IVREA - Domenica 9 giugno è
scomparso a Bruino il prof. Giovanni Getto, figura di spicco nel mondo
culturale ed ecclesiale eporediese. La liturgia funebre è stata
presieduta, nella Cattedrale di Ivrea, dal Vescovo emerito di Pinerolo
mons. Pietro Giachetti. Il prof. Rodolfo Venditti ne rievoca la figura.
Da molti anni Giovanni Getto mancava
da Ivrea. Stabilitosi a Torino, dove aveva conseguito la prestigiosa cattedra
di letteratura italiana nella Facoltà di Lettere di quella università,
aveva svolto un lungo, apprezzato e fecondo magistero letterario. Poi,
dopo il pensionamento, problemi di salute e di età lo avevano indotto
a ritirarsi a Bruino: là aveva perduto la moglie (Laura Anselmo,
anch’ella eporediese) e trascorreva gli anni in solitudine (pur seguito
affettuosamente da Milano, dal nipote Dino Gatta ed accudito da validissime
assistenti che si avvicendavano al suo letto).
Andavo a trovarlo, in media, ogni
due mesi perché ero molto legato a lui e, come tanti altri, aveva
da lui ricevuto moltissimo, specialmente nella mia giovinezza. Mi stringeva
il cuore vedere quel grande critico letterario, autore di innumerevoli
libri, diventare via via, per debolezza fisica, estraneo alla lettura,
pur avendo ancora una vista acutissima (a 88 anni riusciva ancora a leggere
senza occhiali).
Eppure, ciò che illuminava
il suo volto con un sorriso non era il parlargli di Dante o di Leopardi,
di Caterina da Siena o di Torquato Tasso, del Marino o di Pascoli, cioé
dei grandi scrittori che egli aveva frequentato nel suo lungo e appassionato
lavoro di storico e di critico letterario: era, invece, il ricordargli
gli anni del suo impegno nell’Azione Cattolica di Ivrea (era stato Presidente
diocesano della Gioventù Italiani di Azione Cattolica, la GIAC,
negli anni 1942-45) e la vasta schiera di giovani che in quegli anni avevano
gravitato intorno a lui e da lui avevano ricevuto stimoli decisivi per
il loro orientamento esistenziale e per la loro scelta di vita cristiana.
Tra quei giovani brillava Gino Pistoni,
un ragazzo ventenne che era veramente cresciuto alla sua scuola e che,
divenuto partigiano, era morto in montagna scrivendo su un sacchetto di
tela, col dito intinto nel proprio sangue che sgorgava da una grave ferita
alla gamba “Offro mia vita per Azione Cattolica e per Italia W Cristo Re”.
Questa morte luminosa aveva lasciato
in Getto un segno indelebile: aveva raccolto i suoi ricordi in una breve
biografia di Gino, ricca di care memorie dalle quali il profilo di quell’amico
emergeva con intensa umanità e con vibrante amore per Cristo e per
la Chiesa.
Getto era stato un Presidente diocesano
ricco di idee e di iniziativa. Uomo di studio e di cultura, si era rivelato
un ottimo organizzatore, preciso, esigente, capace di inventiva e di originalità.
Validamente affiancato dall’Assistente diocesano don Mario Vesco, aveva
dato al gruppo di giovani che componevano il Centro diocesano il senso
dell’impegno e della precisione; ma soprattutto aveva offerto loro uno
strumento di formazione spirituale attraverso l’istituzione del “Cenacolo”.
Esso consisteva in un ciclo di incontri di riflessione sulla Parola di
Dio che si svolgeva ogni anno e che egli stesso guidava con periodicità
quindicinale. Nel “Cenacolo” i giovani del Centro trovavano una autentica
scuola di meditazione e di preghiera (che, a quell’epoca, ben difficilmente
avrebbero trovato altrove): una scuola, oltre tutto, di alto valore culturale,
poiché Getto aveva una notevole preparazione teologica ed era in
contatto con le personalità più vive e aperte del cattolicesimo
italiano (da Lazzati a La Pira, da Montini a Dossetti).
Getto era un appassionato di Cristo
e del Vangelo, e sapeva trasmettere con efficacia questa sua convinta passione:
non per nulla una parte cospicua della sua produzione di critico letterario
si sarebbe poi sviluppata nello studio della letteratura religiosa. Egli
aveva un senso vivo della regalità di Cristo, inteso tale concetto
non come espressione di potenza umana e di trionfalismo teocratico, bensì
come espressione del fatto che in Cristo si manifestano il senso più
profondo dell’uomo (l’amore, la pace, la fraternità) e il progetto
di Dio orientato verso la piena realizzazione delle potenzialità
positive dell’uomo: onde Cristo anima e “regge” (da cui la parola “re”)
la storia umana che cammina faticosamente verso la realizzazione di quel
progetto.
Il modo con cui Gino Pistoni
era morto dava a Getto la consolante riprova che i suoi giovani avevano
colto e capito l’essenza del suo messaggio.
E’ dunque spiegabile che negli ultimi
anni della sua vita Getto tornasse con predilezione a quegli anni eporediesi,
nei quali egli era stato “maestro” in un modo diverso da quello con cui
egli lo era stato sulla cattedra universitaria.
Per tal motivo, quando nel novembre
scorso l'Università della Terza Età di Vercelli, dove mi
reco ogni tanto per tenere lezioni sui grandi musicisti, mi propose di
tenere una lezione su Getto, io scelsi come titolo della lezione “Il molteplice
magistero di Giovanni Getto”. E’ proprio così: il magistero di Getto
è stato molteplice, multiforme: e Ivrea ha avuto il privilegio di
fruirne con particolare intensità.
Oggi Getto coglie i frutti più
preziosi di quel lungo e molteplice magistero. Si è riunito ai suoi
grandi amici eporediesi Gino Pistoni ed Ernesto Talentino, Luciano Tavazza
e Gigi Rey, Gep Pesando e Danilo Fozzati, e tanti altri) che lo hanno preceduto
nella grande festa della Casa del Padre. E il suo corpo riposa oggi nella
sua “vecchia Ivrea”, che gli è riconoscente.
rodolfo venditti