| Tama 991, 25.04.2010 Morti di mafia senza pensarci
Cari Morti di mafia. Se aveste fatto finta (niente in politica è meglio del far finta) di essere deceduti per altra causa, l'Italia oggi sarebbe un Paese più felice. Anche se meno civile. Ma in fin dei conti al popolo non interessa di essere civile, quanto di essere felice. Per questo motivo il popolo preferisce le parole d'ordine, i rituali di massa, le oceaniche adunate. Basta che abbia un'insegna sotto cui intrupparsi. Gli è sufficiente mettersi in piedi ad ascoltare la domanda fatale. A chi la vittoria? A noi! Succede oggi. Chiedono al popolo se vuol farsi mettere le mani in tasca per pagare più tasse. Succedeva l'altro ieri. Quando l'ora della Storia batteva sull'orologio dell'Italia. E tutti a dire: vincere, vinceremo. Poi sappiamo com'è andata a finire. Ma ci aveva già avvertiti Ettore Petrolini con la caricatura di Nerone. Non faceva in tempo ad aprire bocca, che riceveva l'applauso preventivo. Adesso voi Morti di mafia non state sulla coscienza di politici passati o presenti. Ce ne è uno, tra loro, di venerata memoria benché sia vivo, che ha sulla fedina penale una prescrizione (2003) per reati mafiosi. No, voi Morti di mafia, recate danno all'immagine dell'Italia. Non lo dice nessuno, ma lo lascia intendere qualcuno. Se il Bel Paese ha una mafia che è soltanto sesta nel mondo, allora (pensa e dice questo qualcuno) perché tanto impegno nel darle un supporto promozionale. Se capitasse un marziano tra noi, non capirebbe, e non per colpa nostra o sua. Bisognerebbe dirgli che un presidente del Consiglio (e non di una qualsiasi bocciofila che tuttavia permette di fare belle carriere urbane), ha detto queste cose (certamente con animo ben disposto e senza spirito amaro) contro uno scrittore che denuncia i mali prodotti dalla mafia, accusandolo di fare cattiva propaganda all'Italia. Insomma, è l'eterna, vecchia lezione che i panni sporchi si lavano in famiglia, così come invece i soldi si riciclano all'estero protetti dagli scudi fiscali, per farli ritornare immacolati nei forzieri nazionali ad onore e gloria dell'italica stirpe. Alla quale recano danno soltanto questi eroi, questi Morti di mafia più ingombranti delle macerie di un terremoto o dei rifiuti depositati in discariche abusive del Sud ma provenienti di nascosto dal virtuoso Nord. Un giudice ha scritto un libro sul perché l'Italia ha sconfitto il terrorismo ma non la mafia. Non dimenticatelo, Gian Carlo Caselli: è costretto a vivere protetto. [991] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
Tama 990, 18.04.2010 Con vane ciance si perde tempo
Occhei, diciamo imitando gli americani. Ma il gesto dell'ok è made in Italy, come nel dipinto di Paolo di Visso (XV sec.) che ritrae san Bernardino da Siena. Con la mano sinistra mostra un libro aperto, nella destra unisce a cerchio pollice ed indice secondo il modo usato dagli insegnanti di retorica per precisare: i discorsi sono giusti. Lo spiega Chiara Frugoni nello studio dedicato alla "Voce delle immagini". Insomma, niente è nuovo sotto il sole. Tutto ha una storia. Il discorso vale anche per la politica italiana. Si prospettano riforme. La più complessa ed oscura è quella costituzionale. Si vuole introdurre un quasi sistema francese. Dico quasi perché i nostri cugini d'Oltralpe eleggono il presidente della Repubblica con il doppio turno. Noi invece vogliamo risparmiare e ci accontenteremmo del turno unico. Sabato 10 aprile il capo del governo si è dichiarato impotente: "L'esecutivo non ha alcun potere": deve sottostare alle Camere. Dove peraltro la sua maggioranza è forte. Il rimedio è appunto modificare la Costituzione. Molti suoi colleghi di partito non sono convinti. Italo Bocchino è stato l'unico politico di destra (crediamo) a ricordarci che il presidente francese nomina il presidente del Consiglio. In Francia non tutto è sempre andato liscio, perché si sono avuti lunghi periodi di contrasto fra capo del governo e capo dello Stato. Berlusconi pensa di eliminare queste eventualità con il turno unico, forse con il principio che chi prende più voti (anche un 20%) merita il 51? Bocchino teme il turno unico, come Fini: avremmo un presidente della Repubblica che nomina il primo ministro e controlla di fatto la maggioranza. Il sistema francese fu cucito addosso a Charles De Gaulle nel 1962, dopo la nascita della Quinta Repubblica (1958) conseguente alla questione d'Algeria. Sergio Romano in un libro di Storia lo definisce una "monarchia repubblicana". È questo che vogliamo anche per l'Italia? Noi soltanto a parole siamo alla Terza Repubblica. Per cambiare il numero si deve cambiare Costituzione. Siamo ancora alla Prima, e basta, nonostante le chiacchiere. Di cui si lamenta Bocchino difendendo Fini, e definendo Bossi traditore perché nel 2001 chiamò Berlusconi mafioso. Dunque, nel governo si litiga mentre le urgenze del Paese reale sono lasciate in ombra. Berlusconi cerca applausi parlando di oppressione fiscale. Come la destra reazionaria francese. Con vane ciance si perde tempo, non si dà da mangiare. [990] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
Tama 989, 04.04.2010 Parole parole parole
Mina Mazzini il 25 marzo ha compiuto 70 anni. Il giorno dopo sulla "Stampa" ha scritto un'amara protesta per come nell'occasione è stata raccontata la sua vita: "Se per caso non sapessi il perché delle scelte che ho fatto, adesso avrei un ampio ventaglio di possibilità". Mina ha aggiunto una frase che può diventare regola universale: "Tutti sono sottoposti all'infamia di non sapersi conoscere". C'era una sua canzone che diceva: "Parole parole parole...". Appunto, parole a vanvera. La stessa sensazione si prova all'indomani di una qualsiasi consultazione elettorale. Ancora di più dopo le Regionali 2010. Che vanno in archivio con molti rospi serviti nel piatto a parecchi partiti, e da ingoiare in privato, perché in pubblico, "todos caballeros", tutti sono vincitori. Bersani perde quattro regioni, ma è contento: "Si può dire che il partito avanza". Berlusconi esulta: "Lezione alla sinistra". Ottimo ed abbondante. Ma in cattedra per la lezione c'è salito il Gran Lumbard Bossi. Il partito del cavaliere, statistiche alla mano e senza la provincia di Roma, perde più di 5 punti. Bossi è il fenomeno 2010. Per lui è scattato il fattore-semaforo: il verde dopo il rosso. Il suo partito raccoglie una fetta di voti del mondo operaio un tempo andati al pci. Adesso tutti, o quasi, dovranno fare i conti con lui, spina nel fianco del berlusconismo, simbolo di quella linea politica che bruciò la seggiola di Prodi, e che si può condensare nell'etichetta del "partito di lotta e di governo". In questi anni il pensiero di Bossi è stato una divagazione teorica con i piedi ben piantati per terra. Era infatti suo il ministro dell'agricoltura che adesso va a governare il Veneto. I Leghisti sono partiti con le ampolle del "dio Po" e la sceneggiata dei matrimoni celtici. Poi si sono proclamati sostenitori dell'identità cristiana. Domani chissà che diranno o faranno. (La chiamano politica liquida.) Intanto sono riusciti in un preciso risultato statistico, dare filo da torcere a destra ed a sinistra. L'ultimo dato da ricordare per queste elezioni, è l'aumento dell'astensionismo, un voto di protesta che ha colpito anche nella nostra Regione. Il vincente presidente Errani registra con la sua coalizione la batosta di oltre meno 10%. Gli esperti invaderanno i giornali con le loro analisi. Occorrerebbe invece dare la voce agli stessi elettori delusi. Sono noiose le parole parole parole degli interpreti del pensiero altrui. Mina insegna. [989] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
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