Maria Grazia Rocchi Bazzarini


Pietro si ricordò della Parola del Signore.

E uscito pianse amaramente.


 

INSEGNAMENTO DEL 25/11/2007

34a Domenica del Tempo ordinario

NOSTRO SIGNORE GESU'CRISTO RE DELL'UNIVERSO

Parrocchia S. Michele Arcangelo - Pieve Modolena Reggio Emilia

INCONTRO REGIONALE EMILIA ROMAGNA

COMUNITA' GESU' RISORTO

 

E' una grande gioia fratelli e sorelle essere qui con voi oggi per lodare il Signore, benedire il Suo

Nome, proprio nel giorno dedicato a Lui, Re dell'Universo, per ringraziarlo della grazia che ci dona

di stare insieme e condividere all'interno di questa Comunità del Rinnovamento Carismatico Gesù

Risorto, questo momento.

Noi oggi manifestiamo concretamente la meravigliosa unione con Lui, il Signore Gesù, il nostro

“si” dato a Lui, il primo posto che noi gli riserviamo nella nostra vita, quali testimoni della Sua

presenza in noi, per la potenza del Suo Santo Spirito.

Il Signore Gesù è vivo in mezzo a noi, è risorto e noi vogliamo donargli noi stessi e rendergli gloria,

abbiamo il dovere di rendergli testimonianza, perché tutto ciò che abbiamo tutto ciò che siamo è

suo; Lui ce lo ha donato. Lode a te Gesù! Io da parte mia, ho solo dato il mio si per questo servizio,

Lui me lo ha chiesto, per cui tutto ciò che succederà e dirò non è frutto della mia capacità, ma della Sua

potenza e misericordia per me.

Il Signore Gesù, oggi, vuole compiere meraviglie in noi, in modo particolare attraverso la Sua

parola: permettiamoglielo.

Disponiamo il nostro intimo all'ascolto.

Si, è Lui che ci parla, è la Sua forza, il suo amore per ognuno di noi che si sono manifestati in modo

del tutto diverso, in modo speciale, in modo carismatico, tutti noi abbiamo avuto questo annuncio,

tutti abbiamo risposto sì.

Ed è questo che ha fatto in me, perché mai avrei pensato di poter assolvere questo compito.

Lui si sta fidando di me più di quanto io mi fidi di me stessa.

Ricordo Paolo, uno dei fondatori di questa Comunità, che nel Convegno del 25 aprile 2007, dopo 7

mesi oggi, disse una frase che mi colpì in modo particolare: “Quando Gesù chiama rispondete “sì”

perché non sapete cosa ci sta dietro”.

Ed è quello che sta succedendo oggi. Stiamo rispondendo sì, ognuno nel suo servizio, stiamo

gridando il nostro sì, non possiamo fare altro, il resto lo fa Lui.

Prima di iniziare questa riflessione vorrei chiedere al Signore Gesù di guidarci a meditare queste

parole perché la Sua forza e la forza dello Spiritosi manifestino attraverso di esse e compiano

meraviglie che ancora ci stupiscano.

Il brano che lo Spirito ha scelto per noi è tratto dal Vangelo di Matteo 26,69-75 leggiamolo insieme:

 

69 Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: “Anche tu eri con Gesù, il Galileo! ”. 70 Ed egli negò davanti a tutti: “Non capisco che cosa tu voglia dire”. 71 Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: “Costui era con Gesù, il Nazareno”. 72 Ma egli negò di nuovo giurando: “Non conosco quell’uomo”. 73 Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: “Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce! ”. 74 Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quell’uomo! ”. E subito un gallo cantò. 75 E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: “Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte”. E uscito all’aperto, pianse amaramente…

 

Pietro è al centro di questo racconto e ci dice: la mia vicenda non è solo mia, di Paolo, di qualche

grande santo. E' anche per te poiché è l'esperienza di Dio, del nostro Dio, del Dio di nostro padre, di

nostra madre, dei nostri fratelli e sorelle, della nostra famiglia, della nostra storia, della Chiesa.

Questo è il Dio che si manifesta a noi in Gesù Crocifisso e Risorto, in colui che ci ha destinato ad

una missione, che vuole essere nostro maestro e nostro amico, che desidera rivelarci il volto

misterioso del Padre, che vuole rispondere alle nostre domande più profonde, alle nostre attese, alle

nostre speranze, al nostro bisogno di una vita piena, realizzata.

Gesù è entrato nella storia per incontrare nel corso dei secoli, proprio ogni uomo e donna e dare a

ciascuno momenti e tempi opportuni.

Ciò che conta è che questo incontro con Cristo (che in modo particolare avviene nel battesimo, si

prolunga nei sacramenti, nella preghiera, nell'ascolto della parola, nella vita della Chiesa) è la nostra

storia, è il modo in cui Dio vuole essere il Dio per me, per noi, con cui vuole manifestarci il Suo

volto come lo ha manifestato a Pietro.

L'errore più grave che possiamo commettere nella nostra vita, la più grande tentazione di satana

alla quale possiamo cedere è di pensare che Dio non può essere per noi. Satana lo insinua sempre:

non sei degno, non sei abbastanza capace, hai fatto e continuerai a fare dei peccati, sei negligente,

l'incontro con Gesù è una sorta di privilegio. In realtà il Vangelo ci assicura che Cristo Gesù è per

ciascun uomo e per ciascuna donna della Terra.

L'incontro con Lui deve essere la nostra esperienza anzi lo è già: in Lui conosciamo Dio e la nostra

vocazione, la nostra chiamata alla salvezza, la nostra vera identità.

Pietro, qui, è profondamente umano: di lui si rivelano la fragilità, l'umanità, le sue debolezze, i suoi

slanci, le sue paure e deve fare i conti con la tentazione.

Pietro è colui sul quale è stata fondata la nostra Chiesa, ma è l'esempio che Dio ci ha lasciato.

Ognuno di noi in ogni istante della propria vita deve combattere con la tentazione, così come è

successo a lui ed è attraverso la tentazione che cresciamo nella fede: “la carne è debole” nessuno è

esonerato dalla tentazione “Non c'è fede che non sia stata tentata” anche se il nostro spirito è più o

meno ardente, la nostra carne è sicuramente debole.

Ma il miracolo più grande è la misericordia infinita di Dio che permette che noi non siamo tentati

oltre le nostre forze e nello stesso momento ci viene data anche la via d'uscita e la forza per

sopportare (1 Cor 10,13).

Perché Dio permette la tentazione? Perché ha permesso che Pietro venisse tentato? Eppure Lui è

colui sul quale è stata fondata la Chiesa! Perchè così diventiamo un miracolo continuo della Sua

grazia!

Poteva evitare a Pietro tutto quello, ma non si sarebbe scontrato con il suo peccato, non lo avrebbe

fatto crescere nella fede, non lo avrebbe guarito e perdonato in modo profondo e definitivo.

Pietro, già la notte precedente la passione di Gesù, quando Gesù aveva accennato al modo poco

coerente con cui i suoi discepoli avrebbero cercato di seguire le sue orme, lui aveva protestato

dicendo: “Anche se tutti si scandalizzassero di Te, io non mi scandalizzerò mai”.

Subito dopo Gesù gli faceva notare che proprio lui lo avrebbe rinnegato di li a poco.

E noi, non siamo così? Quante volte ci comportiamo in questo modo! Quante volte siamo come

Pietro e Gesù ci fa notare che proprio noi stiamo facendo quello che andiamo proclamando di non

fare e proprio come Pietro puntiamo più in alto: “Anche se dovessi morire con Te, non ti

rinnegherò” (Mt 26,30-35). Ma poi il nostro comportamento non è quello che dichiariamo!

Rinneghiamo Gesù molte volte durante la nostra giornata e la nostra vita, quando diamo per

scontato di essere nel giusto, quando pensiamo di essere migliori dei fratelli e quasi siamo contenti

se uno non riesce in ciò che fa per dimostrare che noi siamo più bravi, quando non aiutiamo e

abbiamo la possibilità di farlo, quando ci lamentiamo e tante altre situazioni. Questo non è

rinnegare Gesù?

Questo non è cadere, così come ha fatto Pietro nonostante Gesù, attraverso la Sua parola ci esorti:

“Vegliate e pregate per non cadere in tentazione. Lo Spirito è pronto, ma la carne è debole” (Mt

26,41).

Nessuno può sottrarsi a queste parole di Gesù!

Noi dobbiamo rimanere ben saldi e perseveranti nella preghiera, nei sacramenti, nell'eucarestia

(dove Gesù ci fa memoria ogni volta del suo sacrificio), nell'amore verso di Lui, verso noi stessi,

verso i fratelli, nel nostro lavoro, nella nostra famiglia, nel perdono, nel suo esempio, in ciò per cui

siamo chiamati!

Vedere in ogni istante davanti a noi il suo volto sofferente sulla croce, il volto sofferente di Gesù

Figlio di Dio che in un dono d'amore estremo, volontariamente con gioia, ha donato la Sua vita per

noi.

Lui, che è Dio, si è abbassato a noi fino alla morte in croce, si è inginocchiato davanti a noi con

amore di Padre, aspettando i nostri tempi, nel pieno rispetto della nostra libertà perdonandoci

continuamente ed esortandoci a rimanere in Lui per la nostra salvezza e resurrezione per l'eternità.

In qualsiasi esperienza cristiana bisogna vivere così: combattuti tra il fervore e la debolezza, lottare

continuamente tra queste due realtà; bisogna cioè vivere nella tentazione. La nostra forza non è il

coraggio, la nostra forza è la fede in colui che attraverso il suo sacrificio ci ha redenti.

Pietro è come noi! Noi non siamo diversi da lui!

Pietro diventerà il testimone principale della resurrezione di Gesù, sul quale verrà edificata la

Chiesa, ed è anche quello che per primo si è dovuto confrontare con la tentazione, che per primo è

stato trovato mancante ed è caduto.

Il rinnegamento della notte della passione non è il primo per Pietro, così per noi, quando nella

nostra incredulità non siamo certi di ciò che Gesù con la Sua potenza possa fare nella nostra vita,

quando con i nostri dubbi, limitiamo la Sua grazia di guarigione in noi.

Quando Gesù annunciò per la prima volta la Sua passione e la Sua resurrezione Pietro si preoccupò

immediatamente di distrarlo da queste idee: “Dio te ne scampi, Signore. Questo non ti accadrà

mai!” Ma Gesù voltandosi disse a Pietro: “Va dietro a me, satana. Tu mi sei di scandalo perché non

pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mt 16,22-23).

E così facciamo noi quando siamo nella prova. Ce lo dice anche Giacomo nella sua lettera (Gc

1,2-4) “Miei fratelli, considerate piena letizia quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la

prova della vostra fede produce perseveranza. E la perseveranza perfezioni l'opera in voi, perché

siate perfetti e integri, senza mancare di nulla”.

Non pensiamo che specialmente in quei momenti Gesù è con noi ed attraverso di Lui Dio ci parla,

pronto a sorreggerci, ad aiutarci ad asciugare le nostre lacrime, perché tutto ciò che è permesso nella

nostra vita, buona o meno buona ai nostri occhi umani, fa parte del suo piano perfetto per la nostra

salvezza e la nostra resurrezione.

Chiunque crede in me, crede nel Padre mio che mi ha mandato. “Chiunque chiederà nel mio nome,

il Padre glielo concederà.

E quindi è li che noi ci dovremmo abbandonare a lodare e ringraziare colui che in quei momenti ci

permette, attraverso il dono della fede, di affidarci a Lui.

E noi comprendiamo tutto ciò, solo quando siamo assistiti in modo particolare dal Padre e

attraverso la luce, che è Gesù, illumina le nostre menti, illumina il nostro cuore che è il centro

dell'attività spirituale, della comprensione spirituale, che ci dona quella forza per andare avanti, che

quando siamo nella carne e nel sangue non vediamo, ma vediamo solo la sofferenza.

La nostra fede, viene messa alla prova e da qui ne scaturisce la conversione.

Ognuno di noi, come Pietro, dopo esserci battuti fino all'estremo in questa tentazione e in questo

processo di conversione, potrà, grazie alla propria esperienza confermare e guidare nella stessa

prova i fratelli.

E' proprio grazie all'esperienza vissuta che Pietro può sapere come la debolezza e la grazia

procedono insieme e si accordano l'una all'altra in ogni discepolo di Gesù.

Gesù, non ricerca nessuna qualità eccezionale, non cerca un modello di virtù e di perfezione da

essere imitato o contemplato, se fosse così non avrebbe scelto Pietro; rude, pescatore,

brav'uomo,avventato impetuoso, non sempre capace di dominare i propri sentimenti, ma che ama

perdutamente Gesù e più sbaglia più si fa rimproverare, più lo ama.

Pietro non è un modello di virtù ma è capace di trasmettere l'esperienza che lui ha vissuto grazie

all'amore per Gesù e ne potrà sempre rendere testimonianza.

Certamente la prova lo ha fatto traballare, ma il cuore di questa e nel più profondo della caduta è

stato liberato da Gesù.

Si , è la nostra vita, la nostra esperienza la grazia che Dio ci ha donato per superare le prove la sua

misericordia la possibilità di arrivare in questa comunità, e non un'altra realtà, Lui attraverso lo

Spirito ci ha fatto arrivare qui, l'inizio della chiamata, per poter vivere, ora, un'esperienza

carismatica per rendere testimonianza ai fratelli della forza del suo amore e del suo perdono, per

proclamare che Gesù è risorto ed è vivo in mezzo a noi e attraverso la nostra esperienza aiutare i

fratelli nel momento della stessa prova.

Gesù, sta facendo maturare nel nostro cuore, la spiritualità della Resurrezione.

La nostra spiritualità, quella di questa realtà, non è più la via verso la quale si arriva a Dio, ma la via

per la quale Dio arriva a noi.

Ogni incontro con Gesù è un'esperienza mistica. Pietro l'ha potuta vivere materialmente, noi la

viviamo ogni volta, quando nello Spirito di Gesù ci riuniamo. Anche oggi è un'esperienza mistica.

Tutto, quindi, ha inizio al momento della chiamata (Lc 5,1-11) la debolezza di Pietro (e la nostra) e

la forza della grazia.

Per ognuno di noi è un momento diverso, in uno stato d'animo diverso, in un luogo diverso, ma con

una forza che noi non riusciamo a dire di no! E' come una calamita! Possiamo solo muoverci verso

quella voce!

Per Pietro, è stato quando, dopo aver pescato tutta la notte senza risultato, Gesù stava poco lontano

da li parlando ai suoi ascoltatori e Pietro ascoltava distrattamente e Gesù sembrava quasi non lo

avesse notato!

Ma proprio Gesù fa il primo passo verso di lui, sale sulla sua barca e gli chiede di allontanarsi.

Gesù, fa così con noi. Pietro è colpito che Gesù parli proprio a lui e gli chieda un servizio, si, perché

fratelli è una grande grazia servire Gesù, non resta insensibile, acconsente alla richiesta e si trova

obbligato a prestargli attenzione.

Nel secondo passo Gesù invita Pietro a pescare “Prendi il largo e cala le reti per la pesca”.

Nasce una simpatia tra Pietro e Gesù, e lui non può che ubbidire, anche se accenna ad una protesta,

perché sa che in quella zona non ci sono pesci e lui ha pescato tutta la notte senza risultato, ma

finisce per arrendersi.

In quel momento si accorge di avere bisogno di Lui, e che Lui gli risolverà il problema e da qui “la

pesca miracolosa”. Pietro si fida di Gesù! Pietro ha fede in Gesù!

Noi, come Pietro, prima proviamo con le nostre forze e non vediamo risultati, Lui ci chiama, noi

rispondiamo ma protestiamo con i nostri dubbi, le nostre domande, i nostri perché; ma per il dono

della fede, per la forza dello Spirito e per sua grazia, noi ubbidiamo e in quel momento succede un

miracolo in noi, qualcosa di profondo che ci fa rendere conto che abbiamo bisogno solo di Lui che

solo Lui ci serve.

Così, dimentichiamo “la brutta notte”, ma non solo, mette a nudo in noi, come in Pietro, qualcosa di

ben più grave e fondamentale “il peccato”.

Gesù, come in Pietro, colpisce in noi il peccato, e noi come Pietro c'inginocchiamo davanti a Lui e

gridiamo: “Signore, allontanati da me, perché sono peccatore!”.

In Gesù, così, Pietro riconosce Dio, nello stesso momento si riconosce peccatore, così succede in

noi.

Appena Gesù ci dona la sua luce e si rivela, il nostro peccato viene portato in superficie e viceversa

non è possibile riconoscere veramente il nostro peccato se non siamo nella luce di Gesù!

Ognuno di noi, in quel momento, come Pietro, all'improvviso, prende coscienza di essere un

poveraccio, un peccatore e di non avere niente a che vedere con Gesù!

Ma è esattamente il contrario, la confessione del nostro peccato permette a Gesù di compiere un

ultimo passo verso di noi; così come a Pietro, può agire e perdonare; non appena la ferita è scoperta

Gesù può guarire e ricostruire.

Gesù, cerca in noi la nostra debolezza, le colpe insospettate, tutte quelle zone malate di ogni uomo

che hanno bisogno del suo amore, che possono essere colte e assunte solo dall'amore, sulle quali il

suo amore può intervenire con la sua onnipotenza.

Gesù è venuto fino a noi proprio per prendere su di sé la nostra fragilità e trasformarla in forza. E'

morto una volta per tutte al peccato e il Padre l'ha risuscitato dai morti per una vita nuova.

Ecco, perchè il discepolo che vuole servire Gesù nel suo camino deve necessariamente accettare a

sua volta la propria debolezza e quindi la tentazione.

Fino a quando ci opponiamo in mille modi alla nostra debolezza, la potenza di Dio non può agire in

noi.

Possiamo fare degli sforzi per correggerci, cerchiamo di risolvere i nostri problemi con buona

volontà, con generosità, facciamo del nostro meglio per condurre una vita virtuosa e giusta, usiamo

buoni propositi, ci appoggiamo sulle nostre qualità naturali, tentiamo di farcela a partire dalla nostra

lealtà e generosità, ma non serve a nulla, la meraviglia della potenza di Dio e la meraviglia della

nostra conversione restano al di fuori della nostra portata.

Arriviamo poi sull'orlo del baratro, alla disfatta e grazie a Dio, altrimenti non ci saremmo mai potuti

convertire e saremmo rimasti al servizio delle nostre illusioni, dei nostri idoli, ignorando l'autentica

fede per quanto possa essere piccola.

La fede è una rivelazione intima che Dio fa di sé stesso, è una dimensione che supera i ragionamenti

umani, una sicurezza che io porto in me, dono infuso in noi con il battesimo, poi con la cresima, il

Signore ci dice “Per fede andate avanti”. Per Fede.

Ed è addirittura vivere concretamente nella nostra debolezza di ogni giornoin cui potrà manifestarsi

la potenza di Dio.

Come per Pietro, che non poteva riconoscere Gesù, finchè si collocava tra i giusti, ma quando si

colloca tra i peccatori, Gesù gli si rivela.

Dio agisce al cuore della tentazione e ci aspetta all'interno della nostra debolezza.

“Quando sono debole è allora che sono forte!”

Sfuggire alla debolezza è come sfuggire alla potenza di Dio che è all'opera solo in essa.

Dobbiamo imparare a conviverci, ma armati sempre più di una fede profonda ed accettare di esserne

esposti, ma allo stesso tempo abbandonarci alla misericordia di Dio.

Dimorare nella tentazione e nella debolezza; l'unica vera via per entrare in contatto con la grazia e

per diventare un miracolo di misericordia. Così come per Pietro: aveva appena rinnegato il suo

Maestro per la terza volta, che il “Signore” voltandosi guardò Pietro e Pietro si ricordò della Parola

del Signore.

“Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E uscito pianse amaramente.

Che cosa ha significato quello sguardo per Pietro?

Non una condanna “Non sono venuto per condannare”.

Non un rimprovero, ma solo un amore dolce e ardente: “Buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e

grande nell'amore”.

“Come un padre è tenero con i suoi figli, così è tenero il Signore” (Salmo 103,8-13).

E questo proprio nel momento in cui Pietro è venuto meno nei confronti di Gesù!

In quella precisa situazione, come tante delle nostre, lo sguardo d'amore di Gesù lo tocca e lo

ferisce, lo rende consapevole del suo peccato, ma nello stesso istante gli offre il suo perdono e non

solo, lo chiama ad una nuova vita: da quel momento, Pietro, è diventato un altro uomo, il suo intimo

vacilla, il suo cuore si scioglie, ora sa che cos'è l'amore.

Pietro scoppia in lacrime, lacrime che testimoniano la ferita prodotta dallo sguardo di Gesù, lacrime

amare per chi era lì in quel momento, ma possiamo anche pensare che nel profondo del suo cuore

fossero lacrime di gioia e di riconoscenza.

Chissà quanto ha sofferto Pietro in quell'istante, ma non si è rifugiato dietro l'arroganza, la

presunzione, la voglia di farne a meno del perdono di Gesù, ha steso la mano e ha accettato il suo

perdono, ha accettato di essere toccato da quello sguardo, non si è svincolato da quell'abbraccio ma

vi si è rifugiato ha riconosciuto la sua mancanza ed attraverso quella profonda sofferenza ha

accettato Gesù!

Gesù, infatti, con quello sguardo d'amore non ha abbandonato Pietro alla sua sofferenza ed alla sua

disperazione, ma gli ha fatto dono, di persona in quell'istante, di un nuovo segno del suo amore.

Così è per noi, in ogni istante in cui cadiamo in tentazione, in ogni istante in cui abbandoniamo noi

stessi alla nostra debolezza.

Dio dimostra il suo amore verso di noi, con il sacrificio ultimo della morte di suo figlio Gesù sulla

croce (Rm 5,8).

Ma non è l'ultima volta in cui Gesù guarda Pietro e lo sconvolge, quando tornano i discepoli di

Emmaus verso Gerusalemme la sera di Pasqua, Gesù appare a Pietro.

Probabilmente, Pietro, si sentiva ancora sotto il peso di ciò che non aveva saputo mantenere; Gesù

era morto e sepolto, non solo per lui ma anche per gli altri apostoli e Pietro si sentiva responsabile.

Lo aveva abbandonato nel momento più critico e non lo aveva seguito fino alla morte come aveva

detto.

Con Giovanni corrono al sepolcro e vedono che il corpo di Gesù è scomparso, ma improvvisamente

sente quella voce, quello stesso sguardo d'amore. Pietro perdonato all'istante e per sempre è guarito

dalla sua debolezza più profonda e ristabilito al suo posto proprio a causa di quella debolezza.

Le lacrime sgorgano di nuovo ma sono lacrime di gioia e di riconoscenza.

Gesù amava così intensamente Pietro, da venire a cercarlo proprio nel rinnegamento per poterlo

incontrare in profondità.

In quel mattino, Pietro, fu il primo peccatore ad essere perdonato.

Alla fine Gesù chiede per tre volte a Pietro, se lo ama più degli altri. E per tre volte Pietro può

dichiarargli il proprio amore, così come per tre volte lo aveva rinnegato.

“Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene!”

Pietro ama ancor più di prima Gesù, anche se lui è stato molto perdonato.

Gesù ne trae immediatamente le conseguenze; “Pasci le mie pecorelle”.

Chi ha potuto sperimentare un simile sgorgare di amore e misericordia sarà anche il primo e il

migliore testimone dell'amore.

“E tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32).

 

 

 

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