Quale struttura connette il granchio con l'aragosta,
l'orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi?
E tutti e sei con l'ameba da una parte e lo schizofrenico dall'altra?
G. Bateson -























frana di sarno - maggio 1999

 La domanda su cui riflettere insieme è: quanto apprezziamo sia grande la nostra attenzione verso i problemi legati all’uso delle risorse naturali nel territorio in cui viviamo? In prima battuta, così comodamente seduti, saremmo immediatamente critici ed affermeremo che lo sfruttamento della Natura è diventato un’abitudine dell’uomo, in particolare della società industrializzata occidentale

 Tuttavia, permettimi di affermare che la “coscienza” di noi tutti su temi ambientali, nonostante sia certamente cresciuta in questi anni, non ha condotto a nessun significativo cambiamento nel comportamento. La cultura ambientale si diffonde, ma la crisi ambientale perdura e si aggrava.

 Pur riconoscendo che questa crisi è una crisi complessa, a cui non si può rispondere con azioni semplici o isolate, è indubbio che chi non è minacciato personalmente e direttamente non si sforza di fare una vera revisione del proprio modo di vivere.

 Nel caso di una minaccia incombente i comportamenti, sia a livello individuale che collettivo, sono solleciti. Quando si subisce un inquinamento, o si vede danneggiare violentemente l’ambiente in cui si vive, nascono proteste e manifestazioni. Quando inizia ad esondare un fiume, a franare una collina, certo si fugge, per poi puntare l’indice su chi ha permesso di danneggiare la nostra proprietà senza aver fatto nulla o abbastanza per evitarlo.

 Solo le prospettive lontane, quando cioè riguardano le generazioni future, evidentemente non sono sufficienti a indurre una modifica del nostro modo di agire quotidiano.

 Tanto meno, pare, sono utili le campagne di educazione ambientale realizzate attraverso l’informazione: la maggior parte degli studiosi afferma che, in realtà, esse sembrano solo rinforzare il comportamento di chi già ha un atteggiamento corretto verso l’ambiente.

 Inoltre, in tutti noi esiste una “inconscia” differenza tra la visione e l’importanza, il valore, che attribuiamo alle diverse risorse naturali.

 La nostra attenzione è sicuramente maggiore per l’acqua e l’aria, perché sono elementi che compongono e penetrano l’interno del nostro corpo, e quindi, quando sopraggiungono alterazioni o inquinamenti degli ambienti aereo o idrico in cui viviamo, sentiamo direttamente minacciata la nostra persona, la nostra salute. Il discorso è diverso per il suolo. Pur essendo una risorsa importante, essa rimane solo il supporto per le produzioni alimentare, per le nostre case, le nostre strade. Il suolo è estraneo al nostro sistema di vita; anzi per l’uomo metropolitano, fatto salvi i momenti ricreativi, è da tenere al di fuori delle nostre case.

 Forse in questi motivi, funzionali, utilitaristici al nostro modo di vivere, risiedono i diversi atteggiamenti e comportamenti che, sia nella società civile ma anche nelle istituzioni, si producono nella gestione delle risorse naturali: l’utilizzo è più intenso, e quindi meno “rispettoso”, laddove minore è il “senso di appartenenza” che si ha della risorsa in uso.

 Non affronto temi di ordine psicologico che, autori come Hillman, hanno meravigliosamente affrontato, ma la domanda è: la perdita di Natura è progredita di pari passo con la perdita di “bellezza” nella nostra anima?

 Dice il filosofo Hans Jones: “Forse l’uomo non può essere portato alla ragione senza seri avvertimenti e senza reazioni già molto dolorose da parte della natura martoriata. Forse deve accadere qualcosa di piuttosto grave perché dall’estasi dei bisogni sempre crescenti e dal loro soddisfacimento illimitato, si torni ad un livello che sia compatibile con la sopravvivenza dell’ambiente”.

torna al menu
torna al menu
counter

Document made with Nvu