La
sceneggiatura di Luc Besson prevede che un bambino cinese (Danny) sia rapito da
un gangster di provincia (siamo a Glasgow) e trasformato, negli anni, in
temibile picchiatore. Tenuto prigioniero nei sotterranei e privato di ogni
contatto con il mondo, questo Nikita
asiatico ubbidisce ciecamente agli ordini del padrone, senza rimorsi né
pensieri, come un cane e con tanto di collare. Finché un giorno, liberato dal
caso, non viene accolto da un accordatore di pianoforte e dalla figlia, curato
con un'inedita dolcezza che guida il suo risveglio alla vita, accompagnato
dalla musica di pianoforte, che si rivelerà poi il represso leit-motiv delle
personali vicissitudini di Danny.
Il
film, francese per produzione e regia, anglosassone per cast e ambizioni, gioca
molto su questo doppio livello, tra violenza esasperata e visione idilliaca
della vita familiare, alternando il subdolo e terrigno Bob Hoskins (magnifico) al
sincero e soave Morgan Freeman, figure paterne contrastanti nelle quali
prevale, da una parte l'abuso e lo sfruttamento, dall'altra l'educazione e la
convivenza paritaria, la negazione del mondo esterno contro l'esaltazione delle
percezione sino allo sbocciare dei sentimenti, la colonna sonora dei Massive
Attak a confronto con i brani classici per piano.
Se
il plot appare semplice nella sua esplicita dualità, il film permette, forse
per la prima volta di mettere in evidenza il valore di Jet Li. Se come atleta
le sue doti fisiche sono ostate ampiamente sfruttate (in Cina, quindi in
America), pochi film avevano permesso, se non a tratti, di percepire la qualità
attoriale dell'ex campione cinese di arti marziali. Il dualismo narrativo si
trasforma quindi nella capacità di Leterrier di mettere per l'ennesima volta in
mostra l'agilità di Li nelle scene di combattimento, non edulcorate né
frantumate da quel montaggio eccessivo che di solito danneggia la resa filmica
di una vera capacità acrobatica; d'altra parte, il regista per la prima volta
approfondisce la qualità recitativa di Li permettendogli di lavorare sulle
sfumature per rendere con efficacia il passaggio all'umanità del cane Danny, la
scoperta di una potenzialità emotiva del personaggio che va di pari passo con
quella del suo interprete.
Viene
quindi a trovarsi giustificata anche l'eccessiva leziosità della vita
familiare, talmente idealizzata da sembrare astratta, così come altrettanto
astratta è la perfezione omicida della macchina da combattimento che è Danny. E
tra questi estremi, Jet Li riesce a dare vita ad un personaggio a suo modo
realistico.
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