IVREA – MONS. MIGLIO COMMENTA IL DOCUMENTO 
    Quello che non si è detto riguardo a Dominus Iesus 

       Scalpore e acceso dibattito hanno accompagnato la pubblicazione della dichiarazione Dominus Iesus, presentata dal card. Ratzinger martedì scorso 5 settembre. Succede ormai abbastanza spesso che la Congregazione per la dottrina della fede pubblichi documenti che puntualizzano aspetti etici o dottrinali della nostra fede e che la pubblicazione sia accompagnata da dibattiti e polemiche. 
       Mi piace cogliere un aspetto positivo: forse con questi documenti viene toccato qualche nervo scoperto della coscienza comune e della cultura odierna. Un altro aspetto m’incuriosisce e mi impensierisce: ogni domenica leggiamo in pubblico il vangelo, dove quasi sempre c’è qualche pagina “scandalosa” o “urtante”: ma non si agita nessuno, a cominciare da noi che leggiamo o ascoltiamo direttamente. 
       Tornando alla dichiarazione, proviamo a vedere brevemente di che si tratta. Il documento esce da un organismo che ha davanti a sé la situazione della Chiesa cattolica in tutto il mondo e non solo in Italia o in Europa, che continuano a sentirsi il centro del mondo e della chiesa. Il problema di fondo affrontato: “nel vivace dibattito contemporaneo sul rapporto tra Cristianesimo e altre religioni non manca, tra i teologi cattolici, chi afferma che tutte le religioni siano vie ugualmente valide di salvezza. Si tratta di teorie relativistiche, che negano o considerano superate alcune fondamentali verità della fede cattolica circa il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù, il carattere ispirato dei libri della Sacra Scrittura, l’inscindibile unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazareth, l’unità dell’economia del Verbo incarnato e dello Spirito Santo, l’unicità e l’universalità salvifica del mistero dell’incarnazione, passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo, la mediazione salvifica universale della Chiesa, l’inseparabilità - pur nella distinzione - tra il Regno di Dio, Regno di Cristo, la sussistenza nella Chiesa cattolica dell’unica Chiesa di Cristo”. 
       Come si vede, sono affermazioni dottrinali fondamentali, alcune più familiari a tutti i lettori altre decisamente più specialistiche. Certo è che l’affermazione “tutte le religioni sono uguali” può essere ascoltata abbastanza spesso anche all’angolo della strada di casa nostra. 
       E’ in questione anzitutto la divinità di Gesù, che dà un valore unico prima ancora che al suo insegnamento alla sua persona, alla sua passione morte e risurrezione, alla sua presenza reale e viva nel corpo costituito dai suoi discepoli che credono in Lui, che sono battezzati e innestati in Lui, la sua Chiesa. Naturalmente nessuno di noi pretende che tutti accettino questa nostra fede, ma per noi Gesù non potrà mai essere solo uno dei tanti fondatori di religioni, fosse pure il più bravo. C’è una sua unicità che si riflette sulla Rivelazione che Lui è venuto a completare e sul Corpo, formato dai discepoli, di cui ha voluto essere il Capo, la sua Chiesa, cui ha promesso di non lasciar mancare mai il suo Spirito, con quelle caratteristiche fondamentali di unicità e di unità che ne fanno il sacramento di salvezza per l’umanità intera. 
       E’ quanto ripetiamo ogni domenica nella liturgia, anzitutto nel Credo. 
       Il documento, sottolineando il ruolo di Gesà, della fede in Lui, della Sacra Scrittura, della Chiesa Cattolica, per i cattolici, non fa delle affermazioni nuove ma riprende alcuni testi fondamentali del Concilio Vaticano II, evidenziando al tempo stesso gli aspetti validi delle altre esperienze religiose. “La credenza nelle altre religioni è quell’insieme di esperienza e di pensiero che costituiscono i tesori umani di saggezza e di religiosità che l’uomo nella sua ricerca della verità ha ideato e messo in atto nel suo riferimento al Divino e all’Assoluto”. I testi di altre religioni: “bisogna riconoscere come alcuni elementi presenti in essi siano di fatto strumenti attraverso i quali moltitudini di persone nel corso dei secoli hanno potuto e ancora oggi possono alimentare e conservare il loro rapporto religioso con Dio... non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini... Volendo chiamare a sé tutte le genti in Cristo e volendo comunicare loro la pienezza della sua rivelazione e del suo amore, Dio non manca di rendersi presente in tanti modi non solo ai singoli individui ma anche ai popoli mediante le loro ricchezze spirituali di cui le religioni sono precipua ed essenziale espressione, pur contenendo lacune, insufficienze ed errori. Pertanto i libri sacri di altre religioni, che di fatto alimentano e guidano l’esistenza dei loro seguaci, ricevono dal Mistero di Cristo quegli elementi di bontà e di grazia in essi presenti”. 
       Essere convinti che tutto il bene sparso nel mondo, nelle culture e nelle religioni, viene da Cristo, che ogni essere umano ha già un qualche legame misterioso con la Chiesa di Cristo e che Egli alla fine sarà riconosciuto come salvatore da tutti, anche dai figli di Israele, non deve suonare offesa per nessuno, non è un tentativo di monopolio da parte cattolica ma casomai da parte di quella Verità che noi sappiamo esistere ed essere tutta presente in Gesù via verità e vita, “anche se la profondità del mistero divino in se stesso rimane trascendente e inesauribile”. 
       Non a caso l’introduzione del documento segnala tra i fondamenti di certe teorie incompatibili con la fede cattolica l’atteggiamento relativistico nei confronti della verità. 
       Come per la verità così per la salvezza: “la Chiesa è sacramento universale di salvezza perché sempre unita in modo misterioso e subordinata a Gesù Cristo Salvatore, suo Capo, nel disegno di Dio ha un’imprescindibile relazione con la salvezza di ogni uomo. Per coloro che non sono formalmente e visibilmente membri della Chiesa la salvezza di Cristo è accessibile in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio ed è comunicata dallo Spirito Santo. Essa ha un rapporto con la Chiesa, la quale trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre”. 
       Il dono di grazia che Gesù è venuto a portare non potrà mai essere racchiuso o bloccato dai confini storici della comunità dei discepoli; questi però non possono non riconoscere di aver ricevuto un dono particolare “condizione che non va ascritta ai loro meriti ma ad una speciale grazia di Cristo”. Senza dimenticare che Gesù sarà sempre sino alla fine dei tempi segno di contraddizione, pietra scartata dai costruttori, e la sua croce rimane “scandalo per i Giudei e stoltezza per i Greci” (1Cor. 1,23) 
      
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