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di antonio fabbri

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Per una televisione d’autore
Rai 4 di Carlo Freccero
Sin dal primo giorno di programmazione (lunedì 14 luglio 2008) il nuovo canale Rai4, disponibile sul digitale terrestre della televisione pubblica italiana, presenta in palinsesto la quasi integralità della produzione televisiva riferibile a J. J. Abrams. Alla diffusione quotidiana delle repliche di Felicity e di Alias, si affianca la trasmissione ebdomadaria di What about Brian (già in onda su RaiDue in giugno come A proposito di Brian) e di Six Degrees, ancora inedito in chiaro per l’Italia. Se la scelta è stata probabilmente dettata dalla disponibilità del materiale nei magazzini Rai, con tanto di conseguente malumore dell’attuale direttore di RaiDue, Antonio Marano, per la sottrazione di contenuti destinati alla sua rete1, la proposta di Carlo Freccero (presidente di RaiSat, struttura sotto la cui egida rientrano le nuove offerte del digitale terrestre), così densa e manifesta già dall’esordio nel riunire l’opera omnia di una firma di punta della televisione americana (ad eccezione di Lost, ancora in produzione ed appannaggio di RaiDue per la prima visione non criptata e la cui IV stagione veniva trasmessa in contemporanea al varo di Rai4), sembra dare subito precise indicazioni di lettura e di indirizzo delle proprie intenzioni.
In alcune interviste concesse in concomitanza al lancio della nuova rete2, Freccero vuole definire l’identità di un canale agli albori attraverso serie e film americani più o meno mainstream, che in futuro saranno intervallati da contenuti generati dallo stesso pubblico che “naviga su Internet, sensibile alle suggestioni della moderna comunicazione”3, nonché da stralci di reality show in onda sulla Rai ma non adatti al passaggio in prima serata, eminentemente commerciale. La diffusione simultanea dell’opera seriale di J. J. Abrams da parte di Rai4 importa nella televisione generalista (anche se di ‘seconda generazione’, che, negli auspici di Freccero, si traduce in una netta differenziazione rispetto ai canali pubblici o privati classicamente noti) una modalità di programmazione tipica della tv tematica. Concentrandosi sulla similitudine dell’offerta, nei canali a tema molte stagioni di una stessa serie vengono mandate in onda contemporaneamente, tanto che le diverse annate si accavallano e si affastellano orizzontalmente nel palinsesto senza rispetto per la complessiva concatenazione temporale degli eventi, pur nella continuità verticale della successione interna degli episodi (la programmazione disorganica di C.s.i. su FoxCrime ne è un chiaro esempio). Allo stesso modo, la messa in onda su Rai4 del corpus di Abrams è non lineare, le serie sono affiancate nell’arco dei vari giorni della settimana e viene così scardinata la sequenzialità della produzione originale. Sposando il medesimo modus operandi delle tv a pagamento ad un canale generalista e applicandolo a serie eterogenee benché riferibili allo stesso artefice, in qualità di creatore o di semplice produttore esecutivo, Freccero sposta l’attenzione dall’unità di tema o di titolo verso un’organicità più ampia, sottintendendo la presenza di un comune denominatore proprio nella sigla in calce (produzione) o in cima (creazione), sulla falsariga dell’autorialità cinematografica.
La griglia provvisoria di Rai4 si potrebbe ritenere il prodotto della semplice e casuale disponibilità di una riserva di materiali già acquisiti da un pregresso contratto tra la Rai e la Abc. Le serie programmate, sebbene in gran parte realizzate dall’emittente americana, non sono però appannaggio della sola rete della Disney4; inoltre, Freccero ha privilegiato nella scaletta seriale nomi riconoscibili e celebrati come John Landis, regista cinematografico e responsabile di Dream On, Dick Wolf (New York Undercover) ben noto per le diverse declinazioni di Law & Order, o Aaron Sorkin (Sports Night) famoso in patria e apprezzato dalla critica per The West Wing - Tutti gli uomini del presidente e Studio 60 nonché attivo sceneggiatore cinematografico.
Nell’approccio del direttore di RaiSat è quindi riconoscibile un atteggiamento di tendenziale equiparazione tra l’espressione cinematografica e quella televisiva, il recupero di una certa “politique des auteurs” valida per entrambi i campi, ovvero la riconducibilità alla firma (registica al cinema, produttiva o “creativa” in campo seriale) come elemento base di un’unità identificabile e, pertanto, analizzabile, di temi e personaggi, ossessioni e reiterazioni, espedienti e stile, e di cui Abrams è solo l’esempio più diffuso e corposo. La griglia del nuovo canale digitale sembra proporre filoni anche nella selezione cinematografica, come, ad esempio, una panoramica pressoché esaustiva dei primi film interpretati da Scarlet Johansson, volto relativamente nuovo del cinema statunitense e unico fattore ricorrente di una rassegna variegata e disparata che attraversa cinema indipendente e commerciale, tanto da indicare una
“politique des acteurs” nel corpo stesso dell’interprete, costante variabile di ogni soggetto o progetto cinematografico. Oppure la scelta di programmare Manhunter di Michael Mann, film seminale di un prolifico filone seriale sia cinematografico5 che televisivo6, a sua volta già alla confluenza delle due espressioni audiovisive tramite lo stesso Mann, responsabile negli Anni Ottanta di Miami Vice (del cui stile, visivo e musicale, il film è fortemente debitore) e successivamente grande regista metropolitano, che infine recupererà e aggiornerà al cinema (Miami Vice, 2006) la sua stessa creazione televisiva.
Così facendo, Freccero suggerisce anche una propria personale autorialità come direttore di rete, l’identità del canale essendo definita dalla sua stessa programmazione e dal coerente approccio editoriale che attraverso essa si esprime. Il palinsesto, tramite i programmati apporti del pubblico e della tv generalista classica, dietro l’apparenza di una sequela di elementi disparati, diventa un ipertesto in cui componenti differenti ed eterogenee, per natura e provenienza, afferiscono insieme in un flusso di parole e di immagini interconnesse da cui scaturisce un senso ed un messaggio, diverso e nuovo, palese quanto privo di una didascalica enunciazione formale, costituito da salti e approfondimenti, confronti e paralleli e tendente ad uno specifico televisivo post-generalista, sul modello di un “Blob” espanso ad invadere ogni porzione di trasmissione.
Si delinea quindi un canale “d’autore” dialogante con lo spettatore attraverso suggerimenti e suggestioni, con una programmazione organizzata in rassegne dal fulcro cangiante (un corpo, un tema, una firma), con una porzione mediata di interattività, in un approccio complessivo non dissimile dalla navigazione in rete. Perché nella costante interazione col piccolo schermo, lo spettatore si fa co-autore, tanto nella selezione dell’offerta attraverso un percorso di cernita e lettura personale, quanto, secondo le intenzioni espresse dal direttore, anche nella costruzione di materiale inedito via le nuove tecnologie a basso costo. Se la scelta di concentrare e rendere disponibile contemporaneamente tutti i lavori televisivi di Abrams sembra voler indicare l’individuazione di un percorso “d’autore” anche nella serialità, ovvero la possibilità di evidenziare elementi riconducibili a scelte uniformi e organizzate in un unicum espressivo, l’esclusione di una progressione rispettosa della scansione cronologica tra le opere si allinea ad una fruizione parcellizzata, paratattica e digressiva tipica di quel utente abituale di internet che il direttore indica come interlocutore privilegiato e rappresentante del pubblico di riferimento della nuova rete.
La politica editoriale di un canale è una forma di creazione televisiva del tutto affine a quella seriale, con un centro decisionale delegante funzioni. Se il progetto generale rimane parte di un piano d’azione prestabilito, dagli intenti e dai metodi di attuazione chiaramente delineati, i dettagli sono variabili per qualità e coerenza, spesso sfuggenti e a volte contraddittori per contingenze esterne. È un’opera da valutare nel suo complesso, con approcci esegetici differenti da quelli cinematografici, prendendo in conto la dilatazione temporale e la necessaria ripetitività di una costruzione progressiva e intermittente, lenta e mutevole. Ma in entrambi i casi, il risultato può mostrare segni di un apporto e di un approccio singolare, indicatori caratteristici di una progettualità univoca e personale, l’espressione della volontà di un autore.

     (tutti i testi sono proprietà di antonio fabbri)
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