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NATO A PISA IL 12/3/1977

ULTIMO AGGIORNAMENTO: 10/08/2008

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7.

La figlia del locandiere

 

Darkonnen era una colonia piena di risorse, ma aveva sofferto numerose scorrerie negli anni che rendevano i villici preda di un timore che pervadeva ormai il sangue dei loro figli. Essi conservavano la runa di Pietra di Rok dentro un tabernacolo, riposto con cura dentro l'anfratto di una caverna, dentro cui si accedeva alla cavità che portava al ruscello sotterraneo che proseguiva nell'alveo del torrente che scendeva verso il lago Batra. Loihren era la donna più ambita nel villaggio. Tutti credevano che il giovane Jann sarebbe riuscito a conquistarla, ma egli riusciva piuttosto ad abbattere un fortilizio da solo che rompere quel muro insondabile di indifferenza che lo separava da lei.

“Verahon, che cosa devo fare?,” chiedeva disperato all’amico.

“Sai, Jann, che per me quella donna ha una bellezza che non mi attrae. Quindi, se potessi vedervi insieme, per me non sarebbe che una cosa gioiosa. Non vale lo stesso per Jlovain, che pare aver posto i suoi occhi nella tua stessa direzione, ma sai che lui è un Suvajim, una razza selvaggia. Lei lo disprezzerebbe.”

“Non temo infatti lui, ma alcuni contadini. Alcuni di loro si sono arricchiti, anche con furti e rapine, e con qualche sacco di monete mai avuto prima credono di valere molto.”

“E perché dovresti temere questi infingardi?”

“Raglan, un mio fidato artigliere, mi ha confidato che alcuni di essi hanno tratto fanciulle molto più valenti di loro quotidiane occupazioni cui erano solite, e ne hanno fatto delle mogli, in un modo tanto subdolo che non si sa se l’abbiano fatto loro malgrado.”

“Mi pare di ricordare ora di qualche brigante, che derubando qualche giovane, le ha anche costrette ad accasarsi con loro. Con questa dinamica di subdola azione, sono nate una decina di nuove coppie nei villaggi vicini.”

“Loihren non cederebbe facilmente, ma non è abituata alla povertà, e se venisse depredata di ogni suo bene…”

“Difendila se la ami, Jann.”

“Raglan mi è vicino.”

“Chiama anche Dave e Beim. Presentati a casa della giovane con questi scudieri a mezzanotte. Intanto, io andrò alla Locanda delle Quattro Volpi, e davanti all’ oste riferirò le belle qualità di questa tua amata.”

“Vuoi porla tu di fronte al pericolo?”

“Tu sarai già con i tuoi tre soldati presso la sua casa. Faremo così, perché tutti stasera sono alle Quattro Volpi, e così scopriremo se tu hai da temere Firman e la sua banda, oppure quella di Cergal, o quella di Hjurr. Sono questi i tre briganti più attaccati alle donne che al denaro. Trovato il nemico che ancora non sai di avere, certo lo porremo di fronte ad una bella preda innocente aiutandolo, ma in realtà lo braccheremo in un’imboscata dalla quale tornerà malconcio.”

“Che altro devo fare?”

“Prepara una canzone per la tua bella, Jann. Perché stasera sarà la tua donna. E’fin troppo tempo che ne tessi delle lodi, e mi spiacerebbe che te la soffiassero.”

 

 

Le Quattro Volpi a Darkonnen era il locale di tutti. Chi non c’era, o era a letto, o si trovava a cercare guai nei dintorni. Si trovavano in effetti Firman di Kelzburg, Cergal di Rok e Hjurr di Benthar. E come era loro solito, davano fastidio a qualche ragazza. Un tale Gill, vecchio e ubriaco, fece notare al locandiere che le donne che sceglievano le Quattro Volpi dovevano sapere a cosa andavano incontro.

“Vecchio Gill, le mie clienti sanno dove vengono, e sanno ormai chi ci viene qui. Ma se per qualche rozzo buono a nulla dovessi perdere proprio queste poche fanciulle, che rappresentano l’unica attrattiva che mi rimane oltre ai liquori, non mi chiamerei più Beim di Orios.”

“Beim! Sei proprio tu davvero!”

“Chi mi chiama?”

E dalla calca dei suoi clienti fece capolino un soldato elegantemente bardato con un armatura istoriata di marchi di distinzione, ossia di piccole targhe che testimoniavano il buon esito di importanti battaglie.

“Riconosco il distintivo che porti sul petto, uomo, perché ti aiutai a meritarlo. Verahon!”

“Così lontano dalla tua nobile patria e dal tuo re, Beim, ti trovo qui nell’umile veste di oste!

Ti stavo cercando, perché un mio amico, Jann, che vedi qui al mio fianco, aveva bisogno del tuo aiuto.”

“Ditemi pure. Quanto a come mai sono il proprietario di questa stamberga, è presto detto. Ero stanco di Warra, e Argant non ha mai offerto riposo a chi come me non desiderava altro.”

“Sai che è un re clemente. Ti accoglierebbe ancora in Orios.”

“Hai ragione, ma la mia vita è qui. Con mia moglie e mia figlia Loihren.”

“E’tua figlia, Beim? Pensa che siamo venuti proprio per lei.”

“Davvero?”

“Jann la vorrebbe sposare, ma teme che sia desiderata da qualche brigante.”

“So bene che è al seguito di Hjurr, e che anch’egli è di Benthar. Si chiama Vardang.

E’ quel biondo che vedi dietro di lei.”

Jann non notò Loihren, perché era gonfio di rabbia sentendo di avere questo nemico sconosciuto, e sapendo che insidiava la sua amata. Era pronto a sfoderare la spada, e a fendere fino alla morte Vardang di Benthar. Verahon notò la sua rabbia dalla contrazione irosa che strideva i sopraccigli dell’amico fino a stendere il suo sguardo in una morsa di odio implacabile.

“Jann, contieniti. Ti presento Beim. La tua Loihren è sua figlia.”

“Messere Beim, sono Jann, e amo da tempo Loihren, pur non sapendo che fosse figlia del proprietario di questo locale, che non mi è sconosciuto. Più volte mi sono ristorato qui con qualche compagno di strada.”

“E più volte allora ho goduto del tuo denaro, ragazzo. Vuoi mia figlia? Bene. Vai alla grotta di Sandur. Verahon saprà condurtici. Parlerai con una creatura senza tempo. Se saprà darti buon consiglio, allora riparleremo della vostra unione.”

“Lo porterò là, come tu ci consigli,” disse Verahon.

 

La caverna era sepolta sotto una spessa coltre di muschio. Qualche piccolo roditore vi faceva capolino talvolta, guizzando veloce per poi salire sul tronco più accessibile, sparendo in cima agli alberi. Così ripida era la discesa all’entrata di quel pertugio, che Verahon e Jann temevano di sprofondare dopo qualche passo verso un fondo senza uscita. Una piccola luce testimoniava una presenza che vi abitava, ma quando i due si avvicinarono si rivelò essere proprio una viva luminescenza. Era Myha la fata.

“Chi siete?,” chiese la creatura, prima ancora che essi capissero

di essere stati scorti già da qualche minuto.

“Soldati in tempo di guerra, ma veniamo in pace.”

“Se così non fosse, vi avrei respinto entrambi senza darvi tempo di reagire. Sono reduce anch’io da tempo di Warra.”

“Allora combattevamo lo stesso fronte. Jann viene qui per ascoltare qualche tuo consiglio.”

“Vi ha mandato Beim l’oste, vero?”

“Sì.”

“Una volta salvai sua figlia da un branco di lupi. Da allora Beim mi omaggia di offerte di viveri, in misura tanto abbondante che spesso non so con chi condividerne. Avete fame, o sete, viaggiatori?”

“Jann ha sete di conoscenza, come io ho fame di saggezza.”

“Siete i benvenuti in tal caso.”

“Jann ama la figlia di Beim fino a far sì che ogni suo pensiero ne sia soggiogato.”

“Vedi, Jann, quando un uomo si rivolge a una donna, e ne trae malìa, non sempre  il potere di lei su di lui che si chiama amore ha stessa intensità di passione. Ed ecco che ha vari nomi ciò che pare un’unica emozione. Così si dice Labh Shalazai, amore di miraggio, per definire quella sorta di inganno che è il tremare della pupilla dell’uomo di fronte all’amata. Labh Yimhei , amore di destino, è come è chiamato quel riconoscersi l’un l’altro che pare render l’uomo specchio della donna, e viceversa. Ma nessun eroe può esser fermato dal compiere azioni di ogni sorta per conquistare la propria amante, quanto egli è in preda a Labh Shalazà, amore di verità.”

“E’ quel che provo per Loihren, credo.”

“Una passione pura? Forse. O essa è nel tuo destino, o un miraggio forte, ma effimero. Ma non chiederlo a me. E neppure  lo domanderai a lei, perché ne avrai vergogna e ti ritrarrai con rossore, né lo saprai da te stesso, che non ne hai risposta. Questo ti dico per quel che posso io, Myha di Eleon, per quel che so dai libri.”

“Mi hai rivelato cose a me sconosciute, ma è come se nulla hai detto finora, e d è come se le mie orecchie avessero accolto vento, invece che sagge parole.”

“Forse, Jann, dici questo, perché davvero è vento quel che ti ho detto. Una ridicola brezza presso gli alberi delle nostre terre. Un sussurro che puoi dimenticare, eroe, come se nulla ti avessi rivelato.”

“Credo di amarla davvero, Loihren.”

“E ti chiedi perché ti sia tanto distante, anche quando ti è presso.”

“E ciò che si può chiamar dolore, ed è quel che provo.”

“Una fitta talvolta anche piuttosto lancinante.”

“A volte davvero. Proprio così.”

“E come uomo ne hai imbarazzo. Come cavaliere, se posso dire.”

“Puoi dire. La mia spada ha nome Edana, ed è stata forgiata con la fiamma di un Drago di Luna.”

“Vedo che l’elsa è particolarmente rifinita.”

“E’ istoriata con finezza. Il pomo che vedi è zigrinato, perché riproduce la grana della cotta di maglia ritrovata sul corpo di mio padre Aduan.”

Myha gli chiese se ne cercasse vendetta, e gli occhi di Jann si persero nel cielo, e tanto le nubi si alzarono allora, quanto le sue sopracciglia si distesero, conferendo al suo sguardo un che di repentina perplessità e di dolore ancestrale. Così la fata si ammutolì, e decise che fosse arrivata l’ora di separare la sua presenza e di ritrarsi per la notte. Verahon si accorse che l’incontro aveva avuto fine, e girò il passo, andandosene.

 

Jann guardò poi il cielo con tanta intensità che pareva che il suo viso si incastonasse con le stelle su in alto. E chi lo conosceva, al vederlo in quel modo, disse che certamente a catturarlo era lo stesso Aduan il Grande, che se non fu re fu solo per difetto di lignaggio e non di valore. Il pomeriggio del giorno seguente, benché vi fosse poco tempo da dedicare all’ozio,

né gli fosse permesso, Jann incontrò Loihren al mercato di Darkonnen, dove lei faceva le sue spese per approviggionarsi delle vivande necessarie alla famiglia.  La giovane si lasciò accompagnare dal cavaliere con quel piacevole spirito libero che nasceva da non avere legami, né la preoccupava che la maggior parte delle coetanee avesse già preso marito.

In effetti, non ci pensava mai, e i giorni le passavano comunque così uguali e lesti che le bastava rivedere l’alba del giorno seguente per riconoscere di aver ben vissuto quello che precedeva. Per Jann, non era così. Loihren era un’ossessione che gli privava il sonno, che lo fiaccava nell’intimo, come un serpente che gli vibrasse dietro la schiena a ogni ora, punzecchiandolo senza sosta.

 

“Sei un giovane di Darkonnen?”

Jann si sorprese a sentirsi rivolgere la parola da lei. Non aveva mai sentito la sua voce.

“Vengo da Orios.”

“Sei un Cavaliere del Nord?”

“Come lo sai?”

“Ho riconosciuto lo stemma araldico sul tuo petto. Sai noi contadine non siamo tutte ignoranti. Ci portano dei disegni, su delle pergamente, talvolta, per raccontarci il mondo fuori da Darkonnen. Dicono che non sono solo i potenti a dover essere istruiti.”

“Chi ve li porta?”

“Gli elfi che vengono dalle Terre come pellegrini.”

“Dimmi di te.”

“Sono così come mi vedi. Non saprei che dirti. I miei giorni sono fatti di questi campi che vedi attorno. Canta tu qualcosa per me, invece!,” chiese la giovane.

“Non l’ho mai fatto.”

“Prova. Ricorda qualche vecchio motivo che hai ascoltato ad Orios.”

 

E Jaan cantò queste strofe nella lingua degli elfi:

 

Yarwan ezalé alois wahal saloan, Lorrayne, teru iy pleei inn somme! Uon ouy nyss, alasharan do Elevon! On dalas omin hesson ehe!

 

Verso la terra andremo che porta il sorriso dei tuoi occhi, Loihren, e piangerò se non ti vedrò su quei campi supina! Ma se ti scorgerò, ne gioirà tutta Elevon! Ora adesso tutti, lasciate che parta!

 

E Loihren capì che quelle parole erano rivolte a lei. Si lusingò, e arrossì vistosamente.

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