• Per le strade del mondo 17 settembre 1999
 
Per Timor Est 
  
Finita una tragedia (quella del Kosovo: ma è finita a metà!) ne sorge un'altra, quella di Timor Est.  
   Forse non sono molti quelli che sapevano che si tratta di un'isola del Sud est dell'Asia, tra Giava e l'Australia. Anzi, di una mezza isola, già colonia del Portogallo. L'altra metà apparteneva all'Olanda, come le grandi isole: quando l'Olanda riconobbe l'indipendenza di queste - e nacque la repubblica dell'Indonesia, la più popolosa nazione islamica del mondo - anche Timor Est proclamò la propria indipendenza, riconosciuta anche dall'Onu nel 1975. Ma la grande repubblica vicina occupò la piccola metà-isola, iniziando una repressione che, su una popolazione di 800 mila abitanti, ne soppresse 200 mila, nonostante una nuova esplicita mozione dell'Onu.  
   Ma l'isola è piccola, la grande repubblica vicina - per l'industria, il commercio, il turismo (vedi ad esempio Bali) - interessa all'Occidente, anche all'Italia. E nessuno si è mosso. Solo la Svezia richiamò l'attenzione conferendo il premio Nobel per la pace a due guide di Timor Est, Ramos Horta e il vescovo mons. Belo.  
   Pax Christi da tempo aveva preso le difese di Timor Est, anche per iniziativa della sezione olandese, più direttamente coinvolta per via dell'antico impero coloniale. Ripetutamente ha stimolato l'interesse dell'Onu e dei politici europei, ma sempre inutilmente. Nel viaggio che feci cinque anni fa in Australia con alcuni membri direttivi di Pax Christi italiana, tentammo di visitare Timor Est, ma ne fummo impediti.  
   La vicenda di Timor Est sollecita alcune riflessioni sulla gestione del mondo. L'Onu sta perdendo il suo prestigio sia per il veto con cui le cinque nazioni vincitrici della seconda guerra mondiale possono bloccare qualunque iniziativa, sia perchè non può muoversi senza il consenso dei governanti interessati. E chiaramente quelli dell'Indonesia non gradiscono interventi su quel territorio. L'Onu ha sponsorizzato il referendum, ma senza preparare le condizioni di cautela per il dopo. Proprio come nei Balcani, dove abbiamo riconosciuto la sparizione della ex Jugoslavia senza garantire i territori di confine, dove le popolazioni erano mescolate e si prestavano a reciproche pulizie etniche.  
   Sotto gli occhi di tutto il mondo a Timor Est si sta consumando un eccidio di quanti volevano l'indipendenza, con l'uccisione dei capi (e di tanti cattolici, come di quelli che ovviamente non gradivano rientrare in uno stato islamico fondamentalista), l'espulsione di oltre 150 mila persone verso Timor Ovest (quasi ad annullare la maggioranza vincitrice del referendum) e la distruzione di intere città. Solo allora, di fronte al ribrezzo del mondo e agli insistenti appelli del Papa, l'Occidente (in particolare gli Usa) s'è mosso, minacciando ricatti economici, fra cui la cessazione di forniture d'armi, quelle armi con cui le milizie indonesiane hanno distrutto Timor Est.  
   Il Kosovo era vicino, vie erano risorse naturali interessanti, Milosevic disturbava, e la Nato (non l'Onu) è intervenuta. Timor Est è lontana, il suo petrolio non interessa tanto... e abbiamo lasciato fare. E' ipocrita allora che giustifichiamo come "interventi umanitari" quelli in Somalia o in Kosovo, se poi assistiamo inermi a tragedie come quelle di Timor Est.  
   Abbiamo espresso la nostra piena solidarietà a mons. Belo, venuto in questi giorni in Italia per incontrare il Papa e chiedergli nuovi appelli pressanti; ora faccio eco al comunicato di Pax Christi italiana che, dopo aver denunciato che anche l'Italia ha continuato a vendere armi all'Indonesia, e mentre sollecita l'Onu ad approntare "il corpo di polizia internazionale che, agli ordini delle Nazioni Unite, possa prevenire i conflitti, mantenere e ristabilire la pace", conferma: "Pax Christi in tutti questi anni ha tenuto i riflettori accesi sulla realtà di Timor Est e cercato di dare la massima diffusione alle informazioni che ci giungevano dall'isola circa la pesante violazione dei diritti umani. Ora, mentre Pax Christi International sta compiento ogni passo possibile presso la Comunità Europea e le Nazioni Unite, noi scongiuriamo il nostro Governo e il nostro Parlamento ad adoperarsi in ogni modo sul piano internazionale perchè sia evitato altro spargimento di sangue. Non è con le dichiarazioni di principio che si pone fine al dramma, ma facendosi carico della difesa e della promozione dei diritti umani in ogni sede, anche quando abbiamo qualcosa da perdere sul piano economico!".  
   L'appello è per i nostri politici, per l'Europa,. per l'Occidente: se vogliamo essere credibili non possiamo più restare passivi (non con le guerre, ma con tempestivi ed efficaci interventi diplomatici) di fronte a tragedie che ci fanno vergognare di definirci popoli civili! Come cristiani veneriamo tanti martiri uccisi per la loro fede; e preghiamo intensamente perchè ptutti gli abitanti dili! Come cristiani veneriamo tanti martiri uccisi per la loro fede; e preghiamo intensamente perchè per tutti gli abitanti di Timor Est, di qualunque religione, sorgano finalmente giorni di pace.  

+luigi bettazzi