Il film inizia con varie
cartoline del mondo, affollato ed ignaro del pericolo incombente, Quindi passa
a ritrarre il protagonista, Tom Cruise, gruista al porto, intento a muovere
dall'alto anonimi container, tra loro perfettamente simili, con abilità e
grazia, indifferente al contenuto e rispettoso solo degli orari di lavoro.
Solitamente un'introduzione del genere prelude ad un utilizzo della competenza
del personaggio in una successiva scena drammatica, che qui però manca.
La prima parte del film
mostra i prodromi dell'invasione, leggibili come anomali fenomeni naturali, che
la gente guarda con timorosa fascinazione. Quando il pericolo si fa manifesto e
le macchine si innalzano dal terreno e iniziano a falciare uomini e cose,
Cruise raccoglie i due figli e fugge per un'America in preda al panico, mentre
le forze armate si ritrovano del tutto impotenti di fronte alla superiorità
tecnologica degli invasori. C'è solo la fuga nella mente di Cruise, salire in
macchina e andare il più lontano possibile, non opporre un'inutile resistenza
("non è una guerra, è un massacro"), nemmeno cercare di capire i
disegni o le strategie degli alieni. Non c'è niente di comprensibile, ma il
solo dato di fatto di un'invasione inarrestabile.
Spielberg sceglie un punto
di vista dal basso, prossimo a quello che poteva essere definito il
proletariato, e che si identifica con la piccola classe media, ossia la
maggioranza della popolazione Usa. Non c'è il trionfalismo patriottardo di Independence Day, né il buonismo di Incontri ravvicinati. Le scene di
devastazione sono crude, i massacri crudeli, con echi, nella insensibilità
della morte, da Schindler's List, A.I., o dal Soldato Ryan. La popolazione è allo sbando, ridotta ad uno stato
ferino di semplice sopravvivenza e sopruso sui simili, vissuto come necessario
pegno per la propria salvezza. Anche Cruise dovrà sopprimere, fuori campo,
l'uomo che gli offrirà riparo perché pericoloso nella sua volontà di opporre
una strenua resistenza al nemico extraterrestre. E solo quando gli alieni
penetrano nel rifugio toccherà al buon padre di famiglia combattere
personalmente, per legittima difesa. Tutto è subito dai personaggi, nulla è
realmente compreso. E, con la stessa impotenza, si assiste alla sconfitta degli
alieni, non per effetto degli umani, ma per la tragica beffa di non essere
immuni alle patologie terrestri.
La filmografia di Spielberg
si è di recente fatta estremamente esplicita nei contenuti, mascherando sotto
trame tragicomiche (The Terminal) o
esplicitamente drammatiche (Minority
Report) il nuovo volto dell'America. Quali sono le reazioni della gente
comune di fronte ad un'aggressione tecnologicamente potenziata da parte di una
forza (armata) sconosciuta? E per raccontarcelo, Spielberg ricorre ai peggiori
recenti terrori americani, l'eco delle Torri gemelle (la cenere sui corpi, la
fuga dalla catastrofe, dai crolli , dalle esplosioni), la paura del terrorismo
cieco (l'incomprensibilità dell'attacco, la difficile identificazione del
nemico, che viene da lontano), il disastro aereo, l'impotenza delle forze
armate, la morte che colpisce accanto. In America come in Iraq, dove i marines
e le altre truppe scelte non possono niente contro gli attacchi della
guerriglia e il paese si è trasformato in una fucina di terroristi; ma anche, e
soprattutto, l'America come l'Iraq, dove la popolazione ha subito aggressioni
simili da parte degli stessi statunitensi, tecnologicamente superiori, per
ragioni spesso imperscrutabili alla gente comune: e per mettere nei loro panni
lo spettatore americano, senza sentenziare, Spielberg sfrutta le più concrete
paure contemporanee e una regia attenta al dettaglio e alla verosimiglianza.
I tripodi su cui gli alieni
si muovono e marciano su gente e città sono alti quanto le gru della scena
iniziale, uccidono con la stessa indifferente efficienza che usava Cruise nel
trasferire i container, sono manovrati dall'interno da esseri viventi in fondo
nemmeno tanto diversi. Quando per la prima volta li vediamo da vicino,
curiosano tra le cose umane, bevono dell'acqua, litigano anche per degli
oggetti. Non hanno che l'aspetto diverso da noi. E anche la facilità della loro
disfatta, per la mancanza di protezioni fisiologiche, che la voce off
rassicurante attribuisce alla divina provvidenza (in moderne vesti
bio-chimiche) e giustifica come ineluttabile naturale supremazia dei
"padroni di casa", sembra, al di la dell'apparente faciloneria nella
risoluzione del film, un monito contro ogni invasione aggressiva (i locali, in
Vietnam o in Iraq, sono duri a morire), che, ironicamente, sembra ricalcare,
nella sua logica forzata, la stucchevole retorica neo-con del governo in
carica.
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