• Per le strade del mondo 11 giugno 1999
 
La tragedia del kosovo  
   
La tragedia del Kosovo continua, in un’estenuante altalena di accordi, di pause, di rotture. Le colpe rimbalzano a vicenda, tra i sotterfugi dei Serbi e l’intransigenza della Nato, tra le alternative  dei Russi, i quali vorranno far capire che dovevano essere invitati prima se davvero si voleva risolvere i problemi con la politica e non con la guerra, e la lontananza dell’ONU che non è mai stata coinvolta veramente, quasi si temesse che riuscisse in qualche modo a sciogliere l’impossibile nodo senza ricorrere alla spada che lo tagliasse. E il Papa continua a invocare la pace, come i pacifisti, sempre più emarginati dalla persuasione diffusa che solo le armi potevano risolvere questo problema.  
E allora preghiamo di più, e intanto continuiamo a credere in n una pace possibile, che sia vera pace, non solo - come diceva il Concilio - tacere delle armi o imposizione del più forte, ma accordo di giustizia e di solidarietà. Anche perché se non è vera pace non offrirà ai Kosovari quella sicurezza per la quale abbiamo cominciato la guerra invocando urgenze che ci han fatto dimenticare le condizioni legali che segnano le norme d’azione dell’ONU, della Nato, della stessa Italia.  
Continuo a girare per l’Italia, invitato ad aiutare la riflessione e l’impegno per la pace. Nello stesso tempo non mi esonero da quanto è più tipico o tradizionale nella vita di un vescovo, soprattutto di un vescovo emerito.  
Ed è così che la settimana prossima sarò presso Roma a predicare un Corso di Esercizi ai Superiori maggiori della Pia Società Salesiana. Ho accettato con trepidazione l’invito insistente. E imposterò la predicazione su due linee di riflessione che mi sono particolarmente care: le “meditazioni” sull’Apocalisse, le “istruzioni” sulle Costituzioni conciliari.  
Mentre il Concilio è sempre stato al centro del mio impegno pastorale, ho scelto l’Apocalisse non per una particolare allusione ai tempi... apocalittici, bensì perché, da quando commentai questo difficile libro biblico a S. Maurizio, mi sono affezionato leggendovi non tanto la rivelazione (termine che traduce il greco apocalissi) di quanto prepara la fine del mondo, bensì quella della morte e risurrezione di Gesù, che inaugura il mondo nuovo. Non solo, ma la ritengo un grande schema liturgico che, partendo dalla confessione delle colpe (le sette Chiese) aiuta a leggere la Parola di Dio (il Vecchio Testamento) come illustrazione della Pasqua di Cristo (l’Agnello immolato e in piedi) per introdurci nella Chiesa rinnovata (da Babilonia a Gerusalemme celeste). E questo schema eucaristico risulta altresì dal Concilio, che parte dalla Parola di Dio (Costituzione Dei Verbum), ci fa accogliere Gesù Cristo vivente (Cost. Sacrosanctum Concilium) e ci inserisce nella Chiesa-comunione (Cost. Lumen gentium) e ci proietta come lievito nel mondo (Cost. Gaudium et spes).  
Finirò la settimana a Milano, per la ordinazione episcopale dell’ultimo vescovo ausiliare, mons. Erminio De Scalzi, un vecchio amico, oggi vicario per la città, che ci ha sempre aiutato, da quando, come primo segretario del Card. Martini, propiziò in maniera determinante la Marcia per la pace a Milano.  
Sempre uniti nella preghiera e nell’affetto.  

+luigi bettazzi