Nel settembre 1999 Giovanni Zandegiacomo Seidelucio ha trovato sul monte Calvario, una elevazione morenica sul lato nord del paese (vedi pianta), alcune monete romane imperiali bronzee prontamente consegnate in Soprintendenza. Nella primavera del 2000 sul lato opposto del monte Elio Vecellio Galeno e Marilisa Zandegiacomo Sampogna  hanno rinvenuto due dischi figurati  e  frammenti di lamine iscritte in bronzo e li hanno consegnati all'ente di tutela. Vista l'importanza della scoperta il Gruppo si è attivato per organizzre una campagna di scavi con l'assenso della dottoressa Gangemi, responsabile di zona. Sono stati raccolti i fondi (qui l'elenco completo degli enti organizzatori e finanziatori)  ed è cominciato il viaggio nel tempo. Dopo dieci anni ci sono alcuni punti fermi; il sito è un luogo di culto attivo da  2.100  a  1.600 anni fa. Le divinità principali, presenti in tutte le iscrizioni, sono i maisteratorbhos, mai scoperti in precedenza. Si sono fatte varie ipotesi; magistrati fondatori dell'insediamento divinizzati (Marinetti), la triade capitolina  (Prosdocimi), una diversa triade composta da Dioniso, Cerere e Proserpina. L'immagine su un disco è stata identificata con Dioniso  per la foglia di vite, il kantharos  e il grappolo d'uva. Sull'altro disco si vede una figura femminile con l'abbigliamento tipicamente venetico della dea  Reitia  ma impugna una tazza e un grappolo d'uva invece della chiave.  Questo ha portato ad ipotizzare che si possa trattare di Libera, la compagna di Dioniso  (Marinetti). Il professor Giovanni Gorini ha notato che l'immagine del "Dioniso" è molto simile a quella di una moneta celtica detta frontalgeschict (in quanto la testa è di fronte)  che è stata ritrovata in molti paesi dell'europa dell'est e alle teste sulle falere di  Manerbio . Che cosa può significare questo? Il santuario auronzano era inserito nel mondo celtico? Un'altra suggestiva ipotesi della dott.ssa Gangemi, nel catalogo della mostra di Brescia "Roma e le genti del Po" in cui era esposto il disco, è che si tratti di una raffigurazione di Marco Antonio nelle vesti di Dioniso.  I culti praticati probabilmente prevedevano dei sacrifici di animali, viste le ossa rinvenute, libagioni di vino e offerte alle divinità di oggetti di uso comune (anelli, simpula, fibule, ecc.) oltre a monete e lamine iscritte. Forse c'erano cerimonie legate ai misteri dionisiaci. Si può pensare che nell'area sacra pernottassero i commercianti che trasportavano le loro merci dal Norico all'Italia lungo il percorso del Piave.Una delle strade entrava da  Aguntum in Pusteria per poi passare il Montecroce Comelico e scendere ad Auronzo. Forse esisteva un'altro percorso da Gurina. Una delle prove è la  numerosa presenza di oboli del Norico ( piccole monete in argento usate dal I A.C. al I D.C.) tra le offerte del santuario cadorino e che poi si ritrovano lungo il Piave (Auronzo, Lagole, Castellavazzo, monte Altare (Vittorio Veneto), Villa di Villa (Vittorio Veneto), Oderzo, Lova di Campagna Lupia (Venezia), Altino. Le offerte monetali ad Auronzo vanno dalla fine del II A.C. al IV D.C.; le più antiche sono denari d'argento poi si passa ai sesterzi per arrivare alle piccole monte bronzee. Con il passare dei secoli sembra diminuire il valore delle offerte. Si è scoperta un'unica statua di cm.6 raffigurante Giove, che trova un preciso confronto a Vienne la Ville in Francia ma di probabile produzione germanica (Gangemi). Si tratta di statuette che venivano fatte in serie e adattate con attributi diversi (fulmine, scettro, ecc.) per la divinità a cui veniva offerto l'oggetto.L'area di diffusione è molto vasta. Ma nel santuario c'era anche un'attività metallurgica; lo provano una scoria di lavorazione bronzea e un lingotto di piombo. La datazione al radiocarbonio di un frammento di legno connesso con la scoria ha dato 185 D.C.(+-50). Un'analisi dei dischi e di una lamina ha portato a concludere che per facilitare la lavorazione si usava più o meno rame nel bronzo; nelle lamine il rapporto rame/stagno era di 10/1, nei dischi 16/1.Questo perchè le lamine venivano decorate con la percussione mentre per i dischi si era ricorsi anche all'incisione. Inoltre si è appurato, attraverso lo studio degli isotopi, che il piombo del lingotto non proveniva da filoni locali ma era un misto di varie zone; il classico piombo romano importato. La scoria aveva degli inclusi di piombo; gli isotopi erano gli stessi del lingotto. Un capitolo assolutamente importante è quello delle iscrizioni; come a Lagole è molto elevato il numero di oggetti iscritti rispetto al totale dei ritrovamenti. Le sorprese non sono mancate anche dai testi; sulle monete romane di II D.C. si trovavano lettere attribuibili o al venetico o al latino arcaico!(Marinetti). Entrambe le ipotesi sono una novità; se da un lato  ipotizzare scriba che utilizzavano il latino arcaico in Cadore in quel periodo è davvero strano dall'altro bisognerebbe  ammettere che il venetico continuava ad essere usato due secoli dopo la sua scomparsa! Di certo i Maisterator mantenevano lo stesso nome anche nel II D.C..Il professor Prosdocimi ne ha dedotto che la scuola scrittoria del santuario è stato l'anello necessario per spiegare la comparsa dell' alfabeto runico, che ha dato origine alle scritture di tutto il nord europa.L’esame delle iscrizioni lo ha portato a concludere che l’alfabeto runico è nato proprio in area alpina, tra il I e il II sec. D.C. , quando si compie un’operazione di recupero dell’alfabeto venetico in piena età romana. La motivazione di questa operazione può essere legata alla stabilizzazione politica delle Alpi, che in altre zone avviene in maniera sanguinosa con le conquiste di Druso. Le scuole di scrittura cadorine rielaborano l’alfabeto latino e quello venetico ma non si spingono oltre accettando di entrare nella civiltà romana; una testimonianza in questo senso è data dall’iscrizione di Lagole fatta in  caratteri venetici da un liberto (uno schiavo affrancato), figura tipicamente romana.  Dall’altro lato delle Alpi le iscrizioni in venetico della valle della Gail e degli elmi di Negau testimoniano i precoci contatti con le popolazioni germaniche, che probabilmente potrebbero aver elaborato l’alfabeto runico a partire dal venetico e dal latino ma trasformandoli completamente proprio per rafforzare la propria identità di fronte all’avanzata dell’impero romano, come è avvenuto con i Celtiberi in Spagna.   Ma non è finita qui dal momento che una delle parole su un simpula si può leggere solo facendo riferimento a una lingua centritalica!. Va anche segnalata una lamina in argento di cm.7x6 a forma di naiskos (piccolo tempio) con una raffigurazione di due divinità che compiono un atto di libagione; è un indizio di offerenti di una certa ricchezza.  Sull'oggetto ci sono anche alcune iscrizioni; una è la formula  romana di offerta "v s l m" (votum solvit libens merito), l'altra è forse una F, e poi un'altra scritta da decifrare.  Per quanto riguarda le strutture rinviamo al sito della Soprintendenza  (le immagini sono in fondo alla pagina) e alla pianta dello scavo. Segnaliamo soltanto la croce greca   sul pavimento della stanza, fatta con cubetti di colore diverso e inserita probabilmente in un secondo momento della frequentazione della struttura. Potrebbe trattarsi di un'indicazione per una sepoltura o di un simbolo del cristianesimo; fra l'altro va ricordato che l'intonaco che rivestiva le pareti e il pavimento è il cosidetto"intonaco idraulico"in cocciopesto. Si potrebbe trattare di una grande vasca battesimale? Nel 2016 il comune di Auronzo renderà fruibile l'area con la realizzazione di un percorso di accesso che utilizza l'antica Via Crucis e recupera l'intera zona dal punto di vista ambientale. Ci saranno anche delle limitate indagini archeologiche.