| Francesco Sberlati è uno studioso riminese di Letteratura italiana. Insegna all'ateneo di Bologna, ha avuto numerose esperienze didattiche negli Usa, nel solco di una tradizione di scambi culturali avviati mezzo secolo fa da Ezio Raimondi. Nel 2006 ha pubblicato un saggio intitolato "La ragione barocca. Politica e letteratura nell'Italia del Seicento" (ed. Bruno Mondadori). E' un libro molto importante. S'inserisce nel filone degli studi innovativi sul Barocco aperti dallo stesso Raimondi e continuati a Bologna da Andrea Battistini. Battistini nel 2000 al Barocco ha dedicato un volume in cui ne esamina "cultura, miti ed immagini". Battistini definisce il Barocco "una civiltà densa di futuro". Sberlati sviluppa questo tema con un'analisi che racconta ma che non vuole condensare in formule definitive. Proprio nel capitolo intitolato alla "civiltà" del Seicento, Sberlati termina il discorso in modo "aperto" parlando dell'"insoluto mistero del Barocco". Sberlati dimostra tutta la sua capacità critica lungo i vari capitoli, portando il lettore a decifrare in modo originale e convincente autori e questioni ad essi legate. Sberlati segue proprio la "linea" di Ezio Raimondi che definì il Barocco come "anche segno di razionalismo" (1995, "Il colore eloquente"). E sembra proprio che da Raimondi sia mutuato il senso del titolo, "La ragione barocca", per indicare le novità del suo approccio di studioso della nostra letteratura. Quella "Ragione" che si vuole far nascere soltanto nel 1700, Sberlati la ricerca nel Barocco come segno di un futuro che sta sorgendo, dando così uno scossone alle idee convenzionali su quel secolo di cui racconta anche i fatti più ricchi di conseguenze per tutta la società europea. Lindagine di Sberlati percorre la duplice strada di un esame innovativo dei testi (con attenta analisi delle fonti critiche), e del racconto biografico dei vari autori, costruendo così pure un vivace ritratto della società del Seicento. In essa vede proiettati i temi delle singole opere analizzate. Anche i cosiddetti generi sono inquadrati nei contesti storici, come quando leggiamo che la satira è espressione di unutopia sociale divaricata rispetto al sistema letterario concordemente accettato dalle classi dominanti. Alle quali si rivolge quel Marino solitamente presentato nelle scuole come esempio della deprecabile meraviglia. Osserva Sberlati che alla base delle sue arguzie ingegnose e della ricerca enfatica di quella meraviglia, sta la convinzione di fare opera durevole per il signore. Marino, conclude Sberlati, ebbe un lungo ed accidentato tirocinio con anche due tristi intervalli in carcere che gli fanno conoscere il contrasto tra la sua attitudine letteraria e la coercizione politica. Così la sua poesia non vuole essere più soltanto un divertimento cortigiano ma un aprirsi alla vita pubblica.
© by Antonio Montanari / "Il Ponte" Rimini, 2010 |
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