Pianeti e strumenti

 Le possibilità osservative dei telescopi sui pianeti

 

Una delle domande più comuni che i neofiti o i neo-possessori di telescopi rivolgono ad un astronomo professionista è inerente le possibilità osservative dei loro strumenti sia sui corpi del Sistema Solare che su quelli del cielo profondo.

Iniziamo a considerare uno dei pianeti più ostici e certamente tra i più esclusivi:

Mercurio. Come è noto, questo pianeta descrive la sua orbita intorno al Sole in 88 giorni, mediamente alla distanza di 58 milioni di km. Il diametro apparente varia dai 5" ai 13", valori sempre modesti, soprattutto tenendo conto che Mercurio non si discosta mai dal Sole oltre i 28°. La sua osservazione deve quindi necessariamente aver luogo col cielo ancora o già chiaro o, addirittura, in pieno giorno. Quando il pianeta sottende 9" occorrono 200x per vederlo delle stesse dimensioni della Luna, ma generalmente con un'agitazione dell'aria che non ne rende comparabile la visione con la Luna vista ad occhio nudo.

Rifrattori da 6 cm o riflettori da 8 cm sono già in grado di mostrarne le fasi, ma nessun dettaglio può essere individuato. Telescopi a lenti da 7,5 cm o a specchio da 9-10cm consentono di cogliere in modo più netto le fasi, ma non vanno oltre. Rifrattori da 10 cm o riflettori da 15 cm, se otticamente perfetti, rappresentano le minime dimensioni per tentare di discernere qualche particolare.

Beninteso, aria molto pura e seeing eccellente sono condizioni essenziali per sperare di ottenere qualcosa. Ma anche con i fattori favorevoli citati si tratta di prestazioni fuori dal comune. Le minime aperture ritenute normalmente necessarie per apprezzare qualche ombreggiatura sono rifrattori da 15 cm o riflettori da 20-25 cm. Oltre queste aperture saranno le condizioni atmosferiche più che lo strumento a decidere cosa si potrà scorgere. Sfortunatamente il seeing non è quasi mai eccellente quando Mercurio è alto sull'orizzonte; chi si appresta a questo tipo di osservazioni deve quindi aspettarsi di ottenere poco in molto tempo.

Non stupisce pertanto quanto ebbe a dichiarare lo Schiaparelli, ovvero che le sue ricerche visuali su Mercurio si tradussero essenzialmente in una gran perdita di tempo. Dollfus afferma che nelle migliori condizioni, all'Osservatorio del Pie du Midi, le ombreggiature presentano lo stesso contrasto dei mari lunari visti ad occhio nudo. Ma solitamente questo contrasto e molto più debole e al limite della percezione visiva.

Venere, con il suo diametro da 10" a 65", mostra le sue fasi anche con strumenti molto modesti, ad esempio rifrattori da 5 cm. Il pianeta è così brillante che in ogni caso lo si può seguire in pieno giorno anche con i piccoli telescopi, anzi talvolta la sua luce è così intensa, che riesce ad emergere dal fondo brillante del cielo diurno anche per l'occhio nudo.

Con rifrattori da 6 cm ed ingrandimenti di 100x, si può tentare di intravedere le lievi ombreggiature del pianeta che si manifestano soprattutto in luce blu-violetta. Diametri sui 7,5 cm danno molta soddisfazione, che non viene esaltata in proporzione dalle aperture maggiori (rifrattori da 10 cm, riflettori da 15 cm). Piccole increspature vicino al terminatore o l'ineguaglianza nell'acutezza delle falci sono dettagli che, invece, richiedono strumenti di una certa potenza, ad esempio rifrattori da 15 cm o riflettori da 20-25 cm.

Ancora discussa è la cosiddetta osservabilità della luce cinerea di Venere. Talvolta accade che qualche osservatore la scorga. Ma pare che essa sia assimilabile ad una illusione ottica; la stessa che ci permette di vedere delle forme dove queste sono solo accennate. Allo stesso modo sarebbe spiegabile perché si vede tutto il disco quando la falce sottile del pianeta supera i 180°.

Strumenti eccellenti di grandi dimensioni daranno un immagine molto ben delineata nei bordi, ma non necessariamente la visione di un maggior numero di macchie, sulle quali, peraltro, alcuni osservatori sono dubbiosi, poiché talvolta si verifica che qualcuno registri ineguaglianze di splendore con piccole aperture (6-7,5 cm) ed altri non percepiscano alcuna differenza con diametri ben maggiori.

Al riguardo molto istruttivo è un esperimento effettuato parecchi anni addietro. Si fecero sistemare delle sfere bianche, perfettamente uniformi, ad una certa distanza in modo da simulare le osservazioni di Venere. Ebbene, gli stessi osservatori che su Venere vedevano macchie, calotte polari e ineguaglianze varie nel manto del pianeta, videro le stesse cose sulle sfere uniformi! Questi risultati portano a supporre che anche per Venere osservazioni con qualche pretesa di validità sul piano scientifico richiedano almeno rifrattori da 10cm o riflettori da 15 cm e ingrandimenti nell'ordine delle 150 volte.

Marte è da tempo immemorabile il pianeta che ha appassionato maggiormente intere schiere di osservatori. Il suo disco varia da 3,5", quando non è possibile fare nulla di proficuo con qualsivoglia strumento, ai 35" delle grandi opposizioni. In queste ultime condizioni anche un minuscolo rifrattore da 5 cm (a 1OOx) permette la visione dei principali dettagli come la Grande Sirte, il Mare dei Cimmeri e la calotta polare australe, quando questa è estesa. Purtroppo le grandi opposizioni sono rare (l'ultima si è verificata nel 1988 e la prossima è attesa per il 2003), ma anche durante le opposizioni medie è possibile usufruire di un diametro sui 17"-18"

A differenza di Venere, Marte è un pianeta dove strumenti potenti danno più soddisfazione. Supponendo che il disco sotteso sia di 18" è già possibile vedere qualche dettaglio con un rifrattore da 6 cm, che sopporta senza problemi poteri nell'ordine dei 100x. Con un rifrattore di questa apertura si può scorgere la calotta polare rivolta verso la Terra e le macchie principali come la già citata Syrtis Major o il Mare Acidalium.

Molto dipende dall'esperienza e dall'acuità visiva dell'osservatore. Rifrattori da 7,5 cm o riflettori da 10 cm permettono già di stilare una mappa del pianeta in cui possono comparire alcuni dei maggiori canali"! Sulle possibilità di aperture maggiori è molto indicativo ciò che hanno prodotto Beer e Madler producendo la prima mappa del pianeta con un rifrattore da 9,5 cm.

Risultati eccellenti sono stati ottenuti con i rifrattori "ordinari" del secolo scorso, cioè dei 108 mm spinti a 300x. Ottimi riflettori da 15 cm (300x) possono dare risultati analoghi. Ma per chi intenda seguire il pianeta in modo continuativo anche quando il suo diametro misura solo 14" o 12" (quindi anche nelle opposizioni afeliche), le minime dimensioni consigliate sono 15 e 20 cm, rispettivamente se con obiettivi a lenti o a specchio. Quando si arriva a queste aperture si può già dire, a causa delle limitazioni imposte dall'agitazione atmosferica, di usufruire di immagini molte volte pari a quelle ottenute da strumenti maggiori.

Giove è probabilmente il pianeta che evidenzia di più le possibilità dei diametri maggiori. Infatti il grande pianeta visto con dei 6 o 7 cm mostra l'ellitticità del suo disco e, generalmente, le principali fasce parallele all'equatore come strisce dalle sfumature molto tenui. Con diametri sui 10 cm si inizia ad intravedere in forma più netta sia le colorazioni che le irregolarità delle bande principali. Ma è solo con diametri dai 20 cm in su che i colori diventano evidenti; inoltre si notano molti più particolari come piccole macchie ovali, sfrangiature e dettagli minori. L'astrofilo che ha la possibilità di arrivare a riflettori sui 25-30 cm, su Giove avrà più soddisfazione che non il possessore di un rifrattore da 15 cm.

Un'altra caratteristica di Giove consta nel fatto che non sopporta forti ingrandimenti, perlomeno non quanto Marte o Saturno. Per un rifrattore da 8 cm sono ottimali 120x e 160x-200x per un riflettore da 15 cm. Oltre l'immagine diventa più evanescente cancellando i già deboli contrasti percepibili sul disco del pianeta. La famosa Grande Macchia Rossa è individuabile con un rifrattore da 8 cm, ma molto dipende dalla sua colorazione. Talvolta si osserva soltanto la baia che la ospita.

Come già accennato sopra, la colorazione di questa famosa macchia dipende in grande misura dall'apertura. Non deve quindi stupire che un osservatore con un 8 o un 9 cm la descriva "pallida", mentre un altro con un 30 cm la definisca "intensa". Sotto il profilo delle colorazioni è più vantaggiosa l'osservazione con un riflettore da 15 cm che non con un rifrattore da 10 cm.

Sul sistema di Giove un piccolo telescopio permette anche di osservare gli interessanti fenomeni cui i satelliti galileiani danno luogo. Di questi eventi i più facili sono le eclissi causate da Giove sui satelliti, quindi le loro occultazioni (quando i satelliti scompaiono dietro il disco di Giove) e le eclissi provocate su Giove e i loro transiti.

Probabilmente i fenomeni più suggestivi sono le eclissi provocate dai satelliti; si osserva allora un dischetto scuro che attraversa il disco del pianeta parallelamente all'equatore. Per vedere queste piccole macchie necessita almeno un rifrattore da 7 cm o un riflettore da 9-10. Ma non tutte sono uguali; la più vistosa è quella di Ganimede, soprattutto se proiettata su una fascia chiara.

Saturno "sopporta" forti ingrandimenti, analogamente a Marte. E' normale utilizzare 180x con un rifrattore da 7,5 cm o 250x con uno da 10. Un fatto curioso è che alcune osservazioni eseguite con rifrattori da 10 cm o riflettori da 15 cm mostrano spesso tutto quanto vedono altri osservatori con telescopi anche molto più grossi. Il minimo ingrandimento per distinguere con sicurezza l'anello è intorno ai 20x, mentre l'apertura minima per distinguere la celebre divisione di Cassini in condizioni normali quando l'anello appare aperto verso la Terra è di 7,5 cm.

Non mancano, però, segnalazioni con aperture minori, come 6 cm o, addirittura, 51 mm come accadde a quel famoso osservatore della prima metà del nostro secolo che risponde al nome di E. M. Antoniadi. Molto più impegnativo dev'essere il telescopio per scorgere l'altra divisione osservabile da terra, cioè quella di Encke. Premesso che l'apertura minima per individuarla è nell'ordine dei 30 cm, talvolta non si vede con dei 40, 50 o 60 cm. Molto dipende dalla tranquillità dell'aria e dal fatto che il sistema anulare sia più o meno aperto verso di noi.

Il celebre anello, ad onta della sua fama, è molto sottile e nelle epoche in cui appare di taglio, per qualche settimana, scompare anche attraverso i maggiori telescopi. In questi stessi periodi è possibile osservare le eclissi provocate dai satelliti sul globo del pianeta, soprattutto quelle causate dal satellite maggiore: Titano. Queste ultime sono accessibili ad un rifrattore da 10 cm o ad un riflettore da 15 cm. In linea di massima per un lavoro regolare su Saturno è richiesta un'apertura strumentale minima di 12 cm per gli strumenti a lente e di 15 cm per quelli a specchio.

Urano è visibile ad occhio nudo poiché è di circa 6a magnitudine; un binocolo, anche modesto, lo mostra distintamente come una stella, ma per riconoscerlo è indispensabile una cartina di identificazione. A causa della grande distanza dal Sole (quasi 3 miliardi di km), Urano presenta un disco di 4" scarsi, come dire 1/10 di quello di Giove. Rifrattori da 7,5 cm o riflettori da 10 cm, comunque, mostrano tale disco, ma per discernervi qualche particolare è assolutamente indispensabile uno strumento notevolmente più potente. Distinguere particolari sul debole e piccolo disco di Urano è un'impresa ardua con qualsivoglia strumento. Telescopi con diametri oltre i 20 cm mostreranno anche i satelliti Oberon e Titania, di magnitudine 14 e 13,5.

Un discorso analogo è possibile per Nettuno, con la differenza che la sua maggiore distanza lo rende ancora più difficile. Visto con un binocolo appare come una stella di 8a grandezza, la cui individualizzazione richiede carte piuttosto accurate. L'apprezzamento del disco richiede in genere un'apertura minima sui 20 cm, poiché esso non misura che 2,5"; lo stesso strumento mostrerà Tritone, il satellite maggiore.

Plutone, dall'aspetto nettamente stellare, si presenta di 14° e può essere scorto, in condizioni favorevoli, con un 30 cm.

 

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