Bollettino di A.R.E.A.
 
GENNAIO-FEBBRAIO 2003

 

Indice mese

Archivio del
Bollettino

 

 

Novità per il mondo dell'educazione ambientale in Lombardia

 

Relazione della riunione per la riorganizzazione della Rete INFEA in Lombardia.

Regione Lombardia- Direzione Generale Qualità dell’Ambiente

Via Stresa, 24 Milano

30 gennaio 2003 ore 9,30 – 13,30

 

La  riunione è iniziata con un invito della Signora Longoni, che conduceva l’incontro alla presentazione dei CREA della Lombardia e dei Parchi. I CREA che si sono presentati sono i seguenti.

CREA di Bergamo – Boffanti

CREA di Brescia – Walter Caldera

CREA di Cremona – Lorena Cattivelli

CREA di Lecco – Rossetto

CREA di Lodi – Solari

CREA di Mantova – Sandro Sutti

CREA di Milano – Camilla Bargellini

CREDA di Monza – Luca Baglivo

CREA di Monza – Cristina Bianco

CREA di Pisogne – Fabio Fenaroli

(CREA di Pavia- Spadaro)

CREA di Sondrio – Stefania Stoppani

CREA di Varese – Albertini

Tutti i CREA hanno presentato le proprie attività e la propria struttura una scheda di presentazione seguendo il criterio fornito dallo schema di presentazione del sistema di indicatori di qualità. L’ufficio della Regione che si occupa di educazione ambientale si sta occupando di raccogliere e diffondere all’indirizzario della rete tutte le schede.

Per il mondo dei Parchi i presenti che si sono presentati sono stati:

AREA Parchi

Parco Nord Milano

Parco Adda Nord

Parco Montevecchia

Parco Serio

Parco del Mincio

Parco delle Groane

Parco Agricolo Sud

Parco del Ticino

Parco dell’Adamello

Parco del Campo dei Fiori

Parco Alto Garda Bresciano

Parco Oglio Sud

Dalla presentazione è emersa la diversità delle esperienza messe in campo dalla rete dell’educazione ambientale della Regione Lombardia

E’ stato dato qualche accenno al documento allegato fatto pervenire anzitempo ad ogni Ente, intitolato  Proposta di definizione di un sistema di indicatori per i centri di Educazione Ambientale.

Chi aveva delle considerazioni in merito le ha esposte. AREA Parchi ha preparato un documento che è stato distribuito a tutti i presenti, con delle considerazioni per un arricchimento del dibattito sul Sistema degli indicatori di qualità, e con una proposta di rivisitazione del Programma Didattico Sistema Parchi come parte di una proposta più ampia per l’educazione ambientale regionale. Le proposte di AREA Parchi sono allegate.

Il dibattito è stato rimandato a data che è ancora da stabilire, nel frattempo è importante che ogni parco produca delle considerazioni che AREA Parchi possa raccogliere e integrare e diffonderlo via posta elettronica alla rete dei parchi.


Proposta di definizione di un Sistema di Indicatori per i Centri di Educazione ambientale

1.      L'Educazione Ambientale in Lombardia, dalla pluralità di iniziative ad una Rete Regionale

Le prime attività intraprese dalla Regione Lombardia in materia INFEA si sono contraddistinte per le spiccate caratteristiche di sperimentazione e di  innovazione.

Con il passare degli anni sono andate strutturandosi in tre canali privilegiati: i Centri regionali per l’educazione ambientale, i Centri di E.A. nelle aree protette, le iniziative istituzionali di informazione, comunicazione e sensibilizzazione rivolte sia al mondo della scuola che alla cittadinanza.

Il cammino intrapreso nel recente passato ci ha condotti nella fase attuale ad una strategia regionale integrata in grado di rendere  sinergiche le azioni dei singoli attori verso un comune obiettivo: rendere l’informazione, la formazione e l’educazione ambientale il fulcro delle politiche per il raggiungimento della qualità e sostenibilità ambientale.

Attualmente operano sul territorio lombardo 14 Centri regionali di Educazione Ambientale che vengono gestiti in regime di Convenzione tra la Regione Lombardia e gli enti locali e territoriali: Bergamo, Brescia, Cologno Monzese, Cremona, CREDA di Monza, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Monza, Pavia, Pisogne (residenziale), Sondrio e Varese.

Il Lea L. Conti di Milano, il CREA di Mantova ed il CREDA di Monza sono anche Laboratori Territoriali della Rete Nazionale INFEA ed hanno funzione, nella fase attuale, di nodi di connessione tra la rete regionale e quella nazionale, nonché di implementazione del Sistema Informativo nazionale (ex ANDREA).

All’interno delle Aree Protette lombarde operano specifici Centri Parco che garantiscono compositi e differenziati servizi di Educazione ambientale attiva e di esperienza sul campo e di divulgazione, coordinati dal Programma Didattico Sistema Parchi.

Vi è una integrazione funzionale tra le iniziative dei CREA e dei Centri Parco, che verrà sempre più potenziata e razionalizzata attraverso l’applicazione delle linee di indirizzo INFEA

Obiettivo primario è di giungere quanto prima ad una riorganizzazione del sistema regionale INFEA attraverso la sperimentazione di un percorso di riconoscimento sia dei 14 Centri di Educazione Ambientale che dei Centri Parco, utilizzando un Sistema di Indicatori di Qualità il più possibile condivisibile con le altre Regioni e di un percorso di riconoscimento di nuovi Centri di Educazione Ambientale, distinti tra Centri di Esperienza e Centri Risorse.

In questo disegno si colloca il processo - attivato dalla Regione Lombardia tramite l’istituzione di un apposito Nucleo di valutazione - di definizione di un Sistema di criteri o "indicatori" di qualità da porre come riferimento per i Centri  già operanti, e più in generale per quelle proposte ed iniziative per l'educazione ambientale che si propongano di operare sul territorio regionale. Si tratta di uno strumento strategico per lo sviluppo del sistema volto ad:

  • offrire criteri per l’accesso e la partecipazione alla rete tramite la definizione di standard minimi di "soglia",

  • definire i requisiti e i livelli di prestazione di servizio che devono essere assicurati dai CEA,

  • orientare l’evoluzione delle varie realtà, attraverso anche procedure di valutazione esterna e di autovalutazione sistematica basate sui criteri di qualità sopra identificati,

  • attivare ed orientare iniziative di sostegno e scelte di spesa in favore dell'Educazione Ambientale, da parte della Regione e degli altri Enti Locali che agiscono in accordo e sinergia con essa.

Alcune ipotesi, che giustificheremo nel seguito del documento, hanno guidato il processo di definizione degli indicatori:

  • l'ipotesi che un sistema regionale articolato in una Rete di Centri e di Risorse per l'EA possa costituire un elemento di sviluppo non solo per le iniziative di EA svolte con le scuole ma in generale per una educazione alla cittadinanza e della cittadinanza;

  • l'idea che sia possibile identificare una immagine comune di educazione ambientale, al di là delle differenze nella realizzazione, e una filosofia comune di interazione tra scuola e territorio, e che sia quindi possibile arrivare a definire indicatori di qualità comuni tra i vari Centri e le varie proposte;

  • l'ipotesi che all'interno di indicatori comuni sia possibile non solo far rientrare la diversità dei CEA e delle risorse esistenti in Lombardia, ma anche valorizzare la diversità dei contenuti e l'originalità delle proposte metodologiche in quanto caratteristiche di qualità, da premiare e sostenere rispetto alla proposizione di pochi modelli da ripetere.

 

2. Che significa creare una rete, un sistema?

Il punto di avvio dell’intera operazione è la constatazione che non basta mettere insieme, collegare diversi soggetti, per es. L.T. (Laboratori Territoriali) e C.E. (Centri di Esperienza) per avere un sistema, ma che un sistema - una Rete - per nascere ed esistere richiede condizioni che vanno accuratamente progettate e di cui va assunta la cura e la manutenzione.

Ci sembra opportuno, quindi, riflettere su cosa sia una Rete, su come possa/debba funzionare e su quali siano le condizioni minime affinché essa possa esistere, sopravvivere e svilupparsi nel corso del tempo. Si assume qui una concezione di Rete come comunità di pratica e di ricerca: un insieme di soggetti uniti da un progetto, da qualcosa che li accomuna e che motiva le comunicazioni, gli scambi, le interazioni, le co-evoluzioni.
La configurazione della Rete, come delineata nel Progetto I.N.F.E.A., prevede le seguenti componenti: un Centro Regionale ovvero la Regione, dei Laboratori Territoriali operanti a livello Provinciale,  dei Centri di Esperienza operanti a livello locale (che potrebbero essere gestiti dagli Enti locali, dalle Associazioni, dalle istituzioni scolastiche,  da Cooperative, ecc).

Le condizioni minime per costituire e mantenere nel tempo una Rete regionale possono così essere descritte:

  1. la costruzione/assunzione di un quadro di riferimento comune e condiviso: si tratta di definire un campo di pertinenza dell’EA ovvero definire problemi, obiettivi, scopi e relative metodologie appropriate a raggiungerli, nonché il senso di essere in rete (per l’appunto costituire una comunità di pratica e di ricerca),

  2. l’assunzione di una logica processuale e di integrazione dei processi; la Rete non dovrebbe funzionare dunque secondo una logica di assegnazione di mandati e compiti, né per sequenze, ma attraverso la progettazione, la realizzazione, il monitoraggio e la valutazione di progetti ed azioni inseriti in un processo più generale di funzionamento. Questa logica implica l’attivazione di processi di concertazione, la condivisione di responsabilità e l’attivazione e cura costante di processi di comunicazione.

    • La condivisione di responsabilità induce a pensare la Rete in termini policentrici cosicché tutte le componenti abbiano il riconoscimento di ambiti e funzioni ideative, decisionali e realizzative, progettuali e valutative.

    • I processi di comunicazione dovranno essere a due vie: prevedere forme di esposizione e risposta, di ascolto e di feed-back. Occorre prevedere canali di comunicazione a più livelli: da quello informatico a quello cartaceo, dall’organizzazione di convention, alla definizione e messa a punto di un sistema di Audit (sistema di "ascolto", monitoraggio e controllo dei processi), fino alla progettazione di tavoli e di sistemi di incontri che consentirà l’operatività della Rete.

  1. L’assunzione di una logica a matrice ovvero il mantenimento della coerenza: la Rete per poter funzionare deve poter contare in ogni passaggio e per ogni iniziativa di una visione dello sviluppo di sé stessa che tenga strettamente unita una dimensione temporale ed una dimensione spaziale in modo che ogni cambiamento non venga progettato e gestito come una cosa a sé stante ma come un elemento che coinvolge l’intera Rete: ciò vale per l’ingresso di un nuovo partecipante, o la riorganizzazione di un servizio - documentazione o quant’altro - o l’avvio di un percorso formativo per gli operatori. La domanda a cui sempre bisogna rispondere è: "come questa azione partecipa al raggiungimento degli obiettivi di Rete ed alla coerenza della sua "filosofia" ? Come a tal fine deve essere organizzata e pensata?"

  2. L’assunzione di una logica di miglioramento continuo, di ricerca-azione: la necessità di una continua flessibilità, di maturare competenze a cambiare, a relazionarsi con altri e a partecipare con altri a processi decisionali non è un dato occasionale, ma è costitutivo dell’agire in ambiti complessi ed incerti. Se è vero che, per potersi connettere in rete e attivare sinergie, soggetti diversi sono sollecitati a ridefinirsi e a ridefinire pratiche e strategie, allora essi si devono attrezzare assumendo modi di riflettere sul proprio funzionamento che rendano possibile un continuo processo di aggiustamento. Ciò vale sia per le singole componenti che per la Rete nel suo complesso. La metodologia della ricerca azione assunta come tratto organizzativo permanente può assolvere a questo compito.

  3. Una funzione di coordinamento: è cruciale per tutto quanto detto ai punti precedenti che venga attivata una funzione di Coordinamento del sistema, che non ha un senso gerarchico, di comando - il cervello del sistema - ma è un servizio di regolazione, specificatamente volto a presidiare la coerenza e l’integrazione dell’insieme e il processo comunicativo.

 

3. Un'idea di E.A.: processi educativi orientati alla costruzione di una società sostenibile

Per cominciare a costruire un sistema di indicatori occorre partire da definizioni condivise, anche se ampie, di educazione ambientale, e del ruolo che Centri, Laboratori, iniziative, progetti interni ed esterni alla scuola possono svolgere per il suo sviluppo.
Quando parliamo di educazione ambientale, intendiamo parlare di una educazione ad essere, operare ed intervenire nel proprio ambiente di vita, essendo consapevoli dell'intreccio tra natura e cultura che lo caratterizza, e dei legami tra locale e globale e tra presente e futuro che permettono di lavorare oggi in Lombardia per la sostenibilità di domani per l'intero pianeta.

L'educazione è intesa come una responsabilità della collettività, in cui famiglia, scuola e società integrano le loro azioni per creare contesti che permettano a tutti, giovani e meno giovani, di fare esperienze e di costruire conoscenze consapevoli, attraverso la riflessione e il confronto, per operare per l'evoluzione e il cambiamento. Alla scuola, in particolare, spetta la responsabilità dei percorsi cognitivi che costruiscano le competenze di base necessarie per operare come cittadini e le competenze specifiche necessarie ad un avviamento alle attività lavorative.

Le concezioni a proposito dell’EA sono molto cambiante negli ultimi 15/20 anni (si veda ad esempio quanto affermato nella carta di Fiuggi ):

  1. si è fatta strada l’idea che l’educazione ambientale non implichi soltanto o soprattutto un problema di maggiore o migliore conoscenza degli "ambienti naturali", ma che riguardi i processi di trasformazione dei modi di pensare e di agire dei soggetti singoli e collettivi, in relazione a trasformazioni fondamentali che riguardano i sistemi socio-economici ed i sistemi culturali;

  2. inoltre sempre più si è affermata l’idea che vi deve essere una coerenza di fondo tra modelli culturali e d’azione ed i modi in cui tali modelli si formano nel corso di una lunga storia di frequentazione delle agenzie educative; per dirla in altro modo, è necessario riflettere sulla qualità degli ambienti educativi e costruire ambienti educativi sufficientemente buoni, affinché si formino cittadini che pensano e agiscano in modi più sostenibili;

  3. infine, si comprende meglio oggi il fatto che i modi di pensiero e di azione riguardano livelli profondi della personalità di ciascuno, riguardano, per dirla con Bateson e Varela , presupposti ed epistemologie "incorpate"; gli ambienti educativi non potranno quindi essere "banali", ma qualificarsi per un gioco complesso di conoscenza, sorretto da climi relazionali capaci di sostenere un "apprendere dall’esperienza" .

Un’EA intesa in questo modo non può quindi in alcun modo essere fatta coincidere con una - anche buona - didattica naturalistica o, più in generale, con una - anche buona – educazione     scientifica.
Richiede una complessità ed una continuità di interventi che solo la scuola potrebbe assicurare, una scuola che in questo orizzonte storico, e non solo in Italia, dove è in atto un grande e per ora aperto processo di riforma, ma in tutto il mondo, si sta trasformando per rispondere alle sollecitazioni che le giungono dalle sfide epocali che le nostre società stanno affrontando (rivoluzione tecnologica, globalizzazione, questione ambientale, questione dell’ampliamento della democrazia e dei diritti, questione della regolazione dei conflitti su scala planetaria, ecc. ..)

Una scuola che vede ridefinito il suo mandato sociale: non più "leggere, scrivere, far di conto", ma il perseguimento di due obiettivi fondamentali :

  1. la promozione di competenze di gestione cognitiva

  2. la formazione alla cittadinanza attiva.

Una scuola di questo tipo che si sta trasformando in profondità e che presenta ritardi, resistenze, fenomeni di deriva non può bastare a sé stessa, chiudersi in logiche autoreferenziali ma, per uscire dalle sue solitudini, può trovare supporto, motivazioni, compagni di strada, interlocutori in una vasta serie di soggetti con cui mettersi in sinergia ed in rete. Una scuola/laboratorio trova il suo migliore alleato in un territorio/laboratorio, che a sua volta ha bisogno, come si diceva, di agenzie educative più sostenibili per costruire una società sostenibile.

L'educazione ambientale infatti, richiede momenti di contatto con la natura, di esperienza in luoghi e con modalità diverse da quelli che la scuola può fornire, di apertura a problematiche trasversali ai saperi codificati che non possono essere trattate all'interno di una o di più discipline.

In questo contesto può essere notevole il ruolo delle Reti di servizi per l’EA che su scala regionale si stanno formando e, più in particolare, dei CEA siano essi Laboratori Territoriali che Centri di Esperienza.

A loro volta anch’essi non possono però essere "banali", ma devono attrezzarsi con progetti educativi e modalità di funzionamento all’altezza delle questioni in gioco: essere capaci di ricerca, innovazione, progettualità, esplorare e proporre modi di vivere e pensare la relazione sé/ambiente capaci di promuovere approfondimenti profondi, di offrire suggestioni metodologiche da riprendere e approfondire nei contesti scolastici, non potendo pensare che il tempo dell’esperienza che è possibile spendere nei CEA sia di per sé sufficiente.

Per questo motivo è bene che ogni CEA non si pensi a sua volta come autosufficiente, ma come parte di una rete di servizi ed opportunità più complessa capace di interagire in profondità con la scuola da un lato ed il territorio dall’altro.

Da tutto quanto detto finora risulta chiaro come non vi siano ricette disponibili, ma che la costruzione di adeguati ambienti educativi richiede - di per sé - una continua ricerca, fatta di innovazioni progettate, tentate e monitorate. L’innovazione e la ricerca sono dimensioni ineludibili del processo di trasformazione culturale ed educativa a cui si è accennato. E’ quindi legittimo attendersi che informino di sé anche l’elaborazione e l’operatività dei CEA, se essi vogliono essere parte di quel complesso gioco che chiamiamo educazione ambientale.

 

4. Una definizione di Centro di Esperienza

Fin dal 1993 si è affermata nel linguaggio e nell’impostazione del Sistema Nazionale per l’E.A. (che ha iniziato a delinearsi sulla base delle iniziative incluse nella direttrice programmatica I.N.F.E.A. del P.T.T.A. 94/96, dell’Accordo di Programma tra Ministero Pubblica Istruzione e Ministero dell’Ambiente, e della costituzione del Comitato Interministeriale e delle iniziative connesse quale la Carta di Fiuggi), una distinzione dei Centri di Educazione Ambientale tra Centri di Esperienza e Laboratori Territoriali.
"Il Centro di esperienze offre all’utenza un percorso di educazione ambientale ben definito ospitando gruppi di soggetti che vivono per un determinato periodo di tempo un’esperienza diretta di educazione ambientale centrata su un ambiente particolare; il Laboratorio Territoriale ha più una collocazione legata prevalentemente alla struttura di servizi. E’ un centro di risorse e di iniziative diverse, con funzione di stimolo, confronto, sensibilizzazione, formazione, informazione, raccolta dei dati, orientata sui temi propri dello sviluppo sostenibile. Ha un rapporto diretto con la scuola, anche se non esclusivo, a cui offre supporto metodologico per promuovere, attivare e sperimentare progetti di educazione ambientale."

Ancora sulle differenze tra L.T. e C.E.: "....i primi per poter essere un centro di incontro "non devono" elaborare un proprio modello di EA, mentre i secondi articolano e definiscono proposte; i primi sono rivolti ad adulti - educatori e non - interessati a produrre progetti ed iniziative di EA, i secondi sono rivolti agli "utenti" di queste iniziative, soprattutto giovani ma anche adulti.". Anche per i LT "è necessario un progetto forte e consapevole rispetto all'EA e al modo con cui l'EA può essere sviluppata nel territorio" ma mentre per i Centri il progetto deve essere "ben caratterizzato e differenziato da altre proposte, il laboratorio deve lasciare aperto e flessibile l'insieme delle sue proposte"
L’insieme di queste definizioni tratteggia bene l’identikit dei Centri di esperienza ambientale:

  • luoghi dove si fanno esperienze dirette di EA,

  • caratterizzati da un progetto ed una filosofia educativi "originali" e differenziati tra loro,

  • collocati in ambienti peculiari (fortemente "naturali" o fortemente antropizzati che siano).

Il requisito di essere dotati di un progetto educativo implica per i CE tutta una serie di conseguenze:

  • un’équipe di lavoro sufficientemente stabile nel tempo che delinea il progetto educativo ed è capace di gestirlo nelle concrete situazioni educative;

  • una professionalità degli operatori assicurata da formazione continua ed esperienza, che non cerca di sostituirsi alla professionalità insegnante, che lascia agli insegnanti il compito di strutturare i percorsi di apprendimento e si assume quello di costruire interesse, motivazione, capacità concrete di intervento e di relazione, anche affettiva, con l'ambiente;

  • un rapporto con il mondo della scuola - in genere il principale cliente dei CE - marcato dalla dimensione di confronto/scontro/incontro tra modelli educativi diversi;

  • una forte identità, un forte investimento emotivo sul proprio "progetto", che rappresenta per certi versi un punto di forza, ma per altri un punto di debolezza: per es., per quanto riguarda l’apertura ad altre esperienze e la disponibilità a progettare insieme ad altri (cosa questa essenziale nell’ambito di un discorso di Rete).

La diversità di impostazione metodologica è quindi un dato ineliminabile e, anzi, qualificante di una popolazione di CE; questo, però, non significa naturalmente che non possa esserci un comune sfondo di riferimento che tutte le apparenta in quanto proposte di EA ed in cui tutte si possono riconoscere. Un riflessione su questo sfondo comune è riportata in allegato.

Sulla natura di questo sfondo conviene ora soffermarsi per poter delineare le possibilità stesse di formulare un Sistema di Indicatori di Qualità e soprattutto di costruire una Rete intesa come comunità di pratica e di ricerca.

 

5. Il senso di un Sistema di Indicatori di Qualità (SIQ): uno strumento a disposizione di tutte le componenti della rete per apprendere e co-evolvere

La valutazione è ormai riconosciuta come una componente intrinseca del processo di costruzione della conoscenza, della diffusione di nuove idee e nuove pratiche innovative, e di un agire che, anche nell’incertezza, non rinuncia alla razionalità. Valutazione intesa non come giudizio ma come un "dare valore", un "riconoscere i problemi al loro nascere", che non prescinde dai valori che guidano le organizzazioni, le azioni, le pratiche educative, ma anzi si assume il compito di metterli a confronto, di accettare che esistano priorità e interessi diversi, di avere come obiettivo non quello di eliminare le diversità ma di farle convivere per crescere assieme.

Se si parla di valutazione della qualità, poi, bisogna riconoscere che il discorso sulla ‘qualità’ si presenta come un discorso ambiguo anche in campo ambientale. Quando si parla di qualità si fa riferimento in genere più alla ’qualità percepita’ che ad una qualità intrinseca, e a definizioni di standard che si riferiscono quasi sempre a prodotti e a procedure e non a processi e a relazioni. Non a caso, il concetto di ‘Qualità Totale’ nasce alla fine degli anni ‘70 come strumento strategico di competizione tra industrie, e le norme ISO che si sono succedute dal 1987 ad oggi hanno diffuso in tutto il mondo un discorso che si fonda sulla ‘competizione nella capacità di soddisfare il cliente’. E questo sia quando si tratta di prodotti che quando si tratta di servizi (ISO 9004), ivi compresi i servizi sanitari, ambientali e i servizi scolastici! In questa concezione, la risposta a un bisogno ormai diffuso di qualità sembra risiedere nel soddisfare le percezioni soggettive del fruitore del servizio, percezioni manipolabili e dipendenti da molte variabili, e/o nell’attenersi a parametri di ‘produttività’ imposti da un modello economico mai messo in discussione e che non necessariamente rispondono alle esigenze di qualità che dovrebbero ispirarli.
La valutazione della qualità, così come lo sviluppo sostenibile, lancia una sfida all’educazione ambientale: come rimettere assieme qualità – dei processi, delle relazioni uomo-ambiente, delle relazioni insegnante studente – ed esigenza di conoscenza, per prendere decisioni che riguardano il nostro futuro e il futuro della nostra specie. La consapevolezza dei limiti della nostra conoscenza, dell’imprevedibilità e dell’incertezza che riguardano l’evoluzione futura ci impongono di valutare quanto più accuratamente possibile quello che ora stiamo cercando di fare. E di valutarlo con metodologie il più possibile coerenti con i nostri valori e con le nostre convinzioni.
Ma in che cosa gli indicatori di qualità possono essere utili alla valutazione di progetti e di Centri di educazione ambientale?

  • In primo luogo ricorrere ad indicatori significa accettare che un progetto educativo – sia esso un progetto su larga scala o un percorso che riguarda un singolo insegnante ed una sola classe - è un processo troppo complesso per essere valutato quasi esclusivamente attraverso i risultati raggiunti a breve termine. Le conoscenze o i comportamenti acquisiti dagli studenti, i risultati ottenuti, sono solo un aspetto, un "indizio", della qualità del progetto, ma servono altri indicatori per capire se il processo è stato coerente con i valori (e non solo con gli obiettivi) che lo ispiravano, cosa è mancato, dove si poteva migliorare, quali risultati non previsti si sono invece raggiunti.

  • Gli indicatori devono essere correlati in un sistema, in cui le relazioni tra le parti costituiscono anch'esse un elemento di valutazione.

  • Gli indicatori devono riferirsi esplicitamente ad un ‘modello di educazione ambientale’, modello fondato teoricamente su sistemi di valori e praticamente su esperienze di educazione ambientale.

  • Gli indicatori devono essere, di preferenza, indicatori compositi, costituiti da altri indicatori o da indici e variabili che possano essere valutati con chiarezza.

  • Gli indicatori devono essere definiti utilizzando sia una metodologia top down, ricavando cioè alcuni indicatori dagli assunti teorici e dai valori di partenza, sia una metodologia bottom up, individuando cioè gli indicatori all’interno delle esperienze concrete e con l’aiuto di coloro che le stanno portando avanti.

  • Gli indicatori e gli indici devono essere esplicitati e negoziati sia a priori sia durante la valutazione, e devono poter essere usati come sostegno per la costruzione e lo svolgimento di iniziative e progetti.

  • Gli indicatori non solo accettano di essere continuamente aggiornati ma lo richiedono: il sistema non è statico ma dinamico, in continua evoluzione.

Valutare attraverso un sistema di indicatori è stato spesso paragonato ad una diagnosi medica, ad un check–up, ad un processo cioè che, anche se si basa su una serie di dati il più possibile, ma non solo, oggettivi, è essenzialmente un processo di interpretazione, che da un lato ricorre a modelli e teorie e dall’altra ha bisogno di una larga base di esperienza.
Da questa visione degli indicatori di qualità discendono una serie di regole di comportamento, di 'istruzioni per l'uso', che fanno parte del sistema stesso di indicatori:

  • Il sistema deve nascere dal confronto e dal dibattito tra tutti coloro che sono coinvolti nell'operazione: nel nostro caso i funzionari regionali, gli operatori dei centri, gli insegnanti, la cittadinanza. Questa proposta costituisce quindi solo l'inizio di un dibattito e va confrontata e messa a punto attraverso la partecipazione attiva dei partner;

  • la definizione del modello di riferimento, l'identificazione di aree di intervento e valutazione, la costruzione degli indicatori, costituiscono gli elementi di una riflessione comune e partecipata. La identificazione degli indici e dei descrittori osservabili è invece specifica della negoziazione tra ogni Centro e il Coordinamento regionale e l'équipe di valutazione, in modo da poter tener presente le caratteristiche e le specificità proprie di ogni contesto;

  • coerentemente, non saranno definiti degli standard, ma solamente delle 'soglie' all'interno di ogni area che garantiscano il minimo necessario per far parte della Rete;

  • per evitare l'autoreferenzialità e per far emergere punti di forza e punti di debolezza, la valutazione dovrà essere svolta a cadenze regolari (ogni due anni ad esempio) da parte di una équipe di valutazione esterna, che garantisca una 'triangolazione' di punti di vista diversi.

Un Sistema di Indicatori di Qualità (SIQ) è allora uno strumento che sintetizza e in qualche modo specifica una filosofia di EA che, per essere comune e condivisa, cioè essere effettivamente il punto di riferimento ed il cemento di un sistema di rete, va costruita assieme e sentita come propria dalle varie parti della rete.

Naturalmente, da qualche punto è necessario partire: è per questo che il Nucleo di valutazione, su mandato della Regione, si impegna a proporre una prima versione del Sistema, da assumere però non come dato definitivo ed intoccabile, in quanto prodotto di una insindacabile competenza tecnico-scientifica, ma come base di partenza che tenta di convogliare quanto si dice e si fa a questo proposito nel mondo dell’EA nazionale e internazionale, di farlo interagire con l’osservazione sul campo di quanto si dice e si fa concretamente nei CEA lombardi, sottoponendolo infine alla discussione e all’analisi critica degli attori che vogliono far parte della Rete.

Un SIQ non va inteso come uno strumento per escludere, per selezionare, ma come una mappa che ci aiuta a dire dove siamo rispetto ad un orizzonte qualitativo che vorremmo raggiungere. In questo senso è uno strumento in mano a ciascun CEA per definire il proprio profilo, per esplicitare le proprie rappresentazioni, per argomentare le proprie scelte. Mediante l’attribuzione di punteggi lungo una scala di valori possiamo dire dove siamo per ogni indicatore e fissare obiettivi da raggiungere. In questo modo il SIQ, applicato ricorrentemente, ci fa da bussola e serve a sviluppare un’efficace auto-valutazione, che nel confronto di rete diventa valutazione tout-court.

Ad ogni buon conto, per identificare i soggetti che inizialmente fanno parte della Rete e con quale profilo, si dovrà concordare una configurazione di base di indicatori e dei loro valori tale da indicare una soglia minima di accesso (e permanenza) nella rete.

 

6. Proposta per una categorizzazione delle risorse e per un sistema di indicatori per la Regione Lombardia.

Per costruire una prima versione del SIQ, oltreché tener conto di sistemi analoghi , il Nucleo di valutazione dovrà:

  • far riferimento ad un’idea di Rete quale quella esposta al paragrafo 2;

  • assumere una concezione complessa di EA quale quella tratteggiata al paragrafo 3;

  • assumere la definizione di CE espressa nel paragrafo 4;

  • svolgere un'indagine - un ciclo di interviste/visite sul campo - presso i soggetti candidati a far parte della rete di CE, in fase di prima applicazione i 14 CREA ed i Centri Parco. Scopo delle interviste/visite sarà quello di prender visione del punto in cui si trovano i vari soggetti rispetto ai principali ambiti in cui a nostro avviso si deve articolare il SIQ, individuando per ognuno di essi punti di forza, punti di debolezza, ed elementi da cui è possibile per partire per future possibili evoluzioni qualitative.

Gli ambiti da prendere in considerazione dovranno essere:

  1. la struttura e il contesto ambientale,

  2. l’organizzazione (storia, dipendenti, formazione, team, rapporto con il territorio),

  3. tipi di progetti e attività – metodologia.


Qualsiasi classificazione dovrà tener conto e render ragione di questa diversità, senza operare inclusioni generali ma confuse, né al contrario cadere in eccessi di specificazione, che non consentirebbero di individuare alcun livello di condivisione da cui partire per costruire una Rete.

Al tempo stesso occorre tener presente che, nella concezione di EA che abbiamo delineato nel paragrafo 4, alla scuola spetta il compito di costruire contesti che permettano percorsi cognitivi coerenti, mentre al fuori scuola spetta il compito di offrire esperienze, competenze, situazioni, non proponibili, o non disponibili, a scuola e dalle quali possono nascere e svilupparsi interessi, curiosità, motivazioni, domande, sulle quali la scuola poi dovrà innestare e integrare un suo lavoro più sistematico.

Dal percorso di sperimentazione già intrapreso dalla Regione Umbria e sulla base delle  considerazioni sopra espresse e condivise può nascere la proposta di distinguere le realtà educative in due grandi categorie:

Centri di Esperienza (CE) veri e propri, in cui vengano compresi tutti i Centri, le Aule Verdi, i Parchi, le Oasi, che offrano esperienze di contatto con l'ambiente, naturale o antropico, e che utilizzino queste esperienze per costruire interessi, destare emozioni, suscitare curiosità, che possano poi essere rivolte ad una maggiore conoscenza dell'ambiente e ad un'azione consapevole per lo sviluppo sostenibile. Le esperienze proposte e il progetto che le guida non è necessario che siano esplicitamente rivolte allo sviluppo sostenibile: è sufficiente che il contesto e la metodologia educativa utilizzata siano coerenti con i principi guida dell'educazione ambientale e dello sviluppo sostenibile, potendo le proposte educative essere anche rivolte ad esplorare solo alcuni aspetti dell'ambiente: naturalistico, geologico, antropologico, di utilizzazione agricola, di esplorazione corporea o affettiva, ecc. L'idea è che il contatto prolungato con un ambiente costituisca in ogni caso un'esperienza complessa, e anche se il conduttore focalizza l'attenzione solo su un aspetto della relazione uomo-ambiente, anche le altre vengano investite di riflesso. Per maggiore chiarezza per l'utenza è importante poi che questi Centri vengano a loro volta suddivisi in categorie. La proposta è di prevedere due grandi categorie, una relativa alle possibilità di permanenza che suddivida quindi i Centri in residenziali e non; l'altra relativa alla loro tipologia. Una proposta, da rivedere insieme ai Centri stessi è per ora una suddivisione a seconda dell'interesse principale del progetto educativo: naturalistico; naturalistico-antropologico; sviluppo sostenibile; ricerca espressiva, ecc..

Centri Risorse (CR) per l’EA in cui vengano inserite tutte quelle risorse educative che non costituiscono 'di per sé', un'esperienza di contatto con un ambiente ma che possono essere utilizzate dall'insegnante per integrare e completare il proprio percorso di educazione ambientale. Esempi sono i video sull'ambiente, biblioteche e mediateche sull'ambiente e l'educazione ambientale, musei naturalistici o della civiltà contadina, orti botanici, eco-musei, siti di archeologia industriale. Anche in questo caso, per una reale e non superficiale fruibilità è necessario che sia progettato esplicitamente e con attenzione l’inserimento in percorsi e programmi di più ampio respiro e durata, quali sono quelli della scuola.

La categoria dei Centri di Esperienza è caratterizzata da un'équipe stabile, un progetto educativo originale, una metodologia incentrata sul far vivere esperienze dirette e sulla promozione di riflessione circa il rapporto sé/ambiente; una attenzione alla correttezza nell’uso di linguaggi disciplinari, interesse e disponibilità al lavoro di rete, a progettare e fare ricerca insieme ad altri, a concordare metodi di valutazione, alla formazione permanente.
La categoria dei Centri Risorse per l'EA è anch'essa caratterizzata da operatori stabili, e da un progetto specifico di utilizzazione della risorsa per finalità di educazione ambientale (non basta che esista un museo, è almeno necessario che esistano proposte per la sua utilizzabilità in percorsi di EA) ma le modalità di rapporto con l’utenza possono essere limitate (prestiti, organizzazione di interventi, consulenza breve, ecc.), e l'interesse e la disponibilità al lavoro in rete potrebbero costituire un elemento non indispensabile.
Per le due categorie si è elaborata una prima proposta di SISTEMA DI INDICATORI DI QUALITA’, organizzato secondo la seguente struttura logica, seguendo l’esempio del modello ISFOL.

Il sistema prevede cioè 5 ambiti o dimensioni o campi, validi per le due categorie sopra indicate, al cui interno vengono definiti degli indicatori, che corrispondono ancora ad aree o settori di valutazione e riflessione. I campi che noi proponiamo sono:

  1. I luoghi e le strutture (coerenza tra strutture ricettive e di lavoro rispetto l’EA; coerenza nell’uso del contesto ambientale).

  2. L'organizzazione (professionalità e modalità di lavoro).

  3. I progetti e le iniziative (originalità delle proposte e metodologie educative).

  4. Le relazioni con le Agenzie Educative (contributo all'innovazione e all'autonomia di scuola e non solo).

  5. Le relazioni con il territorio (contributo ai processi di costruzione di una società sostenibile).

Per ciascun ambito abbiamo individuato dei gruppi di indicatori, per un totale di 18 indicatori, che andranno poi articolati in indici e in variabili "osservabili".

A. I luoghi e le strutture

A.1 Cura e accoglienza della struttura dal punto di vista ecologico.
Requisiti minimi di soglia: presenza delle condizioni di igiene e sicurezza previste dalla legge; coerenze ecologiche almeno relative alla ristorazione, alla produzione e smaltimento dei rifiuti, ai materiali per la pulizia, all'uso consapevole dell'acqua.
Attenzione ad allargare la coerenza (almeno come proposte per il futuro) ad altri aspetti quali il consumo energetico, materiali costruttivi di tipo ecologico, la distribuzione delle acque chiare e scure….

A.2 Cura e accoglienza della struttura dal punto di vista educativo.
Requisiti minimi di soglia: 'non neutralità della struttura' (tipo aula scolastica buona per tutte le occasioni) anzi caratterizzazione come struttura educativa per l'EA (messaggi, cartelloni, oggetti significativi, ecc., relativi al percorso educativo proposto); accoglienza anche estetica degli spazi, cura degli spazi per garantire momenti di utilizzazione differenziata (individuale, in piccoli e grandi gruppi, attività di laboratorio, ecc.).

A.3 Dotazioni strumentali e spaziali a disposizione del progetto educativo
Requisiti minimi: spazi e strumenti coerenti con il progetto educativo, e in ogni caso finalizzati alla costruzione autonoma di conoscenze da parte degli utenti.

A.4 Raggiungibilità e trasporti. Requisiti minimi: un’attenzione nella proposta di soggiorno a favorire l'uso del mezzo pubblico.

B. L'organizzazione

B.1 Gli operatori e l'équipe. Requisiti minimi: i "progettisti" e una parte almeno degli operatori devono essere stabili. Il numero dipende dall'anzianità del Centro o della Risorsa e dal suo essere l'uno o l'altro (anche una sola persona nel caso delle "Risorse", minimo 3 persone non necessariamente a tempo pieno per i Centri). Il rapporto di lavoro deve essere chiaro e corretto, evitando condizioni di sfruttamento o non riconoscimento della professionalità dell'operatore. Il lavoro deve essere progettato, e possibilmente anche realizzato, in team.

B.2 Formazione permanente e ricerca sul proprio progetto (anche attraverso relazioni organiche con istituzioni e associazioni). Requisiti minimi: Attività di autoformazione e formazione permanente organizzate almeno una volta l'anno; attivazione di processi di auto-valutazione documentabili e esplicitati.

B.3 Coerenza tra le modalità di lavoro, il progetto educativo e i valori dell'EA (rapporto numerico educatore/partecipanti, tempo lavoro con i gruppi, che consentano di sviluppare processi educativi significativi); coinvolgimento del personale di supporto (ristorante, pulizia, ecc.) in modalità educative. Requisiti minimi: rapporto operatore/gruppi 1 a 15 o inferiore (per attività di laboratorio, di osservazione, di gioco o esplorazione, di riflessione, discussione e sintesi delle esperienze); modalità di soggiorno improntate alla partecipazione e alla assunzione di responsabilità verso la struttura e verso il gruppo.

C. Il progetto educativo e le sue metodologie

C.1 Un progetto educativo centrato sul soggetto e fondato su esperienze concrete (di ascolto e di contatto con l'ambiente per i CE; di osservazione, manipolazione, riflessione, riproduzione creativa, ecc., per le altre Risorse). Requisiti minimi: La presenza esplicita e documentata di un progetto educativo originale e coerente con le possibilità offerte dal territorio. Lavoro sul campo per almeno il 50% del tempo del soggiorno (per i CE). Presenza di momenti dedicati all'essere (nell'ambiente, con gli altri, con sé stesso) e di momenti dedicati al pensare e alla promozione di processi meta-cognitivi per apprendere dall’esperienza.

C.2 Un clima relazionale che faciliti il "sentire" e il "pensare", individualmente e insieme, per una negoziazione e una costruzione confrontata dei saperi. Requisiti minimi: Alternanza di momenti di esperienza/lavoro individuale o a piccoli gruppi (3/4 soggetti) e momenti di discussione e riflessione collettiva. Attenzione alla motivazione e agli interessi dei soggetti. Educatori come facilitatori e mediatori dei processi di conoscenza, e non (solo) come esperti.

C.3 Trasversalità e complessità dei saperi e delle competenze. Requisiti minimi: Integrazione nel progetto di diversi saperi e competenze; approccio olistico o multidimensionale all'ambiente e ai problemi; analisi sistemica delle relazioni.


C.4 Promozione di qualità dinamiche (di responsabilità, autonomia, solidarietà, ascolto e cura) tra i soggetti che partecipano al progetto, siano essi alunni o insegnanti, giovani o adulti. Requisiti minimi: Il progetto offre occasioni e situazioni per esercitare e sviluppare almeno alcune qualità dinamiche (assumersi responsabilità, prendere decisioni, sperimentare ed esercitare il senso del limite; valutare rischi ed incertezze).

C.5 Flessibilità del percorso di lavoro, metodologie di monitoraggio e modulazione.
Requisiti minimi: Il progetto propone percorsi diversi per le diverse età e i diversi periodi di realizzazione (diverse durate e diversi periodi dell'anno); sono previste attività di riflessione su 'come' si è lavorato; vengono realizzate attività di monitoraggio e valutazione per il miglioramento delle proposte educative.

D. Le relazioni con la scuola e le altre Agenzie Educative

D.1 Sinergie educative scuola/extra-scuola. Requisiti minimi: Sono previsti e realizzati contatti (anche a distanza) con le scuole e le istituzioni che fruiscono delle iniziative prima e dopo le attività. Vengono inviate comunicazioni alle scuole, e alle altre agenzie educative esistenti sul territorio (Provveditorati, IRRSAE, Laboratori Territoriali, Struttura di coordinamento regionale = uo IPEA, Uffici Istruzione e Uffici Ambiente degli Enti Locali) in cui si presenta il progetto educativo, la sua specificità, e le sue possibile sinergie con l'offerta formativa della scuola.

 
D.2 Sostegno alla progettualità delle scuole e delle agenzie educative.
Requisiti minimi: Disponibilità dell'équipe e degli operatori a modulare il progetto educativo per adeguarsi a necessità delle scuole, e viceversa disponibilità ad appoggiare sul piano metodologico la progettualità delle scuole e anche ad attivare interventi nelle scuole stesse con gli insegnanti e/o gli allievi.

D.3 Promozione del lavoro di team e ricerca insieme. Requisiti minimi: stimolare tra gli insegnanti che partecipano all'esperienza una curiosità per i saperi e le metodologie dell'educazione ambientale; proporre incontri di riflessione sull'esperienza fatta anche mettendo a contatto insegnanti di materie diverse o di scuole diverse.

E. Le relazioni con il territorio (contributo ai processi di costruzione di una società sostenibile).

E.1 Presenza nel progetto educativo di attività e di riflessioni sulla relazione tra sé e il territorio. Requisiti minimi Impegnare i ragazzi a lavorare su oggetti, problemi, temi, relativi al territorio con modalità che promuovano non solo saperi circa gli aspetti considerati, ma una riflessione sul rapporto sé/territorio, società/ambiente, uomo/ambiente. Attivazione di percorsi di lavoro non solo centrati sul conoscere, ma anche sull’essere nell’ambiente e/o sull’agire per l’ambiente.

E.2 Promozione sul territorio di processi partecipativi per la costruzione di una società sostenibile Requisiti minimi: Il CE o il CR si pone come soggetto che interloquisce con una pluralità di altri attori, pubblici o privati, sul territorio, promuovendo, da solo o con altri, processi di sviluppo locale partecipato e sostenibile, tramite appositi progetti e iniziative e/o partecipando a processi attivati da altri (ad es. Agende XXI locali, Contratti/laboratori di quartiere, tavoli e gruppi di lavoro, …).

E.3 Rapporto di interazione organico con altri soggetti territoriali
Requisiti minimi. Partecipazione alla Rete regionale per l'EA, e in particolare partecipazione attiva a gruppi di lavoro per una riflessione metodologica costante, ai processi formativi proposti, a ricerche e progetti comuni, a processi di valutazione condivisi. Impegno progettuale a differenziare la propria proposta educativa da quella degli altri CE in modo da meglio garantire la pluralità e l’integrabilità dell’offerta complessiva della Rete.

 

7. Modalità di costruzione e di un uso successivo del SIQ

Questa proposta di sistema di indicatori va discussa e 'negoziata' con la Regione, la struttura regionale di coordinamento e tutti i CREA e Centri Parco:

  • verificare se le rappresentazioni degli esperti coincidono o divergono in maniera più o meno grande rispetto a quelle di chi opera nelle varie realtà indagate,

  • arrivare, una volta apportate le eventuali modifiche, ad una proposta condivisa da sperimentare.

Per la sperimentazione del sistema, la prima operazione da compiere è l'articolazione, da parte dei CEA e dei CR, degli indicatori in indici significativi della qualità della proposta e del progetto, anche diversi da CEA a CEA, e la successiva concretizzazione degli indici in elementi/variabili concrete - documenti, attività osservabili da parte di un esterno, giudizi riportati dagli utenti, attività e progetti realizzati a scuola come conseguenza delle attività del CEA, ecc. - che permettano una valutazione della qualità dichiarata.
Il fatto che, aldilà dei criteri individuati come soglia, sia possibile differenziare i requisiti all'interno dello stesso sistema di indicatori, da una parte è coerente con la necessità di salvaguardare e valorizzare la diversità tra i CEA, dall'altra risponde all'esigenza di utilizzare il SIQ come un elemento di orientamento e di sviluppo dei CEA stessi: i livelli di qualità e di maturazione - si parla in alcuni casi di esperienze che hanno alle spalle numerosi anni di lavoro, mentre in altri si tratta di esperienze di recente avviamento - sono infatti molto diversi all’interno di ognuna delle due categorie individuate, per cui gli indicatori vanno sicuramente articolati in maniera diversa per render conto di queste differenze qualitative.

Una volta terminata la fase di sperimentazione, una volta cioè che i CEA o i Centri Risorse per l'ambiente, abbiano completato questa fase di definizione degli indici e delle variabili ed abbiano quindi confrontato gli indicatori e i requisiti minimi proposti con la realtà, il SIQ potrà essere proposto come sistema di valutazione e autovalutazione a tutti i CEA, anche di nuova istituzione.

Da quel momento in poi i CEA e i Centri Risorse che vogliano far parte della rete regionale, vista come rete di relazioni, e quindi come comunità di confronto e di ricerca, ma anche come 'rete di sostegno' per le attività di EA della regione, dovranno:

  • documentare i requisiti minimi necessari per essere inseriti nella Rete;

  • presentare alla Struttura regionale di coordinamento una breve scheda di presentazione delle proprie caratteristiche principali, secondo uno schema predisposto, per poter essere inserito nel sistema informativo regionale;

  • articolare il SIQ negli indici e variabili più rispondenti alle proprie caratteristiche di qualità e presentare questa articolazione alla Struttura regionale di coordinamento (o al tavolo comune di lavoro proposto in seguito);

  • attivare, con periodicità almeno annuale, attività di autovalutazione basate sul sistema di indicatori così articolato;

  • rendersi disponibili ad attività di confronto - con altri CEA e con esperti esterni - organizzate e coordinate dal Centro regionale.

L'attività di valutazione e confronto vera e proprio potrà svolgersi secondo le fasi e la metodologia che segue:

  1. un primo confronto tra équipe interna ad ogni CEA e équipe regionale di valutazione sul sistema di indicatori e sugli indici e le variabili proposte dall’équipe interna;

  2. definizione degli ambiti più interessanti per la valutazione e dei tempi e dei luoghi per la raccolta di informazioni;

  3. raccolta di informazioni sui punti definiti sia da parte dell'équipe interna che da parte di quella esterna, con un confronto anche sulle metodologie usate (interviste, osservazioni, questionari, …);

  4. confronto e scambio sulle informazioni raccolte dalle due équipe, per arrivare, attraverso un processo di triangolazione, ad un rapporto, il più possibile consensuale, sugli elementi di qualità già raggiunti e su quelli su cui si può pensare ad ulteriori azioni di miglioramento.

La presenza di valutatori esterni non deve essere vista, quindi, come presenza minacciosa e portatrice di giudizi ma invece come necessaria mediazione e confronto con punti di vista diversi dal proprio per uscire da una logica autoreferenziale.
Il SIQ servirà allora per verificare in modo concertato l’evoluzione e lo sviluppo qualitativo e, in un certo senso, i processi di apprendimento dei singoli CEA, ma anche per mettere in evidenza gli elementi carenti, e quindi le necessità di intervento - sia sul piano del sostegno economico e organizzativo, sia sul piano della formazione - da parte della Regione e delle Provincie, che dovranno coordinare un proprio sistema di incentivi che indirizzi l'evoluzione del sistema nella direzione voluta.

A tal fine dovranno essere predisposti:

  • un gruppo di valutatori della Rete (formato da persone sia interne che esterne alla rete stessa);

  • un'attività di valutazione dei CEA con scadenza prefissata (il suggerimento è una valutazione a rotazione che coinvolga ogni singolo CEA ogni due anni) e che si concluda ogni anno con un rapporto sui centri visitati, in cui si mettono in luce elementi di forza, ed elementi di debolezza, elementi in evoluzione e suggerimenti per un miglioramento della qualità.

La rete dei CEA e la messa in funzione di processi di valutazione basati su un SIQ possono costituire un interessante percorso di formazione regionale per gli operatori educativi del territorio regionale, che potrebbe essere anche offerto successivamente a quelli di altre regioni.

 

8. Il SIQ e la costruzione di una Rete regionale per l'EA.

Il SIQ rappresenta dunque uno strumento utile per la costruzione di una Rete regionale per l’EA, anche se naturalmente non è l’unico ed esaustivo.
Affinché una Rete funzioni, come già sottolineato al paragrafo 2, sono necessarie alcune condizioni:

  1. un quadro di riferimento condiviso;

  2. una funzione di coordinamento;

  3. attività comuni;

  4. luoghi e modi di comunicare;

  5. risorse di sostegno.

Per quanto riguarda il primo punto, sicuramente assume rilevanza la disponibilità di un SIQ come quello proposto, che al termine delle varie fasi di definizione esprimerà una concezione di EA condivisa, grazie all’incontro di elementi derivanti sia da procedure top down che da procedure bottom up; ma ancor più ha rilevanza la possibilità di sviluppare percorsi comuni, di rete, e quindi l’attivazione, da un lato di un tavolo permanente di lavoro per  Struttura regionale di coordinamento, CEA, CR e Laboratori Territoriali e, dall’altro, di occasioni formative comuni. Grazie all’azione integrata di questi tre processi – riflessione permanente sull’EA, valutazione, formazione – è possibile dotare la Rete di un effettivo "oggetto di lavoro" e di una filosofia condivisi.

Il tavolo di lavoro appena richiamato dovrà consistere in un gruppo stabile e quindi avere una composizione certa e continuativa, una cadenza periodica (indicativamente un incontro al mese, più incontri intensivi), poter contare su un conduttore con compiti di facilitazione, lavorare a livello delle rappresentazioni per costruire obiettivi, metodo, oggetto di lavoro condivisi.

A tutto ciò possono aggiungersi altre modalità di funzionamento, come ad esempio attività di interazione a distanza tramite Internet (forum di discussione, ecc.).
I processi formativi dovranno assicurare lo sviluppo delle competenze necessarie per fare EA e, in particolare, per stare in Rete. Oggetto di specifici percorsi formativi potrebbero essere la formazione di competenze nel progettare, nel fare ricerca, nella gestione dei gruppi, ecc. accanto ad altri relativi ad una cultura della sostenibilità socio-ambientale.
Di grande interesse per il costituirsi della Rete è la prospettiva di svolgere i percorsi formativi presso le sedi dei vari CEA, utilizzando anche le competenze degli operatori dei CEA stessi per attivare processi cooperativi di mutua ed auto-formazione.
Per quanto riguarda il secondo punto, invece, certamente il coordinamento operativo può essere assicurato dalla Struttura regionale, ma si rende altresì necessario un luogo di governo complessivo della Rete, che per essere efficace deve coinvolgere tutti i soggetti che intendono sviluppare il Progetto Rete (regione, Province, Provveditorati, …). Essenziale è garantire una composizione del coordinamento non in base ad un principio di rappresentanza, ma in base ad un principio di condivisione delle premesse e di assicurazione di continuità e competenza tecnica, tramite la partecipazione di figure dedicate e capaci di decisionalità rispetto alla propria organizzazione di appartenenza.
Inoltre, affinché possa essere assicurata un’effettiva funzione di coordinamento, è necessario progettare prima e curare poi con grande attenzione una funzione comunicativa tra le varie parti della rete, una funzione di audit. Infine appare cruciale che la Regione si impegni nel sostenere il sistema di EA attivando specifiche risorse finanziarie, non tanto nella forma del contributo diretto ai CE quanto di contributo alle classi che intendono utilizzare i CE stessi, incentivando le scuole secondo i seguenti criteri:

  • durata delle iniziative (soggiorni di più giorni),

  • loro continuità nel tempo (più di un utilizzo nello stesso anno, per es. con visite reiterate),

  • loro collocazione in un organico e continuativo progetto didattico,

  • utilizzo coordinato ed integrato delle proposte offerte da diversi CE, premiando cioè le scuole che utilizzano in anni diversi e/o con classi diverse le proposte di più CE o CR.

Milano, dicembre 2002

A cura dell’UO Informazione, promozione ed educazione ambientale della Struttura Azioni per la Qualità dell’Ambiente della Direzione Generale Qualità dell’Ambiente, individuata come Struttura regionale di coordinamento in materia INFEA (Decreto d.g. 27766 del 20 novembre 2001) .

 

Ampi stralci di questo Documento sono stati tratti, recepiti e condivisi dal Documento prodotto dalla Regione Umbria:

Definizione di un Sistema di Indicatori per i Centri di Esperienza”

a cura di Giovanni Borgarello, Michela Mayer, Francesco Tonucci

Pensiamo di far loro piacere riportando alcuni riferimenti bibliografici ed alcune definizioni comunemente applicabili:

Riferimenti bibliografici

AA.VV. (1998), L’educazione ambientale in Umbria. Programmi ed esperienze, Quaderni dell’infanzia, Regione Umbria, Perugia.

AA.VV. (1999), A scuola d’ambiente. Educazione e formazione per lo sviluppo sostenibile, Ecole, Torino.

Ammassari R., Palleschi M.T. (a cura di) (1991), Educazione ambientale: gli indicatori di qualità, Franco Angeli, Milano.

Ankonè H., Kuypers B., Pieters M., van Rossum J. (1998), Quality indicators for Environmental Education, National Institute for Curriculum Development (SLO), Enschede, the Nederlands.

Fichera A.M., Marcheggiano G., Mazza G. (1996), Perchè chiamarli Centri di educazione ambientale ?, in FA gennaio/marzo 1996.

Bateson G. (1972), Verso una ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976.

Bateson G. (1979), Mente e Natura, Adelphi, Milano, 1984.

Bion W. (1961), Apprendere dall’esperienza, Armando, Roma, 1979.

Blandino G., Granieri B. (1995), La disponibilità ad apprendere, Cortina, Torino.

Borgarello G., Bottiroli A. (1997), Progettazione e ricerca in educazione ambientale, Regione Piemonte, IRRSAE Piemonte, Laboratorio Pracatinat.

Castellano A. (a cura di) (1999), Sistema di coordinamento della Rete regionale di Servizi per l’Educazione Ambientale, Regione Piemonte, Torino.

Fichera A.M., Marcheggiano G., Mazza G. (1996), ANDREA: un servizio di documentazione per operatori educativi nel settore dell’Educazione Ambientale, in TD n. 8/9 1995/1996.

Losito B., Mayer M. (1995), Educazione ambientale: una sfida per l’innovazione, Rapporto internazionale sulla ricerca ENSI dell’OCSE-CERI, CEDE, Frascati

Mayer M. (a cura di) 1999, L'Educazione Ambientale come terreno di mediazione: una ricerca su competenze e ruoli degli operatori dei Laboratori Territoriali, CEDE, Frascati

M. Mayer (2000), Indicateurs de qualitè pour l'ErE: une strategie évaluative possible?, in stampa su Education relative à l'environnement, Regard Recherche Reflexions.

Maragliano R. (a cura di), Sintesi dei lavori della Commissione istituita con DM n. 50 del 21 gennaio 1997 e n. 84 del 5 febbraio 1997, Ministero Pubblica Istruzione, 13 maggio 1997.

Ministero dell’ambiente (1997), Centri di educazione ambientale, in Relazione sullo stato dell’ambiente, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma.

Pieters M., Broné M., Kolker G. (1998), Conceptualisation of Environmental Education. Exploration of EE in the reformed secondary education in The Netherlands, National Institute for Curriculum Development (SLO), Enschede, the Nederlands.

Varela F. (1992), Un know-how per l’etica, Laterza, Bari.

 

ALLEGATO

 I Centri di esperienza come luoghi di formazione ambientale

I CEA sono luoghi di formazione ambientale per i bambini e i ragazzi attraverso l’offerta di esperienze ambientali significative e coerenti.
I CEA sono luoghi di possibile educazione ambientale per insegnanti e operatori attraverso l’offerta delle stesse attività previste per bambini e ragazzi e con momenti di riflessione critica di gruppo con la presenza di coordinatori esperti. L’obiettivo è quello di elaborare a livello adulto l’esperienza vissuta, riconducendola ai temi generali di educazione ambientale e di valutare insieme l’esperienza stessa. Queste operazioni, garantite dai coordinatori esperti costituiranno anche importanti momenti di formazione per gli operatori del CEA che ospita e propone l’esperienza.
I CEA possono anche produrre offerte di educazione ambientale aperte alla popolazione, sotto forma di campagne, giornate di attività, iniziative sui temi di specifica competenza del Centro. Possono anche essere, per le famiglie del territorio circostante, un punto di riferimento per contributi di formazione permanente o più semplicemente per una escursione nel fine settimana.
I CEA come rete di formazione ambientale regionale e nazionale
I CEA propongono esperienze che per le loro peculiarità, originalità e coerenza costituiscono una rete di occasioni formative. Si prestano ad essere fruite sia in ambito regionale che nazionale. Dovrebbe valere la pena sia sperimentarli tutti (per questo è importante che siano fra loro diversi e specifici), sia di ripetere le visite in periodi diversi dell’anno per le stesse classi. E’ quindi auspicabile che la Regione li presenti alle strutture educative territoriali e nazionali e li sostenga favorendone la fruizione da parte delle scuole (pubblicizzandoli da un lato e aiutando economicamente le scuole che desiderano utilizzarli). Un impegno particolare dovrebbe essere dedicato a favorire la fruizione dei CEA da parte delle scuole nei mesi autunnali e invernali.
I CEA come sedi di esperienza non scolastica
L’esperienza offerta dai CEA deve valere non per le spiegazioni che gli adulti forniscono agli allievi o per i riferimenti o gli approfondimenti che possono offrire materiali informativi appositamente preparati, ma per la sua significatività e autenticità. La scuola potrà poi lavorare anche per lunghi periodi sugli stimoli e sulle conoscenze raccolti presso il Centro.
E’ importante evitare alcuni comportamenti tipicamente scolastici e valorizzare invece quei comportamenti che solo esperienze autentiche possono offrire:
- evitare un calendario che preveda la rigida successione di attività in maniera simile alle materie scolastiche;
- lasciare che i bambini e ragazzi possano avere esperienze concrete, manuali, dirette e prolungate;
- quando possibile è importante che le esperienze vengano ripetute nei diversi giorni in modo da costruire delle competenze autonome e la consapevolezza della necessità e della utilità delle routines;
- valorizzare i tempi liberi e i tempi sociali come tempi di organizzazione autonoma e responsabile dei bambini e ragazzi; particolare importanza dovrà essere data alla esperienza di condivisione dei pasti, del tempo libero e del pernottamento.

 

 

A tutti i parchi regionali

A tutte le aree protette della Lombardia 

Alla c.a. del Direttore e del referente dell'E.A.

 

Oggetto: riorganizzazione del sistema regionale INFEA.

In concomitanza con l'avvio di un percorso comune individuato dalla Regione Lombardia sulla redazione di un sistema di indicatori di qualità regionale, vi inviamo alcune considerazioni che, come Archivio Regionale dull'E.A. nei Parchi, AREA Parchi, sono emerse leggendo il documento che tutti avete ricevuto.

Ci sembra infatti, come sollecitato da alcuni di voi, che AREA Parchi possa fungere da raccoglitore di idee provenienti dal mondo delle aree protette e come snodo della rete dei referenti per l'educazione ambientale dei parchi lombardi.

Vi chiediamo di leggere le nostre considerazioni come base della discussione e di aggiungere le vostre in occasione della stessa riunione di giovedì 30 p.v. in Regione: l'obiettivo è di riuscire ad inserirsi nella discussione di quella riunione modo attivo e partecipato, facendo sentire il punto di vista dei Parchi.

 

 

Tomaso Colombo,  

Stefania Fontana.

(AREA Parchi)

 

Punto 1. Riflessione sul documento Proposta di definizione di un Sistema di Indicatori per i Centri di Educazione Ambientale al fine di facilitare la discussione.

 

Gli elementi di innovazione e di positività che abbiamo riscontrato nel documento ci sembrano essere i seguenti:

  • l'inserimento dei Centri Parco nella rete INFEA, sia come luoghi di contatto con la natura sia come luoghi di interpretazione del contatto con la natura

  • l'ampliamento del significato dell'azione educativa anche all'interno delle aree protette verso un'educazione ad un futuro sostenibile. Il riferimento del documento regionale alla "buona didattica naturalistica" come insufficiente per l'educazione ambientale non deve spaventare chi opera nelle aree protette, ma al contrario è un ottimo stimolo per ampliare i riferimenti culturali degli operatori e per delineare un ruolo più complesso e affascinante della professionalità educativa.

  • il presupposto di una rete collegata e stabile di referenti. Questo può suscitare qualche perplessità, in merito agli organici effettivi dei Parchi, ma al contrario può essere da stimolo per quelle Amministrazioni di Aree Protette che ritiengono conveniente fare parte della rete, al fine di inserire, qualora non abbia al proprio interno personale preposto, specifiche voci nei capitolati di appalto del servizio di e.a. a ditte esterne convenzionate.

  • il sistema di indicatori di qualità, seppure da condividere e affinare, ci sembra che rientri in un buon sistema generale di valutazione e autovalutazione delle strutture e dei servizi resi. A tal proposito si sottolinea come nel documento la valutazione è tesa a "dare valore" e non ad esprimere giudizi di promozione o bocciatura. Emerge in forma abbastanza chiara come la qualità di un servizio non sia legata strettamente a risultati di breve termine (cognizioni, comportamenti acquisiti) quanto alla forma dei processi attuati e delle relazioni instaurate

 

Gli elementi poco innovativi e poco "a misura di parco" che abbiamo riscontrato sono invece i seguenti:

  • Il documento ci sembra privilegiare o enfatizzare una fruizione scolastica dell'educazione ambientale, mentre la storia dell'educazione ambientale nei parchi ci sembra aver profuso in questi anni sforzi notevoli per andare oltre il rapporto con la scuola. Un esempio di questa impostazione è l'indicatore proposto E1 dove si parla unicamente di "ragazzi", e anche l'indicatore E2, che pur inserisce elementi di innovazione nella partecipazione attiva, lo fa solo riferendosi ad altri Enti o contesti istituzionali. Ci sembrano assenti altre categorie di utenti significativamente rilevanti per le aree protette: la cittadinanza (intesa come insieme di residenti), la famiglia (anche in qualità di fruitore/visitatore), gli anziani, i giovani in contesto extrascolastico

  • Il sistema di valutazione proposto pare non dare mai la voce agli utenti, né individua strumenti possibili per farlo: anche l'indicatore proposto C5 non sembra esplicitare la necessita di tenere monitorate le percezioni degli effettivi fruitori

  • Non viene mai citato un indicatore di valutazione connesso alla dimensione dell'imprenditorialità, né in termini occupazionali, né in termini economici, quasi che l'educazione ambientale non debba in qualche forma confrontarsi anche con questa dimensione se non in forma di finanziamenti pubblici. A questo proposito risulta estremamente penalizzante e irrealistica il parametro individuato nell'indicatore C5 del rapporto educatore/utente di 1:15, sia per un'utenza scolastica che lavora all'interno di un parco (sempre che questo non voglia implicitamente "obbligare" un Centro di Educazione Ambientaler a dare un ruolo attivo all'insegnante di una classe, nel qual caso il parametro può andare bene) che per un'utenza extrscolastica, in particolare quella adulta.

  • Parallelamente non viene citato nessun indicatore relativo all'attivazione di esperienze di volontariato, da attuarsi in forma complementare alle professionalità educative messe in campo

Punto 2. Il Programma INFEA per l’ a.s. 2003/2004.

Anche ai Parchi, come alla Rete dei CREA, l'ARPA, e la Direzione Scolastica Regionale è  stato chiesto di indicare quali Azioni di sistema inserire nel Programma INFEA per il prossimo anno scolastico 2003-2004.

 

Riteniamo, come è stato anticipato nella riunione che si è tenuta prima di Natale, che sia auspicabile partire dalla valorizzazione del patrimonio di idee, di risorse umane ed organizzativo costruito in questi anni dal sistema regionale dei parchi: un progetto di educazione ambientale di sistema come il Programma Didattico Sistema Parchi, un metodo partecipativo di lavoro del tavolo dei referenti di educazione ambientale, la realizzazione di seminari e/o momenti formativi rivolti agli operatori nelle aree protette, agli insegnanti e ai volontari.

Nel contempo crediamo che sia utile cogliere l’occasione di un momento di riflessione e di riorganizzazione regionale, che attenga all’educazione ambientale, per sperimentare nuovi strumenti di lavoro: ad esempio sperimentare la raccolta di contributi dalle aree protette attorno alla pianificazione di un prodotto editoriale di sistema che valorizzi i percorsi educativi dei singoli parchi. E’ questo un prodotto che abbiamo sempre cercato di realizzare e mai ci siamo riusciti.

Naturalmente è necessario adattare ed integrare l’esistente al processo di  riorganizzazione del sistema regionale INFEA con la proposta di un sistema di indicatori di qualità e di valutazione dei Centri Parco. L’integrazione deve riguardare in primo luogo le tematiche di lavoro, che siano sensibili alla costruzione di percorsi innovativi sulla sostenibilità, di cui le aree protette sono un laboratorio. In particolare, al fine di armonizzare l'offerta di sistema con le politiche regionali (Libro Azzurro della Mobilità e dell’ambiente – Aprile 2002 ) le tematiche attorno alle quali lavorare potrebbero essere:

  1. gli effetti dei cambiamenti climatici

  2. la mobilità sostenibile.

Il contributo dei Parchi potrebbe essere l’organizzazione della prossima edizione del Programma Didattico Sistema Parchi su una o entrambe queste tematiche, amplificate e articolate in riferimento alle risorse che le aree protette mettono in campo, sia come progetti educativi sedimentati, sia come possibili proposte di interpretazione naturalistica. Ad esempio, in riferimento ai cambiamenti climatici pensiamo alle opere di riforestazione, di governo del territorio, di rinaturalizzazione, di prevenzione del dissesto idrogeologico, di monitoraggio ambientale, di studio di ecosistemi anche in termini di microclimi esistenti. Per quanto riguarda il tema della mobilità sostenibile pensiamo alle opere ed operazioni di viabilità alternativa a quella automobilistica (piste ciclabili e sentieristica), alla progettazione di percorsi idonei ai diversamente abili a partire dalle risorse naturali presenti nell'area protetta,  e alla costruzione di reti ecologiche intese come "infrastrutture" verdi di collegamento tra i centri urbani, o tra nuclei di aree verdi e protette.

In sostanza, per entrambe le tematiche si tratta di  valorizzazione del materiale già disponibile o potenzialmente disponibile prestandosi alle sollecitazioni che altre esperienze di comunicazione e di educazione nel campo ambientale ci offrono. Potrebbe essere il primo modo per mettersi in rete.

Questo sia per ciò che riguarda  il lavoro con il mondo della scuola, ma anche nella sperimentazione di un corso per educatori ambientali  o di una pubblicazione destinata alle scuole di sistema parchi.

La realizzazione di queste azioni di sistema sarebbe vincolata alle risorse INFEA e richiederà il coinvolgimento di tutti le Aree Protette che intendono aderire alla rete INFEA. E' chiaro quindi che queste tre proposte sono da ampliare/ridurre con uno sforzo progettuale di massima da parte di tutte le Aree Protette interessate, e identificano gli obiettivi di lavoro del Sistema delle Aree protette da raggiungersi nel 2003/2004.