assaggi su F.O. Gehry
(appunti in forma letteraria dalla lez.12bis)
F. O. Gehry o "la danza dell'architettura"
la lez. del prof. A. Saggio: vai
oppure leggi le mie riflessioni:


Le architetture di Gehry, sono mosse dal vento. Sono spettinate, come capelli e oscillano liberamente adagiandosi sulla volta terrestre seguendo l'apparente imparzialità di certe atmosfere.
C'è tutto un vento poetico nell'opera di Gehry, che sfascia felicemente le sue architetture, che porta le pareti ad essere tendaggi, e i pavimenti a voler deflagrare, si direbbe nello spazio del sogno. E la sua creatività sembrerebbe il soffio di un ragazzino che ha appena colto un fiore e stia esprimendo un desiderio, nella speranza di staccare tutti i petali...


Torna dunque, in architettura, non il tema del tormento, bensì una sorta di inquieta gioia: la consapevolezza di aver accettato il mondo e di esserci.

Il percorso che ci propone il prof. Saggio è articolato attraverso una cronologia scandita più che dal tempo da cinque parole chiave:

Assemblare
come:
Casa Gehry, Santa Monica 1978 

Spaziare
come:
Casa per un Film Maker, Los Angeles 1981 20

 

Separare
come:
Centro Commerciale e Piazza, Villaggio Olimpico-Barcellona 1989-1992 

Fondere
come:
Museo e fabbrica della Vitra, Weil am Rhein, Germania 1987-1989

 

Liquefare
come:
Centro EMR, Bad Oeynhausen Germania 1992-1995





Recepisco queste parole chiave, non solo come lenti per penetrare un'opera così ricca e articolata ma anche come occasioni del mondo, insiemi di fiori schiusi, di boccioli semi-avvolti:
Gehry, ha infatti colto il fiore dell'architettura, e ne ha pazientemente sfogliato tutti i petali, liberandoli da una sorta di costrizione naturale e svelandoci che la forma è:
 
 

prima di tutto movimento nello spazio, 
come il progetto è del resto movimento di una mano (con un mouse o una matita)







Queste sue forme, infatti sono progressivamente proiettate al di là delle comuni nozioni di gravità, di verticalità e di orizzontalità, dal momento che arrivano a tracciare traiettorie, più che a occupare regioni dello spazio cartesiano, e assumono in questi stati la sostanza tipica dei sogni, rivelando nonostante la staticità che è uno stato dell'architettura, appena la fine di un processo di moto, quasi fossero atterrate da qualche secondo, o anche attraccate al molo appena dopo la fine della tempesta.

E' dunque tutta una questione di movimento, come del resto sembra ben suggerire la scultura di Boccioni che il prof. Saggio mostra come inevitabile preludio di quest'avventura architettonica colta, nell'atto del muoversi, e non nel fotogramma singolo di una lunga sequenza.
Sembrerebbe che Gehry, rinunciando all'insieme di punti infinitamente denso, approdi ad una concezione della forma in cui "l'ora" è già pregna di falso essendo intrisa del "prima", e al contrario il "prima" rivela già tutta la propensione dell'"ora".Quindi è un cogliere nel movimento e nelle logiche che scatena, un processo di svelamento delle coscienze che hanno certe forme architettoniche, e delle intenzioni (uso un termine così generale proprio per sottolineare l'impossibilità di avere delle categorie esatte) su cui vivono.
Il vento di Gehry, dunque, attraverso la sua esperienza ha riportato il tema del disordine in architettura:
tutto è disordinato, non esistono più categorie esatte, piuttosto un fluido trasmutarsi da una forma all'altra, da un'architettura all'altra, dall'architettura al paesaggio, dal paesaggio all'immagine, e ancora dall'immagine all'oggetto. Ogni oggetto del resto, per Gehry appartiene al mondo, è figlio di quella realtà e può benissimo improvvisarsi monumento. Non vi è disprezzo in questa operazione: tutt'altro! E' anzi una sorta di dignità di tutte le cose che adoperiamo per vivere, riconquistata nell'ambito di un'architettura che per un momento torna ad essere sfondo ineludibile della vita umana, e talvolta come succede a Bilbao, "cattedrale" (prof. Saggio) di questi tempi.
Ci si racconta che a Bilbao si è sempre con il naso all'insù (vai all'art. del prof. Saggio): l'ultima volta forse, questo deve essere successo in piena Controriforma per guardare qualche affresco che riproduceva un cielo.
Pare invece, che l'architettura di Gerhy costringa a guardare su, per chiedersi da dove venga tutta quell'energia formale. Si approda quindi, non tanto ad un'alba del nuovo giorno, come neppure al tramonto del giorno vecchio, piuttosto ad un crepuscolo frizzante, o ad un pomeriggio assolato, dove gli oggetti del cheapscape, si gonfiano e si sgonfiano al vento, superando la linearità della proporzionalità diretta. E' un'architettura che non solo ha fatto proprie le questioni del movimento dunque, ma si è spinta ancor più oltre, facendone della danza.
Infatti ibridando concettualmente le arti che comunque per Gerhy sono sempre l'una nell'altra, o "iperconnesse", il termine danza con le sue specificità mi sembra lo spazio mentale in cui cogliere la poetica di quest'architettura.
Della danza quei volumi hanno il ritmo, e se vogliamo anche una certa musicalità ruscellante, fragorosa e polifonica, ma soprattutto hanno quella qualità che tutti i danzatori conoscono e che consiste nel:

danzare stando fermi

infatti nella danza, sia essa tecnica accademica o contemporanea ogni posizione è fluidamente connessa all'altra; i danzatori classici sanno bene che una "quinta posizione croisè" è solo il preambolo di tutto un movimento che avverrà di lì a poco, e la loro forza espressiva consiste proprio nel riassumere in quel secondo di aplomb, tutto quello che c'è stato prima e quello che sta per accadere.
Come un corpo di ballo, direi non classico, ma contemporaneo, questi volumi dunque danno luogo a configurazioni di equilibrio, attraverso torsioni, sviluppi, inviluppi, piegamenti e mi chiedo mentre scrivo quanto sarebbe pertinente usare il termine "corpi architettonici" anzichè volumi.
Sembrerebbe allora, che per Gehry il tema della dinamica sia la condizione privilegiata per la manifestazione delle forme per le quali però è finita l'epoca del croisè, del cambrè, e del jetè... Il vento di Gehry ha scombinato tutte le coreografie e i danzatori più che le configurazioni in diagonale e frontale, cercano nei concetti di

energia
contrazione
rilassamento

il nuovo approccio per la danza dei loro corpi.

 
stud. Antonino Di Raimo: antonino_diraimo@hotmail.com