Frattali |
I
Frattali (*) A prima
vista, le figure note col nome un po’ bizzarro di frattali sembrano niente di più
che degli oggetti dai contorni fortemente frastagliati. La loro natura di
forme intrinsecamente complesse esse la rivelano solo quando si tenta,
ingrandendole, di esaminarne più da vicino la frontiera. Normalmente, quando si ingrandisce
il contorno irregolare di un oggetto, specie se si tratta di ima forma
definita matematicamente, ci si aspetta di vedere le asperità addolcirsi man
mano che aumentiamo l’ingrandimento, finché esse cedono il posto ad una
sinuosità regolare, che solo la discrepanza
di scala faceva sembrare una irregolarità. Nulla di ciò accade con i
frattali: al contrario, ogni cambiamento
di scala rivela nuove e inaspettate concrezioni, in una. gerarchia di minuzie
sempre più sottili. Quello che sembrava solamente un profilo frastagliato
mostra ad uno sguardo più ravvicinato
una struttura fine estremamente variegata, a sua volta destinata a ramificarsi
ulteriormente ad ogni successivo ingrandimento. L’irregolarità dei frattali
è infinitamente stratificata. A dispetto della estrema varietà di forme, la
generazione di molti di questi oggetti è particolarmente semplice, e richiede al computer un programma di poche
righe. Immaginiamo
una polvere posta su una superficie piana, le cui particelle si possono
spostare come si vuole su questa superficie, restando ferme una volta che
abbiamo finito di muoverle. Distribuendo questa materia diversamente da come
era disposta all’origine, abbiamo operato una
trasformazione del piano,
alla fine della quale la particella che occupava
il punto P si trova in una nuova
posizione, che indicheremo con T(P) per
ricordarci che si tratta del trasformato
di P. Ad
esempio, se P è individuato dalle
sue coordinate cartesiane (x, y), potremo descrivere la trasformazione T
dicendo quali sono le coordinate (x1,y1) del punto T(P),
coordinate che naturalmente dipenderanno da quelle di P:
Supponiamo
ora di operare una seconda volta la trasformazione T. La particella che originariamente era in P e che era stata spostata in T(P)
andrà ora a finire in im nuovo punto T(T(P)),
ovvero T2(P). Trasformando
di nuovo, e poi ancora, il punto continuerà a muoversi in T3(P), T4(P), e così via, per finire, dopo un
numero m di trasformazioni, in Tm(P). Fissiamo ora un cerchio W di raggio abbastanza grande e poniamoci il seguente problema: dopo quante ripetizioni
la particella inizialmente in P uscirà da O? Naturalmente, la risposta dipenderà dalla posizione iniziale P
della particella. Ci sono ampie zone a partire dalle quali la particella
esce da O quasi subito, mentre altri settori del piano saranno invece
particolarmente tenaci, nel senso che non vedremo la particella uscire da O
entro il numero massimo di iterazioni che abbiamo fissato. Questo è
il caso degli esempi più semplici di insiemi di Julia, che si ottengono da trasformazioni T
dotate di un solo punto fisso attrattivo Po tutti i
punti sufficientemente vicini a Po vengono spostati in punti ad esso ancora
più vicini, mentre tutti i punti sufficientemente lontani dall’origine
vengono spostati in punti ancora più lontani. In questa
situazione tutti i punti del piano che non sono punti fissi di T
cadranno in tre gruppi distinti: quelli che le cui immagini mi allontanano
indefinitamente, quelli le cui immagini si avvicinano a Fo e gli altri, quelli
che non hanno nessuno dei due comportamenti e che separano le due zone.
Questo ultimo insieme di punti costituisce l’insieme di Julia della
trasformazione, e per una scelta abbastanza ampia di trasformazioni ha una
struttura frattale. Per avere
un’idea ditale struttura possiamo operare nel seguente modo. Fissata una
regione limitata W del piano, che contiene tutto
l’insieme dei punti attratti da Po, per
ogni punto P di W calcoliamo un numero sufficientemente alto di iterazioni della
trasformazione, e coloriamo il punto di partenza con un colore diverso a
seconda del numero di iterazioni necessarie ad uscire da W, scegliendo ad esempio il colore W (nero) per i punti che rimangono confinati in W. Come ci si può aspettare, se un
punto P richiede N (diciamo 50)
iterasioni per uscire da W, i punti vicini
a P richiederanno un numero
di ripetizioni vicino a 50 (ad esempio fra 45 e 55). Quando però ci spostiamo
in zone caratterizzate da un N via
via più alto vediamo che il numero di iterazioni varia sempre più
rapidamente passando da un punto ad un altro vicino. Si formano così delle
figure molto frastagliate, in cui i colori ai mescolano in forme
imprevedibili, ma mai in maniera casuale: c’è del metodo in questa follia.
Da queste figure sempre nuove e inaspettate deriva la bellezza dei frattali. (*) Tratto dalla mostra “Oltre il
compasso” |