Il cammino quaresimale interpella
non solo i cristiani singolarmente ma la comunità in quanto tale.
Perciò la Chiesa sente il bisogno di valorizzare segni e momenti
comunitari per esprimere la necessità, che al tempo stesso è
una grande ricchezza, del camminare insieme.
Più ancora, si tratta
di convertirci al camminare insieme.
In questa prospettiva si
comprende forse meglio la severità con cui periodicamente i vescovi
richiamano, senza avere per altro molto successo, i fedeli che seguono
più o meno intensamente esperienze spirituali di origine privata,
quasi sempre tendenti ad una spiritualità di tipo marcatamente individualista,
quando non portano con sé deviazioni ancor più gravi.
Mi riferisco in modo particolare
a tutta una serie di presunte “apparizioni”, alcune molto note, altre meno;
alcune ancora sub judice, altre già più volte riprovate dal
vescovo competente, cui spetta esprimersi su questi fenomeni (tra queste
ultime rientra ad es. S. Damiano, presso Piacenza).
Devo premettere che non
intendo minimamente giudicare o svalutare la buona fede di tante persone
che vanno in quei luoghi e pregano con sincerità, spesso portandosi
pesanti fardelli di sofferenza e spesso senza aver trovato adeguato ascolto
ed aiuto nelle comunità di appartenenza. Non mi meraviglia affatto
che il Signore li ascolti ed esaudisca, quanto più sono poveri e
soli.
Resta però il problema
della direzione di marcia e del progetto di vita ecclesiale che ogni spiritualità
porta con sé, anche quando affermasse di non avere progetti o direzioni
particolari. Senza la pretesa di esaurire un argomento così ampio,
lo spunto per intervenire mi viene offerto da una comunicazione della Cei
che segnala ai vescovi l’ennesimo fenomeno di questo tipo: si tratta di
un certo gruppo denominato “Movimento impegno e testimonianza - Madre dell’Eucaristia”
animato da un sacerdote, ora sospeso a divinis, e da una presunta veggente.
Colgo allora l’occasione
per comunicare il contenuto di una lettera ricevuta tempo fa dal vescovo
di Mostar, Mons. Ratko Peric, nella cui diocesi si trova Merjugorje.
Lo avevo interpellato in
seguito alle richieste pervenutemi di acconsentire all’utilizzo di qualche
nostra chiesa per la visita di una delle “veggenti” di Medjugorje, ed ecco
la parte essenziale della sua risposta: “Le istanze ufficiali della Chiesa,
cioè la Curia diocesana di Mostar, la Conferenza episcopale della
ex Jugoslavia (e successivamente la Conferenza episcopale croata e quella
della Bosnia ed Erzegovina) non hanno mai permesso ad alcun “veggente”
di presentarsi nella chiesa, davanti all’altare, a parlare e “testimoniare”
sulle cosiddette, allegate ed asserite “apparizioni” medjugorjane. La ragione
è semplice: le tre commissioni finora formate e di seguito le dichiarazioni
rilasciate sia dal Vescovo locale che dalla Conferenza Episcopale (l’ultima
quella del 1991) contengono il seguente punto essenziale:
In base alle investigazioni
finora condotte non è possibile affermare che si tratti delle apparizioni
o rivelazioni soprannaturali.
La Chiesa, con la Santa
Sede a capo, ha finora (anno 2000 - ndr) mantenuto tale posizione.
E’ vero, i fedeli di varie
parti del mondo vengono per conto loro a Medjugorje, ma finora nessuna
prova, nessuna guraigione, nessuna confessione, nessun numero di fedeli
ha convinto la Chiesa ufficiale a cambiare la detta posizione.
Siccome continuano le “apparizioni”
ne continua anche l’attenzione degli Organi competenti.
Se nella sua diocesi ci
fosse una cose simile a Medjugorje, e se io chiedessi a lei il suo parere
e se lei mi rispondesse in maniera simile, io non permetterei l’abuso dell’altare
e della chiesa, nemmeno dell’oratorio più piccolo, ai fini di predicare
delle cose private, non riconosciute dalla Chiesa.
Per me, con questa orchestrazione
mondiale, Medjugorje va purtroppo in una direzione e tendenza non sana:
a privatizzare la Chiesa e a privatizzare la Madonna”.
Sono parole forti, che
credo debbano farci riflettere tutti, favorevoli, possibilisti e contrari
a Medjugorje.
E’ davvero un rischio quello
di privatizzare la fede, e quindi la Chiesa ed anche la Madre del Signore.
Per molti cristiani la dimensione comunitaria ed ecclesiale della fede
resta un optional, un di più, che può andar bene in certi
momenti della vita o solo per alcune categorie di fedeli. Altri intendono
la vita ecclesiale come appartenenza esclusiva, di fatto, ad un proprio
gruppo elettivo, dove l’affinità spirituale sembra favorire una
comunione più profonda.Mancando una vera mentalità ecclesiale
non c’è richiamo di vescovo, e neppure della Santa Sede, che tenga.
Rispettare perciò
le indicazioni dei pastori, e saper attendere il necessario discernimento
prima di orientare i fedeli verso una determinata spiritualità e
verso persone e luoghi che ne sono all’origine, non diventa solo un fatto
disciplinare ma anzitutto pedagogico, le cui conseguenze si riflettono
inesorabilmente sulla vita della comunità cristiana, favorendone
l’edificazione oppure la frammentazione e la disgregazione.
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