ROMA. La due giorni di Fiuggi, organizzata da Destra Sociale e Nuova Alleanza, è stata un'occasione di discussione autentica sui temi cruciali dellla politica di governo e del partito. E anche l'arrivo a sorpresa al seminario di Ignazio La Russa, coordinatore di An, ha rappresentato una prova della capacità della Destra di confrontarsi all'interno come all'esterno.
A nessuno, del resto, sfugge che i prossimi mesi, almeno fino a quando il semestre europeo di presidenza italiana non sarà concluso, potranno rappresentare un'ulteriore occasione per approfondire e ampliare il chiarimento politico e programmatico nella Casa delle Libertà e per arginare le continue sortite della Lega di Umberto Bossi. E i cento giorni a venire per An sono una scadenza da rispettare.
Dopo qualcosa dovrà cambiare, necessariamente. Anche La Russa ne è consapevole quando assicura che «ci potrebbe essere l'eventualità che il vicepresidente del Consiglio abbia un dicastero di peso per acquistare più rappresentatività e più rilievo politico». Del resto, il suo appello per cercare di superare tutti insieme lo schematismo correntizio per rilanciare il partito» non cade nel vuoto. Sul "problema Bossi", uno degli argomenti all'ordine del giorno, del resto La Russa si unisce al coro partito dal seminario di Nuova Alleanza e Destra sociale. Tant'è che anche il coordinatore di An chiede che il leader della Lega sia fermato. Ma per La Russa è il presidente del Consiglio che deve farsi carico degli
atteggiamenti, del linguaggio e degli insulti di Bossi. «Invito il leader della Lega a considerare la Cdl un luogo di dialogo e ad abbandonare immediatamente la politica dell'insulto - la conclusione del coordinatore di An - Come carattere non lancio mai ultimatum, ma dico che se Bossi non dovesse cambiare rotta, i tempi non lasciano prevedere nulla di buono, dato che la fibrillazione di questi giorni non può ripetersi perché rappresenta un allarme grave, destabilizzante per la coalizione». Sarà però per primo Domenico Nania, capogruppo di An al Senato e, nel corso del dibattito, anche altri leader di Nuova Alleanza e della Destra sociale, a chiedere per primo, esplicitamente, la "testa" del Senatur: «La destra non cerca una nuova maggioranza, su questo siamo d'accordo con Berlusconi, ma di fronte alla Lega che ogni giorno cerca di smarcarsi da questa maggioranza, possiamo proporre una stessa maggioranza senza la Lega - dice Nania - Non si tratterebbe nè di un ribaltino nè di un ribaltone. La Lega vuole smarcarsi su questo o su quell'argomento? Bene, allora resti fuori dal governo e contratti con il governo, di volta in volta, i singoli temi, ma così non si può più andare avanti». Per Nania, «il Carroccio affonda la credibilità di un governo che ha fatto tantissime cose buone. Deve essere chiaro che il problema della Lega non è più un problema di Follini e di Fini. La Lega è un problema del governo e del premier. Quindi, in conclusione, nessun nuovo governo, ma lo stesso governo senza la Lega, se la Lega non vuole più farne parte...». Parole che il governatore della Regione Lazio, Francesco Storace, sottoscrive pienamente: «E' necessario un atto di coraggio per non continuare a inseguire Bossi sul suo terreno sdrucciolevole». Storace, in forma smagliante, riserva frecciate e battute, entrando anche
nella sostanza. Ci tiene a respingere la definizione appioppatagli da un giornale che lo ha definito un «Cofferati di destra», dicendo, con un tono scherzoso, di avere la tentazione di sporgere querela «perché - ha aggiunto - io l'operaio l'ho fatto davvero». Ma, soprattutto, tiene a spiegare ancora
una volta che cosa pensa di Bossi, descrivendolo, nell'incontro per la conferenza Stato-Regioni come un «essere sconcertante: sbuffava, balbettava, grugniva e non dava mai risposte. Sembrava di parlare
di fisco col ministro Visco del Centrosinistra». In definitiva Storace richiama Bossi alla coerenza: «Aveva il dovere di dire certe cose un momento prima di firmare il patto di coalizione, e quel patto
non ci sarebbe stato». Ma gli strali del governatore non si dirigono solo all'alleato che «insidia la credibilità della coalizione».

Storace si è rivolto con forza a Fini per chiedergli di dire "no" alla lista unica per le europee anche perché «non ci possono essere oligarchie da spalmare ancora sui militanti». Appello, questo, sottoscritto da tutti i leader delle due componenti. Quanto alla presenza di An nel governo per Storace deve essere
chiaro che il partito non resterà nella coalizione da «ospite»: «Non siamo noi che dobbiamo uscire dal governo. Dal governo deve uscire qualcun'altro, qualcuno che ha ministri ridicoli. Ci mancherebbe altro». Dopo gli interventi di Adriana Poli Bortone, di Riccardo Pedrizzi (che ha sottolineato la perdita del legame con il mondo cattolico, contestando alcune scelte sulla guerra e sulla giustizia), di Pasquale Viespoli (che ha ricordato che senza i voti del Sud le elezioni non si sarebbero vinte) e di altri, è toccato ad Adolfo Urso parlare di "scadenze": «Diamo un sommesso avviso ai naviganti, al capitano che si sono scelti e anche al suo timoniere: ci sono cento giorni per dimostrare il cambiamento. Da oggi fino al prossimo Capodanno per far sì che si dia vita ad una finanziaria di sviluppo e per avviare la riforma del sistema pensionistico ormai indispensabile. Questo governo - ha ricordato il viceministro - ha fatto tante cose eppure è emersa con troppa spudoratezza un asse di comando che non è espressione
della volontà degli elettori. Asse preferenziale, una sorta di bicolore Fi-Lega, con la partecipazione minoritaria di An e l'appoggio esterno dell'Udc, basta vedere che cosa è successo nell'assegnazioni dei ministri dopo che alcuni indipendenti avevano lasciato il proprio incarico. Tutti i dicasteri principali: Interni, Esteri, Difesa, Beni culturali, Economia, Attività produttive, Infrastrutture, sono stati assegnati ad un unico partito. Un potere così vasto non l'aveva nemmeno la Dc che prendeva oltre il 40% dei voti... Per due anni e mezzo - ha aggiunto l'esponente di Nuova alleanza -abbiamo sentito parlare di pagelle per tutti. Bene, ora chiedo che queste pagelle siano pubblicate e spero che non siano tutti promossi e che tutti i ministri ottengano un 6 politico...». Altero Matteoli, invece, ha puntato la sua attenzione principalmente sul partito. «Abbiamo accettato la nomina di un coordinatore a cui il vicepremier ha delegato alcuni compiti, ma dico a Fini che se ritiene di farsi museizzare da qualcuno, io non ci sto. Fini è il presidente che abbiamo voluto noi e deve guidare questo partito, soffrire con noi e ottenere da questo partito risultati importanti». Il ministro dell'Ambiente ha poi risposto indirettamente a La Russa: «Ci aspettavamo da lui un intervento che rivendicasse con orgoglio il suo ruolo di coordinatore e invece ha detto che aveva una moto e gli abbiamo dato una bicicletta. Mi aspettavo che dicesse: Fini mi ha dato una Ferrari e io la farò correre come il vento...». L'intervento finale è quello di Gianni Alemanno: «Quando nell'ultima direzione nazionale di fine luglio, tra di noi è nata l'idea di un ordine del giorno di appena cinque righe, nessuno pensava che in poco tempo quell'ordine del giorno avrebbe dato vita a una riunione come questa. Oggi, da questo nostro incontro, parte la rinascita di An.
Amici e militanti: il partito è qui», ha detto tra gli applausi.

Il ministro alla fine ha lanciato un appello perché «il partito venga rivitalizzato» e ha definito «stupide e fastidiose» le polemiche sul fascismo: «Vogliamo rispetto anche perché non è nostra tradizione - ha sottolineato - rovistare negli archivi del passato. Siamo qui con il nostro passato per accettare la sfida del nostro tempo».