MONS. MIGLIO: 
Le indicazioni per le nostre comunità

Molti commentatori hanno dato rilievo nei giorni scorsi alla ricchezza di significato del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II al monastero di S. Caterina, nella penisola egiziana del Sinai, che da sedici secoli custodisce la memoria dell’incontro di Mosè e del primo popolo eletto con il Dio dell’Alleanza. Senza trascurare il valore ecumenico del gesto compiuto dal Papa, con grandi valenze per il dialogo interreligioso e per la promozione della pace, vorrei mettere qui particolarmente in evidenza l’indicazione che ne deriva per le nostre comunità cristiane, considerando il particolare santuario scelto dal Papa per questo pellegrinaggio ed il tempo in cui è avvenuto. 
   In effetti, il vero santuario sinaitico è costituito dall’ambiente del Deserto, di cui i monaci sono come i custodi, coadiuvati da molti secoli dalle tribù che vivono in quel deserto, quasi totalmente musulmane. Per capire questo basta ad es. contemplare l’imponente scala di circa tremila scalini, scalpellinati uno per uno dai monaci lungo i secoli, che sale sulla vetta dove sono state costruite una chiesetta cristiana ed una piccola moschea. 
   Il Papa dunque ci ha richiamati con un gesto forte al deserto, e lo ha fatto nell’imminenza della Quaresima di quest’anno giubilare, che dovrebbe prepararci ad una Pasqua vissuta in profondità e con pieno coinvolgimento di tutto il nostro essere. 
   Desidero raccogliere e rilanciare a tutta la diocesi questo segnale che ci viene da Giovanni Paolo II: iniziamo il cammino dei quarante giorni verso la Pasqua ripartendo dal Sinai, dal Deserto, dall’Alleanza. Sinai significa Dio che parla al suo popolo, le Dieci Parole, primo nucleo del Libro della Parola di Dio. Deserto vuol dire cammino, precarietà, provvisorietà, fiducia nella manna che il Signore non lascia mancare a coloro che hanno accettato di seguirlo. Alleanza significa rapporto nuovo dell’uomo con Dio e con i suoi fratelli, è la riconciliazione. 
   Molti segni della tradiizone quaresimale si sono sbiaditi o sono scomparsi, con il rischio che la quaresima sia un tempo che non stacca più dal resto dell’anno e con il rischio ancora maggiore di giungere a Pasqua impreparati, bruciando letteralmente l’occasione più importante dell’anno cristiano. Le tre parole Sinai, Deserto ed Alleanza possono ispirarci i segni giusti da ritrovare per ridare consistenza al cammino dei quaranta giorni verso la Pasqua. 
   In particolare vorrei richiamare quanto indicato nel programma pastorale diocesano per il tempo della quaresima  e della Pasqua, fino a Pentecoste: un cammino personale di riconciliazione globale, che trovi nel sacramento della penitenza il momento culminante ed al tempo stesso il momento iniziale di un nuovo percorso di vita. 
   Riscoprire la ricchezza della parola Riconciliazione, preparare il sacramento per tempo, senza fretta, per vivere con gioia il momento dell’incontro personale con la grazia di Cristo che ci perdona, uno per uno e ci dona il suo Spirito per far crescere in noi la vita stessa di Cristo: è questo un impegno particolare dell’anno giubilare, vivere il sacramento della riconciliazione come se fosse la prima volta, quanto alla gioia, superando invece sensi di colpa e paure che nulla hanno a che fare con il sacramento del perdono. 
   
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