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NATO A PISA IL 12/3/1977

ULTIMO AGGIORNAMENTO: 10/08/2008

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4.

Il Sesto Mondo

 

Mai il giubilo si era unito al cordoglio fra un popolo vincitore di una guerra lunga e sanguinosa. I trabucchi erano stati riposti come erano stati durante il trasporto. Uno solo fra essi era stato colpito da un nugolo di Ombre di Fango, e fu lo stesso impeto che le travolse a distruggere la torretta, che era riuscita fino a quel momento a stendere numerosi militi arcieri dietro alle feritoie del Castello Nero. Il fatto che queste avessero un’ampiezza fuori dalla norma, fu un fattore che facilitò la mira nel lancio delle balle infuocate. Ora tutto era finito, e il viaggio doveva proseguire. I Roke erano sconvolti per gli amici perduti, ma ebbero una parziale consolazione nel vedersi riportare parte dei dispersi dagli Ippogrifi, che giunsero in volo ed atterrarono proprio per ricongiungere gli Gnomi di Rok. Nome questo che portavano da sempre, ma che in realtà non gli si addiceva, perché non avevano ali né si libravano in aria. Dovevano questo epiteto al fatto che molti scambiavano i loro fulmini per esseri aerei e sfuggenti. Gione piangeva Sevinnar, Wangaro, Stenthod, e Mutraligh. Ma il suo volto si aprì in una gran sorriso quando apparvero Olhete, Burokai e Lahmman. E si erano salvati anche Bargil, Taga e Vegimé di Rok. Il loro ritorno fu considerato come un premio prezioso e insperato.

“Burokai! Taga! Amici cari! La pena per la vostra assenza ci ha logorato il cuore.”

“Comandante Gione,” rispose Taga, “abbiamo temuto per noi, ma anche per voi che siete proseguiti là dove noi forse non avremmo avuto tanto coraggio di arrivare.”

“Dici questo solo perché hai subito un gran trauma nel rapimento. Siete tutti parte delle nostre truppe, e avreste sicuramente avuto una parte determinante contro Zaila. E’ morta, Taga.”

“Abbiamo vinto la furia della Regina Nera?”, si stupì Ohlete.

“Anche senza di voi, sì, e ora che siete tornati le nostre forze aumentano.”

“Più alleati abbiamo, più possiamo contrastare l’Esercito Nero.”, sentenziò Vegimé.

“Abbiamo sconfitto i militi di Zaila, ed eliminato lei e Xein, nonché tutte le Arpie.”

“Anche le Arpie, Koran? Manchiamo da molto, in effetti, e non sapevamo che le aveste incontrate.”

“Il loro antro era il passaggio obbligato per il Castello.”

“Dove dobbiamo andare, adesso?”

“Non abbiamo mappe”, rispose Mitreis, “Ma non si può non proseguire, per la salvezza di Orios.”

“Cos’altro è da temere, dopo tutto ciò che abbiamo affrontato?”

“Abbiamo sempre temuto Zaila per la sua fama, e non conoscevamo la potente Xein.

Mentre diffidavamo di Treia la Strega, in cui abbiamo trovato invece sostegno.”

Treia, sentendo che la si nominava, rispose che non poteva far pratica di alcuna fattura, ma che da quel momento in avanti si sarebbe sollevata dalla fatica di anni di prostrazione, e avrebbe continuato il suo cammino con loro. Apparve in quell’istante Jahlia, una fata di Sesto Ordine. Era possente, ed aveva abilità di arciere, che mostrava indossando una capiente faretra e portando con sé una robusta balestra. Sembrava voler unirsi alla carovana di eroi, ed invece pareva avere intenzioni ostili.

“Provocherò Karké, e senza evocare, se non mi mettete a conoscenza delle vostre intenzioni! Non minaccerete il Submondo di noi fate, vero?”

“Jahlia, sei tu? Non credevo ti saresti evoluta tanto.”

“Rayne? Tu? Manchi da molto, e la Regina teme che tu non torni.”

“Tornerò. Ma tu vuoi minacciare chi mi accompagna, o venire con noi?”

“Ora che so che sono con te, potrei unirmi ovunque andrete. Chi è il comandante?”

“Io, Koran di Orios, e tu sei Jahlia che tre anni fa cercò di rubarmi la spada.”

“E tu mi facesti perdere tre ordini di potere in un colpo vanificando anni delle mie fatiche.”

“Tu infastidisti i Roke fino a fargli credere che fossimo loro nemici.”

“E tu, Koran, mi hai indicato Lahmman di Rok come possibile sposo, tanto da fargli credere che potesse sperare di diventarlo. La sua corte è stata un vero fastidio.”

“Jahlia, tu?”, rispose Lahmman,”Sappi che fu Dulian a indicarti come una dolce compagna, mentre non sei che un’ irrequieta cacciatrice di guai. E oggi son ben contento…”

“Basta!,” pregò Rayne, “Non leggo odio nei vostri discorsi, eppure tanto risentimento non può che portare che al più acido livore, ed è tempo di cercare un periodo di Eyòjim senza fine.”

“Eyòjim! Da quanto non sentivo una simile parola feerica.”

“E’ elfico. Noi diciamo così, perché gli elfi…”

“Perché gli Elfi ce l’hanno tramandata, capisco. Ma dico feerico, per dire che ormai…”

“Non è da dire alcun ormai, Jahlia. Parleremo come ci è dato, ma ricorderemo cosa è fatato e cosa lo è solo perché si è voluto affibbiarcelo. Ciò che è elfico non è nostro nel profondo.”

“So che tu, potendo, ti esprimeresti col pensiero sempre, ma non possiamo.”

“Evitiamo questa diatriba. E mi pento di essere tra le poche fate che ancora si illude di poter comportarsi da purista viaggiando fra i Mondi.”

“Jahlia, conosci una via che possa condurci a Orios senza passare per Carcade o Melev?”

“Se non è stato distrutto dai Giacopeti o dalle Arpie, il Ponte Faradh Anuke’em, il Passaggio del Menestrello, costruito da mano d’orco, è ancora in piedi e può trasportare una moltitudine di passeggeri.”

“E gli Orchi? Ne incontreremo?”

“Non credo. Vivono nella loro terra, Mersham.”

“Mersham?”

“Il sesto Submondo abitato. Non è nelle mappe dei Manoscritti di Orios?”

“Noi conosciamo quattro terre sopraelevate, e il Submondo di Kadm Serel.”

“Mersham è anch’esso un Submondo, ed è la vera minaccia per il Regno delle Fate e per l’Eyòjim universale.”

“Voi Suvajim conoscete gli Orchi di Mersham? Che esseri sono?”

“Letali, feroci, delle bestie selvagge. Non sono fortissimi, ma hanno abilità militari che noi non conosciamo, e cercano Warra come noi cerchiamo di evitarla. Ne sono affamati.”

I Re furono richiamati da Koran a concilio. Argant, Karaki, e Sihol stipularono un patto secondo cui si sarebbero impegnati a ritrovare le sfere. A qualsiasi costo e con ogni mezzo  e forza a disposizione, spinti dall’odio e da esso fortificati nel perseguire la conquista di un’indipendenza troppo a lungo anelata.

 

Fu tempo di matrimonio ad Orios, e Dulian e Koran vissero il viaggio di ritorno, riattraversando Melev, regione meno impervia di Carcade, e ricongiungendosi dopo un anno intero di cammino, intervallato da soste notturne. Fu la pressione delle mani di Rayne a ridare a Dulian i contorni del viso che le erano stati dati dalla natura. Rivedere il Palazzo Elfico dopo più di quattrocento anni di cammino indefesso e irto di insidie, fu come avere davanti a sé l’apparizione di una meravigliosa statua di gigante, o altro istoriato colosso, la cui mirabile possanza faceva sentire piccoli come formiche. La Regina Leci abbracciò la figlia con trasporto, facendola sentire minuta come bambina.

“Madre, sono una guerriera, ormai, e mi fate sentire come se gli anni non fossero mai trascorsi, ma lo sono.”

“Koran mi ha chiesto di farvi divenire entrambi umani.”

“Ho già alterato il mio aspetto, e devo trasmutare nuovamente?”

“Te lo chiede tuo marito, e tu sei oggi sposa.”

“Abbiamo altro da dirti, figlia mia.”

“Cos’altro? Questo ritorno è così ricco di sorprese.”

“Ebbene, ti annunciamo la nostra abdicazione.”

“A favore di Uwanish?”

“No il nostro Uwanish dimostra forza ed irruenza, ma ho pensato a Mitreis, che ama  Gerodel, e che tanto ha speso in anni di studio dei Manoscritti da acculturare molti Ehlo varie discipline.”

“Mitreis è stato un elemento tanto valido in battaglia, in effetti, quanto acuto nel risolvere problemi.”

“Sire, Regina Leci,” gridò d’un tratto Rayne, “E’ finalmente Eyòjim. E’ pace!”

“E’ vero, si intravede l’arcobaleno Calidos. E monocolore, ma cangiante. Guardate, Ehlo!

Ci augura forza e serenità.”

“Ammirate Dulian e Koran! Sono Grandi Jem, adesso! Umani!”

Il Re degli Uomini Virigario e la regina Dara non accolsero i due sposi nella loro terra, pur conoscendo la loro indole irreprensibile.

“Vi sosterremo come potremo in altre avventure, ma Koran e la sua regina devono tornare Ehlo, perché non possiamo accettare nuovi ibridi.”

“Ma Re Virigario, sono anni che conviviamo in armonia.”

“E l’armonia, Argant, la si mantiene con questo patto, che non avete da scordare: nessuna mutazione di forma tra i nostri popoli. Nel ridimensionarsi, vi avverto che entrambi i vostri Ehlo possono subire una prostrazione assai prolungata e dolorosa.”

Dulian fu scossa, ed in effetti tornò alle dimensioni consuete traumaticamente. La regina Dara la soccorse, ma per una settimana avrebbe dovuto riposare. Koran era più forte, ma anche lui fu scosso. Gli sposi furono assistiti da tutti i loro sudditi, e da Rayne che profuse loro parte della propria energia. Si ristabilirono presto, e in fondo amavano restare Ehlo fra Ehlo, mentre essere uomini era parso a Koran un passo obbligato per migliorare sé, come l’evoluzione di un Arpia o di una fata. In realtà, sentirsi umano non gli parve una grande esperienza. Si era sentito piuttosto goffo, e Dulian poco regale, anche se il cambiamento era stato una pura questione di dimensioni. La loro salute si ristabilì presto totalmente. Jahlia ricondusse Rayne verso Eleon. Treia fu accolta fra gli umani su interesse di Leci, che voleva apprenderne alcune arti divinatorie. I Fulminati sarebbero tornati a Rok, ma sapevano di dover attendere un nuovo viaggio con gli Ehlo alla ricerca delle Sfere. Trejo e Hovetrix tornarono invece a Clamidia. Non prima che Hovetrix suonasse il Corno di Nazé, e tutti furono trascinati da quel suono roco e arcano. Si seppe che ad ogni nota di quel legno, gli Umani sarebbero corsi in loro aiuto.

 

Si cantò allora:

 

                                   Asy fohol’ ho decaule mitterrhen

farad’han Li-Lè Dome carohì!

                                    Epthilà derené, secar annuh jes

                                    carahò! Fatì miconae severjem!

                                    Atonhà carhad fayr dehen lilaj!

 

Così non si muove foglia se il vento non soffia, tanto la gilda degli eroi giunge al suono d'un unica campana! Decine di rintocchi, muovono ogni gruppo a coorte! La sapienza delle fate ci guiderà! Del loro alito è piena la vita d'ognuno!”

Ed ebbe splendore più fulgente Calidòs, e continuò periodo di Eyòjim.

 

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