• Per le strade del mondo 10 dicembre 1999
 
Essere profeti

Nel mio girovagare qua e là assecondando gli inviti che mi vengono fatti, mi trovo in genere a parlare del Concilio e della pace, i due temi in cui la mia vita ed il mio episcopato si sono trovati più coinvolti, al di là ovviamente del mio servizio ad Ivrea, che però non è rievocato se non indirettamente, come ricordo o come testimonianza di esperienza. A questi due temi si è aggiunta la testimonianza su personalità particolari nella Chiesa del nostro tempo. 
   Ho già accennato all’Arcivescovo brasiliano Dom Helder Camara, conosciuto durante il Concilio ed incontrato poi più volte nella sua sede di Recife o ad Ivrea. Ultimamente mi si è chiesto di parlare di Don Giuseppe Dossetti e di Don Primo Mazzolari. Han commemorato a Ferrara Don Dossetti nel decimo anniversario della sua morte; accanto alle testimonianze sui vari aspetti della sua vita e della sua attività mi si è chiesto di parlare dei suoi rapporti col Concilio Vaticano II. 
   L’ho fatto volentieri per aver visto da vicino quanto fu determinante il servizio reso in quell’occasione al Card. Lercaro ma, attraverso di lui, a tutta la Chiesa. Chiamato a Roma dall’Arcivescovo bolognese per fargli seguire il cammino dell’iniziativa sulla Chiesa dei poveri, ebbe poi modo di aiutarlo sia sul piano organizzativo come su quello contenutistico. La sua antecedente esperienza di membro dell’Assemblea Costituente italiana lo rendeva particolarmente competente nell’individuare i modi concreti per rendere più spedita la gestione di un’assemblea di duemila cinquecento persone, oltretutto presieduta da un blocco di ben dodici Presidenti! 
   Ritengo sia stato lui a suggerire - attraverso il Card. Lercaro - già particolarmente stimato da Papa Montini appena eletto la nomina di quattro moderatori che, affiatati tra di loro, potessero sveltire il corso di un’assemblea, già di per sé lenta ma talora bloccata da manovre che volevano frenare le innovazioni. Il Papa accolse la proposta nominando, accanto all’armeno Card. Agagianian come rappresentante della Curia vaticana, l’Arcivescovo di Bruxelles Card. Suenens, quello di Monaco Card. Dopfner e lo stesso Arcivescovo di Bologna Card. Lercaro. 
   Un’altra mossa vincente, anche se fortemente ostacolata da chi voleva far credere che la maggioranza dei Vescovi fosse contraria a certe proposte (dalla rivalutazione della collegialità episcopale al ricupero del diaconato permanente), fu quella di sperimentare votazioni orientative che permettessero alle Commissioni di preparare i Documenti tenendo conto delle maggioranze reali, che apparvero largamente favorevoli ad un effettivo rinnovamento. 
   A questo punto si può aggiungere che la sua costante presenza alle sedute conciliari, attenta ed acuta, gli permetteva di suggerire nel pomeriggio a Raniero La Valle, Direttore del giornale cattolico Avvenire d’Italia allora stampato a Bologna, di stendere relazioni accurate e fedeli dello svolgimento del Concilio a quanti ne erano interessati, a cominciare dagli stessi Padri conciliari, che potevano così documentarsi compiutamente... di quanto essi stessi avevano fatto il giorno prima, anche di quello che era loro sfuggito. 
   Ma anche sui contenuti dottrinali Don Dossetti fu prezioso. La sua competenza di professore di Diritto Canonico ed Ecclesiastico, come gli aveva dato orientamenti preziosi durante la stesura della Costituzione (in particolare nei riguardi del Concordato) così l’aveva da sempre interessato alla struttura della Chiesa, ad esempio sulla collegialità dei Vescovi intorno al Papa, così come la sua dimensione monastica e liturgica lo rendeva sensibile e competente sul tema della povertà o del dialogo con le Chiese ortodosse e con lo stesso ebraismo. 
   La sua influenza determinante è confermata dalle difficoltà che vennero frapposte alla sua stessa presenza in aula, superate per un intervento diretto del Papa. La Chiesa, che tanta ispirazione e forza di rinnovamento ha ricevuto dal Concilio, dev’essere grata a quest’uomo, preparato dalla Provvidenza anche per questa così importante missione. Don Primo Mazzolari è stato conosciuto più largamente per una sua attività di scrittore e di predicatore (partecipò anche alla Missione di Ivrea nel 1958). 
   La fedeltà al Vangelo, accolto senza compromessi e la dirittura del suo carattere, oltreché la vicinanza alle sofferenze della gente condivise come cappellano militare nella prima Guerra Mondiale e come parroco della Bassa Padana (Bozzolo, provincia di Mantova, Diocesi di Cremona), lo resero critico del fascismo, che lo perseguitò, critico anche del comunismo ma anche di un anticomunismo professato come copertura di difesa di interessi personali o di categoria. 
   Mal visto perciò dai cristiani al potere, venne anche diffidato e condizionato dall’autorità ecclesiastica (ad esempio dallo stesso Card. Schuster) che temeva fraintendimenti e sconcerti nel popolo più semplice. Mazzolari rimase sempre esemplarmente obbediente: “Obbedientissimo in Cristo’’ firmava ai suoi superiori, ed è sua la frase “Bacio la mano che mi colpisce’’. Fu solo Papa Giovanni XXIII, che l’aveva conosciuto e stimato, a volerlo incontrare a Roma ed a salutarlo: “Ecco la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana’’. 
   Un suo antico vice-parroco, morto pochi giorni fa, ne ha scritto una vita molto singolare (Marino Santini - Ricordo di Don Primo - Ed. Mazziana); ha voluto accennare, con amore ma con realismo, anche alcuni limiti, del carattere e di alcune scelte discutibili, rendendolo così ancor più umano e più vicino a noi. Mi han chiesto di scriverne la prefazione; e per questo mi hanno invitato alla presentazione del libro nel Veronese ed a parlare di lui a Torino.  
   Se testimoniare concretamente la propria fede in Dio è essere “profeti’’, lo furono certamente Don Dossetti e Don Mazzolari. Come lo fu Dom Helder Camara. Come del resto ogni cristiano è chiamato ad esserlo, nella coerenza della sua vita quotidiana e nel coraggio di scelte veramente evangeliche. 
  
+ luigi bettazzi