Anno 1460: la scoperta dell'allume

 

L'alunite deriva da rocce vulcaniche ricche di alluminio, sottoposte all'azione di acque termali. E' classificato come un solfato: per l'esattezza è un doppio solfato di alluminio e potassio.
L'alunite si forma in cristalli di dimensioni di alcuni millimetri: unico caso al mondo è quello dei Monti della Tolfa, le cui dimensioni arrivano anche oltre il centimetro.
Dall'alunite, mediante la sua lavorazione in forni, si ottiene l'allume. In passato, l'allume era molto importante ed insostituibile nelle industrie tessili (come fissatore per colori e la lavorazione della lana), nella realizzazione delle stampe su pergamena, nella lavorazione delle pelli (nelle fasi di conciatura), nella produzione del vetro e in medicina (come emostatico).
Gli storici attuali paragonano l'importanza dell'allume, a quella che oggi ha il gas metano. I giacimenti dei Monti della Tolfa, furono definiti nel 1500 come la più importante industria mineraria europea: ancora oggi, malgrado la cessata attività, sono riportati sui testi del settore anche a livello internazionale.
L'allume, nel medioevo, era uno dei prodotti più commercializzati: veniva importato principalmente dalla Turchia, Siria ed Egitto.

La scoperta
Intorno al 1460, Giovanni Da Castro, commissario dello Stato Pontificio, individuò nel territorio dei Monti della Tolfa delle piante di agrifoglio. In Oriente, dove lavorò anni prima nel settore tessile, questa pianta segnalava, al disotto delle sue radici, la presenza di alunite: piccoli scavi nel terreno, misero alla luce numerose pietre di questo prezioso minerale.
L'area della scoperta era in prossimità dell'attuale centro abitato di La Bianca, (nato poco dopo, intorno ad uno stabilimento per la lavorazione del caolino).
Nel 1462, Giovanni Da Castro, ebbe la concessione da parte dello Stato Pontificio, per l'estrazione dell'alunite. La tecnica estrattiva impiegata era quella dello scavo a cielo aperto; questa tecnica di scavo, praticata per quasi tre secoli, ha alterato la fisionomia del paesaggio per via delle enormi spaccature e crateri praticati dall'uomo sul territorio per estrarre il minerale.
La scoperta dell'alunite sui Monti della Tolfa, risollevò l'industria tessile italiana, precedentemente costretta ad acquistare l'allume dalla Turchia a prezzi molto elevati.

Agostino Chigi
La svolta nella produzione dell'allume, si ebbe dopo il 1500 ad opera di Agostino Chigi, detto il magnifico che, da appaltatore delle cave di alunite dal 1500 al 1520, spostò gli impianti di produzione ai piedi di Monte Roncone, oggi Monte delle Grazie.
Costruì, lo stabilimento per la lavorazione del minerale, un acquedotto e un villaggio minerario per gli operai. Tutto il complesso acquisì il nome di Le allumiere (sul villaggio minerario crescerà poi l'attuale paese di Allumiere).
Vennero aperte numerosi fronti di cava sulle pendici ad est di Monte Roncone, la Cava della Paura al margine dell'attuale località del Castagneto e la Cava del Moro o Cava del Silenzio.
Agostino Ghigi morì prematuramente nel 1520 e la produzione subì un calo.
Tra il 1578 e il 1626 l'appalto delle cave passò ai fratelli Olgiati, che portarono anche nuove costruzioni al villaggio di Le allumiere: la Fontana Tonna e nuovi alloggi per i sempre più numerosi operai e minatori.

La massima produzione
Dal 1580, nuovi siti estrattivi vennero scoperti in tutta la zona del Castagneto lungo l'attuale strada che porta alla località Le Cave. Abbiamo i siti della Cava Grande, della Gregoriana, e della Cavetta.
In questo periodo nasce anche il piccolo villaggio di minatori di Le Cave, di cui oggi sono visibili solo le rovine, ma che visse fino al 1700, contando una popolazione di circa 200 persone. Il campanile di una piccola chiesa (oggi trasformata in residenza), scandiva l'inizio e la fine del lavoro dei minatori.

Nel 1702 viene aperta la cava Clementina sempre nella zona del Castagneto.
Al villaggio di Le allumiere, nel 1737 fu edificato il Fabbricone, un imponente edificio ad uso abitazione per più di 40 famiglie (oggi in perfetto stato conservativo ed abitato).

Sulle pendici dei monti del Castagneto, che risulterà poi la zona con i più ricchi giacimenti di alunite di tutta la storia mineraria dei Monti della Tolfa, abbiamo la scoperta dal 1745 dell'alunite alla Castellina, alla Cava dei Romani e a Rotella.

Nel 1750 le prime tre cave aperte al Castagneto si esaurirono, ma non prima di aver realizzato la massima produzione di alunite (con scavo a cielo aperto) La Reverenda Camera Apostolica (il governo dello Stato Pontificio) acquisì grande potere per la ricchezza derivata dei ricavati dell'allume, tanto da imporre a tutto l'Occidente di acquistare l'allume dei Monti della Tolfa a scapito di quello Orientale, pena la scomunica *.


* L'allume e le scomuniche merceologiche di Giorgio Nebbia (docente di Merceologia Facoltà di Economia dell'Università di Bari).

La perdita del monopolio
Gli appalti che seguirono quello dei fratelli Olgiati, videro l'allume, qui prodotto, perdere di importanza per via della perdita del monopolio europeo: anche in Spagna venne scoperto l'alunite.
Tra il 1719 e 1743, ebbe l'appalto per l'estrazione, Fortunato Gangalandi. Questi diede il via nel 1725 allo scavo di un nuovo filone presso la Cava Gangalandi, oggi meglio conosciuta come Cavaccia.

Con la mezza montagna asportata, è la cava più imponente di tutte: oggi purtroppo la possiamo vedere un pò ridimensionata per via dei riempimenti effettuati in questi ultimi anni; ma per la sua grandezza, negli anni '50 è stata impiegata come set cinematografico per film western, poichè si presentava come un canyon con pareti verticali di oltre 50 metri d'altezza.

Alla Cavaccia, l'architetto Francesco Navone, per permettere il deflusso delle acque piovane, accumulate sul fondo della cava, fece effettuare un grosso taglio su di una parete: il Traforetto.
Per quest'opera furono asportati più di 500.000 metri cubi di terra, grazie all'arrivo di altri nuovi 150 operai.

Anche sotto il sito estrattivo della Cavetta si era formato un lago malsano, per via delle acque piovane, accomulate dallo sbarramento causato dallo scarico dei terreni sterili di alunite: anche qui l'architetto Francesco Navone, fece realizzare un'altra opera di bonifica, costituita da un cunicolo sotterraneo, per lo scolo delle acque verso il fosso più a valle.
Nel 1788, l'industria dell'allume dei Monti della Tolfa, ebbe un nuovo tracollo per via della scoperta dell'allume artificiale ad opera del francese Chaptal.

 

Lo scavo in galleria
Nel 1815 tutto il complesso minerario era in crisi e deficitario. Per recuperare in competitività venne abolito il sistema di scavo a cielo aperto ritenuto ormai troppo dispendioso (inutili movimenti di terra e impiego di troppi operai e animali da tiro) e venne deciso di utilizzare un nuovo metodo: lo scavo in galleria.
Questo avrebbe permesso un migliore sfruttamento dei filoni, per via del poco materiale di scarto raccolto. Altro vantaggio offerto da questa tecnica, è che l'estrazione sarebbe stata continua, non essendo condizionata da condizioni meteorologiche avverse.

A tale scopo venne assunto alla direzione delle cave, Paolo Masi, già direttore di alcune miniere in galleria di zolfo in Emilia Romagna. Il Masi accettando l'incarico, portò con se alcuni operai dall'Emilia Romagna, con lo scopo di istruire gli operai del posto alla nuova tecnica estrattiva in galleria.

In un primo momento gli operai di Le Allumiere si rifiutavano a scendere nelle profondità della terra, malgrado le istruzioni e le rassicurazioni sulla sicurezza da parte dei colleghi romagnoli. Ma nel tempo, vinta la paura gli allumieraschi cominciarono a lavorare in galleria.

Il primo lavoro in profondità, di cui si hanno notizie, fu quello di un pozzo realizzato prima del 1850, a 400 metri a sud/ovest dalla parete della Cava Gangalandi (sulle pendici di Monte Urbano) con l'intento di intercettare filoni d'alunite.
Il pozzo, denominato Pozzo Gustavo, raggiunse una profondità di poco oltre i 50 metri. Da qui partì una galleria che a 100 metri di distanza intercettò un filone di alunite, che sviluppandosi in modo obliquo, portò i minatori nuovamente all'aria aperta in direzione della Cava Gangalandi. Questa prima galleria venne chiamata galleria Cesarina.
  
Un po tutto il sottosuolo venne percorso in tutte le direzioni da gallerie su più livelli, alcune delle quali, per migliorare la ventilazione, fecero capo al Pozzo Gustavo o alla Cava Gangalandi o a piccoli pozzi sparsi nell'attuale bosco del Faggeto.La miniera venne intitolata Masi in onore all'ingegnere Paolo Masi appaltatore della prima miniera in galleria: successivamente cambiò denominazione in Miniera di Santa Barbara.

Altre miniere in galleria vennero aperte vicino alla Santa Barbara come quella di Val Perella e sui fronti della Cava Gangalandi e della più antica Cava Grande al Castagneto.

Nel 1868 Adolfo Klitsche De La Grange, commissario delle miniere, inviato dalla Reverenda Camera Apostolica, scoprì tre nuovi giacimenti sul versante ovest della località Le Cave: abbiamo così i siti della Provvidenza, della Trinità, e della Nord.

Una ricchezza ormai svalutata
Nel 1870 con l'entrata dello Stato Italiano, l'intera industria dell'allume passò alla Societè Financière de Paris. Lo stabilimento di produzione venne trasferito a Civitavecchia, ma la produzione era notevolmente ridotta rispetto al boom di quasi un secolo prima, a causa dell'ormai bassa richiesta di mercato.
Il nuovo stabilimento e tutti i siti d'estrazione del minerale, passano in mano alla Società Montecatini, la quale nel 1941, si vede costretta, per il motivo sopracitato, a cessare la produzione di allume e chiudere definitivamente tutte le miniere e le cave sui Monti della Tolfa.
 

 

Tutti i siti minerari qui elencati, sono tutt'oggi visibili e in buona parte visitabili, ad eccezione di quelli in galleria. Molti sono in proprietà private. Si consiglia di contattare la segreteria del Museo di Allumiere (telefono 0766/967793) per avere ulteriori informazioni o per partecipare a visite guidate.
Per la raccolta di minerali e rocce sul territorio, consulta l' ordinanza n. 98 del 2000 del Comune di Allumiere.
 

 


  Testo e HTML
   
Stefano Foschi, Gennaio 2001

  Bibliografia
    Riccardo Rinaldi - Itinerari Storici ambientali nel distretto minerario di Allumiere. Allumiere 1998
    autori vari - Allumiere, natura, storia, archeologia. Allumiere 1997
    autori vari - Guida ai Minerali del museo Civico Archeologico Naturalistico Mineralogico di Allumiere. Allumiere 2000

  Fotografie
   
Stefano Foschi, Dario Di Domenico, Franco Pierini, archivio Umberto Mazzoldi


 

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