IL VESCOVO DOPO L’INCONTRO DI VERONA 
 
Dall ‘America Latina ...fino al Concilio 

Il titolo è un po’ singolare, ma si richiama ad un incontro a cui ho partecipato a Verona, nella scorsa settimana. Ho sempre cercato di rendere partecipe la Diocesi dei miei impegni al di fuori del nostro territorio, e non solo per giustificare le assenze testimoniando che si trattava di impegni ecclesiali, rispondenti alla mia funzione di Vescovo: se pure si è Vescovi di una Chiesa particolare come membri del Collegio Episcopale in qualche modo si è Vescovi... di tutto il mondo.  

L’ho fatto soprattutto per rendere partecipi sorelle e fratelli di questa nostra Chiesa delle situazioni e dei problemi che coinvolgono sorelle e fratelli di altre Chiese, vicine e lontane, posto che la caratteristica della Chiesa di Cristo è di essere "cattolica".  

La Chiesa che fa capo a Roma ed al suo Vescovo, il Papa, è "cattolica" nella sua stessa definizione. Dunque da tempo il Centro Unitario Missionario (il CUM di Verona che raggruppa tutte le iniziative ecclesiali per l’America Latina), in collaborazione con la rivista "Settimana", aveva programmato un seminario di studio "Dal Concilio Vaticano ad oggi", ed aveva chiesto che venisse presentato da due Vescovi "Padri conciliari" (come venivano chiamati i membri del Concilio), uno dell’America e uno dell’Italia.  

E così, insieme al Card. Lorscheider, un brasiliano che ha avuto compiti direttivi anche nel CELAM (l’organizzazione di tutti i Vescovi dell’America Latina) e che, dopo essere stato Arcivescovo di Fortaleza, ne1 nord-est del Brasile, è ora Arcivescovo di Aparecida, la Diocesi sorta intorno al grande santuario nazionale (lo scorso anno ha accolto più di sette milioni di pellegrini!).  

L’introduzione è stata fatta da Dan Maurilio Guasco, un prete alessandrino che insegna storia all’Università di Torino (viene anche a Castellamonte dove una sorella è apprezzata Primaria all’Ospedale). Con la sua nota precisione ha inquadrato il Concilio nella situazione antecedente della Chiesa, rivelando le prime aperture delle Diocesi alle missioni lontane, fino allora affidate esclusivamente agli Istituti Missionari; ad esempio, nel ‘56 la Diocesi di Padova chiede una missione ed il Card. Frings di Colonia istituisce un gemellaggio con Tokio.  

Nel ‘55 si era tenuta a Rio de Janeiro la prima Assemblea dei Vescovi latino-americani e nel ‘57 Pio XII apriva le missioni ai sacerdoti diocesani, inviati come ‘‘dei donum". Nel ‘62 (anno di apertura del Concilio) per i 203 milioni di cattolici latino-americani vi sono 20.000 sacerdoti e 21.000 religiosi, di cui 17.000 provenienti da fuori continente. In Africa nel ‘18 v’erano solo 9 preti africani, nel ‘57 saranno 1.811 (con 25 Vescovi africani), nel ‘60 sarà creato il primo cardinale africano (Rugambwa, della Tanzania).  

Il Concilio, partito come conclusione del Vaticano I (sospeso nel 1870 per l’approssimarsi dell’esercito italiano, che "prenderà" Roma), conoscerà subito la spinta dei Vescovi e l’apporto del popolo di Dio, che aveva maturato significativi "movimenti" (come il biblico, il liturgico, l’ecumenico) e farà diventare il Concilio veramente "ecumenico", non solo per la presenza di tanti "osservatori" di tutte le confessioni cristiane, ma anche per le risonanze date dai mezzi di informazione, suscitando grande attenzione e grande speranza non solo all’interno della Chiesa Cattolica, ma si può dire in tutto il mondo.  

Ha anche accennato ad alcuni temi nuovi suscitati dal Concilio, come la Chiesa dei poveri, il dialogo con l’ebraismo, l’attenzione allo Spirito Santo, il compito dei laici, e soprattutto la Chiesa-comunione a tutti i livelli, dalla collegialità dei Vescovi al rilevo dato alle Chiese locali e ad organismi come i Concili Pastorali e quelli Presbiterali.  

Il Card. Lorscheider ha puntualizzato alcuni aspetti sociologici messi in evidenza dal Concilio: da una Chiesa legata alle classi medio-alte ad una Chiesa attenta ai poveri (in Brasile il 45% era allora di analfabeti!), da una Chiesa maggioritaria, preoccupata di una religione individualistica, giuridista, devozionistica, ad una Chiesa minoritaria premurosa di una società nuova, impegnata per tutta l’umanità per cui Gesù Cristo ha voluto incarnarsi.  

Ne ha derivato l’importanza delle comunità ecclesiali di base, della scelta evangelica dei poveri (fatta dai Vescovi latino-americani a Medellin, nel 1968 come deduzione del Concilio) dei ministeri laicali e della famiglia, della cultura della vita, della destinazione universale dei beni, della convivenza con altre religioni, accennando anche alla futura eventualità di ordinare sacerdoti uomini sposati.  

Non sto a ripetere quanto ho aggiunto personalmente, ripetendo cose che in Diocesi sto comunicando da oltre. trent’anni facendone anche argomento dei Sinodi diocesani e delle Visite Pastorali. Ho messo in evidenza soprattutto le quattro Costituzioni, che hanno ridato a tutti i cristiani la Parola di Dio e la partecipazione personale alla Liturgia, affidando a tutti la corresponsabilità nella vita della Chiesa e la fermentazione evangelica del mondo, che "Dio ha tanto amato" - come dice San Giovanni, «da mandargli il suo Figlio, e non per condannarlo, ma per salvarlo".  

Nella faticosa applicazione del Concilio, che ha rinnovato molto ma ha ancora tanta strada da fare, ho segnalato come momenti tipici i Sinodi Diocesani, che ormai stanno moltiplicandosi in tutto il mondo. Il Seminario del CUM s’è poi rifatto al Convegno Missionario tenuto nel settembre scorso a Bellaria di Rimini sulle ‘‘sfide attuali alla missione"  

I temi già proposti in antecedenza (dalla valutazione del cambiamento sociale al nuovo modello di Chiesa da instaurare, dal centrare la comunità sulla Parola e l’Eucarestia alla condivisione con i poveri) sono stati analizzati in gruppi di studio e riportati in assemblea per un’ampia diffusione.  

I partecipanti (per gran parte reduci dall’America Latina) hanno approfondito temi così vitali, arricchendoli con le tante esperienze di Chiese italiane, ma soprattutto di quelle latino-americane, che sono giovani e piene di fede e di speranza. Credo che tutti ne dobbiamo ricavare una sollecitazione e rinnovare la nostra fede, ad impegnarci con coraggio, ad aprirci a tanta speranza. Ed è un messaggio che affido a questa cara Chiesa eporediese, mentre sta per ripartire con fiducia col giovane Mons. Arrigo.  

  
+ luigi bettazzi