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La
"fraternità senza padre" è uno dei miti contemporanei. Ne
parla mons. Aldo Amati ad inizio del libro "Il bambino e le famiglie"
(Panozzo ed.) in cui confluiscono i contributi di una tavola rotonda
del 2006 su "Il padre fra sacro e profano", con l'aggiunta di 13 lavori
originali, per iniziativa del Campo freudiano di Rimini sopra un testo
di Jacques Lacan del 1938, "I complessi familiari nella formazione
dell'individuo".
Mons. Amati richiama il passo di Giovanni ("Chi ama Dio, ama anche il
suo fratello") che rovescia la prospettiva: "Solo dalla
paternità di Dio deriva un'autentica possibilità di
fraternità fra gli uomini". La conclusione riguarda il rapporto
padri-figli, "illuminato dalla paternità di Dio, archetipo di
ogni paternità".
Alessandro Giovanardi analizza cinque opere d'arte, e illustra il
rapporto che lega la nostra cultura con quella orientale, in "Mistero e
silenzio della paternità divina". C'è un itinerario ben
esaminato negli anni '70, e qui riproposto, che vide in Elemire Zolla
(1926-2002) uno studioso di punta, oggi utilizzato in ambito esoterico,
come paladino della condanna della cultura della "modernità".
Giovanardi ricorda poi l'arte come "Biblia pauperum", ovvero l'opposto
delle diverse iniziazioni orientali, citate qualche riga prima, legate
all'idea del circolo chiuso che sta all'opposto dello spirito
cristiano. Infine richiama pure il viaggio ultraterreno di Dante con
l'invenzione di quel verbo "indiarsi" (Pd, IV, 28) che indica
l'immedesimarsi dell'anima nella contemplazione del divino.
È uno dei passi cruciali della "Commedia", in cui si collegano
le storie vissute al destino delle anime. E si richiamano i limiti
della conoscenza umana, per cui "la scrittura condescende / a vostra
facultate, e piede e mano / attribuisce a Dio e altro intende" (Pd, IV,
43-45). Attraverso elementi fisici si parla di attributi spirituali.
Sono temi che confluiscono in una celebre opera di Henri de Lubac, la
"Esegesi medievale", 1962.
Si accenna infine all'intento di collegare il cristianesimo alle
eredità mediterranee ed europee. Una risposta di mons. Amati,
sui mercanti scacciati dal tempio, sigilla il discorso: "Gesù fa
un gesto simbolico, lo dico da un punto di vista esegetico e cristiano,
butta via tutto questo ambaradan". Gesù ribalta un concezione
che non è quella cristiana, e fa "conoscere il vero volto del
Padre", di un "Dio che non è al nostro servizio".
Gesù, conclude mons. Amati, "viene a dire che di Dio non abbiamo
capito molto: questo Dio non solo è sconosciuto ma è
misconosciuto, ci si è fatti di Dio un'immagine che non è
quella corretta e il Tempio materiale di Gerusalemme è un
esempio di immagine errata. Questa è la profanazione del
concetto di Dio".
© by Antonio Montanari / "Il Ponte" bisettimanale di Rimini, 2010
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