visione
critica recensioni di cinema, serie tv, televisione, altro... di antonio fabbri |
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Green Zone di Paul Greengrass |
Il cinema di Greengrass
è, stilisticamente, obbligato al presente cronachistico
dell'azione, seguita con maniacale frenesia cinetica corroborata
dall'invisibilità registica della finzione della presa diretta.
A suo agio in temi legati all'unità di luogo e d'azione, come
United 93 o, in parte già Bloody Sunday che ha definitivamente
definito il suo stile ad imitazione del realismo televisivo e
documentaristico, Greengrass sposa la dinamicità all'impegno, la
sintesi narrativa alla rapidità di montaggio. Alieno da ogni
perdita di tempo, il regista elimina ogni stasi dalla visione e
precipita lo spettatore al centro dell'azione, al fianco dell'eroe di
turno, spesso spiando il film dal suo univoco punto di vista. In
perfetto accordo con lo stordimento mnemonico di Jason Bourne, il
regista ne segue le prodezze atletiche in automatico per scoprirne in
contemporanea i pensieri, immediatamente tradotti in gesto. A questo behaviorismo action si adegua anche Green Zone. Ne deriva una visione obbligata per lo spettatore che si trova costretto a seguire le intuizioni e le azioni del protagonista, occupato a svelare i turpi segreti di un potere obbligato a nascondere le tracce di un colpevole impegno in Iraq privo di fondamento legale (la presenza delle “armi di distruzione di massa”). Versione dinamicistica di Leoni per agnelli, tra trama spionistica e il suo corollario di inseguimenti ed esplosioni, il film soffre dello schiacciamento narrativo dei tempi che nega qualsiasi espansione cronologica (flashback) anche vagamente esplicativa, limitandosi, sulla falsariga della denuncia giornalistica (spesso citata), alla semplice cronaca, con pochissime concessioni al montaggio alternato funzionale alla suspence perché “informazione” equivale ad “azione” (e in questa è condensata la "narrazione"). Guidato dalla ferrea volontà di Damon, soldato irrequieto, di scoprire la verità, e quella, altrettanto lineare del regista, di imporre la propria visione, il film ricalca il procedimento di imposizione di un punto di vista ritratto e condannato nell'Amministrazione americana che, inconsapevolmente, annulla l'intento onestamente rivelatore del progetto, di fatto spostando la narrazione nella zona grigia della manipolazione che vuole denunciare. |
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