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A R C O B A L E N O - O N L U S

 

PROGETTO SCUOLE

 

"ARCOBALENO"

Associazione di Volontariato - ONLUS

Terracina (LT)

 

In collaborazione con

 

REGIONE LAZIO

Assessorato Politiche per la Famiglia e i Servizi Sociali

 

Istituto Professionale "FILOSI"

Istituto Tecnico-Commerciale "BIANCHINI"

Terracina

 

 

PROGETTO SCUOLE

Disagio Sociale e Infezione da HIV

 

Anno 2000-2001

 

 

 

 

 

 

 

"Il vero viaggio della scoperta non consiste nel cercare nuovi paesaggi,

ma nell'avere nuovi occhi"

 

Anonimo

 

 

 

 

 

 

 

INDICE

PRESENTAZIONE

Così semplicemente                       Pag.  7

 

INTRODUZIONE

Dalla realtà locale ai progetti          Pag. 10

 

10 ANNI DI "ARCOBALENO"

Terracina e dintorni                     Pag. 14

Servizi e attività                       Pag. 17

 

UN PROGETTO PER AMICO

Introduzione                             Pag. 20

Progettare per scommettere               Pag. 22

 

RICERCARE PER SPERIMENTARE

Introduzione                             Pag. 26

Infezione da HIV                         Pag. 29

Qualità della vita e territorio          Pag. 32

Conclusioni                              Pag. 62

 

UN CORSO PER CORRERE

Introduzione                             Pag. 68

In-formazione e relazione                Pag. 69

Lavori di laboratorio                    Pag. 73

Conclusioni                              Pag. 75

 

CONCLUSIONI                              Pag. 78

BIBLIOGRAFIA                             Pag. 85

 

 

 

 

 

 

 

 

Ringraziamenti.

 

Si ringrazia quanti hanno partecipato e collaborato alla realizzazione del progetto, in particolare:

 

L'istituto Professionale "Filosi", l'Istituto Tecnico-Commerciale "Bianchini" e i Servizi Sociali del

Comune di Terracina, per la disponibilità offerta

 

Tutti gli studenti interessati sia dall'indagine quantitativa sia dal corso di in-formazione, 

per il coinvolgimento emotivo, in particolare:

I A e I C Ragioneria; I A - II A - III A - III B Professionale-Studi Sociali; I A - I B - I F - I H

Professionale-Aziendale - anno scolastico 2000-2001

 

Tutte le persone che fanno riferimento all'Associazione "Arcobaleno", volontari - collaboratori -

fruitori dei servizi di assistenza, per  l'impegno profuso, in particolare:

Rachele Di Vezza, psicologa/psicoterapeuta, e Fabio Malizia, sociologo, per l'elaborazione del progetto,

la realizzazione del corso e della ricerca e per la redazione dei testi; Dario D'Elia, grafica; Enzo Di Bianca, medico,

per l'incoraggiamento

 

 

Il presente lavoro di ricerca e di raccolta dell'esperienza formativa realizzata nelle scuole è stato

finanziato con contributo della Regione Lazio - Assessorato Politiche per la Famiglia e i Servizi Sociali -

Fondo per il Volontariato - Annualità 2000

 

 

 

 

 

 

 

Piano dell'opera.

 

Il presente testo raccoglie le fasi e le esperienze relative alla realizzazione del Progetto-Scuole, promosso

dal "Arcobaleno" e finanziato dalla Regione Lazio, strutturandosi, in maniera unitaria, nel modo seguente.

 

Il primo capitolo compie una sintesi corredata da dati statistici e relativa ad alcuni aspetti del tessuto

sociale del territorio locale, e a fenomeni di disagio di rilevanza nazionale; per ultimo si presentano i

servizi e le attività gestiti dall'Associazione "Arcobaleno".

 

Il secondo capitolo esplicita le motivazioni e i contenuti del progetto-scuole realizzato.

 

Il terzo capitolo presenta i risultati della ricerca quantitativa realizzata nell'ambito del progetto.

 

Il quarto capitolo riassume le esperienze maturate nello svolgimento del corso d'in-formazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

PRESENTAZIONE

 

 

"Così semplicemente"

 

L'associazione di volontariato "ARCOBALENO" * di Terracina è nata sotto l'impulso emotivo di un'emergenza,

in un periodo particolare della storia della nostra città.

Molti ragazzi, dal 1988 al 1998, dopo essere usciti dal problema della tossicodipendenza, incominciarono

ad ammalarsi in AIDS.

A quel tempo ci si rendeva conto di essere sieropositivi al HIV o essere già in AIDS solo quando la malattia

si manifestava per intero in tutta la sua virulenza, non concedendo più scampo di salvezza.

Sembrava la peste del 2000 ed in parte lo è stato: in 10 anni a Terracina sono morte più di 70 persone giovani,

sino a detenere il numero di sieropositivi in percentuale più alto di tutta la regione Lazio.

Negli ultimi anni la mortalità è rallentata, non per la scomparsa del virus, ma per merito delle nuove combinazioni

di farmaci, che hanno rallentato la progressione della malattia.

Ma il nostro paese è ancora in emergenza dal punto di vista dei contagi, in particolare tra persone eterosessuali.

Molti di noi, che già allora si occupavano del recupero di persone tossicodipendenti, si sono trovati a dover

affrontare questa nuova situazione esplosiva, essendo completamente a digiuno su cosa si potesse fare per poter

alleviare le sofferenze delle persone colpite dal infezione.

Dopo un po', ci accorgemmo che i nostri interventi erano piccole cose di fronte al problema AIDS.

Capimmo che non bastavano interventi occasionali e del tutto spontanei; fu così che ci costituimmo in Associazione

di Volontariato, con tutti i passaggi che la burocrazia prevede per dare un progetto e delle finalità ai nostri

interventi; cercando di capire tutti i bisogni dei ragazzi ammalati che si rivolgevano a noi, che erano e sono tanti

e con problematiche non sempre semplici da risolvere o gestire.

Ma oggi, a 10 anni dalla nostra costituzione, possiamo dire che la strada da noi intrapresa non era sbagliata.

I nostri obiettivi non si limitano all'Assistenza medico-infermieristica e di Segretariato sociale, ma soprattutto

mirano a dare una dignità di uomo che la malattia tende a far perdere; per paura di contagio delle persone vicine,

per l'ignoranza diffusa su questo argomento, per l'identità data alla malattia e alle persone colpite come di un

problema degli omosessuali e dei tossicodipendenti, categorie già di per sé emarginate dalla nostra società civile.

Questo comportamento di chiusura e di rifiuto verso questi nuovi ammalati non ha fatto altro che aumentare

la diffusione della malattia tra le persone con comportamenti così detti normali.

Le nostre attività e servizi sono molteplici, tutti finalizzati all'assistenza, alla prevenzione, al recupero ed

al reinserimento sociale e lavorativo delle persone socialmente svantaggiate.

Tutti i nostri amici che si rivolgono a noi per un aiuto, partecipano alle iniziative che la nostra associazione

propone, nei limiti delle proprie possibilità fisiche, imparando a riprendersi la vita con le proprie mani e a

trovare la speranza laddove la medicina la toglie.

Molti ragazzi usciti da lunghi mesi di degenza in ospedali specializzati e dimessi come malati terminali con 1 anno

di sopravvivenza, OGGI sono ancora tra di noi ed aiutano altre persone ad uscire dalla loro depressione,

per sperare nel futuro e per continuare a progettare le loro vite .......

..... e pensare che proprio chi non aveva speranza ora coltiva la speranza.  

 

Mariano Antonelli

Presidente dell'Associazione "Arcobaleno"

 

 

* L'Associazione di Volontariato "ARCOBALENO", operativa dai primi anni '90, si costituisce formalmente nel Maggio

del 1994, ponendosi come obiettivo principale di affrontare e socializzare il disagio giovanile, in particolare

attraverso l'informazione preventiva sull'infezione da HIV/AIDS e sull'uso di sostanze stupefacenti ed alcoliche,

il recupero e il reinserimento sociale di soggetti già tossicodipendenti o socialmente svantaggiati.

L'Associazione è iscritta all'Albo delle Organizzazioni di Volontariato della Regione Lazio, all'Elenco delle

Organizzazioni non lucrative nel settore assistenza socio-sanitaria della Regione Lazio, all'Albo delle

Associazioni socio-assistenziali della ASL provinciale, all'Elenco delle Organizzazioni non lucrative di

utilità sociale del Ministero delle Finanze, al Numero Verde Aids del Ministero della Sanità, al Numero Verde

Drogatel del Dipartimento per gli Affari Sociali; collabora con il Centro di Riferimento AIDS dell'Ospedale

Santa Maria Goretti di Latina, con il SerT di zona, con il DSM e i Servizi Sociali del Comune di Terracina;

ha contatti con l'Osservatorio Epidemiologico della Regione Lazio, con il Ministero della Sanità

(distribuzione di materiale informativo), con L'Istituto Superiore di Sanità e con la Comunità Incontro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

 

"Dalla realtà locale ai progetti "

 

Sviluppo sostenibile, città solidali, cittadinanza attiva, terzo settore, prevenzione.

Parole  e concetti che rimandano ad un qualcosa di molto complesso.

Parole forse complicate che descrivono situazioni che dovrebbero essere facili e scontate, ma non è così.

Quando gli individui, sentendosi soggetti-attivi, si ergono a produttori, e non solo consumatori, di ciò che

quotidianamente vivono, la realtà sociale sfuma il suo carattere di coercizione ineluttabile, ponendosi, in

termini di visibilità, per quello che è: una costruzione e condivisione sociale che può essere cambiata o

trasformata, rispondendo ai bisogni degli individui di autenticità, autonomia, libertà e creatività, spesso

attraverso l'esperienza, la sofferenza, la lotta.

Ciò è fortemente espresso anche e soprattutto dal mondo e dall'operato del volontariato e della cooperazione

sociale, attraverso le storie personali e collettive, attraverso le progettualità, le pratiche, le strutture

e i servizi; tanto da arrivare a costituire un importante pressione sul sistema politico, al fine di rivendicare

e realizzare, come posta in gioco di tipo culturale, una migliore e possibile qualità della vita, per tutti.

Questo, in piena epoca di globalizzazione della vita economica e sociale, assume carattere sia nazionale sia mondiale.

 

L'Associazione di Volontariato "Arcobaleno" di Terracina, nell'ambito della sua esperienza decennale, dall'emergenza

e nella difficoltà è arrivata, nei limiti, a produrre storie, significati, esperienze, reti sociali, progetti.

Rincorrendo come obiettivo fondante la relazione tra le persone e partendo da ciò che è più vicino: la nostra realtà

quotidiana inserita nella nostra città, nelle famiglie, nella scuola, nel lavoro, nei consumi.

Partendo proprio da dove la relazione è assente, precaria o distrutta, per costruire e cercare di ritornare ad essa.

Per questo lavoro non servono i tecnici o gli specialisti, servono prima di tutto le coscienze, cercando di tradurre

i problemi in ascolto e risposte socialmente costruite, cioè azioni e progetti.

Nonostante la frammentazione tematica ed operativa che contraddistingue il mondo della solidarietà sociale,

è difficile prescindere dalla constatazione teorica e pratica che l'oggetto da trattare o con cui sporcarsi le mani

è il DISAGIO SOCIALE, al di là dei campi di azione che possono avere come confini il mondo delle Tossicodipendenze,

dell'Alcooldipendenze, dell'AIDS, dell'Handicap, dell'Emarginazione, del Disagio Psichico, dell'Infanzia a Rischio,

ed altro ancora.

Questo in termini educativi significa abbattere i ghetti e lavorare in rete, non avere la pretesa di risolvere

ma essere presenti e attenti a tutti i frammenti di un unico discorso e per un unico mondo vivibile da tutti:

riconoscendo, rispettando e socializzando la sofferenza.

Normale è chi soffre, normale è chi lotta, normale è chi muore e poi rinasce, normale è chi riesce a cambiare

se stesso e l'ambiente in cui vive, normale è chi non ce la fa o non vuole farcela (ed in tal caso, le

responsabilità non sono univoche ma combinate).

La sofferenza de-struttura le relazioni e i mondi possibili, conclamandosi come percorsi e comportamenti a

rischio sociale: rischio di emarginazione ed esclusione, rischio di salute e di morte.

L'assorbimento della stessa sofferenza in un tessuto socio-relazionale condiviso - da costruire faticosamente

giorno dopo giorno, fatto di persone, emozioni  e piccoli obiettivi da raggiungere - le dà un senso e rappresenta

un'opportunità per i soggetti coinvolti per sopportarla e depurarla.

Il lavoro della solidarietà sociale (perché di un lavoro si tratta) va riconosciuto, incentivato, strutturato

in maniera stabile e permanente, valorizzando le risorse e le realtà locali.

Questo lavoro è un bene materiale e culturale il cui valore sociale non può essere misurato (per fortuna) in denaro;

così come non può essere rappresentato dalle sabbie mobili del profitto né da quelle delle ideologie.

Alla fine tutte le realtà locali sono uguali ed allo stesso tempo diverse tra loro.

Gli stessi problemi o emergenze, le stesse storie, gli stessi drammi e le stesse speranze; ma ogni individuo è unico

ed i percorsi del disagio sono diversi e soggettivi, ed in quanto tali richiedono risposte differenziate.

Mentre si scrivono queste righe, riecheggiano ancora dai giornali le grida di nuove infezioni da HIV, nuovi arresti

per droga o morti per overdose, nuovi bambini violentati da pedofili professionisti inseriti nella normalità sociale,

nuovi genitori massacrati dai propri figli adolescenti.

Tutto ciò ci appartiene, dai sintomi alle cause; tutto ciò è visibile, dai luoghi accessibili a quelli più

impenetrabili o impensabili.

A queste domande bisogna trovare risposte, perlomeno tentare.

Le esperienze vissute e raccontate in questo piccolo libro possono essere intese come dei tentativi di risposta,

cui è doveroso dare, non uno, ma molteplici seguiti.

Questa è una speranza, un obiettivo; questo è un progetto, una pratica rivolta alle persone ed al loro territorio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10 ANNI DI "ARCOBALENO"

 

 

Terracina e dintorni.

 

La solare ed antica  città di Terracina, all'insegna del terziario e della sopravvivenza di piccole economie

comunitarie di tipo agricolo e marittimo, testimonia condizioni di svantaggio e di rischio sociali.

Il contesto provinciale, nonostante la presenza di cambiamenti e di vitalità socio-economica, esprime scarsa

presenza culturale di progettualità sia sul versante del no-profit sia su quello della creazione di piccole

imprese e di occupazione.

 

In riferimento ai dati sulla diffusione del infezione da HIV/AIDS e della tossicodipendenza da eroina sul

territorio regionale e locale, la situazione è ormai da anni più che allarmante, imponendo una rilettura teorica

del disagio sociale e la messa in atto di strategie operative dove, parallelamente al recupero e reinserimento,

siano previsti interventi di tipo preventivo e volti alla riduzione del danno.

Il Lazio risulta come seconda regione dopo la Lombardia per numero di casi in AIDS sul territorio nazionale:

più di 16.000 sieropositivi accertati dal 1985 al 2000; più di 6000 casi in AIDS accertati nello stesso periodo.

Sono presenti 46 Ser.T. sul territorio regionale che, comprese le strutture del privato sociale, registrano

circa 15 mila utenti tossicodipendenti; si stimano 26.000 eroinomani e 1 milione di alcolisti.

Nella provincia di Latina sono presenti 5 SerT con più di 1100 utenti tossicodipendenti; il tipo di trattamento

terapeutico prevede per il 70% metadone integrato protetto come strategia dominante di intervento riabilitativo.

I dati forniti dal Centro di Riferimento AIDS di Latina sono allarmanti e non includono coloro che si rivolgono

ad altre strutture extra-territoriali o che non afferiscono ai servizi di assistenza, avendo quindi carattere di

sottostima.

Nel territorio della città di Terracina, con meno di 40.000 abitanti e consistenti sacche strutturali di lavoro

sommerso, disoccupazione ed inoccupazione giovanile, la diffusione dell'infezione da HIV è in crescita, tanto da

detenere in percentuale il triste primato a livello regionale.

Dal 1985 al 2000 sono state accertate a Terracina più di 200 persone sieropositive; nello stesso periodo sono

decedute nella città più di 70 persone in AIDS e non tutte erano tossicodipendenti.

Attualmente l'infezione da HIV dalle città costiere del sud - pontino si sta spostando verso i paesi collinari

dell'entroterra.

Le persone che giornalmente si rivolgono presso il SerT cittadino (che raccoglie 5 comuni) sono più di 260.

 

In Italia si contano (ad esclusione di quanti non afferiscono ai servizi e che di conseguenza non vengono censiti)

circa 146 mila utenti tossicodipendenti presso i 550 SerT dislocati sul territorio (con interventi riabilitativi

che riguardano per il 50% trattamenti metadonici), il 90% degli utenti risulta eroinomane (e i non-eroinomani ? ),

circa 20.000 vengono inviati nelle Comunità terapeutiche (e gli altri ? ), l'86% è di sesso maschile, il 72% è tra

i 20 e i 34 anni, mentre i detenuti tossicodipendenti sono più di 14 mila.

Gli ultimi dati annuali parlano di 1100 decessi direttamente attribuiti all'abuso di sostanze stupefacenti.

Attualmente il consumo di droghe è caratterizzato dalla ricerca di effetti stimolanti ed eccitanti, attraverso

l'abuso di sostanze come ecstasy, cocaina, anfetamine, alcool; molto spesso attraverso la modalità della

poli-assunzione o del mix di sostanze; facilitando l'abbassamento della soglia delle inibizioni sessuali e di

conseguenza favorendo il rischio di infezione da HIV, epatiti ed altre malattie trasmesse sessualmente.

I consumatori di tali sostanze sono giovanissimi (a partire da 13-14 anni) e, in riferimento particolare

all'uso di cocaina, molto spesso anche adulti professionisti (avvocati, commercialisti, medici, etc.).

Entrambe queste categorie di persone non si considerano tossicodipendenti e non afferiscono ai servizi di

assistenza; verso tali persone bisogna rivolgere l'attenzione, il discorso ed i difficili interventi, ai fini

della loro visibilità sociale.

 

Nel 1999 nel Mondo si sono contati 35 milioni di persone affette da HIV, di cui 2 milioni di bambini, il 45% di

donne e il 95% nei Paesi in via di sviluppo; mentre in Italia la percentuale del infezione è pari al 31% e la

categoria maggiormente a rischio è quella degli eterosessuali, pari al 56%; nelle carceri italiane si stimano

circa 4.000 detenuti sieropositivi.

In riferimento alle controverse e difficoltose terapie farmacologiche della medicina ufficiale adottate contro

il virus del HIV/AIDS si segnala, come questione aperta nell'ambito della medicina ufficiale, la riconosciuta

tossicità dei farmaci a medio e lungo termine; il ruolo e l'importanza che vanno acquisendo la diffusione sia

di ipotesi alternative (non certezza della correlazione tra HIV e AIDS) sia dell'uso di terapie complementari

(fitoterapia, ecc.); mentre risulta di fondamentale importanza per la salute psico-fisica del soggetto affetto

da HIV/AIDS il contesto sociale in cui vive e agisce e la relativa qualità della vita.

Oggi, grazie alle nuove cure, di AIDS si muore molto di meno rispetto ad un non lontano passato; il problema

però è che ci si continua ad infettare di HIV, chiamando in causa gli interventi preventivi e la complessa

questione del passaggio dalla conoscenza (informazioni) alla comprensione (riuscire a mettere in pratica,

cioè riuscire a modificare i propri comportamenti a rischio).

 

 

Servizi e attività.

 

In tutti i diversi e soggettivi percorsi di disagio il problema è sì durante, ma soprattutto prima (i fattori

che portano a percorsi di disagio) e dopo (i fattori che riportano a percorrere le stesse strade); su questi

aspetti bisogna costruire un discorso logico, efficace, comune; su questi elementi bisogna investire, in

termini di Prevenzione e di Reinserimento Socio-Lavorativo, e ciò partendo dalla conoscenza e dalla

valorizzazione delle risorse locali.

Il Prima - Durante - Dopo, specialmente per le Dipendenze da sostanze, sono processi da cui non si può

prescindere per chiunque parli di Recupero così come di Riduzione del Danno; così come la Questione Droga non

può essere frantumata, nella sua complessità, dalla faziosa polemica tra proibizionisti ed antiproibizionisti.

E' una certezza acquisita che con la coercizione, il proibizionismo e la penalizzazione non si percorre molta

strada; così come bisogna riconoscere che il consumo di droghe è un fenomeno socio-politico e, in quanto tale,

riguarda percorsi di disagio e fenomeni criminosi in cui si confondono anche stili di vita, dati culturali,

contesti sociali.

 

 

In convenzione con il Comune di Terracina - Assessorato Politiche Sociali - l'Associazione "Arcobaleno",

attraverso l'ausilio di collaboratori qualificati, gestisce servizi alla persona volti all'assistenza

psico-sociale, prevenzione, recupero e reinserimento socio-lavorativo, riferiti a soggetti svantaggiati o

a situazioni di disagio sociale.

In particolare, l'Arcobaleno eroga a livello provinciale i seguenti servizi.

 

* Centro d'Ascolto

* Segretariato Sociale

* Gruppi di Auto-Aiuto

* Gruppi di Terapia Familiare

* Centro di Reinserimento Socio-Lavorativo per ex-tossicodipendenti e persone socialmente svantaggiate:

servizi di assistenza psico-sociale, corsi di formazione professionale, laboratori di avviamento al lavoro

(Sala multimediale, Piccolo vivaio, Piccola Cooperativa Sociale "Arcoverde")

* Organizzazione manifestazioni (arte - teatro - musica  - convegni) in occasione del 1° dicembre:

Giornata Mondiale Lotta all'AIDS

* Promozione di Itinerari informativo-sensibilizzativi di prevenzione primaria e secondaria nelle scuole

medie inferiori e superiori.

 

Particolare attenzione è data alla PREVENZIONE HIV, dal momento che statisticamente il contagio sta crescendo

tra gli eterosessuali, in particolare tra i giovani e le donne.

Questo è dovuto al fatto che i tossicodipendenti e gli omosessuali hanno ormai imparato ad adottare comportamenti

sicuri (utilizzo di siringhe monouso e preservativi), mentre gli eterossessuali, non ritenendosi persone a

rischio, non adottano l'indispensabile precauzione dell'uso del profilattico nei rapporti sessuali con

partner occasionali.

Già da qualche anno ormai, non si può più parlare di categorie (cioè di persone come tossicodipendenti,

omosessuali o prostitute) a rischio, ma di comportamenti a rischio, agibili da chiunque.

Attenzione deve essere rivolta anche al discorso sulle sostanze stupefacenti e alcoliche, che contribuiscono

ad abbassare la soglia delle inibizioni sessuali (droghe chimiche ed eccitanti), favorendo il rischio di

infezione da HIV e da altre malattie trasmesse sessualmente (in particolare le insidiose epatiti), e che

definiscono le nuove forme sociali e individuali di tossicodipendenza, sempre più caratterizzate dalla

modalità della poli-assunzione e indicatori dei diversi e soggettivi percorsi del disagio.

A tutto ciò occorre trovare risposte in termini di servizi e strutture integrati con il territorio urbano,

anche alternativi o complementari alle Comunità terapeutico-residenziali (comunità aperte, centri diurni,

centri semi-residenziali, centri di reinserimento socio-lavorativi, ecc.).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UN PROGETTO PER AMICO

 

 

Introduzione.

 

Parole come progettare possono apparire di difficile comprensione nella pratica, sia per gli esperti sia per

i non esperti, ... e dire che nella vita e nella realtà sociale tutto si riconduce a degli obiettivi da

raggiungere, da costruire, da progettare appunto ...

Un progetto è una SCOMMESSA!

Forse è questa la definizione più facile e più completa: progettare per scommettere sulla riuscita di un

qualcosa che si vuol conoscere, dimostrare, che si propone o che si vuol cambiare.

Partire dalla realtà sociale e dal territorio in cui si vive, si studia, si lavora, ci si diverte e si soffre.

Scommettere sull'idea di informare e sensibilizzare i più giovani, avvicinandosi a loro e su situazioni che

appartengono o potrebbero appartenere alle loro vite quotidiane, quali la comunicazione interpersonale, i

disagi familiari e relazionali, il consumo di droghe, i rapporti sessuali occasionali non protetti.

Ipotizzare che tale comunicazione sia una forte esigenza sentita proprio dai più giovani: già informati e

vissuti sì, ma ancora con numerose difficoltà nel mettere in pratica ciò che sanno o pensano di sapere.

Centrare il discorso e la metodologia di lavoro non sui contenuti o informazioni da trasmettere e da ricevere,

ma, attraverso i giochi esperenziali, sui processi e sulle dinamiche della relazione che si crea tra le persone,

ingredienti fondamentali per l'elaborazione degli stessi contenuti.

Scoprire con amara soddisfazione che le cose stanno proprio così; sino a giungere alla costruzione di un

qualcosa di molto chiaro, visibile, percepibile: il rapporto tra persone che si riconoscono e che condividono

un percorso.

.... Identità ed emozioni.

 

Questo è stato l'obiettivo del Progetto per la realizzazione di un Corso di in-formazione preventiva sul

disagio sociale, elaborato dal "Arcobaleno" e finanziato dalla Regione Lazio (Assessorato Politiche per

la Famiglia e i Servizi Sociali - Fondo per il Volontariato - L.R. 29/93 -Anno 2000).

Questo è stato il risultato dopo 15 incontri formativi nell'arco di 5 mesi con un campione di studenti

(14 - 16 anni), rappresentativo del biennio di 2 scuole superiori di Terracina, Istituto Professionale

"Filosi" e Istituto Tecnico-Commerciale "Bianchini".

Questo è stato il prodotto finale, attraverso la realizzazione del CD-ROM multimediale e del Libro-Esperienze.

 

In questo senso PROGETTO SCUOLE dell'ARCOBALENO  si è fatto amico: amico degli studenti che hanno seguito il

corso e che ora potranno riversarlo su tutti gli altri ragazzi, loro amici e non, attraverso la relazione tra pari.

 

 

 

Progettare per scommettere.

 

Numerose sono state le motivazioni cognitive che hanno giustificato l'elaborazione del suddetto progetto,

rivolto alle scuole superiori del territorio cittadino.

Motivazioni in gran parte già descritte nei capitoli precedenti e rilevate attraverso l'accesso ai dati

ufficiali  o forniti dagli Enti con cui l'Arcobaleno collabora, attraverso i dati prodotti con attività di

ricerca e di mappatura del territorio eseguiti dalla stessa Associazione in circa 10 anni di attività ed

esperienze nel disagio e nelle scuole.

Le suddette motivazioni fungono da indicatori della stessa diffusione sociale del malessere o finto-benessere

dei giovani, considerato come uno stato soggettivo di sofferenza, legato agli squilibri che il processo di

costruzione dell'identità produce o può produrre.

In riferimento al contesto socioculturale del disagio giovanile, si evidenzia il difettoso o difficoltoso

riconoscimento tra gli attori sociali, che può determinare condotte tese alla de-responsabilizzazione e a vie

di fuga dalla realtà quotidiana, ponendo al centro della questione il senso della vita sociale, la difficoltà

di gestione della complessità sociale e la difficoltà a crescere.

La mappa delle nuove forme sociali e individuali delle tossicodipendenze riferiscono di un disagio giovanile

sempre più complesso, difficilmente identificabile (semi-invisibile e destrutturato al proprio interno),

inevitabilmente legato alla crisi strutturale delle varie agenzie di socializzazione formali e nella

strutturazione di agenzie informali.

Più specificamente,  si rilevano i seguenti fattori di contesto, da cui non si può prescindere ai fini di

ogni analisi o intervento preventivo:

* insufficienza orientativa, nonostante riforme ed autonomia scolastica, data dal mondo della scuola,

attraverso lo strutturale scollamento tra teoria scolastica (contenuti e rendimento) ed emotività;

* mutamento socioculturale che ha investito la struttura familiare, attraverso il mutamento dei modelli

sociali, la modificazione dei ruoli femminili e maschili, la perdita della funzione di comunicazione, di

trasmissione dei valori, di sicurezza psicologica e di comprensione della realtà esterna, attraverso il

prolungarsi dell'adolescenza reale;

* modelli culturali definiti e veicolati dal sistema socioeconomico, mass-mediale e pubblicitario, tesi

alla competitività e all'aggressività sociali;

* elevata inoccupazione e disoccupazione giovanile e modificazioni strutturali nel mondo del lavoro,

attraverso precarietà occupazionale e nuove forme dinamiche e flessibili di lavoro;

* trasformazione del territorio e della conseguente qualità della vita urbana, a detrimento dei tessuti

sociali di tipo comunitario e degli spazi aggregativi;

* ricerca liberatoria e trasgressiva di nuove forme di piacere e di soddisfazione sessuale, in particolare

attraverso l'uso di droghe chimiche ed eccitanti (alcool incluso) che abbassano le barriere di inibizione.

 

Il progetto che si è realizzato, partendo proprio dal mondo scolastico, ha rappresentato, per tutti i soggetti

coinvolti, un'opportunità per migliorare la conoscenza del contesto sociale in cui i giovani si muovono,

sperimentano e crescono e per migliorare la conoscenza di sé e delle proprie situazioni di disagio, al fine

di giungere ad individuare percorsi e strumenti adeguati a migliorare la qualità della vita attraverso

decisioni e scelte autonome.

Fondamentale la necessità di centrare il discorso-intervento, proprio nelle strutture scolastiche, sulla

comunicazione interpersonale e sulla conoscenza del proprio corpo, inserite nel quadro di un armonico

sviluppo della personalità dei ragazzi, soprattutto alla luce della diffusione del problema HIV ed AIDS e

della necessità di arginare l'infezione attraverso la prevenzione.

In riferimento alle agenzie quali scuola e famiglia, molto spesso il non fare o il metodo del silenzio

espongono gli adolescenti a paure, insicurezze, ansie, sensi di colpa, eccessi fantastici e comportamentali

che rischiano di contribuire negativamente allo sviluppo della personalità.

In tal senso, il progetto in questione non ha preordinato una semplice trasmissione di informazioni tecniche,

ma è stato inquadrato nell'ambito più globale dello sviluppo delle capacità comunicative e relazionali della

persona, attraverso la definizione e l'analisi collettive dei fattori-rischio e dei diversi e soggettivi

percorsi del disagio.

Le finalità si sono esplicitate nell'affrontare argomenti e tematiche riguardanti nello specifico il contesto

sociale in cui il ragazzo adolescente vive e agisce, e nel promuovere la capacità relazionale, il dialogo alla

pari, la critica discussione, l'autostima e le diverse risorse e soggettività.

In termini pratici, attraverso la relazione e le sue dinamiche, si è cercato di favorire il processo di

empatia tra le persone; processo mediatore del riconoscimento del altrui e del proprio vissuto emotivo e della

messa a fuoco della propria identità.

Il lavoro che si è proposto e realizzato ha utilizzato la metodologia dell'apprendimento di gruppo.

I gruppi sono stati condotti, attraverso giochi esperenziali e lavori di laboratorio, in modo che i

partecipanti facessero esperienza di ciò che era oggetto di apprendimento.

La scelta di tale metodologia, che favorisce la consapevolezza personale, ha costituito per i ragazzi la

possibilità di sperimentare modi e di strutturare situazioni d'apprendimento diversi dalla consueta lezione

frontale.

 

In tutti i sensi in cui si è cercato di spiegare il progetto, la scommessa può, forse, dirsi riuscita:

alla ricerca del senso delle cose, per scoprire che esso non è solo significato razionale, ma anche emozioni

e sentimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

RICERCARE PER SPERIMENTARE

 

 

Introduzione.

 

PROGETTO SCUOLE dell'ARCOBALENO è anche un progetto-ricerca, con lo scopo, cioè, di testimoniare

principalmente 2 situazioni riferite ai ragazzi coinvolti nel corso di in-formazione:

 

* il livello di conoscenze in possesso sul infezione da HIV/AIDS;

* la qualità della vita nel territorio locale.

 

La ricerca con rilevanza statistica, realizzata nei primi mesi del 2001, è stata estesa a 2 gruppi di studenti

del biennio (14 - 16 anni) dei 2 Istituti scolastici di media superiore cittadini interessati dall'indagine:

* il gruppo dei corsisti direttamente coinvolto dal progetto (75 unità);

* un gruppo di controllo (75 unità).

L'intero gruppo (150 studenti) interessato dall'indagine quantitativa, si presenta come campione probabilistico

casuale dei due terzi dell'intera popolazione studentesca del biennio delle scuole superiori cittadine.

Per quanto riguarda le tecniche d'indagine, in relazione alla verifica del possesso di conoscenze ed informazioni

sul infezione da HIV, si è somministrato un test con 25 affermazioni, da valutare attraverso le modalità vero -

falso - non so.

In relazione, invece, alla conoscenza della qualità della vita nel territorio locale, si è somministrato un

questionario contenente 32 domande strutturate, concernenti le variabili socio-economiche di base, quelle

relative alla  comunità d'appartenenza e in riferimento al disagio sociale.

Nello specifico, si è cercato di verificare l'impianto teorico di riferimento che, discendendo dalla descrizione

dei fenomeni sociali sul territorio locale effettuata nei primi capitoli del presente testo, si definisce come

area problematica nei seguenti termini.

* Nel territorio della città di Terracina, posto nel Sud-Pontino, il problema socio-sanitario del numero delle

infezioni da HIV e delle morti in AIDS, rischia di rappresentare un retroscena scomodo e imbarazzante, sia per

le istituzioni locali sia per l'opinione pubblica.

Il costante aumento del numero delle infezioni sul territorio locale, che interessa maggiormente persone

eterosessuali, donne  e giovani, impone interventi strutturati in maniera permanente, in particolare nelle

scuole, nelle famiglie e sui posti di lavoro.

Tali interventi preventivi, però, necessitano di verifiche sperimentali in ordine alla loro efficacia, dal

momento che la diffusione dei messaggi di prevenzione, sia nazionale sia locale, stride in maniera

problematica con l'aumento del numero delle infezioni da HIV (in aumento anche a livello nazionale, secondo

i primi dati del 2001).

In tal senso, si è definito, come oggetto da ricercare, la qualità delle conoscenze - esperienze -

informazioni relative al infezione da HIV in possesso dei ragazzi interessati dall'indagine; secondo le

ipotesi che tale qualità rappresenti un processo che, ai fini della sua efficacia, va posto in termini di

dinamica comunicativo-relazionale; secondo l'ipotesi che tale processo sia un'esigenza fortemente sentita

proprio dai più giovani, bombardati da informazioni terroristiche prima, quasi all'insegna della normalità

dopo, ma attraverso messaggi poco incisivi ai fini della modificazione consapevole delle condotte individuali.

* Lo stesso territorio della città di Terracina presenta, come per le infezioni da HIV, numeri e situazioni 

di svantaggio o di rischio sociale, pari, in percentuale, a quelli delle grandi città.

Nella città del mare e dei servizi, le possibilità di vita per la gioventù locale si dispiegano nella

difficile ricerca di un posto di lavoro fuori città o del lavoro nero nel terziario locale, o ancora nell'

inoccupazione, dietro cui, spesso, si nasconde l'alto numero di giovani impegnati nello studio o nella

formazione e nella prospettiva del lavoro intellettuale che rappresenti anche la fuga verso le grandi città.

A corollario di quanto detto, si evidenziano condizioni di svantaggio socio-economiche, testimoniate anche

dalla forte spesa pubblica relativa ai servizi sociali del Comune.

In riferimento alla spesso strumentalizzata condizione giovanile del luogo, si evidenzia, ancora, l'assenza di

ogni politica socio-economica destinata ai più giovani, con la conseguente inesistenza di spazi pubblici

espressivi ed aggregativi e della persistenza del Viale per lo struscio come unica alternativa di creazione

di senso condiviso.

Nello specifico, si è definito  come oggetto da ricercare i legami sociali che sostanziano la vita dei giovani

nel territorio locale, nell'incrocio tra comunità d'appartenenza e fenomeni di disagio; secondo le ipotesi

dell'esistenza di inespressi legami di tipo comunitario e territoriale e dell'esistenza di fenomeni,

condizioni e situazioni di disagio che coinvolgano direttamente i più giovani, lasciando ai margini,

in termini di consapevolezza e possibilità di intervento, le agenzie educative quali scuola e famiglia.

 

 

Infezione da HIV.

 

In relazione alla somministrazione del test sulla verifica delle informazioni sul HIV in possesso dei ragazzi

intervistati (con domande tecniche ed insidiose), emerge una buona percentuale di risposte esatte.

Il numero delle risposte corrette, conteggiate sia per ogni singolo gruppo sia complessivamente, va da un minimo

del 50% ad un massimo del 90%, con una percentuale media del 68%.

Attraverso il suddetto test, si è verificato come la gran parte dei ragazzi interessati dall'indagine avesse una

buona informazione di base su che cos'è il virus del HIV, che cos'è l'AIDS conclamato, quali sono le modalità di

trasmissione e di prevenzione del infezione.

Questo dato, però, contrasta fortemente con la realtà dei fatti, in particolare nel territorio locale che

interessa la città di Terracina, dove si registra un costante forte aumento del numero dei contagi da HIV,

riferiti principalmente a persone eterosessuali, in particolare i giovani e le donne.

Traducendo tutto ciò, si può concludere affermando che il messaggio delle varie campagne informative di

prevenzione nazionali e locali sia passato, cioè sia stato recepito a livello di conoscenze proprio dai più

giovani, ma che il lavoro più duro e difficile da fare sia passare alla pratica, ossia riuscire a portare in

atto il cambiamento dei propri comportamenti a rischio, quali il non-uso del preservativo nei rapporti

sessuali con persone che non si conoscono bene (ma di quelle che si conoscono ci si può fidare?), oppure

l'uso di droghe sapendo che fanno star male.

Tale situazione coinvolge direttamente giovani da una parte e formatori ed educatori dall'altra.

Sul versante di chi si espone a comportamenti a rischio, in particolare i giovani, ed in generale anche

gli adulti,  emerge la scarsa o addirittura inesistente abitudine culturale dell'uso del preservativo nei

rapporti sessuali; disabitudine favorita dai condizionamenti morali di matrice cattolica, concretizzatisi

con il costo relativamente alto dei profilattici e soprattutto con il tabù riferito ad immagini o messaggi

espliciti di promozione dell'uso delle protezioni; tabù in parte dipanato solo dalle ultime campagne di

prevenzione  a seguito dell'esplosione AIDS; ma le resistenze rimangono, in particolare, proprio nelle

istituzioni scolastiche, rappresentative anche delle istanze dei genitori.

Tale disabitudine, anche a prescindere dalle motivazioni, rimane un fatto con cui dover fare i conti,

poiché potrebbe favorire, proprio in riferimento ai più giovani, la volontà di fare esperienze eccitanti,

trsgressive o rischiose, senza limiti, barriere o protezioni; anche laddove dovesse esistere la consapevolezza

dell'uso del preservativo, inoltre, contesti sociali definiti (gruppi di amici, discoteche), attraverso l'uso

di droghe chimiche o di alcol, potrebbero predisporre, inconsapevolmente per i soggetti coinvolti, all'

abbassamento della soglia delle inibizioni sessuali, favorendo rapporti sessuali occasionali non protetti,

con il rischio, quindi, di malattie trasmesse sessualmente (HIV, epatiti, ecc.).

Ciò, emerge chiaramente anche dal test somministrato, dove le affermazioni maggiormente sbagliate o rimaste

senza risposta sono proprio quelle relative alla valutazione del rischio in riferimento a situazioni di uso

di droghe chimiche e di alcol: come dire che, o nell'incoscienza o nella consapevolezza di momenti o stati

di eccitazione, il pensiero delle protezioni è assente o remoto, prima e dopo il processo di esposizione al

rischio.

Per protezioni si intendono sia quelle pratiche (profilattici) sia quelle di contesto (sociali, psicologiche).

Ma tale situazione problematica coinvolge anche il mondo delle istituzioni e dei soggetti volti alla prevenzione

e all'assistenza: quali messaggi fornire ai giovani? Ma soprattutto, ai fini della loro efficacia, come?

Il divario tra i messaggi di prevenzione e i diretti destinatari, o tra formatori/educatori e giovanissimi, può

e deve essere raggirato attraverso la costruzione di un processo di comunicazione e di relazione che sia di

appoggio per la secondaria, anche se importante, acquisizione tecnica; dal momento che una cosa è capire un

particolare, altro è comprenderne il senso attraverso i comportamenti nei rapporti sociali.

Ciò emerge anche dai risultati del test, dove le discrepanze o i divari suonano come tentativi di richiesta

di aiuto proprio dai più giovani.

Questo aiuto va ascoltato, letto e dato nei limiti dell'impossibile, ai fini di rendere i ragazzi protagonisti

delle proprie azioni.

Ciò si intende come lavoro iniziale, nella prospettiva, cioè, che dovranno essere poi i diretti interessati a

promuoversi e a promuovere, attraverso la relazione, diversi modi di intendere e di stare al mondo, che non

siano rischiosi per la propria ed altrui vita.

Ciò viene fatto passare in termini di educazione tra pari, cioè ragazzi che educano  altri ragazzi loro coetanei.

In realtà si tratta di un processo non facile: coinvolgere i più giovani, attraverso l'ascolto e mettendosi al

loro pari; stimolare le loro coscienze e soggettività; favorire, attraverso il meccanismo dell'opinion leader,

la ricaduta comunicativa dell'intervento, sia sotto l'aspetto relazionale sia informativo.

La difficoltà rende, però, ancor più interessanti i risultati da verificare a distanza di tempo, sapendo che il

processo iniziale, conclamatosi attraverso il corso di in-formazione (vedi capitolo seguente), ha già dato i

suoi primi risultati: coinvolgimento; esperienza emotiva e cognitiva; acquisizione;  produzione; voglia di

ripetersi; gioia, anche nel disagio, di esserci.

In tal senso, si è predisposto che siano proprio i più giovani, già in-formati, ad informare, attraverso la

relazione e con i propri codici comunicativi, gli altri giovani; nel tentativo di ridurre le distanze tra mondo

adulto e giovanile; tra regole o imperativi e comportamenti liberatori pieni di senso.

Laddove la riduzione delle distanze non deve significare la consacrazione del bambino costretto a farsi adulto;

così come gli imperativi vanno praticati come orientamento alla responsabilizzazione, lasciando le responsabilità

agli adulti.

 

 

Qualità della vita e territorio.

 

In relazione alla somministrazione del questionario strutturato, relativo alla conoscenza della qualità della

vita sul territorio locale fruita dai ragazzi intervistati, si conferma uno scenario sociale, facilmente

osservabile nella realtà quotidiana, così come ipotizzato dalle indicazioni teoriche sopra descritte.

 

 

Struttura sociale degli intervistati

 

* Sesso - Età - Città d'origine

In riferimento ai 2 Istituti scolastici di tipo tecnico interessati dall'indagine, emerge il forte numero di

ragazze (77,3%) rispetto ai ragazzi (Tab. 1), in linea di tendenza con il maggior numero di popolazione femminile

dedita allo studio rispetto a quella maschile.

L'alto numero di ragazze negli Istituti scolastici superiori cittadini, inoltre, impone messaggi e campagne

informative HIV mirate alle donne, anche alla luce della loro maggior esposizione, per ragioni fisiologiche,

all'infezione; così come testimoniano, tristemente, i dati nazionali e locali.

Qualità della vita e territorio.

 

 

Tab. 1 - Sesso                    

 

Maschio                 33    22   

Femmina                 116   77,3 

Risposta non data       1     0,7  

Totale                  150   100  

 

 

Riguardo all'età degli intervistati, il 46% è quattordicenne, il 34% è quindicenne, il 17,4% è sedicenne (Tab. 2),

secondo la distribuzione casuale dei gruppi intervistati ed eletti a campione probabilistico del biennio.

La giovane età degli intervistati, inoltre, non deve fuorviare la lettura dei dati e le conclusioni analitiche,

dal momento che, in particolare, l'età media di sperimentazione dei primi rapporti sessuali e delle sostanze

stupefacenti si aggira proprio attorno ai 15 anni.

 

 

Tab. 2 - Età                      

                        

14 anni                 69    46   

15 anni                 51    34   

16 anni                 26    17,4 

Risposta non data       4     2,7  

Totale                  150   100  

 

 

Il 58% degli intervistati è originario di Terracina (Tab. 3), mentre il 38% proviene dalle zone limitrofe

(La Fiora, Frasso, Borgo Hermada, Borgo Vodice, Borgo Montenero, Fondi, Monte S.Biagio, etc.), che, in quanto

espressione della campagna urbanizzata, esprime integrazione ed allo stesso tempo marginalità rispetto alla vita

sociale cittadina, in termini sia di riferimento ad un'altra comunità locale, limitrofa per cultura e per

territorio a quella cittadina, sia di partecipazione diretta alle relazioni amicali nel territorio cittadino.

 

 

Tab. 3 - Città d'origine                      

 

Terracina               87    58   

Altro                   57    38   

Risposta non data       6     4    

Totale                  150   100  

 

 

* Numero familiari - Lavoranti in famiglia - Titolo studio genitori - Professione genitori

Emergono nuclei familiari relativamente numerosi (Tab. 4), in cui per il 54% lavorano due componenti (Tab. 5);

inoltre, l'estrazione sociale del gruppo-campione si delinea di tipo medio e medio-basso, sia per scolarizzazione

(Tab. 6 - 7) che per attività lavorativa (Tab. 8 - 9) riferiti alla famiglia d'origine.

 

 

Tab. 4 - Numero familiari                     

 

Due componenti          2     1,3  

Tre componenti          14    9,3  

Quattro componenti      74    49,3 

Cinque componenti       40    26,7 

Sei componenti          10    6,7  

Sette componenti        2     1,3  

Risposta non data       8     5,3  

Totale                  150   100  

 

 

Tab. 5 - Numero lavoranti                     

     

Un lavorante            35    23,3 

Due lavoranti           81    54   

Tre lavoranti           18    12   

Quattro lavoranti       2     1,3  

Cinque lavoranti        2     1,3  

Nessun lavorante        1     0,7  

Risposta non data       11    7,3  

Totale                  150   100  

 

 

 

Tab. 6 - Titolo studio padre                  

 

Lic. Elementare         30    20   

Lic. Media inferiore    57    38   

Lic. Media superiore    42    28   

Laurea                  12    8    

Risposta non data       9     6    

Totale                  150   100  

 

 

 

Tab. 7 - Titolo studio madre                  

 

Lic. Elementare         36    24   

Lic. Media inferiore    55    36,7 

Lic. Media superiore    43    28,7 

Laurea                  5     3,3  

Senza titolo            4     2,7  

Risposta non data       7     4,7  

Totale                  150   100  

 

 

 

Tab. 8 - Professione padre                          

                 

Imprend./liber.profess./dirigente  22    14,7 

Insegnante/impiegato/militare      30    20   

Commerciante/artigiano             20    13,3 

Operaio                             46    30,7 

Agricoltore                        19    12,7 

Disoccupato                        3     2    

Pensionato                         4     2,7  

Risposta non data                  6     4    

Totale                             150   100  

 

 

Tab. 9 - Professione madre                          

                       

Imprend./liber.profess./dirigente  6     4    

Insegnante/impiegato/militare      13    8,7  

Commerciante/artigiano             11    7,3  

Operaio                            14    9,3  

Agricoltore                        12    8    

Disoccupato                        1     0,7  

Pensionata                         1     0,7  

Casalinga                          84    56   

Risposta non data                  8     5,3  

Totale                             150   100  

 

 

 

Comunità d'appartenenza

 

* Confidenza

Riguardo alle persone con cui i ragazzi si confidano maggiormente (Tab. 10), emerge in termini dominanti,

la figura della mamma (40,7), a testimonianza di un'età in cui è ancora forte, in termini di protezione e

dipendenza, il legame familiare, in particolare con la madre, a fronte della minore presenza della figura del

padre; ma emerge allo stesso tempo l'out-door (spazio di vita fuori casa), testimoniato dalla figura dell'

amico/a (33,3).

 

 

 

Tab. 10 - Confidenza                    

 

Madre             61    40,7 

Padre             14    9,3  

Fratello          4     2,7  

Sorella           7     4,7  

Partner           3     2    

Amico             50    33,3 

Sacerdote         3     2    

Altra persona     4     2,7  

Nessuno           4     2,7  

Totale            150   100  

 

 

 

* Tipologia amici - Sesso amici

L'ambiente scolastico, sia precedente sia attuale dei ragazzi, si presenta come il maggior collante (53,3%)

nel definire la tipologia d'amici dominante (Tab. 11); significativo è anche il 12,7% riferito ad amici più

grandi ed espressione dell'eventualità di esperire comportamenti per imitazione o prossimi al rischio; inoltre,

la tipologia d'amici viene definita anche come composta da maschi e femmine per il 70% (Tab. 12), espressione di

condivisione inter-genere di orientamenti e comportamenti di gruppo.

 

 

Tab. 11 - Tipologia amici                                 

                                    

Attuali compagni scuola                  60    40   

Ex-compagni di scuola                    20    13,3 

Vicini di casa                           17    11,3 

Coetanei con cui pratico sport           5     3,3  

Coetanei conosciuti occasionalmente      14    9,3  

Coetanei di club, associazione, ecc.     9     6    

Giovani più grandi di me                 19    12,7 

Parenti                                  1     0,7  

Altro                                    3     2    

Risposta non data                        2     1,3  

Totale                                   150   100  

 

 

Tab. 12 - Sesso amici                         

                             

Maschi e femmine             105   70   

Prevalentemente femmine      17    11,3 

Prevalentemente maschi       18    12   

Solo maschi                  7     4,7  

Solo femmine                 3     2    

Totale                       150   100  

 

 

 

* Luogo incontro amici - Frequenza incontro amici

L'out-door si delinea meglio in relazione al luogo d'incontro degli amici nel tempo libero (Tab. 13),

che si definisce per il 54,7% nelle strade o nelle piazze del centro cittadino, a fronte di un 20% che incontra

i propri amici in casa e nella scarsa frequentazione di altri luoghi significativi ed aggregativi; la frequenza

d'incontro, inoltre, è quasi giornaliera per il 52,6% (Tab. 14), mentre si segnala un 10% che si incontra soltanto

1 giorno a settimana.

 

 

 

Tab. 13 - Luogo incontro amici                      

                     

Strada                  49    32,7 

Piazze                  33    22   

Casa                    30    20   

Impianto sportivo       10    6,7  

Biblioteca              2     1,3  

Giardini pubblici       3     2    

Bar                     7     4,7  

Altro                   12    8    

Risposta non data       4     2,7  

Totale                  150   100  

 

 

 

Tab. 14 - Frequenza incontro amici                        

 

Tutti i giorni                           65    43,3 

Quattro o cinque giorni a settimana     14    9,3  

Due o tre giorni a settimana             53    35,3 

Un giorno a settimana                    12    8    

Meno di un giorno a settimana            3     2    

Risposta non data                        3     2    

Totale                                   150   100  

 

 

 

* Utilizzo ideale tempo libero - Impiego

Il tempo libero trova come utilizzo ideale prioritario (Tab.15) il curare le amicizie (44%) e l'evadere dai

problemi di tutti i giorni (30,7%); sostanziandosi, come impiego (Tab.16), nell'uscire con gli amici (36,7%)

e nell'ascoltare musica (38%), mentre risultano scarse le attività legate alla lettura, all'impegno sociale,

alle nuove tecnologie interattive e multimediali.

 

 

 

Tab. 15 - Utilizzo ideale tempo libero                                

 

Curare le amicizie                       66    44   

Trovare se stessi                        18    12   

Dedicarsi ai problemi sociali            4     2,7  

Evadere dai problemi di tutti i giorni   46    30,7 

Oziare e non far nulla                   3     2    

Altro                                    10    6,7  

Risposta non data                        3     2    

Totale                                   150   100  

 

 

 

Tab. 16 - Impiego tempo libero                            

                            

Mi dedico alla lettura             5     3,3  

Ascolto musica                     57    38   

Esco con gli amici                 55    36,7 

Pratico attività sportive          20    13,3 

Mi occupo di problemi sociali      2     1,3  

Non faccio nulla                   3     2    

Altro                              4     2,7  

Totale                             150   100  

 

 

 

 

 

* Vita di quartiere - Dialetto - Vita di comunità locale -Adesione ad associazioni

In relazione alla vita di quartiere (Tab. 17), il 64,7% la ritiene fondamentale; parlando, talvolta, il dialetto

locale (Tab. 18) per il 64,7%; ed ancora, interessandosi per il 38,7% della vita di comunità locale (Tab. 19);

relativamente, infatti, alle adesioni ad  associazioni locali (Tab. 20), si registra il 37,3% di partecipazione

attiva in gruppi sportivi, religiosi e culturali.

 

 

 

Tab. 17 - Vita di quartiere                   

 

È fondamentale          97    64,7 

È indifferente          39    26   

Non è importante        11    7,3  

Risposta non data       3     2    

Totale                  150   100  

 

 

 

Tab. 18 - Dialetto locale parlato                   

                       

Sì regolarmente   15    10   

Talvolta          82    54,7 

Mai               53    35,3 

Totale            150   100  

 

 

 

Tab. 19 - Vita di comunità locale                         

                            

Sì mi interesso                    58    38,7 

Non è importante                   63    42   

Ne comincio a sentire il bisogno   28    18,7 

Risposta non data                  1     0,7  

Totale                             150   100  

 

 

 

 

Tab. 20 - Adesione ad associazioni                  

                        

                      56    37,3 

No                      92    61,3 

Risposta non data       2     1,3  

Totale                  150   100  

 

 

 

 

* Problemi Terracina - Interesse per la politica

In riferimento ai problemi della città di Terracina (Tab. 21), i ragazzi intervistati segnalano, come i più

sentiti, principalmente il consumo di droghe (42%), l'assenza di spazi e di politiche per i giovani (20,7%) e

la diffusione del infezione da HIV (17,3%), mentre un 9,3% dei ragazzi intervistati considera un problema la

presenza di popolazione immigrata; inoltre, giovane età permettendo, prevale per il 66,7% il disinteresse per

la politica locale e nazionale (Tab. 22).

 

 

 

Tab. 21 - Problemi della collettività terracinese                          

                              

Spazi e politiche giovanili  31    20,7 

Consumo di droghe            63    42   

Presenza di immigrati        14    9,3  

Infezione da hiv/aids        26    17,3 

Altro                        4     2,7  

Risposta non data            12    8    

Totale                       150   100  

 

 

 

Tab. 22 - Interesse per la politica                             

                                  

Importanza dell'impegno politico   32    21,3 

Disinteresse per la politica       100   66,7 

La politica è una "cosa sporca"    12    8    

Altro                              1     0,7  

Risposta non data                  5     3,3  

Totale                             150   100  

 

 

 

 

* Rapporto didattico - Giudizio sulla scuola

La maggior parte dei ragazzi sostiene di aver vissuto nel rapporto didattico (Tab. 23) prevalentemente situazioni

di gratificazione (74,7%); bisogna riflettere, però, in merito a quel 16,7% che ha incontrato nell'ambito della

propria carriera scolastica situazioni di frustrazione, in una scuola (Tab. 24) considerata dai più come generosa

maestra di vita (71,3%); allo stesso modo bisogna soffermarsi sulle risposte che considerano la scuola come una

divisione sociale, distante dai problemi reali, utile solo agli indecisi, inutile come pezzo di carta o inutile

perché la formazione si acquisisce sul lavoro, per un totale pari al 24%.

 

 

 

Tab. 23 - Rapporto didattico                  

 

Gratificazione          112   74,7 

Frustrazione            25    16,7 

Risposta non data       13    8,7  

Totale                  150   100  

 

 

 

Tab. 24 - Giudizio sulla scuola                                 

                                    

La scuola è maestra di vita                    44    29,3 

Offre molto a chi si impegna nello studio            63    42   

Determina una divisione sociale                4     2,7  

È distante dai problemi reali                  14    9,3  

Serve a chi non sa ancora cosa vuol fare       11    7,3  

È inutile perché il titolo di studio non serve 2     1,3  

La formazione si acquisisce sul lavoro          5    3,3  

Altro                                           3     2    

Risposta non data                              4     2,7  

Totale                                         150   100  

 

 

 

 

Disagio sociale

 

* Situazioni di conflitto - Comportamenti trasgressivi condannati

Gran parte degli intervistati dichiara di vivere situazioni di conflitto (Tab. 25) con gli altri (78,8%), in

particolare in famiglia (32,7%), seguita dagli amici e dal contesto scolastico; il contesto familiare, prima

base affettiva della confidenza, risulta anche il maggior produttore di conflitti, in un'età adolescenziale

all'insegna della rottura con i modelli, in particolare quelli familiari.

I comportamenti trasgressivi maggiormente condannati (Tab. 26) risultano il terrorismo (28%) ed il consumo di

droghe pesanti (22,7%); mentre, tollerate risultano le trasgressioni relative al consumo di droghe leggere e di

sostanze alcoliche, al pari del tradire il proprio partner e dell'andare con prostitute.

Sorprende, ma non troppo, il consistente rifiuto del terrorismo;  tale risposta assume carattere significativo

soprattutto alla luce dei tristi fatti accaduti dopo il corso di in-formazione realizzato, relativi agli scontri

di piazza a Genova in occasione del G8 e su tutto agli attentati terroristici a New York.

 

 

Tab. 25 - Situazioni di conflitto                   

                        

No                           32    21,3 

Sì, in famiglia              49    32,7 

Sì, a scuola                 16    10,7 

Sì, con gli amici            27    18   

Sì, con i vicini di casa     7     4,7  

Sì, con il partner           11    7,3  

Sì, con le tradizioni        4     2,7  

Altro                        4     2,7  

Totale                       150   100  

 

 

 

Tab. 26 - Comportamenti trasgressivi condannati                            

                              

Consumo droghe leggere             5     3,3  

Fare terrorismo                    42    28   

Consumo droghe pesanti             34    22,7 

Bere alcolici                      2     1,3  

Non rispettare la famiglia         10    6,7  

Né studiare né lavorare            5     3,3  

Picchiare gli immigrati            13    8,7  

Rubare auto, motorini              10    6,7  

Andare con prostitute              4     2,7  

Tradire il partner                 5     3,3  

Comportarsi in modo violento       5     3,3  

Altro                              5     3,3  

Risposta non data                  10    6,7  

Totale                             150   100  

 

 

 

 

* Motivi consumo droghe - Condanna consumatori droghe

Tra i fattori che possono indurre al consumo di droghe (Tab. 27) si imputa la maggiore responsabilità ai problemi

in famiglia (26,7%), seguititi, come specificazione, dai problemi personali (25,3%); significative, inoltre, sono

anche le segnalazioni del conflitto sociale (14,7%) come probabile causa, così come del meccanismo dell'imitazione

(12%); mentre, la condanna per i consumatori di droghe (Tab. 28) è, per i più, solo parziale (59,3%), a fronte di

un 31,3% di assoluzione; solo il 7,3% si schiera in maniera netta in termini di condanna.

 

 

Tab. 27 - Motivi al consumo di droghe                     

                        

Problemi familiari           40    26,7 

Problemi personali           38    25,3 

Conflitto sociale            22    14,7 

Problemi relazionali         14    9,3  

Crisi affettive               4     2,7  

Per imitare gli altri        18    12   

Altro                        8     5,3  

Risposta non data            6     4    

Totale                       150   100  

 

 

 

Tab. 28 - Condanna dei consumatori di droghe                          

                             

                      11    7,3        

No                      47    31,3       

In parte                89    59,3       

Risposta non data       3     2          

Totale                  150   100        

                            

 

 

 

* Conoscenze/esperienze droghe - Interventi disagio giovanile

Il maggior numero degli intervistati dichiara che la fonte delle proprie conoscenze ed esperienze sull'uso di

droghe (Tab. 29) proviene dai Media (42%) ed in secondo ordine dalla Scuola (31,3%); mentre, il 10% dichiara di

frequentare amici che usano droghe, il 7,4% di avere parenti tossicodipendenti, il 6% di usare droghe leggere

(spinelli) ed alcool  ed il 3,3% di aver usato o di usare droghe pesanti (eroina, cocaina, anfetamine, ecstasy,

psicofarmaci).

Infine, riguardo agli interventi da auspicare per fronteggiare il disagio giovanile (Tab. 30), risultano

maggioritarie le risposte a favore della trasmissione di valori positivi, sia da parte della famiglia sia

della società (26,7%), seguite da quelle dell'aiuto psicologico e relazionale da offrire ai giovani (15,3%),

di una scuola aperta alle problematiche giovanili (13,3%), della presenza di spazi aggregativi ed espressivi (11,3).

Riguardo alle fonti di conoscenza ed esperienza delle droghe, al di là dei numeri che riferiscono di un contatto

diretto o indiretto (da non sottovalutare), si afferma come agenzia educativa ed informativa il sistema dei Media

e quello scolastico, lasciando ai margini il sistema familiare.

In riferimento, invece, agli interventi auspicati dai giovani per fronteggiare il disagio sociale, solo un 16,7%

ritiene utili gli strumenti repressivi,  tutti gli altri, infatti, chiamano in causa le agenzie educative formali:

famiglia, scuola, comunità organizzata.

 

 

 

Tab. 29 - Fonti di conoscenze sulle droghe                                 

                                    

Informazioni dei media                   63    42   

Informazioni a scuola                    47    31,3 

Presenza di parenti td o ex-td           11    7,4  

Conoscenza di amici che le usano         15    10   

Esperienze di uso di droghe leggere      9     6    

Esperienze di uso di droghe pesanti      5     3,3  

Totale                                   150   100  

 

 

 

 

Tab. 30 - Interventi auspicati per il disagio dei giovani                              

                                     

Strutture/servizi di accoglienza/assistenza          5     3,3  

Spazi di aggregazione ed espressione                  17   11,3 

Maggiore presenza di forze dell'ordine               10    6,7  

Valori positivi trasmessi da famiglia e società       40   26,7 

Aiuto psicologico e relazionale ai giovani           23    15,3 

Inasprire le pene                                    15    10   

Scuola aperta alle problematiche giovanili           20    13,3 

Opera di educazione e prevenzione                    9     6    

Risposta non data                                    11    7,3  

Totale                                               150   100  

 

 

 

 

Per ultimo, in riferimento alle fonti di conoscenza delle droghe in base al sesso degli intervistati (Tab. 31), 

emerge la maggiore concentrazione di popolazione maschile rispetto a quella femminile relativamente alla risposta

concernente l'uso di droghe pesanti.

Riguardo, invece, alle fonti di conoscenza delle droghe in base all'età degli intervistati (Tab. 32), la fascia dei

quindicenni si delinea come la maggior esposta alla sperimentazione delle droghe leggere, con una piccola ma

significativa presenza nella fascia dei quattordicenni  di esperienza diretta con le droghe pesanti.

Infine, riguardo alle fonti di conoscenza delle droghe in base alla città d'origine  degli intervistati (Tab. 33), 

si delinea uno scenario inter-territoriale senza significative differenze, ad esclusione di un contesto amicale

cittadino dei ragazzi terracinesi maggiormente esposto al contatto diretto o indiretto con le droghe.

 

 

 

Tab. 31 - Fonti conoscenze droghe per sesso                                

                        Sesso            

Conoscenza droghe       Maschio     Femmina     Totale           

Media             n     18          45          63         

                  %     28,6        71,4        100        

Scuola            n     4           43          47         

                  %     8,5        91,5        100        

Parenti td/ex-td  n     1           10          11         

                  %     9,1         90,9        100        

Amici-consumatori n     5           10          15         

                  %     33,3        66,7        100        

Uso dr. leggere   n     3           6           9          

                  %     33,3        66,7        100        

Uso dr. pesanti   n     3           2           5          

                  %     60          40          100        

Totale            n     33          116         150        

                  %     22          77,3        100        

 

 

 

Tab. 32 - Fonti conoscenze droghe per età                                  

                        Età              

Conoscenza droghe       14 anni     15 anni     16 anni     Totale     

Media             n     33          20          10          63   

                  %     52,4        31,8        15,8        100  

Scuola            n     26          14          7           47   

                  %     55,4       29,8        14,8        100  

Parenti td/ex-td  n     3           4           4           11   

                  %     27,2        36,4        36,4        100  

Amici-consumatori n     6           6           3           15   

                  %     40          40          20          100  

Uso dr. leggere   n     1           5           3           9    

                  %     11,1        55,6        33,3        100  

Uso dr. pesanti   n     1           2           2           5    

                  %     20          40          40          100  

Totale            n     69          51          26          150  

                  %     46          34          17,4        100  

 

 

 

                                  

Tab. 33 - Fonti conoscenze droghe per città d'origine                                  

                        Città d'origine                   

Conoscenza droghe       Terracina   Altro       Totale           

Media               n   37          26          63         

                    %   58,7        41,3        100        

Scuola              n   28          19          47         

                    %   59,6        40,4        100        

Parenti td/ex-td    n   6           5           11         

                    %   54,5        45,5        100        

Amici-consumatori   n   12          3           15         

                    %   80          20          100        

Uso dr. leggere     n   5           4           9          

                    %   55,6        44,4        100        

Uso dr. pesanti     n   3           2           5          

                    %   60          40          100        

Totale              n   87          57          150        

                    %   58          38          100        

 

 

 

 

Conclusioni.

 

Trarre le conclusioni sulla poco ambiziosa indagine quantitativa realizzata, al di là del rigore scientifico e

con la consapevolezza della difficoltà o impossibilità teorica e pratica di quantificare le relazioni umane,

significa prima ancora che arrivare ad un traguardo che si cerca di spiegare, un nuovo punto di partenza; forse

già facilmente osservabile nella realtà quotidiana o già difficilmente descritto e spiegato in termini più o meno

scientifici.

Nuovo punto di partenza per nuovi traguardi socialmente costruiti: questo l'obiettivo che emerge come risposta da

parte della popolazione studentesca interessata dal progetto.

Precedenti e parallele esperienze in-formative di prevenzione nelle scuole medie inferiori realizzate dall'

Associazione "Arcobaleno", hanno preordinato in modo consapevole la necessità di rivolgere proprio alle prime

classi delle superiori interventi strutturati diversi nei contenuti (prevenzione secondaria) ma con le stesse

modalità (metodi esperenziali) e con gli stessi obiettivi: accoglienza nelle fasi di passaggio (prima media,

terza media, primo superiore), relazione, orientamento, in-formazione, produzione.

Nelle consapevolezza di incontrare interlocutori già informati ed in parte vissuti, la ricerca in modo asettico

prima ed il corso in modo coinvolgente dopo, esprimono la chiara e forte esigenza sentita dai ragazzi di sostegno:

relazionale, psicologico, informativo.

Primo obiettivo operativo del progetto è stato la costruzione di un ponte tra le persone, perché  all'idea di

persona ci si voleva rivolgere; allo stesso modo se si dimentica che dietro i numeri sopra esposti si cerca molto

ambiziosamente di tradurre le storie e le emozioni degli individui, quegli stessi numeri, con tutti i riferimenti

teorici e metodologici che li giustificano, hanno poco senso nell'essere perseguiti.

Se può apparire una riduzione il passaggio dalle persone ai numeri de-contestualizzati, al contrario doveroso è

il passaggio dai numeri alle persone; in tal senso, la riduzione espressa dall'indagine quantitativa realizzata

è stata di molto ammortizzata, attraverso il corso di in-formazione, dal contatto faccia a faccia con i ragazzi,

finalizzato alla costruzione di un rapporto.

Ciò dà ancora più valore ai numeri sopra esposti: valore aggiunto ed espressione di fiducia, conoscenza,

partecipazione.

 

In riferimento al test di valutazione della qualità delle conoscenze-esperienze-informazioni in possesso dei

ragazzi intervistati in merito al infezione da HIV, si può concludere affermando dell'esistenza di conoscenze

apprezzabili sul piano tecnico ma avulse dalla realtà, se si confrontano i dati nazionali e locali in merito al

numero delle infezioni da HIV; conoscenze, inoltre, fortemente bisognose di approfondimenti (la ricerca ed il

corso realizzati lo testimoniano), da praticare in modo attivo/esperenziale e relativi al senso sociale di

specifiche situazioni e alle condotte ed emozioni degli individui coinvolti direttamente o indirettamente in

tali situazioni; attraverso la costruzione di percorsi di tipo affettivo-relazionale finalizzati ad una maggior

consapevolezza relativa alla valutazione del rischio (disagi relazionali - rapporti sessuali occasionali non

protetti - consumo di droghe) e dell'uso delle protezioni (sia materiali sia di contesto).

L'abitudine all'uso del preservativo, infatti, può essere intesa come la tappa finale di ciò che, in termini

pratici, si dispiega come processo del prendersi cura di se stessi, investendo direttamente il substrato sociale

delle protezioni in senso esteso (contesto familiare, amicale, scolastico, territoriale, modelli culturali).

In tal senso, si pongono come poste in gioco per tutti: la qualità della vita nella nostra città; la salute ed

il futuro dei nostri ragazzi; l'efficacia di interventi preventivi contestualizzati ed incisivi sul piano della

modificazione consapevole dei comportamenti a rischio; la creazione di momenti e spazi permanenti di auto-

organizzazione ed espressione dei bisogni dei giovani.

In questo senso, il traguardo appena raggiunto attraverso l'indagine quantitativa ed il corso di in-formazione,

è di nuovo punto di partenza.

 

Riguardo all'indagine quantitativa campionaria relativa alla qualità della vita nel territorio locale esperita

dai ragazzi interessati dal progetto, emergono legami sociali che, poggiando sul contesto familiare, si

strutturano verso l'esterno in termini di relazioni amicali, nell'ambito del gruppo dei pari, in riferimento

ad un territorio fruito in maniera insufficiente e poco organizzata come spazio di vita fuori casa, e nella

presenza di significative situazioni di disagio.

Il progetto e la ricerca realizzati hanno riguardato i 2 Istituti scolastici superiori di tipo tecnico, che

nella tradizione socio-scolastica cittadina hanno spesso subito svalutazioni sia sul piano dell'estrazione

sociale degli studenti sia su quello del rendimento e della carriera scolastica degli stessi; al contrario,

invece, di un elevato patrimonio di risorse e soggettività umane e sociali incontrate nel corso della

realizzazione del progetto a cura dell'Arcobaleno.

In riferimento alla maggioranza femminile della popolazione studentesca cittadina si pone come urgente

necessità operativa la strutturazione di interventi di prevenzione mirati alle donne, attualmente più

esposte al rischio di infezione da HIV ed al non-uso delle protezioni.

Dalla lettura dei dati riferiti alla ricerca realizzata, emerge un contesto familiare fruito dai ragazzi

sia come luogo di protezione affettiva sia come luogo di espressione del conflitto adolescenziale tra mondo

adulto e giovanile; entrambi i luoghi, sembrano escludere la possibilità per i ragazzi di trovare sostegno

efficace in relazione a situazioni di disagio; oppure determinare la facile e pertinente indicazione della

famiglia come diretta o indiretta responsabile. 

La scuola, invece, si presenta come una realtà collante e, per alcuni aspetti informativi, presente; ma

invocata o richiamata in relazione alla realizzazione di interventi auspicati per fronteggiare il disagio

dei giovani.

Riguardo alla comunità locale, emerge un sentire legato al territorio sia cittadino sia di quartiere, ma

non corrisposto da un agire comune in riferimento allo scarso utilizzo produttivo del territorio; a fronte

dell'unica alternativa condivisa della strada pubblica da occupare nel tempo libero.

In relazione ai problemi cittadini, i ragazzi intervistati sono coscienti delle carenze, rischi o emergenze

che li circondano, tanto da segnalarne i più oggettivamente significativi in termini di rischio sociale

conclamato.

Scarsa ed indicativa, invece, la condanna netta per i consumatori di droghe, che per la maggior parte dei

ragazzi intervistati sono solo in parte da richiamare alle proprie responsabilità; a fronte di un numero

superiore al 30% che sospende il giudizio/condanna attorno sia ai consumatori sia alla questione droga.

Gli interventi auspicati per fronteggiare il disagio sociale dei giovani nuovamente si pongono come punti

di partenza, dispiegati in maniera consapevole, critica e sentita dai ragazzi stessi: maggiore presenza

della famiglia ed in termini positivi; allo stesso modo in riferimento ai modelli culturali veicolati e che,

di fatto, rappresentano la società in cui viviamo; maggiore aiuto di tipo relazionale e psicologico da offrire

ai giovani; una scuola aperta alle esigenze ed ai bisogni dei ragazzi; presenza di spazi di aggregazione,

organizzazione ed espressione delle istanze dei ragazzi di Terracina e non.

 

Le droghe sembrerebbero essere emozioni chimiche, cercate da chi trova difficoltà a sentire emozioni,

riconoscerle, esprimerle, o agirle; allo stesso modo sono cercate da chi vuole altre e più forti emozioni

rispetto a quelle che la vita e la realtà, non alterate fisiologicamente, ne possano offrire.

Quasi per caso, ciò significa anche disagio relazionale, psicologico, sociale.

Se approcciare il problema tossicodipendenze e la questione droga attraverso il livello emozionale può essere

una strada praticabile e fruttuosa, non altrettanto lo stesso può dirsi in riferimento ai fattori di base e di

contesto, che, richiamati dagli stessi ragazzi intervistati, non costituiscono, di fatto, presupposti

praticabili per voler riconoscere, socializzare e disarmare il disagio.

Quanta strada dovrà percorrere ogni famiglia coinvolta che, pur non dovendosi sentire in colpa, comunque è

chiamata a mettersi in discussione: riconoscendo ricorrenti relazioni conflittuali spesso negate o mal celate,

evidenti ambiguità dei ruoli, mancanza di punti di riferimento, disimpegno o, al contrario, invischiamento nei

rapporti affettivi...

Chiedere, infatti, ad un giovane di cambiare, senza modificare le regole relazionali del contesto in cui egli

vive, significa chiedere uno sforzo eccessivo e spesso inutile.

Ma le regole relazionali di contesto vengono dettate anche dai modelli culturali, con i relativi valori sociali

promossi; modelli definiti e veicolati, in particolare, dal sistema socio-economico che si esprime, anche,

attraverso l'utilizzo delle emozioni (sistema dei Media e pubblicitario), al fine di facilitare nelle persone

la condivisione di atteggiamenti e comportamenti che diventano regole relazionali e di vita; presupposti e

scenario del confronto o dello scontro sociale.

Anche la scuola educa e fa crescere; ciò è tanto vero quanto la scuola stessa è capace ad aprirsi all'esterno,

permettendo una crescita umana e sociale per tutti i soggetti coinvolti in tale processo; ciò viene richiamato

come esigenza proprio dai ragazzi intervistati; ciò è anche la premessa ed il risultato finale del progetto

descritto.

Quello che è o appare lontano è anche vicino, allo stesso modo il globale si fa nel locale; in tal senso la

collettività terracinese ha prodotto la propria storia socio-economica degli ultimi 30/40 anni all'insegna

del rachitismo culturale.

Carenze, mancanze, emergenze sentite e segnalate dagli stessi ragazzi, che ci ricordano l'assenza significativa,

per esempio, del consiglio comunale dei ragazzi; della consulta giovanile; della ludoteca; della casa delle

associazioni; in sintesi, di un luogo fisico e culturale in cui, attraverso la forma del laboratorio

(musicale, teatrale, artistico, multimediale, di segretariato, ecc.)  i ragazzi abbiano modo di riunirsi,

confrontarsi, programmarsi, promuoversi, liberare energie ed incanalarne in forme condivise di relazione e

comunicazione, basate sulla consapevolezza personale e sull'accettazione dell'altro.

 

 

 

 

 

 

 

UN CORSO PER CORRERE

 

 

Introduzione.

 

Questo corso nasce da un lungo lavoro di ricerca e dal confronto con tanti ragazzi che hanno accresciuto la

nostra convinzione che parlare di conoscenza del proprio corpo, della sessualità, della comunicazione attraverso

la componente biologica, psicologica e relazionale-affettiva, della comunicazione interpersonale con i suoi

significati e implicazioni o dinamiche comunicative, del sistema familiare, dei disagi e difficoltà giovanili,

sia la base per il raggiungimento dell'autonomia e del benessere psico-fisico dei ragazzi stessi.

Contro la consuetudine di molti adulti di scegliere il "silenzio", ci siamo confrontati con i ragazzi

raccogliendo le loro curiosità, le paure, spesso anche le malizie, le provocazioni e le sfide che sembrano

nascere da informazioni confuse, frammentarie, a volte trasgressive, che essi cercano di raccogliere da soli

e nel confronto tra coetanei.

La metodologia che abbiamo utilizzato in tutti gli incontri è stata quella derivante dal termine "educazione"

(dal latino e-ducere), cioè "trarre fuori", consentendo attraverso la "relazione" tra adulti e ragazzi, che

le potenzialità individuali di ciascun soggetto venissero sviluppate attraverso stimoli culturali ed operativi.

L'obiettivo generale prefissoci è stato quello di "educare alla consapevolezza", per prevenire sia a livello

primario che secondario i disagi giovanili.

Alcune considerazioni ci hanno spinto ad operare in questo senso: lo sviluppo della persona è caratterizzato

da mutamenti sia biologici che psicologici in stretta relazione tra loro.

La conoscenza del corpo e delle sue funzioni è, quindi, fondamentale per una comprensione di sé, della propria

storia e delle proprie relazioni con gli altri; oltre che per la comprensione dei fenomeni che accadono

"attraverso" il corpo (tra questi la comunicazione e la sessualità).

Uno dei bisogni fondamentali di ogni individuo è quello di affetto e relazione; tutta l'esistenza della

persona è accompagnata dalla ricerca di relazioni significative in cui sentire ed esprimere l'affettività

e l'emozionalità.

E' per queste considerazioni che il filo conduttore del corso da noi adottato è stato quello di passare dall'

informazione alla relazione.

In ultima analisi ci siamo proposti con questi incontri di:

- aumentare l'autostima,

- facilitare l'accettazione di sé e degli altri,

- stimolare conoscenze e accettazione dei propri ed altrui limiti,

- stimolare la comunicazione di sentimenti ed emozioni,

- stimolare lo sviluppo di validi rapporti interpersonali.

 

 

In-formazione e relazione.

 

La tipologia d'intervento preventivo secondario ha suggerito la priorità di rivolgere il corso d'in-formazione

sul disagio sociale dei giovani e sul infezione da HIV alle prime classi delle scuole superiori cittadine

(fasce a rischio), nella prospettiva di una continuità progettuale tesa al monitoraggio di quanto già eseguito

e alla strutturazione di ulteriori interventi di educazione tra pari.

In tal senso, la prima tappa del percorso ha riguardato 4 gruppi-classe (I° A e I° C Istituto Tecnico-Commerciale

"Bianchini"; I° A e II° A Istituto Professionale "Filosi"-Indirizzo Studi Sociali), pari a 75 unità tra ragazzi

e ragazze dai 14 ai 16 anni.

Il corso, realizzato nell'anno scolastico 2000-2001, si è articolato in 15 interventi per ogni gruppo, della

durata di due ore ciascuno e nell'arco di 5 mesi: 10 incontri  formativo-esperenziali, con cadenza settimanale;

5 incontri di verifica e di laboratorio, con cadenza quindicinale.

Gli incontri si sono dispiegati attraverso lo svolgimento di giochi esperenziali ed esercitazioni pratiche;

attraverso, cioè, metodi attivi che hanno utilizzano le risorse d'aula, materiale di facile consumo, materiale

audiovisivo, materiale informativo, test e questionari.

Nel corso dei 15 incontri, attraverso l'uso di giochi finalizzati a far fare esperienza delle cose dette, si è

cercato di centrare il discorso, i ragazzi coinvolti e la situazione del momento sulla "relazione", per

introdurre i contenuti e le informazioni, che, nello specifico, hanno riguardato:

* socializzazione e interazione sociale tra razionalizzazione ed emotività,

* comunicazione interpersonale tra conoscenza del proprio corpo e disagi relazionali,

* tossicodipendenze e malattie trasmesse sessualmente tra prevenzione e solidarietà sociale,

* laboratorio.

Gli incontri, divisi per tema e legati tra loro, sono stati condotti dai collaboratori volontari dell'Associazione

"Arcobaleno": Mariano Antonelli, operatore di comunità; Rachele Di Vezza, psicologa/psicoterapeuta; Fabio Malizia,

sociologo; Sabrina Nicolini, assistente sociale.

Tutto il gruppo, ragazzi e formatori, hanno dato vita ad un'esperienza di vita, prima ancora che formativa, che

ha lasciato il suo segno: l'entusiasmo di sentirsi soggetti attivi e protagonisti delle proprie azioni; la voglia

di rincontrarsi per ripetere quanto fatto; semplicemente essere in rapporto gli uni con gli altri, sapendo che si

può conoscere e sperimentare se stessi sempre e solo in riferimento agli altri; per costruire, insieme, un qualcosa 

che ci appartiene ... la nostra città, le nostre vite!

 

La prima tappa del percorso formativo, all'insegna dell'accoglienza, si è sostanziata in una veloce e

significativa conoscenza reciproca (tra ragazzi; tra ragazzi e formatori), attraverso il gioco del rispondere

con almeno 10 aggettivi alla domanda "Chi sono io"; in relazione a ciò, si segnala come l'auto-descrizione

maggiormente ricorrente in tutti e quattro i gruppi dei corsisti sia stata quella riassunta dall'aggettivo

sensibile, seguito da timido e socievole.

Si è continuato, poi, promuovendo la spontaneità reciproca, la fiducia, l'auto-stima ed una carica positiva

o rafforzamento all'interno dei singoli gruppi, attraverso il gioco del donare felicità ad ognuno del gruppo,

tramite 10 aggettivi riferiti ad aspetti belli e piacevoli del carattere o personalità dei compagni. 

Ancora, attraverso la dinamicità del gioco della palla e la visibilità dei diversi modelli di comunicazione,

ed attraverso la promozione del coraggio, si è facilitato la definizione delle leadership intra-gruppo.

Per ultimo, si è cercato di definire la piramide dei fattori costitutivi la realtà quotidiana, intesa come

costruzione sociale, poggiante sui processi sia di socializzazione (adattamento) sia di soggettivazione

(creazione).

La seconda tappa del percorso ha riguardato la combinazione sessualità/comunicazione; attraverso i giochi del

come siamo fatti , si è perseguito l'obiettivo di  conoscere l'anatomia e fisiologia genitale maschile e

femminile; trattando non solo gli aspetti informativi, ma arrivando ad alcuni elementi di riflessione e di

analisi delle emozioni, sentimenti, pensieri, difficoltà, imbarazzi o delle paure che si accompagnano alla

conoscenza del corpo.

Si è continuato, poi, confrontandosi sull'esperienza dell'innamoramento, con l'obiettivo di identificare,

attraverso test, gli aspetti positivi e negativi; portando i ragazzi a confrontarsi sulle proprie esperienze

ed aspettative, valori e atteggiamenti; su significati emersi ed emotivamente sentiti dai ragazzi stessi,

quali l'amore, l'amicizia, la stima, il rispetto, la fiducia, la prima cotta, ecc.

Per ultimo, con il gioco di quello che mi piace del mio corpo, sono state descritte le parti del proprio

corpo che piacciono di più e quelle che piacciono di meno, spiegandone i motivi.

L'attribuzione di qualità positive al proprio corpo è requisito importante per un buon vissuto dello stesso

e per la formazione dell'identità.

Spesso la fase puberale porta con sé sentimenti di rifiuto per il corpo che cambia: l'obiettivo è stato quindi

quello di indirizzare i ragazzi al riconoscimento degli aspetti positivi di sé, attraverso l'attribuzione di

qualità positive al proprio corpo, così da arrivare a vivere bene se stessi in relazione agli altri.

Nella terza tappa del percorso, attraverso un clima relazionale alla pari ed attraverso domande e risposte,

riflessioni e discussioni di gruppo, si è preso visione del materiale informativo (cartaceo e visivo) sulle

sostanze stupefacenti legali (alcol, psicofarmaci, anabolizzanti, tabacco) e illegali (eroina, cocaina,

ecstasy, anfetamine, hashish, allucinogeni, droghe sintetiche, inalanti), e sul virus del HIV; al fine di

stimolare il libero e consapevole confronto su temi ed esperienze raccontati dagli stessi ragazzi attraverso

confidenze, curiosità, dubbi.

 

 

Lavori di laboratorio.

 

La quarta ed ultima tappa del percorso formativo ha preso la forma operativa del laboratorio e della verifica/

confronto sia sulle tematiche trattate sia sul processo comunicativo agito da tutto il gruppo.

I partecipanti, attraverso la logica e la tecnica di educazione tra pari, sono stati orientati nella costruzione

di pannelli visivi; attraverso collage di immagini e testi precedentemente elaborati, e con l'ausilio di supporti

audiovisivi.

In particolare, attraverso la modalità della discussione collettiva, si è provveduto alla proiezione di Diapositive

(Ministero Sanità) che, attraverso la forma dei fumetti, informavano sul infezione da HIV; inoltre, si è preso

visione di Materiale informativo sulle sostanze stupefacenti legali e non (Dipartimento Affari Sociali) e sul

virus del HIV (Ministero Sanità).

Si è proceduto, ancora, con navigazioni mirate in Internet sul sito dell'Associazione "Arcobaleno" e su siti

inerenti le tematiche trattate nel corso; per ultimo, è seguita la visione di Spot pubblicitari sui prodotti

alcolici e super-alcolici, al fine di facilitare una fruizione critica e consapevole degli stessi spot, in

merito ad emozioni, atteggiamenti e comportamenti (modelli culturali) troppo facilmente propinati sotto la

forma della condivisione, normalità e legalità.

Attraverso un lavoro finale di gruppo e di sottogruppi, i ragazzi corsisti hanno così prodotto i propri

Poster informativi, riassuntivi dell'intera esperienza formativa e suddivisi in 4 aree tematiche: Dipendenze

da droghe - Droghe legali - Droghe chimiche - Infezione da HIV e Malattie Trasmesse Sessualmente.

L'intero lavoro di costruzione dei pannelli visivi su carta ad opera dei ragazzi è stato trasbordato,

successivamente, su CD-ROM multimediale, di fatto e nei contenuti realizzato dagli stessi ragazzi e

distribuito a tutti gli studenti del biennio.

Il CD-ROM stesso rappresenta uno tra i volani con cui si intende promuovere l'educazione tra pari, base

del progetto stesso; ciò a partire dalla distribuzione dello stesso CD-ROM, a monte presentato dagli stessi

ragazzi in un incontro pubblico agli altri studenti del biennio e agli insegnanti.

 

Per ultimo, alcune considerazioni conclusive si impongono in riferimento specifico a diverse circostanze.

Nonostante i dati statistici (riferiti alla persistenza maggioritaria della categoria dei tossicodipendenti

da endovena in HIV ed in AIDS), e nel rispetto degli stessi dati statistici (che riferiscono del rischio HIV

oggi maggiormente riferito a persone eterosessuali) è doveroso ed utile incominciare a scindere e ribaltare

concettualmente ed operativamente le tristi uguaglianze: HIV uguale AIDS uguale DROGA.

Se le droghe sono tante ed i rischi sono diversi, l'AIDS  da una parte e l'HIV dall'altra sembrerebbero, a

causa di un virus, scherzi altalenanti di un sistema immunitario ridotto a numeri dalla medicina; dimenticando,

troppo facilmente, che il nostro corpo, proprio attraverso la relazione e la comunicazione, è anche mente,

emozioni, sentimenti, aspettative, paure; tutto ciò che sicuramente, in un clima socialmente favorevole e

consapevole, può sostenere le nostre stesse difese psico-fisiche; ribadendo, così, il significato di

malattia sociale.

Altro aspetto su cui si pone attenzione è il modo in cui i ragazzi (dalla giovanissima età), a loro modo,

parlano a se stessi e a tutti noi; in una cultura e civiltà globalizzata a livello planetario dell'usare

tutto e in tutti i modi, anche il disagio tradotto in droga percorre questa strada: con le pasticche ci si

cala, ma in realtà, insieme ad alcol e cocaina, si sale su di giri sino all'eccitazione incontrollabile,

che richiama, come una trappola,  un qualcosa che possa addormentare emozioni troppo forti da gestire,

come per esempio l'eroina (chi l'ha detto che sulle strade, sulle piazze e nelle case ne è diminuito

il consumo?).

Il disagio può essere inteso come grandi autostrade; tante le vie di percorrenza, ma su tutto le vie d'

accesso; tanti e diversi i fattori, i contesti, i problemi, le storie; tanti gli strumenti o veicoli a

disposizione per percorrerle, tutti interdipendenti: le droghe, l'odio, la violenza, il sesso, l'illegalità,

lo svantaggio.

Se una strada esiste ha un senso; se è senza uscite ne ha poco; se su questa strada si costruiscono ponti,

il senso (soggettivamente intenzionato) può divenire condiviso e produttore di vie d'uscita o di salvezza

inconfutabili.

 

 

Conclusioni.

 

"Negli incontri che abbiamo fatto con i componenti dell'Associazione "Arcobaleno", insieme a tutta la mia classe,

abbiamo parlato dei disagi giovanili, ovvero di tutti quei problemi che tutti noi giovani incontriamo, e che

secondo me, a volte prendiamo alla leggera, ad esempio il sesso, le droghe, l'HIV e l'AIDS.

Durante questi incontri ho imparato a conoscere me stessa fino in fondo: credevo di conoscermi bene e di

conoscere tutto dei miei compagni, ma mi sbagliavo.

In altri incontri abbiamo parlato del sesso; di tutte le conseguenze che sono legate ad esso se non prendiamo

le giuste precauzioni (cioè, l'uso del preservativo); delle malattie che attraverso il sesso si trasmettono

(cioè, le epatiti, l'HIV e l'AIDS, di cui ne abbiamo parlato molto).

Inoltre, abbiamo parlato anche di tutte le droghe che esistono, da quelle più leggere a quelle più pesanti;

degli effetti che determinano queste sostanze.

Di tutti questi argomenti ne abbiamo parlato facendo dei giochi, che secondo me ci hanno stimolato a dire

tutto ciò che pensavamo e ciò che sapevamo su questi argomenti.

In questi incontri a volte ho trovato un po' di vergogna nel parlare di questi argomenti,  soprattutto quando

abbiamo parlato del sesso; ho provato della timidezza perché per me era la prima volta che esponevo liberamente

le mie idee.

Però, tutto sommato, questi incontri mi sono serviti perché ho fatto conoscenza di alcune cose che non sapevo,

o meglio che sapevo in parte".

 

"Io prima di affrontare questi incontri sono stata informata nelle scuole medie, ma non abbastanza ... avevo

ancora dei dubbi da chiarire, ma con tutti quei test fatti sulla conoscenza delle droghe, del virus del HIV e

della sessualità, mi sento più consapevole del mio futuro.

Tante sono state le emozioni suscitate nei giochi in classe ... per esempio il gioco del "Chi sono io" oppure

il dire delle cose positive sulla personalità dei miei compagni o ancora altri ... in quei momenti mi sentivo

felice, ho scoperto cose nuove che mi hanno aiutato a conoscere meglio il rapporto che ho con i miei compagni.

Mi sento fortunata ad avere l'opportunità di affrontare questi corsi che si fanno nelle scuole ... prima mi

sentivo confusa ... i pericoli nel mondo ... nella mia città, ora mi sento sicura ed informata."

 

"Dopo gli incontri con l'Arcobaleno le nostre conoscenze sono cambiate, nel senso che sono aumentate.

Con loro abbiamo fatto dei giochi che avevano come scopo quello di farci rendere conto di chi siamo e se ci

conosciamo veramente.

Uno dei giochi che abbiamo fatto e che ci ha colpito di più è stato quello di scrivere 10 aggettivi su di noi.

Questo serviva per vedere se veramente ci conosciamo; infatti, è stato molto duro per noi cercare 10 aggettivi.

Un altro gioco che ci ha colpito molto è stato quello di scrivere una parola e una frase positiva su ogni compagno.

Da ciò sono uscite molte cose che non ci eravamo dette.

Ognuno di noi ha provato sicuramente delle emozioni; per esempio, noi, all'inizio, eravamo molto imbarazzate

degli argomenti che affrontavamo, mentre ora non lo siamo più o quasi.

Dopo tutti questi incontri piacevoli passati insieme, abbiamo migliorato la nostra cultura, nel senso che ora

conosciamo informazioni molto utili che prima non conoscevamo".

 

"..... Come ho detto prima, per noi adolescenti è importante sentirsi il leader del gruppo, farsi notare; ma

non compiendo atti che possono distruggerti la vita....

Avete visto com'è facile rovinarsi la vita per una sciocchezza?

Il più delle volte non ci accettiamo, ci sentiamo inferiori agli altri, e pur di farci notare siamo disposti

a tutto, e ci caschiamo quasi sempre.

Quindi, siate sempre voi stessi; accettatevi come siete: all'interno di ogni brutto anatroccolo c'è sempre un cigno!"

 

 

 

 

 

 

 

CONCLUSIONI

 

 

"Il cucciolo che aveva paura delle macchie nere"

 

Nel bosco delle Sette Querce c'erano tante famiglie folte e numerose, con una gran varietà di cuccioli, ognuno

di loro col proprio carattere, diverso dagli altri, nonostante vivessero insieme e facessero tutti quanti la

stessa vita.

Fu così che anche quando il cucciolo Danilo cominciò a comportarsi in un modo un po' diverso, agli

inizi nessuno lo notò.

Eppure il suo atteggiamento era proprio cambiato: da buono e socievole, com'era sempre stato, era diventato

aggressivo e ribelle.

Quand'era insieme al suo gruppo, appena poteva, mordeva un altro cucciolo oppure gli sputava addosso; a casa era

diventato testardo e ribelle e qualche volta riusciva persino ad attirarsi una bella sculacciata da parte della

mamma, che prima non l'aveva mai picchiato.

Ma soprattutto, c'era una cosa strana che aveva cominciato a fare: scappava lontano, oppure non poteva fare a

meno di sputare per terra, ogni volta che vedeva una piccola macchia nera su qualsiasi cosa, anche sul corpo

degli altri animali.

E siccome gli abitanti del bosco sulle loro pellicce di macchie nere ne avevano tante, chi più, chi meno, ecco

che questo succedeva abbastanza di frequente e metteva molto in imbarazzo la mamma che non sapeva che cosa fare.

Oltre tutto anche lei aveva una macchia nera sul musetto e quando Danilo la notava non le si voleva avvicinare

neanche per darle il bacio della buona notte.

Però nel momento in cui l'atteggiamento era iniziato, in tana non ci avevano fatto molto caso perché c'era un

problema più grosso a cui pensare ed era il fratellino che era in ospedale per una malattia che sembrava molto

grave.

E così mamma stava quasi sempre con lui a fargli compagnia e anche quando tornava casa era così preoccupata

per il piccolo ammalato che faceva tutte le cose automaticamente, ma la sua testa era là, insieme a lui, anche

quando preparava da mangiare per Danilo o lo vestiva per mandarlo alla Scuola dello Spiazzo.

Agli inizi, chi notò l'atteggiamento nuovo del cucciolo furono i suoi insegnanti, che però non sapevano a che

cosa attribuirlo perché non riuscivano a mettere insieme delle ragioni che lo spiegassero.

A scuola nulla era cambiato in quel momento; non erano i suoi compagni a provocare il cucciolo, era proprio lui

che sembrava tirar fuori in classe qualcosa che si portava dentro e che lo faceva essere aggressivo e sempre

teso come se ci fosse una spina che gli facesse male dentro e di cui lui tentava di liberarsi sputando a destra

e a sinistra, senza riuscire a farla uscire.

Dopo un po' di tempo, tuttavia, le cose andarono leggermente meglio, ma nel complesso era però evidente che si

trattava di un problema ancora esistente che non aveva trovato la sua soluzione.

Anche a casa papà e mamma si preoccupavano per lui, ma il primo pensiero era ancora per il piccolo malato che

in quel momento era quello che aveva più bisogno, secondo il parere di tutti, mentre quelli di Danilo avevano

l'aria di essere un po' anche dei capricci.

E così ogni tanto in casa loro volava qualche sculacciata quando uno dei due genitori perdeva la pazienza.

E c'è da dire che lui era diventato di una bravura eccezionale nel fargliela perdere, sfruttava qualsiasi

occasione, anche la più banale, per sfidarli, soprattutto la mamma e quando la sera lei lo metteva a letto,

prima di andare in ospedale dal piccolino, le si rivoltava contro e le diceva che la odiava e che voleva morire

e figurarsi lei poverina come ci rimaneva male e quanto ne soffriva.

E figurarsi quanto ne soffriva lui, povero piccolo, a sentire dentro di sé questo odio e la voglia di morire,

proprio quando vedeva la sua mamma andar via.

Per fortuna, però, dopo un po' di tempo il fratellino tornò a casa completamente guarito e l'atmosfera in

famiglia divenne molto più contenta e rilassata.

Anche a scuola Danilo era tornato a essere più socievole e sembrava che le cose ormai fossero tornate come

prima.

Quella che però gli restava ancora era la paura per le macchie nere, una compagnia che cominciava a non

abbandonarlo mai.

Anzi, adesso si era persino aggiunto qualcosa che prima non c'era ed erano i capricci per il cibo: il cucciolo

si rifiutava di mangiare qualsiasi cosa in cui ci fosse una piccola macchia scura.

E allora non voleva il minestrone per via dei pezzettini di verdura che vi galleggiavano; chiedeva la pasta in

bianco per paura che nel sugo ci fosse un po' di ragù e così via con tutti gli altri cibi.

E se per caso gli capitava inavvertitamente di mangiare qualcosa che avesse delle vaghe macchioline, subito

dopo vomitava per sbarazzarsene.

Adesso che era un po' più rilassata e aveva meno preoccupazioni, anche la mamma cominciò a prendere in

considerazione questo strano fatto.

Intuiva che voleva dire qualcosa che il cucciolo non sapeva dire a parole, ma non riusciva a capire che

cosa fosse e questo le creava dell'inquietudine dentro.

Passò così del tempo e la famigliola riprese a fare la solita vita.

Però la mamma nella sua testa continuava a provare a capire che cosa fosse successo a Danilo.

Un giorno che spolverava la sua stanza, vide la fotografia del nonno che era morto un po' prima che il piccolino

si ammalasse e all'improvviso le venne il ricordo di Danilo che prima andava tutti i giorni a passeggio con lui

e che era così affezionato che quando lui era improvvisamente morto non aveva mangiato per tre giorni.

Si ricordò che per tanto tempo il cucciolo era andato avanti a chiedere a tutti quelli che incontrava "Perché è

morto il mio nonno? Perché non viene più a giocare con me? Perché Gesù è risorto e il mio nonno no?".

E gli altri non sapevano che cosa rispondergli.

Fu al ricordo di quel fatto che la mamma ebbe l'impressione di aver trovato una prima traccia importante.

Decise perciò di parlare con altre madri di cuccioli, per vedere se loro la potevano aiutare e se per caso una

cosa del genere era successo anche nelle loro tane.

Fu così che ogni tanto cominciò a incontrarsi con le altre madri che portavano anche loro i cuccioli alla Scuola.

Un giorno che parlavano delle paure dei piccoli quando dovevano andare a letto, la madre di una coccinella

raccontò la sua esperienza.

"Sapete, anche la mia non voleva mai addormentarsi la sera e siccome questa stava diventando un'abitudine, io

non sapevo più che cosa fare. Finché una volta mi è venuto in mentre di dirle: "Guarda, dormi tranquilla perché

domani ti porterò nella piscina di rugiada, sopra le foglie" e allora lei si è addormentata tranquillamente.

Da allora, ogni volta che ha difficoltà, facciamo insieme un progetto per l'indomani e lei si addormenta serena.

Si vede che questo le fa compagnia durante la notte, quando è sola!".

Quella sera la mamma pensò a che cosa potesse fare per far dormire Danilo contento e le venne in mente di

cominciare a leggergli un libro.

Stranamente, il cucciolo non manifestò più le sue paure e stette buono buono a sentire la voce della mamma

che leggeva.

E quando fu l'ora di dormire, le disse: "Ecco, domani mi leggerai da qui a qui" e segnò le pagine che la mamma

avrebbe dovuto leggere la sera seguente e quella notte si addormentò tranquillo e non ci fu bisogno di chiamare

il papà per farlo addormentare.

E così di sera in sera la mamma continuò a leggere il libro e Danilo continuò a segnare le pagine che lei

avrebbe letto il giorno dopo e a poco a poco anche lui si calmò con le sue paure e cominciò ad addormentarsi

sereno.

La mamma fu meravigliata lei stessa di come una cosa così semplice avesse aiutato il cucciolo e fu ancora più

meravigliata quando cominciò a osservare che anche la sua paura delle macchie non era più così forte.

E la stessa cosa fu notata anche dagli insegnanti a scuola che si accorsero con piacere che, anche se loro non

avevano capito perché, il cucciolo stava molto meglio, non sputava più e non era così aggressivo con i compagni,

anzi era ben felice di tutti i nuovi giochi che riusciva a imparare insieme a loro.

Ora che lei aveva più tempo, la mamma si era anche ripromessa di risolvere il problema del venerdì, che era un

giorno in cui alla mensa della scuola c'erano dei cibi col ragù che il cucciolo si rifiutava ancora di mangiare.

Fu così che un venerdì mattina, prima di accompagnarlo, gli disse: " Senti Danilo, io non posso venire a

prenderti a pranzo, come tu vorresti, perché sono al lavoro a quell'ora, ma facciamo così: tu ti porti la

merendina che ti piace tanto, poi a scuola se vuoi puoi mangiare solo quella e io ti prometto che appena

torni a casa di pomeriggio, ti faccio trovare la tavola apparecchiata con le cose che piacciono a te".

E in effetti gli preparò tutte le cose che lui aveva richiesto, il succo di frutta, le patatine fritte, la

pasta come piaceva a lui.

Da allora il venerdì cessò di essere un problema per Danilo che tornava a casa prima del fratellino e che era

felicissimo di questa soluzione.

Anzi, un giorno disse persino alla mamma: "Che bello, noi due di nuovo insieme come una volta: come sono

contento oggi!".

E queste parole a lei aprirono una finestrella nella testa.

Ma siccome non era ancora ben sicura di aver capito giusto, lasciò passare del tempo a osservare e ne parlò

con il gruppo delle madri.

"Adesso credo di aver finalmente capito che cosa volesse dire Danilo quando sputava, aggrediva gli altri e

soprattutto si ribellava violentemente contro di me. Lui mi voleva dire " Guarda che ci sono anch'io, che ho

anch'io bisogno di te, soprattutto adesso che il mio nonno è morto e che sono rimasto solo. Non mi puoi

abbandonare anche tu!".

Ma io allora non lo capivo e mi arrabbiavo con lui e qualche volta l'ho persino picchiato con rabbia.

Ma a quell'epoca ero così preoccupata per il piccolino in ospedale che la mia testa era sempre là, anche

quando ero a casa con Danilo e gli facevo da mangiare e lo preparavo per andare a scuola.

Anzi è stato proprio allora che lui ha cominciato a vomitare ogni volta che vedeva qualcosa di scuro nel cibo".

"Ma come è possibile che sia successo questo?" chiese perplessa un'altra madre.

"Tutti i cuccioli hanno paura di essere abbandonati e quindi anche Danilo ce l'avrà ancora".

"Sì, ma allora la sua paura di essere abbandonato era diventata intollerabile perché era stato davvero

abbandonato prima da parte del nonno che purtroppo era morto e poi da parte mia perché io non ero mai in casa

e se c'ero, c'ero solo come presenza fisica, ma non con la testa.

Ma io non riuscivo a capire tutto questo e pensavo che facesse delle cose irragionevoli per capriccio.

Mi ci è voluto tanto tempo e molta più tranquillità dentro per capirlo.

Adesso so che lui non ha più così paura perché ha capito davvero che non sarà abbandonato.

E poi c'è stato anche papà che è stato molto buono e paziente con lui e che ha aiutato molto anche me a

tranquillizzarmi.

Sarebbe stato tutto molto più difficile se non ci fosse stato lui ad aiutare sia il cucciolo che me, quando

anch'io ero piena di paura al ricordo di quando la sera andavo a letto da sola da piccola.

Così io ho fatto il cammino di vincere la mia paura con l'aiuto di papà e con il vostro e Danilo ha fatto

quello di vincere le sue con l'aiuto non solo nostro, ma dei suoi insegnanti e dei suoi compagni di gioco".

Fu così che a poco a poco anche il cucciolo Danilo tornò a essere sia a casa che a scuola socievole e

giocherellone come era stato in passato e la sua paura delle macchie lentamente divenne un ricordo che si

perse nello scorrere del tempo come una goccia d'acqua nel millenario scorrere del fiume attraverso il bosco

delle Sette Querce.      

 

da "Il bambino arrabbiato - Favole per capire le rabbie infantili", A. Marcoli, 1997.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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