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il Rimino - Riministoria

Romoli (e Castelli)

I raffinati cronisti politici d'un tempo, quando le cose andavano modestamente male, parlavano di clima da basso impero con Romolo Augustolo assediato e piangente tra le sue galline (ognuna delle quali portava il nome di un predecessore), come lo raffigurò sulle scene Friedrich Dürrenmatt. A parlare di teatro questa volta è Pier Ferdinando Casini. Commentando la visita del premier Berlusconi alla Procura della Repubblica di Roma per riferire dei rapporti troppo affettuosi fra ds ed Unipol, il presidente della Camera ha detto: «Possiamo vincere senza effetti speciali. Altro che andare in Procura. Altro che fare avanspettacolo».

Da quell'avanspettacolo (che è una felice pagina della storia culturale italiana), deriva una delle espressioni più usate da arroganti e prepotenti: «Lei non sa chi sono io». La frase è stata ora condannata all'esilio da una sentenza della Cassazione che s'appella al buon senso nel definirla da non usare nell'ordinario commercio sociale. Non ci sostiene la speranza che una sentenza possa cambiare il costume (pardon, il malcostume) nazionale il quale vede nei favoritismi e nella loro esibizione pubblica il sistema di collegamento su cui si regge la massima parte della vita di relazione del Belpaese. Gianni Riotta ha scritto che a salvare l'Italia saranno le persone perbene (né noiose né cretine, come invece sono credute). Gli ho mandato una mail: «Ma se le persone perbene non sono inserite in un bel gruppo (clan) che possono fare da sole?». Mi ha risposto: «Tener duro».

Ci sono altri modi espressivi altrettanto stupidi a cui arroganti e prepotenti fanno ricorso, talora ispirandosi a cattive lezioni impartite proprio dai politici in quel continuo avanspettacolo che è la televisione italiana. Il caso più recente è stato fornito dal commento che il ministro ing. Castelli ha indirizzato al giornalista Eugenio Scalfari, a cui l'età avanzata provoca qualche lieve disturbo. «Tu sei nervoso, ti tremano le mani», ha sentenziato Castelli con la sicurezza che nasce non dalla conoscenza della realtà, ma dall'eccessiva stima che ha in sé chi appunto apostrofa gli altri perché non sanno chi è lui. Vorremmo rassicurare il ministro: sappiamo benissimo chi è. Non è necessario ribadirlo, dal momento che già il pubblico presente alla sua esibizione da intellettuale leghista e governativo ha già sottolineato la gaffe commessa, raccogliendo ovviamente la protesta che lei offriva a conferma delle nostre certezze. [945]

Antonio Montanari


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