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di antonio fabbri

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Firewall
di Richard Loncraine

Strutturato in forma binaria sia nello scontro tra i due ruoli principali che nella bipartizione della scena tra la banca e la casa, tra il colpo telematico e il rapimento, Firewall si riduce ad una trama esilissima (responsabile della sicurezza di una banca deve rubare per salvare i propri familiari tenuti in ostaggio) in cui le sottotrame sono solo apparenti, mai sviluppate né approfondite. Tutto è accessorio nel film, condimento ad una storia senza costrutto, ad una regia senza idee portanti; gli altri nomi di rilievo del cast finiscono nel tritacarne di un'azione perennemente rinfocolata dalla volontà di fuga del personaggio da una trappola bene ordita, il cui soffocamento è enunciato dalla sceneggiatura, ma di minima efficacia nella resa emotiva.
Sono vuoti a rendere i corpi degli interpreti di Firewall, meri comprimari di una esclusiva storia a due tra i protagonisti, Harrison Ford e Paul Bettany. Corpi sacrificabili, sia narrativamente, in quanto inespressi nel loro potenziale, sia letteralmente, nella progressiva messa a morte. Il corpo stesso di Ford, appesantito dagli anni, è sottoposto dal film ad un ringiovanimento virtuale, nell'impegno fisico (lotte corpo a corpo, salti e fughe) e in quello lavorativo (difficile pensarlo come genietto del computer over-sixty), sembra rievocare passate glorie (Blade runner, Frantic, Il fuggitivo) senza degnamente emularle e termina il suo percorso in una casa in ristrutturazione, tra assi di legno e infissi in costruzione, un cantiere da work-in-progress somigliante alla segheria da cui il carpentiere Harrison ha iniziato la carriera e che adesso pare abbandonato. Così come Ford, che forse vorrebbe scappare da ruoli stereotipati, costruiti sul personaggio ma inadatti ai tempi e ai modi di una recitazione monocorde, in cui sempre finisce con l'ingabbiarsi.

     (tutti i testi sono proprietà di antonio fabbri)
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