visione
critica recensioni di cinema, serie tv, televisione, altro... di antonio fabbri |
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Caos calmo di Antonello Grimaldi |
Pietro, colpito
dall’inaspettata morte della moglie mentre era a svagarsi in spiaggia e salvava
un’altra donna, insegue un dolore colpevolmente sfuggente, tenta di
ripristinare una routine diversa ed inedita in una vita che credeva di
conoscere e che lascia temporaneamente in sospeso, imbrigliandosi in un’impasse
fisica (il parco) ed esistenziale (il lutto) e in apparente attesa di
un evento che lo riporti sui binari noti della quotidianità e di quella che, a
detta di tutti, è la normalità. Tutti parlano con Pietro ma nessuno comunica più
attorno a lui: i colleghi si separano, le coppie usano codici incomprensibili,
il sesso non si allea all’affetto, le lingue si accavallano e confondono, le
persone collidono. I vocaboli hanno perso senso e l’intesa, volontariamente o
inconsapevolmente, sfugge mentre la difficoltà di comunicare porta
all’incomprensione, al tradimento o all’indifferenza. Pietro stesso si
sbalordisce di scoprire aspetti inediti della moglie, che supponeva di amare o
almeno conoscere, momenti non vissuti, parole non scambiate in una confidenza
lontana dall’intimità e trasformata, dallo scorrere dei giorni e degli anni,
dall’avvilupparsi degli impegni e dei contrattempi, in vicinanza e
coabitazione, l’affetto stesso trasceso nell’abitudine. La diligente regia di Grimaldi bandisce ogni tentativo di coinvolgimento emotivo, forse mettendoci nelle condizioni di Pietro, e lo osserva scartare temporaneamente una forma di vita apparente in cui non se la sente di rientrare, lo scruta guardare l'eco di un mondo in cui non trova più spazio né il conforto della monotonia. Il film, necessariamente dominato da Moretti per esigenze di sceneggiatura, è abitato da un personaggio in cui, a tratti, in uno sguardo o in un atteggiamento, emergono irresistibili Nanni o Michele. Perché Moretti, “corpo” cinematografico evidente e riconoscibile, dà, con la sua sola presenza, forma e voce distinte al film e lo inserisce inequivocabilmente nel suo universo noto. E se Pietro cerca di capire se stesso, Moretti tenta, con il personaggio e questa pellicola, di frapporre un certo distacco dal suo cinema, di porre le dovute distanze con il proprio universo di appartenenza e di riferimento segnalando vistosamente la differenze con la presenza, naturale ma ostentata, del turpiloquio e dall’insistenza sulla lunga scena di sesso, così estranea al suo universo precedente. Anche l’interprete, come il personaggio, cerca una diversa normalità, libera dai lacci di un passato che, inevitabilmente, si manifesta ancora vitale. |
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proprietà di antonio fabbri) |
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