Un grigio Matt Damon inizia la giornata da banale travet,
passa dall'entrata secondaria di un edificio, sbriga gli affari correnti,
spedisce soldi a Cuba, contatta informatori, pianifica un colpo di stato,
svolge gli ordinari compiti quotidiani di responsabile del controspionaggio
della CIA.
Il film non gronda retorica ed è quasi privo di
azione. L'azione è altrove, fuori dagli uffici in cui tutto si decide, in cui
si muovono le leve dei rapporti di potere; mentre la storia scorre rapidamente
sullo sfondo, la narrazione avanza lentamente, quasi con la passività del
protagonista che vive la propria missione da semplice funzionario, ingranaggio
importante di un gioco più grande al quale sacrifica tutto. Lo spionaggio è una
continua erosione, dell'anima, degli affetti, del corpo stesso, divorato dal
cancro o dal diabete, una malattia terminale che finisce con il corrodere la
politica internazionale con i mezzi della controinformazione e dalla diffamazione,
sbriciolare la stessa democrazia.
Il pastore del titolo non è la saggia guida del
gregge bensì colui a cui tocca scegliere l'agnello sacrificale, la pedina
decisiva da immolare come male minore per un migliore risultato. The good
sheperd nasconde in effetti un sottotesto cattolico piuttosto forte.
Wilson, il personaggio di Damon, ha una visione quasi ascetica della devozione
alla causa che niente ha a che fare con la retorica nazionalista bensì con la
semplice volontà di svolgere al meglio il proprio compito, con la sola certezza
della necessità della propria funzione al di là di qualsiasi giudizio morale.
Esegue gli ordini emanati da un'autorità suprema, sceglie un celibato virtuale
vedendo negli affetti una debolezza terrena ingiustificabile e inconciliabile
con la propria missione. Wilson vive ogni scelta come repressione, come
sacrifico necessario dei sentimenti e della verità interiore, come autodafè
della felicità, utopia impossibile e mai appieno contemplata dalla
impassibilità di uno sguardo attento a non distrarsi con le emozioni, gli
affetti o con la vita stessa che scorre a lato, quasi impenetrabile nella sua
logica terrena. Egli raffrena qualsiasi impulso, si nega ogni ombra di
allegria, è incapace di concedersi qualsiasi appagamento se non dolente e
colpevole, a cui consegue una giusta punizione espiativa. L'Agenzia è
l'emanazione di una confraternita universitaria (Skull and Bones), loggia
massonica impermeabile agli estranei che ha da sempre gestito il potere in
America, una struttura parareligiosa che codifica nell'iniziazione
l'umiliazione dei consociati, la subalternità dell'individuo, la segretezza e
la complicità reciproca come necessità, una confraternita esclusivamente
maschile che emana misoginia e omosessualità latente, in cui le donne sono solo
un necessario addobbo.
Attraverso lo sguardo fisso di Damon, appena venato di
sofferenza domata, De Niro descrive la deriva della democrazia diventata, dopo
la guerra mondiale e in preparazione della guerra fredda, un gioco a
rimpiattino tra campi avversi, incarnati nel film dalla sfida a distanza tra
Wilson, Madre nel gergo spionistico, e il corrispettivo sovietico, Ulisse.
Questo ritratto di un mondo passato, in cui i nemici erano ben identificabili e
solido nella reciproca necessità di un antagonista, viene sviluppato in
un'ossessione reciproca tra i due antagonisti che rasenta l'innamoramento,
entrambi pastori (spesso si incontrano in chiesa), missionari delle rispettive
religioni secolari e gli unici capaci di appieno comprendersi e stimarsi.
The good sheperd, pur avallandosi di un cast molto ricco,
sceglie una recitazione e una narrazione dense di sfumature, senza
sottolineature, senza prolissità di dettagli. Come nei dialoghi, molto viene
accennato, un amore si condensa in un sorriso triste, una smorfia di dolore o
una risata sardonica. I dettagli della vita sono quasi fuori campo, presenti ma
secondari, evocati con precisione e appannati dalla brevità. E nella
anaffettività colpevole di Wilson si respira l'atmosfera di commessi
viaggiatori al tramonto, la morte interiore di commesso governativo che ha
speso la vita all'ombra del potere e a cui rimangono le briciole di
un'esistenza ipotetica e ormai svanita.
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