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QUESTO E’ IL SITO
DI: FILIPPO ARMAIOLI MAGI
NATO A PISA IL 12/3/1977
LA MIA E-MAIL E’:
filippo12377@email.it
12.
L’ultimo orco
Orios visse tempo di pace
finché non fu scoperto che due grandi guerrieri erano stati fatti schiavi.
Warra era stata conclusa, ed era Eyòjim. Eppure Koran e Dulian non potevano far
festa. Al Palazzo, Argant viveva ore di attesa
e di angoscia. Sua figlia e il suo miglior condottiero erano preda delle
forze oscure del Regno Nero. Così si narra che Bhor partì da Lotragh, la sua
terra, con soli tre uomini, Kam, Jori e Anadh. La condizione di Koran e Dulian
nei luoghi della prigionia fu un pensiero vivamente preoccupante, e Bhor accelerò
subito il trotto del suo destriero come se i due eroi di Orios fossero suoi
fratelli. Ed in effetti Bhor aveva conosciuto Koran, e ricordava come da
piccoli si fossero fabbricati dei rozzi pugnali di legno con pezzi di tronchi
d’albero giunti con chiodi malfermi, e con essi erano soliti porsi uno di
fronte all’altro per dare il via a furiose scaramucce, le quali finivano sempre
con qualche contusione, perché Koran era più gracile, prima di crescere. Dopo
una malattia, toccò a Bhor constatare che l’amico era divenuto più potente, ma
Koran si guardò bene dal farglielo notare.
“E’ così, sei tu il più
forte, Koran di Orios.”
“Ma non lo merito.”
“Forse no. Ma sarai tu un
giorno a prendere il Regno. Ne sono certo.”
“Balle! Lo dici perché
adori vedermi nei guai.”
“Credi che voglia
consigliarti di sfidare Argant, il nostro Re?”
“Tu lo faresti.”
“Ti sbagli. Volevo dire
invece che credo che otterrai un grande potere. Ma con le tue mani, col tempo,
e Re Argant non ne soffrirà. Credo questo.”
“Sei profetico.”
“Noto il tuo sorriso
sarcastico. Non sono un veggente, Koran. Vedrai comunque se sto vedendo bene
dentro me quel che sento riguardo il tuo futuro.”
“Lo vedremo insieme.
Sarai al mio fianco sempre, Bhor?”
“Mio padre vuole che
diventi scudiero.”
“Anche il mio.”
“Ci affideranno a
cavalieri diversi, ma ci ritroveremo nelle stalle.”
“Non voglio esserlo.”
“Cosa, Koran?”
“Non voglio servire
nessuno. Io sarò cavaliere.”
Gli anni passarono, e
solo Bhor divenne scudiero, perché a Koran toccò essere un fabbro.Tempo dopo, i
meriti dei due giovani li promossero tanto che divennero cavalieri, sotto la
lama della spada di Argant, che li consacrò a vita militare. Ad Orios non
successe niente di mirabile per lungo tempo, e Koran visse anni sereni con la
sua gente, finché non bussò alla sua porta un essere tanto delicato nel corpo
quanto tenace nel carattere. Era Sevaren da Eleon a fargli visita, e, come
tanti suoi ospiti, il cavaliere non la conosceva, e dovette chiedere a se
stesso se facesse bene ad accogliere chiunque con favore. Il tempo di Warra era
lontano, ma la paura di nemici vendicativi, sopravvissuti e gonfi d’ira, era
rimasta in chiunque, tornato in patria, aveva combattuto ed era uscito salvo
dal conflitto. Dulian guardò Sevaren con sospetto, ed era tentata di scacciarla
non perché temesse che ammaliasse Koran, del cui amore si fidava, ma per quanto
quello che aveva vissuto scendendo in campo la aveva tolto riguardo la fiducia
nel prossimo. Dulian non si affacciava più al balcone. Argant, il Re, le aveva
chiesto perché si ritraesse dallo sporgersi fuori dal palazzo, dato che era
cosa a lei molto gradevole e consueta, ma la figlia del sovrano non avrebbe
saputo rispondere, perché se avesse rivelato che non si fidava più di nessuno,
forse nemmeno dei suoi sudditi, avrebbe angustiato il padre, che sarebbe stato
roso da una preoccupazione inutile. Anche Koran era diverso. Non le parlava più
così spesso, e passava maggior tempo con Mitreis e Uwanish. Sevaren spiegò
subito chi fosse. Si presentò come una sacerdotessa druida, e disse che ciò
benché inconsueto in Eleon, era ben tollerato. Era una adepta di Kariabe e si
era mutata in fata a seguito di un incantesimo, suo malgrado. Aveva bisogno di
aiuto. Dentro i boschi della contea di Arvillion, ad est di Darkonnen, si
celava una minaccia silvestre che le stava rendendo la vita difficile,
intralciando un tratto di sentiero che era essenziale per tornare ad Aleas
Eleon.
“Si tratta di Troll dei
Boschi, cavaliere Koran.”
“Dovrei combatterli con
voi?”
“Dobbiamo annientarli
insieme. In cambio posso offrire il mio aiuto in altre imprese.”
“Sembrate una buona
guerriera, in effetti.”
“Ho sconfitto molti
Esseri Neri con la mia spada.”
“Sevaren, ti saremmo di
aiuto, ma vedi, sono anni che siamo in pace, e non credo che sarebbe bene per
noi muoverci da Orios.”
“Devo tornare ad Eleon.
Non sopravviverei a lungo ancora nelle vostre Terre, benché siate tutti così
ospitali da non farmi sentire una straniera.”
Quindi Koran partì,
spinto dalla nuova missione, seguendo il volere di questa femmina come se
soddisfacendo lei seguisse il volere della sua donna, vedendo in ognuna quella
stessa che le era sempre accanto, e in ciò era tanto romantico che di fronte
agli altri cavalieri avrebbe perso la stima, se non fosse che Jann aveva più
volte ecceduto per la sua Loihren, palesando una forma di servitù che aveva
fatto temere sulla sanità del suo senno. Koran guardava con affetto a Jann per
questo suo amore impetuoso, e Dulian vedeva in Loihren sé stessa. Sevaren non
aveva tempo che per la lotta, e a Koran pareva che ci fosse molto di
Behjen in lei.
Nel bosco, non si
tardarono a scorgere i Troll. Erano brutti come funghi marci, alti e selvaggi.
Mugolavano, mentre raspavano il terreno coi piedi lunghi e tozzi dalle unghie
uncinate. Erano sporchi, e avevano gli occhi giallastri, iniettati di sangue.
Erano stupidi, ma ciò che non avevano di intelligenza, lo avevano acquisito con
l’esperienza. Koran ne fece cadere tanti quanti ne incontrava, e il fatto che
ne spuntassero altri, gli faceva stancare il polso, per quel moto del braccio
con cui fendeva e atterrava le creature. Uno, due, tre! Ed ancora uno, e un
altro! Koran non aveva pietà, perché in Sevaren c’era lo sguardo fermo di chi
si muoveva col giusto passo. I Troll custodivano il Talismano degli Antichi,
una reliquia molto preziosa, e Koran lo staccò dal collo di Borag, il loro
capo. Era stato così facile accontentare Sevaren, che per un attimo Koran
credette che la straniera volesse portarlo verso una proditoria imboscata. Si
accamparono sotto il Tempio di Anzil, e Koran si promise l’indomani di
entrarvi,per incontrare Kariabe. Nel Tempio, il druida insegnava le antiche
arti della lotta tramandategli dal mago Achitor, il suo precettore. Le pareti
del tempio erano in alabastro, con colonne in rubino, mentre un grande diamante
campeggiava nell’atrio. Chiunque aveva tentato di toglierlo dall’incastro, non
aveva più mosso altro passo. Sevaren e Dulian rimasero fuori, perché per le
donne era previsto che prima dovessero incontrare Eldira, la madre di Kariabe,
e partecipare a un rito di suffumigi, in cui avrebbero dovuto bere un elisir.
Eldira volle sapere tutto sui Troll, perché, non potendo uscire dal tempio, a
causa di una grave infermità, soffriva di solitudine. Eldira fece loro un
discorso che le mettesse al corrente di ciò che i Cavalieri già sapevano.
“Narrano i Manoscritti
che ci fu caos, dapprima, mie care. E poi il vuoto, e il nulla. Creature mai
viste prima popolarono terre nate dallo squarcio della materia nel fuoco. E ci
fu chi ebbe supremazia, e chi dovette soccombere, e non si sa di che non c’è
più, ma solo di chi e di cosa esiste ancora nelle Grandi Terre. Furono i Regni.
Ed ancora conflitti, finché diviso il globo si separarono anche le genti. E fu
ancora il caos. Capitarono anni di buio e di sofferenza. Ma prima che le cose
volgessero in peggio, si mosse chi avrebbe cambiato il suo destino e quello delle sue genti. Così
si misero in marcia i miei compagni, ed io li segui disperando riguardo
l’azione intrapresa, sulla sua bontà ed efficacia, temendo per i giorni del
prossimo avvenire. Era previsto che il regno delle Forze Nere si sarebbe
concluso, o che, al contrario, avrebbe soggiogato ogni altro dominio
conquistando posizioni nelle Terre a seguito di battaglie inenarrabili. Si
racconta che numerose quantità di esseri a cavallo percorsero leghe e leghe per
il bene dei propri simili, a costo di non tornare mai più nei luoghi che li
avevano visti nascere e crescere, e che tale era la distanza percorsa nella
fuga precipitosa, che c’era chi si sentiva invaso da un senso di vuoto, e per a
nostalgia perfino prendeva malore o diveniva folle. Questi uomini tornavano
indietro, spesso, ma venivano attaccati da creature mai viste prima, e non
facevano più ritorno là dove erano attesi ed amati. Chi andava avanti, chiunque
fosse, scudiero o fante, perdeva la paura, o imparava a dominarla. E in ogni
caso, diventava un eroe, e veniva ricordato per sempre.”
Dulian e Sevaren ebbero
un brivido perché ciò che Eldira disse faceva parte della vita dei loro
genitori, e per loro fu come immedesimarsi nella vita di chi le generò.
“Jakkar è uscito dal
Labirinto. Si tratta di una costruzione elfica dentro cui Lhif l’ha rinchiuso
dopo il suo tradimento.”
“Come lo sai, Kariabe?”
“Quando compie uno
sforzo, lancia nel cielo una luce rossastra. E’ il simbolo della vecchia runa
di stella.”
“Che tipo incredibile.
Devo averne paura, druida?”
“E’ un elfo.”
“Allora non ho nulla da
temere.”
“Non lo uccidere, però.
Dall’oracolo del Tempio ho sentito grave sentore di sciagura nel caso che altre
vittime aumentino i numeri del dolore di questo secolo.”
“Parli come una
sacerdotessa.”
“Somiglio a Meni, vero?”
“Non me la ricordare!”
“L’amasti prima di
Dulian, e oggi è per te fonte di dispiacere, perché vorresti che il tuo sentimento
per lei sia più puro. Ma Meni è così lontana nel tempo dei tuoi affetti.”
“E’ il nodo di un
gomitolo che la mia memoria ha già strappato.”
“Io la ricordo con
profonda mestizia. E’ esplosa in aria a causa del tuo rifiuto, lo sai?”
“Me lo disse Masia. Non
volevo crederci che si potesse arrivare a tanto.”
“Meni era una Hoss. Si
tratta di un tipo di ghoul benevolo.”
“Le Hoss non sono
fantasmi?”
“Sono spettri di Ehlo. Ne
vide tante Achitor, e per esse fu cieco.”
Dulian avvertì gli eroi
che Sevaren stava piangendo.
“Che hai, creatura
innocente, che ti disperi mentre ogni incubo è finito?”
“Ho nostalgia di Eleon.
Sapete, la vostra Elevon prende nome dal mio Mondo, che è più antico, anche se
nessuna colonia nacque da noi. Il nome lo portò con se l’antico Re di Orios
Agon, della prima dinastia dell’Epoca del Fuoco.”
“Che ti succede? Stai
diventando sempre più pallida!,” si allarmò Dulian.
“Muoio, amici, e vi
ringrazio per la cura che mi avete offerto, e per la protezione. Muoio, perché
Eleon è lontana. E’ la colpa è del talismano dei Troll. Sì, quello che ora hai
al collo.”
“Non puoi morire,
Sevaren! Vedrai, tornerai a casa, e così noi.”
“No, vado via per sempre.
Ma in fondo sono felice. Mia sorella Livan era stata colpita da un Troll
di nome Ghiarr, e da allora
in poi non ebbe fine il suo pianto. Non l’aveva ferita in modo grave, ma
l’aveva scossa. Non ne morì, ma solo dopo tre anni si calmò, e io per quel
tempo persi il piacere di averla con me.”
“Tornerai da Livan!”
“So che sta bene. Addio!”
Sevaren se ne andò. Si
disgregò come si rompevano le gocce d’acqua al suolo durante la pioggia.
Le sue molecole si
unirono al vuoto e al tutto, e da Eleon Livan iniziò a piangere, vedendo quel
che stava succedendo alla sorella con gli occhi del cuore. Koran, vedendo Dulian
struggersi anch’essa, guardò Kariabe, come se cercasse un aiuto insperato.
“So cosa chiedi, Koran.
Forse si può fare qualcosa. Eldira può far tornare Sevaren tra noi. Ma non sarà
la stessa. Sarà una Hoss.”
“Livan la troverà
diversa?”
“La faremo vivere tra noi
per un periodo, e cercheremo di farla somigliare a quella che era.”
“Bisogna impedire troppe
sofferenze.”
“E’ ciò che insegno al
Tempio di Anzil, Dulian. Vorresti seguire un addestramento?”
Dulian accettò. Il corso
fu costituito da più fasi, e se alcune di esse furono costituite da
insegnamenti di Eldira altri lo erano da veri e propri rudimenti di tecniche di
combattimento, seguiti da istanti di meditazione. Eldira insegnò a Dulian a non
seguire i maschi fino ad annullare la propria femminilità mentre Kariabe, al
contrario, le insegnò a somigliare a un uomo. Un andito del Tempio era adibito
ad arena, e vi entrò Re Karaki, seguito dal giovane Jori.
“Kariabe, no. Non puoi
affrontare questo giovane. Sei troppo più forte.”
“Se onoro questo luogo a
te caro con la mia regale presenza, druida,” rispose severo il Re Guerriero
“è perché son qui per
combattere, e non me ne andrò via se non dopo un duello.”
“Sfida accettata.
Lotterai con me. Dopo, però. Assisti alle mosse di Jori.”
“Chi affronterà?”
“Entri un adepto!,”
chiamò Kariabe. E venne Anadh.
Si era usi lanciarsi
degli incitamenti.
“Onokem! Audà atatàden!,”
gridò quindi Anadh.
“Tetoà uh! Atatà tafish teùt!,”
rispose senza paura Jori. E combatterono colpendosi con piccoli tridenti.
La mossa principale era
il Movimento del Vulture, che consisteva nel ruotare una gamba e colpire il
polpaccio o il ginocchio dell’altro. Ciò che rendeva questi incontri cruenti
era che, a seguito di una forte concentrazione, questi colpi erano molto
potenti, e potevano provocare danni permanenti alle giunture e alle ossa.
Kariabe accontentò Karaki, e il loro scontro finì brevemente pari. Alla fine,
Dulian dovette affrontare una Hoss munita di arici. Non fu facile atterrarla,
ma Dulian ebbe coraggio, e vanificò lo spettro. L’altro allievo fu Bhor, che
combatté contro Ghan, che era un Silvayn, un essere a metà fra lo Hoss e il
gargoyle.
“E’troppa la tua furia su
un avversario che non ti ha mai fatto nulla. Che ti succede, Bhor?
Mitiga il tuo odio, o
esploderà dentro te!”
“Scusa Kariabe, ma mi ha
fatto rivivere una vecchia lotta.”
“Di essa non ti chiedo
niente. Ti domando di contenerti adesso, perché Koran ha bisogno che tu sia
lucido. Non sapere ancora a che andate incontro.”
“Possiamo consultare
l’Oracolo di Anzil?”
“Sia concesso. Andate da
Eldira.”
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