
riferirò le belle qualità di questa tua amata.”
“Vuoi porla
tu di fronte al pericolo?”
“Tu sarai già
con i tuoi tre soldati presso la sua casa. Faremo così, perché tutti stasera
sono alle Quattro Volpi, e così scopriremo se tu hai da temere Firman e la sua
banda, oppure quella di Cergal, o quella di Hjurr. Sono questi i tre briganti
più attaccati alle donne che al denaro. Trovato il nemico che ancora non sai di
avere, certo lo porremo di fronte ad una bella preda innocente aiutandolo, ma
in realtà lo braccheremo in un’imboscata dalla quale tornerà malconcio.”
“Che altro
devo fare?”
“Prepara una
canzone per la tua bella, Jann. Perché stasera sarà la tua donna. E’fin troppo
tempo che ne tessi delle lodi, e mi spiacerebbe che te la soffiassero.”
Le Quattro Volpi a Darkonnen era il locale
di tutti. Chi non c’era, o era a letto, o si trovava a cercare guai nei
dintorni. Si trovavano in effetti Firman di Kelzburg, Cergal di Rok e Hjurr di
Benthar. E come era loro solito, davano fastidio a qualche ragazza. Un tale
Gill, vecchio e ubriaco, fece notare al locandiere che le donne che sceglievano
le Quattro Volpi dovevano sapere a
cosa andavano incontro.
“Vecchio
Gill, le mie clienti sanno dove vengono, e sanno ormai chi ci viene qui. Ma se
per qualche rozzo buono a nulla dovessi perdere proprio queste poche fanciulle,
che rappresentano l’unica attrattiva che mi rimane oltre ai liquori, non mi
chiamerei più Beim di Orios.”
“Beim! Sei
proprio tu davvero!”
“Chi mi
chiama?”
E dalla calca
dei suoi clienti fece capolino un soldato elegantemente bardato con un armatura
istoriata di marchi di distinzione, ossia di piccole targhe che testimoniavano
il buon esito di importanti battaglie.
“Riconosco il
distintivo che porti sul petto, uomo, perché ti aiutai a meritarlo. Verahon!”
“Così lontano
dalla tua nobile patria e dal tuo re, Beim, ti trovo qui nell’umile veste di
oste!
Ti stavo
cercando, perché un mio amico, Jann, che vedi qui al mio fianco, aveva bisogno
del tuo aiuto.”
“Ditemi pure.
Quanto a come mai sono il proprietario di questa stamberga, è presto detto. Ero
stanco di Warra, e Argant non ha mai
offerto riposo a chi come me non desiderava altro.”
“Sai che è un
re clemente. Ti accoglierebbe ancora in Orios.”
“Hai ragione,
ma la mia vita è qui. Con mia moglie e mia figlia Loihren.”
“E’tua
figlia, Beim? Pensa che siamo venuti proprio per lei.”
“Davvero?”
“Jann la
vorrebbe sposare, ma teme che sia desiderata da qualche brigante.”
“So bene che
è al seguito di Hjurr, e che anch’egli è di Benthar. Si chiama Vardang.
E’ quel
biondo che vedi dietro di lei.”
Jann non notò
Loihren, perché era gonfio di rabbia sentendo di avere questo nemico
sconosciuto, e sapendo che insidiava la sua amata. Era pronto a sfoderare la
spada, e a fendere fino alla morte Vardang di Benthar. Verahon notò la sua
rabbia dalla contrazione irosa che strideva i sopraccigli dell’amico fino a
stendere il suo sguardo in una morsa di odio implacabile.
“Jann,
contieniti. Ti presento Beim. La tua Loihren è sua figlia.”
“Messere
Beim, sono Jann, e amo da tempo Loihren, pur non sapendo che fosse figlia del
proprietario di questo locale, che non mi è sconosciuto. Più volte mi sono
ristorato qui con qualche compagno di strada.”
“E più volte
allora ho goduto del tuo denaro, ragazzo. Vuoi mia figlia? Bene. Vai alla
grotta di Sandur. Verahon saprà condurtici. Parlerai con una creatura senza
tempo. Se saprà darti buon consiglio, allora riparleremo della vostra unione.”
“Lo porterò
là, come tu ci consigli,” disse Verahon.
La caverna
era sepolta sotto una spessa coltre di muschio. Qualche piccolo roditore vi
faceva capolino talvolta, guizzando veloce per poi salire sul tronco più
accessibile, sparendo in cima agli alberi. Così ripida era la discesa
all’entrata di quel pertugio, che Verahon e Jann temevano di sprofondare dopo
qualche passo verso un fondo senza uscita. Una piccola luce testimoniava una
presenza che vi abitava, ma quando i due si avvicinarono si rivelò essere
proprio una viva luminescenza. Era Myha la fata.
“Chi siete?,”
chiese la creatura, prima ancora che essi capissero
di essere
stati scorti già da qualche minuto.
“Soldati in
tempo di guerra, ma veniamo in pace.”
“Se così non
fosse, vi avrei respinto entrambi senza darvi tempo di reagire. Sono reduce
anch’io da tempo di Warra.”
“Allora
combattevamo lo stesso fronte. Jann viene qui per ascoltare qualche tuo
consiglio.”
“Vi ha
mandato Beim l’oste, vero?”
“Sì.”
“Una volta
salvai sua figlia da un branco di lupi. Da allora Beim mi omaggia di offerte di
viveri, in misura tanto abbondante che spesso non so con chi condividerne.
Avete fame, o sete, viaggiatori?”
“Jann ha sete
di conoscenza, come io ho fame di saggezza.”
“Siete i
benvenuti in tal caso.”
“Jann ama la
figlia di Beim fino a far sì che ogni suo pensiero ne sia soggiogato.”
“Vedi, Jann,
quando un uomo si rivolge a una donna, e ne trae malìa, non sempre il potere di lei su di lui che si chiama
amore ha stessa intensità di passione. Ed ecco che ha vari nomi ciò che pare
un’unica emozione. Così si dice Labh Shalazai, amore di miraggio, per
definire quella sorta di inganno che è il tremare della pupilla dell’uomo di
fronte all’amata. Labh Yimhei , amore
di destino, è come è chiamato quel riconoscersi l’un l’altro che pare render
l’uomo specchio della donna, e viceversa. Ma nessun eroe può esser fermato dal
compiere azioni di ogni sorta per conquistare la propria amante, quanto egli è
in preda a Labh Shalazà, amore di
verità.”
“E’ quel che provo per
Loihren, credo.”
“Una passione pura?
Forse. O essa è nel tuo destino, o un miraggio forte, ma effimero. Ma non
chiederlo a me. E neppure lo domanderai
a lei, perché ne avrai vergogna e ti ritrarrai con rossore, né lo saprai da te
stesso, che non ne hai risposta. Questo ti dico per quel che posso io, Myha di
Eleon, per quel che so dai libri.”
“Mi hai rivelato cose a
me sconosciute, ma è come se nulla hai detto finora, e d è come se le mie
orecchie avessero accolto vento, invece che sagge parole.”
“Forse, Jann, dici
questo, perché davvero è vento quel che ti ho detto. Una ridicola brezza presso
gli alberi delle nostre terre. Un sussurro che puoi dimenticare, eroe, come se
nulla ti avessi rivelato.”
“Credo di amarla davvero,
Loihren.”
“E ti chiedi perché ti
sia tanto distante, anche quando ti è presso.”
“E ciò che si può chiamar
dolore, ed è quel che provo.”
“Una fitta talvolta anche
piuttosto lancinante.”
“A volte davvero. Proprio
così.”
“E come uomo ne hai
imbarazzo. Come cavaliere, se posso dire.”
“Puoi dire. La mia spada
ha nome Edana, ed è stata forgiata con la fiamma di un Drago di Luna.”
“Vedo che l’elsa è
particolarmente rifinita.”
“E’ istoriata con
finezza. Il pomo che vedi è zigrinato, perché riproduce la grana della cotta di
maglia ritrovata sul corpo di mio padre Aduan.”
Myha gli chiese se ne cercasse
vendetta, e gli occhi di Jann si persero nel cielo, e tanto le nubi si alzarono
allora, quanto le sue sopracciglia si distesero, conferendo al suo sguardo un
che di repentina perplessità e di dolore ancestrale. Così la fata si ammutolì,
e decise che fosse arrivata l’ora di separare la sua presenza e di ritrarsi per
la notte. Verahon si accorse che l’incontro aveva avuto fine, e girò il passo,
andandosene.
Jann guardò
poi il cielo con tanta intensità che pareva che il suo viso si incastonasse con
le stelle su in alto. E chi lo conosceva, al vederlo in quel modo, disse che
certamente a catturarlo era lo stesso Aduan il Grande, che se non fu re fu solo
per difetto di lignaggio e non di valore. Il pomeriggio del giorno seguente,
benché vi fosse poco tempo da dedicare all’ozio,
né gli fosse
permesso, Jann incontrò Loihren al mercato di Darkonnen, dove lei faceva le sue
spese per approviggionarsi delle vivande necessarie alla famiglia. La giovane si lasciò accompagnare dal
cavaliere con quel piacevole spirito libero che nasceva da non avere legami, né
la preoccupava che la maggior parte delle coetanee avesse già preso marito.
In effetti,
non ci pensava mai, e i giorni le passavano comunque così uguali e lesti che le
bastava rivedere l’alba del giorno seguente per riconoscere di aver ben vissuto
quello che precedeva. Per Jann, non era così. Loihren era un’ossessione che gli
privava il sonno, che lo fiaccava nell’intimo, come un serpente che gli
vibrasse dietro la schiena a ogni ora, punzecchiandolo senza sosta.
“Sei un
giovane di Darkonnen?”
Jann si
sorprese a sentirsi rivolgere la parola da lei. Non aveva mai sentito la sua
voce.
“Vengo da
Orios.”
“Sei un
Cavaliere del Nord?”
“Come lo
sai?”
“Ho riconosciuto
lo stemma araldico sul tuo petto. Sai noi contadine non siamo tutte ignoranti.
Ci portano dei disegni, su delle pergamente, talvolta, per raccontarci il mondo
fuori da Darkonnen. Dicono che non sono solo i potenti a dover essere
istruiti.”
“Chi ve li
porta?”
“Gli elfi che
vengono dalle Terre come pellegrini.”
“Dimmi di
te.”
“Sono così
come mi vedi. Non saprei che dirti. I miei giorni sono fatti di questi campi
che vedi attorno. Canta tu qualcosa per me, invece!,” chiese la giovane.
“Non l’ho mai
fatto.”
“Prova.
Ricorda qualche vecchio motivo che hai ascoltato ad Orios.”
E Jaan cantò queste
strofe nella lingua degli elfi:
Yarwan ezalé alois wahal saloan, Lorrayne, teru iy pleei
inn somme! Uon ouy nyss, alasharan do Elevon! On dalas omin hesson ehe!
Verso la terra andremo che porta il sorriso dei tuoi
occhi, Loihren, e piangerò se non ti vedrò su quei campi supina! Ma se ti scorgerò, ne gioirà tutta Elevon!
Ora adesso tutti, lasciate che parta!
E Loihren
capì che quelle parole erano rivolte a lei. Si lusingò, e arrossì vistosamente.
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