Betelgeuse

 

Nella costellazione di Orione spicca per il suo bei colore rosso la stella Betelgeuse.

 

Il suo nome è una trasformazione del nome originale arabo, Ibtal-jawza, ovvero "la spalla del gigante", poiché la costellazione stessa era chiamata dagli Arabi "il gigante". Questa bella stella ha rivelato agli astronomi molti suoi segreti, ed ha permesso così la verifica diretta delle teorie sull'evoluzione stellare.

 

Una variabile semiregolare

John Herschel scoprì nel 1840 che Betelgeuse (alfa Orionis) è una stella variabile. La sua luminosità apparente oscilla infatti tra +0,4 (al massimo) fino a +1,3 nelle fasi di minimo. Ma ne l'ampiezza delle variazioni luminose, ne il periodo con cui si susseguono i massimi ed i minimi sono costanti, anche se una cena regolarità è indubbiamente presente.

Betelgeuse appartiene dunque alla categoria delle variabili semiregolari, che prendono il nome dal loro particolare tipo di comportamento. Per questa sua caratteristica e per il fatto di essere molto luminosa, quindi ben visibile, Betelgeuse è stata molto studiata.

La sua distanza da noi, misurata con il metodo della parallasse, è risultata di circa 200 parsec, ovvero 650 anni luce.

 

Un gigante fatto di... niente

 

Dalla conoscenza della magnitudine apparente e della distanza, si ricava che Betelgeuse è enormemente luminosa, quasi 19 mila volte più del Sole. La sua temperatura, invece, ricavata dal colore rosso della luce, è di circa 3700 gradi centigradi, per cui un cm2 della sua superficie emette circa 8 volte meno energia di un equivalente cm2 di fotosfera solare.

È dunque necessario che le dimensioni di Betelgeuse siano enormi: risulta infatti per essa un raggio di diverse centinaia di milioni di km, quasi mille volte quello del Sole!

Per quanto riguarda la massa, modelli astrofisici ritenuti plausibili predicono che quella di Betelgeuse non sia superiore a 30 volte quella del Sole: se dividiamo questo valore per il volume occupato, si trova che la densità media di questa stella è incredibilmente piccola: un litro della sua atmosfera, portato sulla Terra peserebbe decine di migliala di volte meno di un litro della nostra aria. Si può quindi realmente affermare che Betelgeuse è un gigantesco sole rossastro fatto di vuoto.

 

Gli ultimi studi

 

Le moderne teorie astrofisiche affermano che una stella alla fine della sua vita si espande enormemente e di conseguenza si raffredda, diventando una supergigante rossa: questo è proprio il caso di Betelgeuse.

L'enorme espansione degli strati più esterni provoca dei fenomeni di instabilità, che noi percepiamo come variabilità luminosa. Sarebbe dunque estremamente interessante poter verificare in modo sicuro queste teorie.

E questo è ciò che è stato fatto nel 1920 da Michelson e Pease, che con un sofisticato strumento ottico, l'interferometro, riuscirono a misurare per via diretta il diametro angolare di Betelgeuse, che risultò di 0",047, ovvero il diametro di un capello a 500 metri di distanza. Tradotta in chilometri, questa misura confermò quanto dedotto con i metodi tradizionali (un raggio di circa 700 milioni di km).

Osservazioni effettuate negli anni successivi mostrarono addirittura le variazioni del raggio di Betelgeuse, in accordo con le teorie sulla variabilità! Ma non era finita: nel 1974 fu sperimentato per la prima volta, ancora su Betelgeuse, un nuovo tipo di tecnica molto complessa, detta interferometria a macchie.

I risultati furono entusiasmanti: per la prima volta si riuscirono a vedere dettagli sulla superficie di un'altra stella che non fosse il Sole. Si mise in evidenza diretta anche la grande quantità di materia che Betelgeuse disperde nello spazio, sotto forma di "vento stellare".

Quando guarderemo di nuovo il cielo invernale, non manchiamo di cercare con lo sguardo la rossa stella di Orione, pensando al suo strano mondo, ed a quanto siamo riusciti ad imparare su di esso.

 

 

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