Già
abituato agli eroi mascherati (Zorro), Campbell non è quasi mai
all’altezza dei suoi ottimi film di Bond (Casino Royale e
Goldeneye) al di fuori della franchise spionistica. Lanterna verde
infatti, trasposizione cinematografica di un eroe DC Comics, non offre
molto per interessare.
Ryan Reynolds, attore con un debole per i supereroi (Deadpool in
Wolverine e in un prossimo film a lui dedicato, già presente in
Blade: Trinity, entrambi fumetti Marvel) e simpaticamente inespressivo,
indossa la maschera e la tutina verde con la disinvoltura di chi ha
addominali invidiabili. Sebbene i poteri delle Lanterne, corpo speciale
intergalattico di protezione, siano sostanzialmente mentali
(l’anello rende concreti i pensieri), il breve allenamento
extraterrestre come la scelta dell’attore sembrano puntare sul
solo fisico atletico.
Come ogni eroe designato, il personaggio è destinato a
migliorare attraverso un rito di passaggio e il superamento dei propri
demoni interiori, e anche Hal Jordan deve imparare a diventare
responsabile, requisito minimo del supereroe come recita il motto di
Spider-Man, e a sconfiggere la paura, dettaglio non irrilevante per un
pilota di caccia convertito in guardiano con superpoteri. Ovviamente,
la trama viene presto virata in commedia per superare
l’eccentricità delle premesse e non si discosta da un
teen-drama senza liceo (la bella contesa, il campione palestrato che
ingelosisce il nerd, questi che si vendica con malignità) con
aggiunta di traumi familiari virati al maschile nella competizione con
la figura paterna (le donne, a parte la protagonista, sono poco
presenti).
Sprecando ottimi comprimari (Tim Robbins, Angela Bassett), il film
arranca con una stereoscopia visibile solo nei titoli di testa e di
coda, elaborazioni digitali in ritardo di anni sui concorrenti, una
sceneggiatura poco plausibile con misticismo grossolano e una venatura
(verdastra, probabilmente) di new age perché la forza della
volontà incanalata nell’anello è capace di dare
materia ai pensieri (o ai sogni) ed è opposta alla forza
distruttiva della paura. Vagamente luterano in salsa galattica, con
monaci severi e leggi inflessibili con una vaga possibilità di
redenzione nella fede (in sé e nella congrega verde) e la
costante minaccia della tentazione assoluta, il film avanza per inerzia
senza convincere né gli spettatori né il regista.
Né, tantomeno, il personaggio principale, il quale sembra sempre
scusarsi per trovarsi vestito in quel modo nei posti più
inopportuni senza davvero meritarsi né l’anello né
la sua compagnia circense. Di Lanterna Verde, che non ha nemmeno il
fascino dell’irrisolto, forse non faranno un sequel.
|