La Cosmologia Mesoamericana

 

 

Nella cosmologia mesoamericana l'uomo è integrato con lo spazio, il tempo e gli dei in un Universo gerarchicamente stratificato, anche nella sua struttura materiale. Il mondo, per i popoli del centro America è strutturato nel seguente modo: la Terra, sede dell'uomo, è piatta ed è sostenuta ai quattro punti cardinali da quattro giganti, i Bacab.

A questi quattro punti sono associati diversi colori: all'est, per esempio, è attribuito il colore rosso, al nord il bianco, all'ovest il nero e al sud il giallo.

I punti cardinali per i mesoamericani non sono quattro ma sette; infatti oltre ai quattro soliti vanno aggiunti lo zenit, il nadir ed il centro.

Nell'Epoca Classica della cultura maya la Terra era concepita anche come il dorso di un coccodrillo che riposa in uno stagno coperto di gigli d'acqua; ogni tanto, quando l'animale si muove, si manifesta un terremoto.

 

Il cielo e gli inferi

 

Il cielo, con i suoi 13 strati, dei quali diremo tra poco, è sostenuto ai quattro lati da altrettanti ceiba, gli alberi sacri dei Maya, e al centro un altro ceiba gigantesco giunge fino al primo cielo.

I 13 cieli sono associati agli dei del giorno, gli Oxlahuntiku e pare che il Sole nel suo cammino diurno percorra dal basso all'alto i primi sei cieli, giungendo al culmme quando arriva al settimo e discenda poi nel pomeriggio per gli altri sei.

Sul cielo più alto abita il creatore originale, il dio Ometeotl, che nel concetto duale di questi popoli è maschio e femmina insieme; egli è il creatore sia degli dei che degli uomini.

Poiché il termine Caan significa per i Maya sia il cielo che il serpente, essi simboleggiavano il cielo con l'immagine di un serpente a due teste, con le caratteristiche sia di un rettile che quelle di un uccello. Sul suo corpo inoltre sono riportati i simboli del Sole, della Luna e; degli altri corpi celesti.

Un esempio di questa complessa simbologia è dato dalla scena scolpita sul sarcofago della tomba del re Pacai nella città di Palenque. Su di essa è rappresentato l'uccello del dio superiore; poi v'è l'albero della vita, il ceiba, che esce dal corpo di Pacai il quale sta per essere divorato dalle fauci del dio della morte e degli inferi.

Poi tutto attorno alla scena appaiono i vari simboli dei corpi celesti: quello del tempo, del cielo ecc. I Maya hanno voluto insomma rappresentare sul sarcofago del loro grande re gli elementi fondamentali della loro cosmologia.

Il mondo sotterraneo è pur esso stratificato in nove livelli, ognuno dei quali è guardato da uno degli dei chiamati Bolontiku. È questo il luogo freddo, oscuro ed infelice nel quale giacciono le anime di alcuni trapassati, quelli che durante la loro vita hanno demeritato.

I vari corpi celesti, il Sole, la Luna ecc. dopo il loro tramonto passano attraverso questo mondo sotterraneo per poi risorgere, come fa ogni mattina il Sole.

 

Monumenti calendariali

 

Esempi di questa stratificazione a nove livelli si possono vedere su molti dei templi che sono stati adibiti a tombe, come il Palazzo delle Iscrizioni a Palenque (la tomba di Pacai) e il tempio di Kukulkan a Chichen Itza. In quest'ultimo anzi è stata illustrata buona parte della astronomia maya. La piramide infatti è a nove livelli, come quelli del mondo inferiore.

Ha quattro gradinate ognuna composta di 91 gradini; sommandoli tutti e aggiungendo anche il livello superiore si ottengono in totale 365 gradini, quanti sono i giorni del calendario haab.

Inoltre, su ogni faccia vi sono 52 pannelli di stucco che dovevano essere dipinti; il numero corrisponde agli anni del "giro del calendario". Poi i fregi del tetto sovrastante il tempio che è posto sulla sommità sono in numero di 20, pari ai giorni che compongono il mese.

Ancora: ogni faccia, che ha 9 livelli, è divisa a sua volta in due da una gradinata, realizzando così 18 strati quanti sono i mesi dell'anno.

Ma non basta, il tempio piramide è stato orientato in modo tale che una diagonale punta ove leva il Sole al solstizio estivo e una faccia invece è rivolta ove tramonta il Sole il giorno del suo passaggio allo zenit. Ma ciò che è veramente stupefacente è il fatto che nei giorni attorno agli equinozi, al tramonto del Sole, lo spigolo della piramide genera un'ombra sulla scala, alla base della quale vi sono due teste del serpente piumato che per contrasto disegna una lunga macchia di luce ondulata: è il corpo luminoso del serpente piumato il quale si innesta sulla sua testa di pietra che è posta in basso.

Un effetto luminoso di questo genere doveva determinare una grande impressione nel popolo che assisteva alla scena.

La fantasia dei Maya non finisce mai di stupire.

Ma ritornando alla cosmologia di questi popoli, bisogna ricordare che per loro il tempo si svolgeva ciclicamente in lunghissime ere, alla fine di ognuna, il mondo veniva distrutto, dopodiché dalle sue ceneri risorgeva una nuova era.

I sacrifici umani che venivano fatti specialmente dagli Aztechi, trovano una loro giustificazione cosmica nella seguente credenza: il dio Quetzalcoatl all'inizio della presente era, aveva vivificato con il suo sangue le ossa degli uomini estinti dal disastro dell'era precedente, creando in questo modo la generazione presente.

Ora il Sole, quando alla sera giunge nel mondo inferiore, assume una forma scheletrica tipica di questo luogo dei morti, e al mattino per poter risorgere ha la necessità di essere vivificato dal sangue degli uomini, di quelle disgraziate vittime che ogni giorno venivano sacrificate per dare a Tonatiuh, il dio del Sole, la forza per rinascere.

 

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