| Tama 984, 28.02.2010 Sanremo spaventa, il Colle trema
I 150 anni dell'unità d'Italia si avvicinano a grandi passi. Gli animi non sono però festanti. Tra i più attenti osservatori prevale una forte preoccupazione dopo l'esito del festival della canzone di Sanremo. Dove secondo è arrivato un erede di quei Savoia che nel 1861 acquistarono qualche gloria, e che poi nel corso del secolo passato ebbero ripetute occasioni per vergognarsi. Le colpe degli avi, nella Storia, ricadono inevitabilmente sugli eredi. Compresa la tessera P2 n. 1621 di suo padre, altezza reale. Il principe prima ballerino e poi canterino, ha precedenti poco confortanti, come una pubblicità per i sottaceti (2002).
Chi se lo può permettere, comincia dall'elogio delle olive verdi in salamoia e poi approda all'inno all'Italia amore mio. Passando magari attraverso la pretesa di finire al nostro Parlamento, marzo 2008. Quando l'erede dichiarò: "All'Italia non voglio chiedere niente, voglio solo dare". Allora gli scrivemmo: grazie del pensiero, ma non si disturbi. Da lui non volevamo allora e non vogliamo nulla adesso. Di lui non ci fidiamo. Lui forse non lo sa, ma fu un Savoia che si fece trascinare nella rovinosa guerra del 1940-1945, lo stesso re d'Italia che firmò le leggi contro gli ebrei nel 1938.
Signor cittadino Savoia, osammo nel 2008, resti nel suo vuoto pneumatico mentale dimostrato dal fatto che per rispetto verso quel bisnonno che insediò Mussolini nel 1922 (mai sentito parlare di "marcia su Roma"?) e che lo arrestò nel luglio 1943, non evita di stringere mani che non dovrebbero avere molta simpatia nei suoi confronti, quale ultimo erede di quella dinastia che tradì il duce. Come dicevano una volta i nostalgici della Buonanima. Ma lei dell'Italia conosce soltanto le notizie del campionato di calcio. Inutile spiegarle tante cose. Un solo invito allora le rivolgemmo, pressante cortese e soprattutto democratico: "Indietro, Savoia. Non c'è trippa per gatti".
Oggi, dopo l'esibizione sanremese, confermiamo quanto le indirizzammo due anni fa. Confortati dalla sua dichiarazione canora che suona una pretesa un po' azzardata anche per chi discende da magnanimi lombi: "Io credo nella mia cultura". Però sbaglia congiuntivi e condizionali. Se il voto sanremese le ha dato gloria al festival, il Colle può tremare davanti all'ipotesi che, mescolando politica e spettacolo, lei diventi un idolo da proporre alla poltrona di Capo dello Stato. Con un innovativo referendum popolare mediante televoto. [984] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
Tama 983, 21.02.2010 La tv un pollaio che serve i politici
L'Italia è piena di maghi che al cliente chiedono il codice fiscale non per consegnare la fattura fiscale, ma per predire la data di nascita. Come quei maghi, sono certi politici. Il premier parla di una tv ridotta a rissa da pollaio. Dimentica che quella pubblica la controlla il suo parlamento, e quella privata in gran parte è sua. I migliori autori di quelle risse da pollaio sono (in ordine gerarchico) esponenti politici del partito del premier, giornalisti della famiglia del premier, avvocati (urlanti) del premier.
Il pollaio citato dal premier mi ha fatto ricordare le ragazze coccodé con cui in "Indietro tutta" Arbore e Boncompagni deridevano la tivù di allora. Ignari di essere profeti di quella odierna, quasi tutta senza cervello. Con Arbore e C. appariva una tal Regina che reclamizzava le doti dell'inesistente Cacao Meravigliao. Regina (un nome, un destino) oggi è alla ribalta perché lavora in un circolo coinvolto in certe indagini giudiziarie sulla "gelatina", ovvero su misteri ed affari della Protezione civile.
Gelatina è un'invenzione di chi gestiva quei misteri ed affari, per dire che tutto si accomoda nella vita, mica c'era il torrone difficile da tagliare e masticare. Dalle bustarelle alla gelatina intercorrono i 18 anni passati da Mani pulite ad oggi. Milano è ancora alla ribalta, con esponenti del partito del premier incarcerati: un assessore regionale, un consigliere comunale, la moglie di un leader.
La Regina di Arbore nel frattempo si è data pure lei alla politica. 1997, appoggia Rutelli candidato al Comune di Roma. Ha una lista che prende il 7,5% dei voti, lei ne riceve 126. 2001, fa un buco nell'acqua quando mira al XVI Municipio dell'Urbe. Ha tifato Asinello, Margherita, e ora sta con Rutelli, anche se ammette profferte da maggioranza ed opposizione. Insomma, un tipo che piace, e non ha che l'imbarazzo della scelta.
Per evitare il pollaio, la Rai ha tentato il macello pre-elettorale. Vittorio Bachelet non volevano ricordarlo a 30 anni dall'uccisione, soltanto perché suo figlio Giovanni è deputato Pd. Anche la politica come la tv può essere frutto di fantasia. Tutto dipende da chi scrive il copione e studia le battute. Nell'inchiesta giudiziaria sulla Protezione civile, finisce pure questa lapidaria certezza: per i lavori del G8 alla Maddalena, un indagato dice di avere "la patente per uccidere, possiamo pigliare tutto quello che ci pare". Ci pare che non siamo soltanto nella gelatina. [983] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
Tama 982, 14.02.2010 Se il lavoro è un terno al lotto
La notizia. Gratti la cartolina e vinci un posto da cassiera. Il tutto (in Lombardia) al supermercato. Basta fare la spesa. Ogni 30 euro di acquisti una cartolina. Poi ti affidi alla fortuna. Ai tg la chiamano con eleganza la dea bendata. I nostri vecchi usavano dire che la vita è un terno al lotto. Le parole servivano a smorzare gli entusiasmi in caso di successo. Assieme al proverbio un po' sadico: "Chi troppo in alto sal, assai sovente cade precipitevolissimevolmente". Oppure miravano a spronare: se ti è andata male adesso, ti andrà meglio la prossima volta. Ed i romagnoli incoraggiavano: "sl'è nota, us farà dè". Oggi il lavoro in Italia è peggio di un terno al lotto. Don Aniello Tortora è parroco a Pomigliano d'Arco, che considera una città senza futuro se non si risolveranno i problemi dell'occupazione: "Chi non lavora da queste parti finisce alla mercé dei clan". Intanto, aggiunge a "l'Unità", "si diffonde l'usura, i commercianti pagano il pizzo, la criminalità allarga le sue braccia". Si guastano le famiglie. Padri restati senza lavoro "non hanno il coraggio di dirlo" in casa. Allo stesso giornale don Luigi Ciotti spiega: "La crisi prima che economica, è politica, culturale ed etica. Crisi dei diritti". E poi: "La mafia è aiutata dai vuoti istituzionali e dalla crisi, cresce l'usura, i mafiosi approfittano dell'ignoranza, della povertà". Un ministro della Repubblica italiana ha suggerito di cambiare l'articolo primo, comma primo della nostra Costituzione. Che recita: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". Via la storia del lavoro, dice. Sono molto limitato, non ne ho compreso il perché. Il ministro (si chiama Renato Brunetta) quando racconta i suoi pensieri, o se la ride o si altera assumendo la maschera dello sdegno più severo ed istituzionale. Scusate la confidenza: mi sembra che qualcosa manchi alle messinscene televisive a cui il ministro partecipa di continuo. Forse non avendo nulla da fare per dovere governativo. Mi sembra che quando Brunetta ci fa dono dei suoi pensieri, manchino i tre regolamentari squilli di tromba ed una fascia tricolore del funzionario di Polizia che ordina la carica contro la folla tumultuante. Il guaio è che c'è solo Brunetta, e manca la folla. Brunetta non sa (o non ricorda) che porre il lavoro alla base della Repubblica, significò eliminare il valore del privilegio di casta o di denaro, su cui si era retto lo Stato liberal-monarchico dal 1861. [982] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
Tama 981, 07.02.2010 E dopo ci sono le indagini
Favara, Sicilia. Due sorelle di 3 e 14 anni, sono state uccise dal crollo della loro abitazione. Che doveva essere ispezionata dal 2002, dopo una demolizione operata dai Vigili del fuoco per il crollo di un edificio vicino. Laura Anello ha scritto da Favara su "La Stampa" che "Non ci sono soldi per le scuole ma il sindaco spende 35 mila euro per il suo ufficio". Poi ha spiegato dove in tutta la Sicilia "finiscono i soldi che mancano per scuole ed abitazioni". Il nuovo simbolo grafico della Regione è costato 216 mila euro. La Regione paga ai suoi consiglieri quasi 20 mila euro lordi al mese, contro i 9.672 della Toscana.
Santa Severa, Roma. Due signori di 82 e 91 anni muoiono bruciati vivi da un corto circuito. Nella casa di riposo a cui versavano una retta mensile di 1.700 euro. Affetti da malattia che li privava di lucidità, alla sera per non farli disturbare gli altri ospiti, li trasferivano nel deposito degli attrezzi del giardino, 14 metri quadrati. E chiusi a chiave dentro.
Ignazio Marino, chirurgo e presidente della Commissione d'inchiesta del Senato (nei cui banchi siede per il Pd) sul Servizio sanitario nazionale, dichiara al "CorSera" che in tutta Italia nel 2008 sono state chiuse 30 case di riposo, dopo 1.481 ispezioni con "474 infrazioni di rilevanza penale". L'osservazione più amara: "Le ispezioni non possono essere annunciate". Con l'aggiunta: "Se non vogliamo che queste tragedie si ripetano, la politica deve intervenire. Senza più rimandare a domani".
Sullo stesso giornale, Isabella Bossi Fedrigotti osserva che oggi la più diffusa e sprezzata debolezza in Italia, è la vecchiaia. Troppi anziani ci sono, ciò significa fastidio ed indifferenza verso di loro, ed affari per le "case di riposo, sempre troppo poche, sempre troppo care".
Altre storie. Faenza, la Omsa chiude, Daniela Ghiselli, da 25 anni in fabbrica ed un figlio di 18, resta senza lavoro: torna a vivere dai genitori per poter mangiare. Ne ha parlato Concita De Gregorio, direttore de "l'Unità". A Milano, a 54 anni una prof resta sola, senza casa ed in miseria ("CorSera"). Una volta alla settimana s'incontra in una parrocchia con una coetanea, avvocato in carriera, che la serve in tavola, e si chiama Nicoletta Masucci.
Sono storie di questo mondo. Il ministro dell'Economia Tremonti ha spiegato che per salvarlo dalla banche, ci vuole l'impegno della politica. Speriamo sia consapevole che lui è un politico. [981] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA |