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QUESTO E’ IL SITO
DI: FILIPPO ARMAIOLI MAGI
NATO A PISA IL 12/3/1977
ULTIMO AGGIORNAMENTO: 10/08/2008
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filippo12377@email.it
6.
Il concilio delle fate
Se le lande di Benthar erano celebri fra i viaggiatori, era per una vasta
distesa boschiva di conifere. Re Argant vi aveva
posto uno stendardo, e da lì sarebbe partito Jann
l'Impavido. Proveniva da Wasland, ed aveva salvato
alcuni Manoscritti regali dal furto operato da una banda di briganti di Kelzburg.
“Jann!
Ci hai raggiunto, finalmente. Il tuo supporto sarà certo decisivo.”
“Mitreis!
Mio vecchio amico! Ho percorso leghe sterminate per giungere qui! Ma Orios è in pericolo.”
“Il regno unico ne
beneficerà, perché se sarà, sarà solo se
sopravviveremo. E per questo, tu e noi tutti
Cavalieri del Nord siamo indispensabili. Una fanteria senza la guida dei giusti
condottieri rischia di cadere al primo attacco.”
“Dicono che altri nemici
si trovano a Derras e a Ventalean,”
rivelò Jann.
“Che tipo di nemici?,”
chiese Mitreis.
“Dromi
a cavallo di un Ippogrifo ha avvistato Ombre di
Fango.”
“Altro in vista?”
“Non ci sono nubi di Cheleb.”
“Questo è positivo.”
“Ma abbiamo perso mezzo
plotone della tredicesima unità a causa delle Rocken.”
“Questo è un gran male,”
disse Jann, “perché non abbiamo altri mercenari da
qui a Ventalean.”
Il sole si fece rosso
dietro gli alti fusti delle foreste. Lupi ululavano a est, mentre tigri dai
denti di lama potevano nascondersi in ogni anfratto. Jann
era inquieto, ma voleva dire altro. Appellò quindi Uwanish
per affidargli i suoi segreti, mentre Argant fece alzare il labaro di Wasland
accanto all'insegna di Orios, per segnalare il
supporto della sua legione. Faceva freddo, molto. Dulian
aveva le mani e le guance gelide, Rayne era
indebolita, seppur lievemente, e la piccola Faiem era
svenuta. Jolim faticava a tenere il comando della
truppa di guerriere, e risentì nel profondo della notizia che una fante, Glam, era stata colpita da un dardo runico. Stava per
morire, e questo fece tremare a incalcolabili distanze il cristallo azzurro di Eleon. Lhif pianse subito Glam di Aleas, credendola
spacciata, perché l'aura della sua anima apparì
sfocata anche davanti ai suoi occhi, che per un suo istinto telepatico potevano
ammirare anche questi fuochi. Subito si cercò fra i nemici chi fosse stato, e
ci provò Bantam di Rok
domando una Rocken. Glam fu
fatta rianimare, ma Bantam cadde sotto la sferzata di Mekangi
di Mersham, il primo orco che gli Ehlo
videro nella loro vita, mentre Koran era distante con
la sua prima unità. Molti nelle retrovie sentivano la mancanza di una guida
tanto autorevole, ma dovevano sottostare al comandante assegnato, che veniva
scelto naturalmente per le sue doti belliche e tattiche.
“Quello che
vediamo,” avvertì Argant, “ non è un semplice orco.”
“E'mostruoso!”
notò Dulian.
“Puoi dirlo
bene. E' un colosso, e indossa una corazza di scaglie di granito. Attenti alla
spada, perché pare che il ferro di cui è fusa abbia una consistenza assai diversa
dai nostri spadoni.”
“Alabarde e
mazze, Roke! Ehlo,
sguainate le else! E' ancora battaglia!,”
esortò Koran da un miglio, e fu udito perché imbracciava il corno,
e il suo fiato fu ampliato ad eco con risonanza vasta quanto una valle.
Indossava una
copricapo di pelliccia di giaguaro sotto l'elmo, dentro cui stavano due piccole
rune a protezione dell'udito.
“Attenti!
Giungono frecce a 40 gradi est!,”
avvertì Behjen, che aveva retrocesso dalle linee
avanzate per questo monito urgente.
“Mano agli
scudi!,” gridò quindi Lahmman.
Gli scudi si
alzarono con portento, e solo tre Ehlo caddero, e di
essi si salvò solo Jaan, perché Wul
e Ceremis erano stati colpiti gravemente. Mekangi gridò come un gorilla, e si batté le mani sul petto
in modo scimmiesco.
“Badokà, Attah! Sul
mio petto, sei mia!”
Era un
appello amoroso, che gli orchi gridavano invano, da quando le loro donne erano
state tutte decimate dalla malvagia Zaila, che voleva
tenerle soggiogate come schiave, e che le punì aspramente per il loro
coraggioso rifiuto alla sottomissione. Ora questo grido era grido di guerra.
Era lancinante, e questo, spiegò Mitreis, proprio
perché gli orchi avvertivano la loro disperata estinzione, ora che tramontava
l'Età delle Fate, e che l'esito di ogni lotta avrebbe decretato la scelta tra
Epoca degli Ehlo e il Supremo Regno Nero, che avrebbe
significato Karké, e la fine di ogni libertà.
Occorreva
scovarlo durante il viaggio, per poter consultare la sua sapienza, e ciò era
importante come essere presenti ad un concilio. Kariabe
il druida, che si era creduto essere un semplice monaco, accoglieva i viandanti
presso la grotta di Balah. Era ormai anziano, ma la
sua figura prominente lo faceva
venerando agli occhi di tutti. Era in cerca di Masia,
regina delle amazzoni di Ventalean. Sapeva da fonti
certe che essa li avrebbe fornito una truppa ausiliaria e avrebbe partecipato
come eroina col resto delle donne guerriere. Ogni forza doveva essere messa in
campo per vincere contro malvagi creature che avrebbero dominato incontrastate
per l'eternità.
Masia era in uno spiazzo all'addiaccio, e temeva le imboscate.
“Kariabe, vecchio amico di tempi che furono!”
“Masia la fattucchiera è oggi regina, da quanto so.”
“Ho
conquistato la mia reggia perseverando nella volontà.”
“E sei
sovrana come meriti. Ventalean è un buon regno?”
“I miei
sudditi mi rispettano, ma non hanno mai imparato ad adorarmi.”
“Sii contenta
dell’oggi, Masia, ricorda il passato con buona
memoria, e costruisciti un futuro
prospero e
lungo.”
“Parole sagge
quanto sono stati tanti i tuoi anni lontano da qui.”
Ed erano
stati molti, perché Kariabe aveva scelto di
abbandonare qualsiasi percorso che avesse a che fare con le amazzoni di Ventalean. Donne belle, ma con la guerra nel sangue, tanto
che ricercavano il Male tanto più che ne stavano lontane. Un indole volubile
che le rendeva compagne assai scellerate. Kariabe
aveva conosciuto Ljorme fin quasi a farla sua moglie,
prima che partisse per le lande di Mersham senza fare
ritorno. Quando Masia lo avvertì che gli orchi
l’avevano fatta loro prigioniera, a poco più di trenta anni, Kariabe ne ebbe tanto turbamento che i capelli gli
divennero più bianchi di quanto lo fossero quelli di ogni anziano di ogni
landa. Gli si dovette versare dell’infuso di aloe e un impacco con abelmosco per sedare una sorta di malattia
oculare che lo avrebbe reso certo cieco.
Jolim vide splendere l'armilla di Jahlia, e mancò poco
che fosse accecata dal raggio riflesso. Significava pericolo. Quel riverbero
non poteva essere provocato dal sole, ma era generato da un forte richiamo
silvano. I boschi trasmettevano la loro paura, in certo qual modo, attraverso
una vibrazione che quel gioiello captava e rifulgeva.
“E' tempo di un Concilio,
Jolim?”
“Raccogliamoci attorno al
Baobab dalle Mille Liane.”
Quest'albero immenso era vivo.
E le verdi piante funicolari ondeggiavano sferzando chiunque fosse a tiro. Era
una grande minaccia, ma l'unico spiazzo dove riunirsi si trovava
al centro dell'arco di
rami che abbracciava tutti là attorno. Jolim si pose
al centro della radura.
“Ochvernon
ha rischiato di venire travolto da una sferzata.”
“Jahlia,
ho sentito gridare anche altri, dietro noi.”
“Dobbiamo recidere una di
queste liane. Jolim, cos'altro è da fare?”
“Afferrate i pomi dei
vostri scettri, ed estraeteli dai budrieri.”
“Dobbiamo porli al
centro.”
“Esatto, Rayne.”
Il cerchio con la liana
era un ampio anello mistico. La linfa che sgorgava dalle fenditure prodotte dai
pugnali avrebbe colliso coi
pomi degli scettri,
favorendone la luminescenza.
“Scettro di Alhys in posizione!”
“Sono Rayne,
e questo è il mio bastone di Orios!”
“Jolim
è qui! Porto l'asta di diamante di Eleon!”, e unì le
else di due pugnali ad incastro, posando a terra il gioiello.
“Il mio nome è Jalhia di Aleas, e distendo il
cristallo di Benthar!”
“E' formato il quadrato!
Evoco Sarar, e appello Lhif
la nostra sovrana!”
Lhif apparve dietro una
sfolgorante porta di luce.
E Lim
la onorò con un canto:
Elly ohy! Ohy! Laimi
len
ohmi, lami len
osthaf
Khara fairry! Soweilo!
Doren saì metheron
alaysia fholj ecaronghà!
“Siamo tutte qui! Tutte insieme! A riunire le forze
di noi fate nel concilio a Khara! Partiremo! Rivedremo domani la nostra terra certe del richiamo della nostra
nostalgia!”
“Vi rivedo con gioia nel
cuore. Presenziamo il Concilio. Khara è l'ultimo baluardo
prima dello scontro finale. Jolim, a te la parola.”
Jolim apparve, bellissima come
la più splendida fra le creature. Girò gli occhi a destra e a sinistra, per
guardare Alhys che era tremante preda dell'emozione, Rayne che sudava dalla tensione e Jahlia
che guardava il cielo che benché terso non le parve provvido di segnali di buon
augurio. Jolim riprese il suo scettro da terra e lo
roteò facendolo fluttuare in aria. Lampi di luci colorate effusero attorno.
Era uno spettacolo unico
che altre stirpi non avrebbero mai condiviso. Faiem
era nervosa perché desiderava incarichi di più alta responsabilità, mentre Lim era contenta se talvolta poteva distrarsi cantando. Suaar lamentava invece che non si fosse chiesto il suo
supporto
nell' unione degli
scettri, ma capì da sé che per quattro lati non serviva un quinto alfiere.
“Jolim
vi dice, care amiche, che i nostri pugnali non basteranno. Propongo di
reclutare altri Gnomi da Rok. Esiste una colonia che
vive su un veicolo aereo.”
“Stai parlando di Hube.”
“Esatto. Almeno
quattordici plotoni. I primi sette avanzano con insegna rossa, e sono
capitanati da Malao,
Ialke, Inuma, Tanis, Fajares, Shar, e Gonta. I restanti portano baluardo viola, e ne hanno il comando Jaan, Verahon, Trull, Balio, Saffar, Dromi, e Laco.
“Andremo a scovarli
volgendo lo sguardo al cielo. Ora, amiche, scettri uniti, ancora!”
“Alhys
è pronta!”
“Jahlia
in posizione!”
“Rayne
è qui!”
“Ed io, Jolim, completo il quadrato! Evoco Sarar e
chiamo Nazé!”
Nazé apparve senza avere idea
di come si trovasse catapultata da un luogo all'altro.
“Sono stata mandata in
esilio, per essere salvata da Varak, mio padre.
Perché mi volete, adesso?”
“E' il tuo corno che ci
servirà. Richiameremo i Roke di Hube
dopo averli avvistati in volo.”
E stabiliti i propositi
si sciolse a Khara il Concilio delle Fate.
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