La ricerca di comete

Informazioni sulla ricerca visuale e fotografica, gli strumenti da utilizzare, il posto, metodi di osservazione e come comporre il messaggio di scoperta

 

INTRODUZIONE

Da quando divenne prassi, alla fine del diciannovesimo secolo, distinguere tra astronomi professionisti e non, la ricerca delle comete è stata considerata attività prettamente amatoriale. Benché sia difficile avanzare una stima quantitativa, si ritiene che nel mondo operino diverse centinaia di astrofili che, regolarmente, scandagliano il cielo con piccoli o medi telescopi sperando di trovare una cometa nuova. Le tecniche di ricerca e la frequenza dei successi odierni non si discostano significativamente da quelle caratteristiche del diciottesimo secolo, quando il francese Charles Messier inaugurò, a tutti gli effetti, la caccia alle comete come attività sistematica da condurre secondo precisi criteri.

Una delle conseguenze significative dell'ingresso degli astrofili nella ricerca è stata la crescita del numero di scoperte, che ha reso disponibile agli astronomi un campione di oggetti sufficientemente ampio da consentire studi statistici su popolazione, dinamica ed evoluzione delle orbite cometarie; dei risultati degli studi beneficiano proprio gli osservatori che intendono dedicarsi in modo attivo ed efficace alla caccia di nuove comete.

Sono diversi i motivi che possono indurre un astrofilo a ricercare comete, anche se sono lontani i tempi in cui alla scoperta seguivano riconoscimenti scientifici, accompagnati spesso da brillanti carriere e, in alcuni periodi, da cospicui premi in danaro (E.E. Barnard con i proventi delle scoperte riuscì a metter su casa). Anche ai giorni nostri, la scoperta di oggetti peculiari o rilevanti porta allo scopritore una certa popolarità, come abbiamo potuto constatare con le recenti comete C11996 B2 (Hyakutake) e C/1995 O1 (Hale-Bopp); dal 1998, la reintroduzione di un premio in danaro, l'Edgar Wilson Award, ha fornito un incoraggiamento in più alla ricerca.

Peraltro, gli astronomi non professionisti dedicano alla caccia di comete una parte significativa del loro tempo libero e delle loro energie, soprattutto per il fascino e la meraviglia che questi viaggiatori siderali sono in grado di suscitare ancora oggi, così come nell'antichità. Fondamentale risulta comunque la gratificazione che deriva dalla consapevolezza di aver scoperto un corpo celeste nuovo, mai osservato in precedenza da altro essere umano: attribuire il proprio nome a una cometa è il passaporto per l'ingresso negli annali dell'astronomia e nel catalogo di Marsden, ove sono elencate tutte le orbite cometarie note.

Nel seguito, l'illustrazione di alcune delle tecniche adottate dai cacciatori di comete di successo ci permetterà di delineare un quadro introduttivo d elementi necessari per creare un efficiente programma di ricerca. Comunque, trattandosi di attività in cui la buona sorte mantiene un ruolo importante per il raggiungimento dell'obiettivo, e ciò indipendentemente dall'affinamento tecnico e dalla strumentazione impiegata, molto dipenderà, oltre che da un buon programma di ricerca, anche dalla benevolenza della dea bendata.

Famosi scopritori di comete del passato, alla domanda su come si scoprono nuove comete erano soliti rispondere: "Non certo standosene a letto". oppure: "Volete un consiglio? Iniziate a cercare!".

LA RICERCA VISUALE

Diventare cacciatore di comete implica adeguare il modo di porsi nei confronti dell'attività di astrofilo. È necessario passare dalla condizione di chi osserva episodicamente, motivato dal sussistere di uno specifico fenomeno o per ottenere dati su un arco temporale definito, a quella d cacciatore metodico e particolarmente assiduo, in grado di sobbarcarsi lunghe fasi di lavoro prive di risultati, ma che costituiscono il percorso indispensabile per ottenere alla fine il successo. Successo che, dopo centinaia d'ore di osservazione apparentemente inutili, in un solo istante corona e annulla le fatiche di anni.

Il passaggio alla nuova attività spesso costringe il cacciatore in una condizione di relativo isolamento, poiché non è facile trovare astrofili motivati impegnati in analoghe attività anche se, in anni recenti, le reti informatiche hanno efficacemente ridotto le distanze e permesso lo scambio globale di informazioni. Si dovrà dunque cominciare a confrontarsi quotidianamente con se stessi e con la propria tenacia, valutando criticamente i motivi della mancata scoperta di questa o quella nuova cometa, osservata invece da un altro cacciatore in un'altra parte del pianeta. Nonostante tutto il nuovo status presenta aspetti positivi e rafforza, completandole, le nostre qualità di osservatori.

La mancanza a breve termine di risultati può demotivare e indurre alcuni a ritenere, erroneamente, che tecnica o strumento siano inadeguati o a coltivare propositi di abbandono: nel seguito, definiremo i metodi attualmente ritenuti idonei per scoprire una cometa. I fattori determinanti sono in ordine di importanza decrescente, l'abilità dell'osservatore, le condizioni del cielo e da ultimo lo strumento. Gli scopritori di comete sanno bene che l'unico modo di ottenere il risultato è perseverare, al di là di ogni tecnicismo o artificio.

IL CACCIATORE DI COMETE IDEALE

Iniziamo dunque dall'elemento più importante: l'osservatore. La ricerca di comete è attività di esplorazione sistematica, condotta di frequente ed estesa a vaste zone di cielo, con l'obiettivo di rilevare oggetti diffusi sconosciuti. Effettuato un adeguato periodo di rodaggio, durante il quale viene ottimizzata la tecnica di osservazione, sono necessarie in media 200-300 ore al telescopio per ottenere una scoperta, sebbene studi statistici recenti abbiano rilevato un significativo incremento ditale valore, che si attesterebbe a circa 600 ore, per ricerche condotte dall'emisfero boreale. Non sono rari comunque i casi di astrofili che si sono dovuti impegnare per tempi assai più lunghi, dell'ordine di 1700-1800 ore, mentre sono meno frequenti le scoperte accidentali o ottenute dopo sole poche ore di ricerca.

Scoprire una cometa non è perciò un'attività dai risultati immediati. Questo settore, purtroppo o per fortuna, è uno dei pochi in cui è l'uomo e non il mezzo a fare la differenza; il telescopio più grande o quello più sofisticato non hanno ancora superato le doti proprie dell'osservatore, che deve mostrare tenacia e capacità di automotivazione per mantenere nel tempo entusiasmo e spirito di competizione.

Sono molte le avversità con cui è necessario confrontarsi per mantenere operativo un programma di ricerca, prime fra tutte le condizioni meteorologiche, che influenzano in modo significativo le probabilità di successo. Esiste una diretta correlazione tra la probabilità di scoperta, il numero di notti serene e il numero medio di ore di ricerca per scoperta. I giapponesi ritengono che il numero minimo di notti serene all'anno per ottenere risultati sia di 80-100, per circa 100-200 ore di caccia; Don Machholz, uno dei più attivi cacciatori odierni, si mantiene da vent'anni in media sulle 280 ore di ricerca annuali, con punte di 553! Non bisogna però dimenticare che molti scopritori di fama internazionale, quali George Alcock (con all'attivo 5 comete e diverse stelle novae) o Roll Meier (4 comete), operano da siti meteorologicamente inadatti, come la Gran Bretagna e il Canada. È la dimostrazione che ciò che veramente serve al cacciatore è la capacità di perseverare, accettando lunghi periodi senza risultati, o altri in cui le condizioni meteo costringono a "rinunciare" all'ambita preda in favore di osservatori più fortunati poiché situati, al momento opportuno, in luoghi in cui il cielo è sereno.

Chi, in coscienza, confida di poter contare su tale spirito già possiede l'ingrediente più importante per intraprendere con successo l'avventura della caccia a una nuova cometa.

SITO E CONDIZIONI DI OSSERVAZIONE

Per cacciare comete occorrono ottime condizioni di cielo, specie per trasparenza e inquinamento luminoso, sempre più rare nel nostro Paese. In particolare le comete, generalmente di aspetto diffuso e scarsamente brillanti al momento della scoperta, sono osservabili da siti in cui siano visibili a occhio nudo con facilità la Via Lattea, la luce zodiacale e le stelle oltre la sesta magnitudine. Tali condizioni non sono propriamente quelle cittadine: sarà perciò indispensabile raggiungere luoghi favorevoli per compiervi le osservazioni.

Oggi la maggior parte degli scopritori di comete è dotata di strumenti trasportabili e percorre decine, spesso centinaia, di chilometri per raggiungere siti ove installare il telescopio. Tra questi, l'australiano William Bradfield, scopritore di 17 comete, che col passare degli anni ha dovuto allontanarsi sempre più da Adelaide, la città in cui vive, per sfuggire al crescente inquinamento luminoso. Solo alcuni statunitensi, come H. Brewington, D.H. Levy e D. Machholz, si permettono il lusso di osservare il cielo dal giardino di casa, avendo trasferito la loro residenza in luoghi aridi e isolati del New Mexico, dell'Arizona o della California.

È utile poter disporre di diversi siti di osservazione distanti tra loro per aumentare la frequenza di osservazione scegliendo, di volta in volta in funzione delle condizioni meteorologiche, quello che offre condizioni migliori. Ad esempio, i siti a quota intermedia offrono condizioni accettabili in caso di vento o durante i mesi invernali, quando la neve impedisce l'accesso a quote elevate; i siti in quota si caratterizzano invece per il cielo più scuro e la migliore trasparenza nelle condizioni anticicloniche estive, quando in basso ristagna la foschia.

È indicato stazionare il telescopio lontano dalla sede stradale per evita interferenze causate da fari di auto in transito e perdite di tempo dovute alla curiosità di eventuali passanti. Durante l'osservazione si può montare uno schermo di cartone in prossimità dell'oculare, per evitare alle luci parassite di ridurre l'acuità visiva e che l'osservatore, impegnato ad esaminare ogni grado di cielo con la massima accuratezza, si distragga. Per consultare le carte di riferimento, rispettando l'adattamento dell'occhio alla visione notturna, si utilizza una torcia rossa di bassa intensità.

La scelta del luogo di osservazione è anche funzione della tecnica di ricerca e, nel caso di caccia in zone di cielo prossime al Sole, deve garantire libero accesso agli orizzonti est e ovest, nonché, nel periodo estivo, quello nord.

 

QUANDO CACCIARE

Per vedere corpi celesti di aspetto debole e diffuso è indispensabile tener conto della Luna, la cui luce ne rende impossibile l'individuazione; la Luna è il "semaforo" che decreta l'opportunità o meno di condurre la ricerca con efficacia.

Rivestono una particolare importanza due periodi del mese lunare in cui le aree di cielo dove maggiore è la probabilità di scoperta divengono osservabili in condizioni di completa oscurità. L'inizio del periodo senza Luna permette di esplorare zone rimaste precluse per un paio di settimane, durante le quali una cometa potrebbe aver raggiunto la soglia di osservabilità (non di rado il tasso di incremento della luminosità di comete osservabili con telescopi amatoriali raggiunge le 0,5 magnitudini in 10 giorni) -

Il primo periodo interessa la ricerca serale e inizia 2-5 giorni dopo la Luna Piena, quando si rendono accessibili le zone di cielo a est del Sole. Il secondo riguarda la ricerca mattutina, che si effettua già a partire dall'Ultimo Quarto per rilevare eventuali comete brillanti (mv < 8-8,5), potenzialmente visibili anche con il cielo rischiarato dalla Luna, e si completa con la nuova esplorazione in condizioni di completa oscurità, dopo la Luna Nuova. Le aree controllate al mattino sono situate a ovest del Sole ed è molto importante garantirne l'esplorazione assidua poiché in esse vi è statisticamente la maggiore probabilità di scoperta.

Se possibile, è opportuno ripetere l'esplorazione delle zone favorevoli prima che la Luna torni ad infastidire con la sua luce, rispettivamente sino a 2-3 giorni dopo la fase di Luna Nuova e 4-5 giorni prima della Luna Piena.

Sebbene le "norme comportamentali del buon cacciatore" sconsiglino la caccia in presenza di Luna, è possibile tollerare una piccola falce crescente di 3 o 4 giorni d'età nel cielo serale ed è indispensabile programmare l'esplorazione del cielo mattutino a partire da 4-5 giorni prima della Luna Nuova. Attendere proprio la Luna Nuova può significare perdere una priorità di scoperta; inoltre, in mesi con condizioni meteo particolarmente sfavorevoli, è buona norma non perdere l'occasione di dare comunque un'occhiata in quelle zone, precluse da giorni, in cui la probabilità di scoperta è massima. La serrata competizione tra aspiranti scopritori consiglia di informarsi con attenzione sull'evoluzione delle condizioni atmosferiche e sfruttare anche brevi intervalli meteo favorevoli.

Cacciare comete non significa trascorrere notti intere a osservare, magari concentrate nel week-end, bensì esplorare sistematicamente con la massima frequenza, indipendentemente dal giorno della settimana e da altri impegni contingenti, nelle 2-3 ore serali, dopo il crepuscolo, o mattutine, prima dell'alba.

GLI STRUMENTI PER LA RICERCA VISUALE

La scelta dello si effettua in funzione del metodo di ricerca e della regione che si intende controllare.

Le orbite delle comete, caratterizzate da elevata eccentricità, le rendono brillanti in vicinanza del Sole, ed è fra 30° e 90° di elongazione dal Sole che si ha il maggior numero di scoperte visuali. Sono zone di cielo sempre prossime agli orizzonti, dove osservare è difficoltoso per la scarsa trasparenza atmosferica e a causa del periodo di tempo limitato in cui rimangono accessibili. In esse, solo raramente si scoprono comete più deboli dell'undicesima magnitudine: nella maggior parte dei casi si rinvengono corpi celesti di nona grandezza.

Il telescopio ideale per la caccia in queste aree di cielo dovrà quindi per metterci di vedere comete sino alla nona-decima grandezza (apertura 10 a 20 cm) e disporre di un supporto adatto all'esplorazione in prossimità dell'orizzonte, dove la rotazione terrestre e la necessità di completezza e controllo impongono l'impiego di montature altazimutali.

È difficile stabilire quale sia lo schema ottico più adatto; storicamente sono stati utilizzati tutti i tipi di telescopi e la scelta di uno rispetto all'altro è stata dettata da fattori apparentemente marginali, quali prezzo, reperibilità mercato o gusto soggettivo dell'osservatore, più che dall'effettiva superiorità di una combinazione rispetto a un'altra. La tabella qui sotto fornisce, funzione dell'apertura del telescopio, l'ingrandimento ideale e la magnitudine limite approssimativa di comete individuabili nell'esplorazione visule.

 

 

INGRANDIMENTO E MAGNITUDINE LIMITE APPROSSIMATA PER OGGETTI DIFFUSI IN FUNZIONE DELL'APERTURA DEL TELESCOPIO.

Apertura (cm)

Ingrandimento ideale

Mag. Ilm

Campo visivo

10

20

9,5

3°,2

15

25

10

2°,5

20

33

10,5

25

40

11

1°,5

30

50

11,5

1°,3

40

60

12

 

Ciò che veramente interessa è che il tubo sia poco ingombrante, l'ingrandimento basso (ottima una pupilla di uscita di 6 mm) e il campo visivo ampio e sufficientemente corretto ai bordi. A ciò contribuisce la qualità dell'oculare, che in genere ha un campo apparente di 60° e il barilotto o un diametro superiore ai canonici 31,8 mm, per evitare effetti di vignettatura. Il telescopio spesso indicato come ideale per la ricerca ha apertura circa 15 cm; una volta acquisita un'ottima conoscenza del cielo è possibile impiegare con efficienza anche strumenti maggiori in programmi supplementari per l'esplorazione più profonda o di aree di cielo distanti dal Sole. Infatti, la ricerca in zone di cielo oltre i 60° di elongazione, dove le comete nuove si presentano mediamente meno brillanti, richiede telescopi di almeno 25 cm, meglio se con montatura equatoriale, che riduce il rischio tralasciare strisce di cielo e permette di definire con precisione le aree scandagliate.

Qualunque sia il tipo prescelto, la montatura dovrebbe soddisfare i 5 seguenti requisiti:

· disporre di un movimento fluido e uniforme nel senso in cui verranno condotte le esplorazioni e di un blocco del movimento sull'altro asse;

· permettere una posizione di osservazione comoda, indispensabile per mantenere ore

· impiegare supporti a colonna che non ostacolino il movimento dell'osservatore mentre gira attorno alla montatura;

· le equatoriali devono essere compatte e permettere, in piedi, di raggiungere agevolmente l'oculare mentre il telescopio effettua la scansione di ampi archi di ascensione retta o declinazione;

· le equatoriali devono permettere l'accesso alle zone di cielo situate in prossimità del Polo Celeste.

Si può prendere spunto da soluzioni ideate dai cacciatori di successo: Don Machholz impiega sia un binocolo 27X120 su montatura altazimutale realizzata con tubi di acciaio, normalmente impiegati in edilizia nelle reti idriche, sia un riflettore Newton di 25 cm f/3,8 in montatura equatoriale, anch'essa realizzata accoppiando opportunamente parti di tubi metallici. Howard Brewington e David Levy per contro, scoprono parecchie comete con riflettori di 40 cm f/4,5 in montatura altazimutale (tipo Dobson) con cui effettuano la caccia prevalentemente in aree a ridotta elongazione; sul telescopio principale ne è montato un altro di 20 cm, per esplorare velocemente le zone di cielo prossime all'orizzonte (al di sotto di 20° di altezza) dove lo scarso tempo a disposizione rende meno efficiente il 40 cm.

I giapponesi, invece, ai riflettori e rifrattori di pari apertura e ingrandimento preferiscono i grossi binocoli (20X100, 20X120 o 25X150) per visualizzare oggetti diffusi e deboli; tuttavia, i binocoli hanno costi decisamente elevati e in genere sono impiegati su montature altazimutali per condurre la ricerca nelle zone in cui le comete sono abbastanza luminose.

I rifrattori, che hanno un prezzo intermedio tra i riflettori e i binocoli, erano spesso utilizzati in passato, ma sembrano oggi meno apprezzati, probabilmente per il maggiore ingombro e la necessità di fissarli a montature pesanti e difficilmente trasportabili; W.A. Bradfield ha comunque scoperto/ 14 delle sue 17 comete con un rifrattore altazimutale di 15 cm f/5,5 ricavato da una lente nata per aerofotogrammetria.

LA RICERCA CON STRUMENTI ALTAZIMUTALI

La ricerca condotta con strumenti in montatura altazimutale si ripropone il controllo di aree entro i 60°-90° di elongazione dal Sole e consiste nel perlustrare accuratamente due zone di cielo visibili, una a ovest di sera e l'altra a est nell'ultima parte della notte; le zone sono ampie un centinaio di gradi in azimut per un'altezza di circa 50°. Le ore in cui condurre la caccia sono quelle immediatamente successive al crepuscoli astronomico serale e prima dell'inizio di quello mattutino. Un'idea semplice, ma bisogna tenere conto di due fattori importanti:

e l'esplorazione deve essere completa; tralasciare parti di cielo può significare la perdita anche di una cometa brillante;

e l'esplorazione deve essere veloce, altrimenti per effetto della rotazione terrestre rimarremo ad osservare per troppo tempo in condizioni mediocri, quelle che tipicamente si hanno in prossimità dell'orizzonte.

Diverse sono le tecniche impiegate dai cacciatori di comete, ma solo quelle unidirezionali garantiscono la copertura integrale dell'area. Si tratta d condurre la ricerca in una sola direzione; esplorando in azimut, per esempio, si muoverà lentamente lo strumento scandagliando il cielo da est verso nord. Esplorato l'arco di ampiezza prefissata, si evita di regolare l'altezza di puntamento del telescopio e di ripartire in senso inverso secondo i metodo che è detto a zig-zag: si torna invece velocemente al punto iniziale prima di adeguare il puntamento del telescopio in altezza e ripartire.

Se si presume di disporre di due notti serene consecutive è preferibile restringere l'ampiezza della zona da esplorare, ad esempio dividendola in due semizone, per essere più rapidi e controllare il cielo fino alla massima altezza sull'orizzonte. In questo caso, si abbia l'accortezza di sovrapporre le semizone adiacenti di almeno 5° onde evitare di tralasciarne parti o chi una cometa veloce prossima alla divisione tra le due zone possa sfuggire passando da una parte all'altra nell'arco di pochi giorni. Con previsioni di maltempo a breve-medio termine si cerchi invece di esplorare quanto più cielo possibile in un'unica sessione, estendendo l'ampiezza in azimut sino a 90°-100°.

LA RICERCA SERALE: La tecnica per eccellenza, tipica dell'esplorazione serale, ammesso che ne esista una, prevede l'inizio della ricerca 10-15 minuti prima della fine del crepuscolo astronomico. Si punta il telescopio alla minima altezza sull'orizzonte compatibile con le ostruzioni locali e la trasparenza del cielo. L'esplorazione è condotta in azimut mantenendo costante l'altezza di puntamento del telescopio sull'intero arco prestabilito (l'esplorazione di una striscia di cielo, ampia quanto l'azimut e di altezza pari a un campo visivo, è detta in gergo passata) Si procede verso l'alto e la regolazione in altezza del telescopio, eseguita prima di ogni passata, è determinata in funzione della rotazioni apparente della volta celeste mantenendo una striscia di sovrapposizione tra due passate consecutive, ad esempio di 0°,25, per ridurre la possibilità di perdere comete al bordo del campo visivo dove la qualità dell'immagine non è eccelsa.

L'ammontare della regolazione in altezza dipende dalla durata delle passata che è funzione della sua ampiezza, della velocità di esplorazione e del campo reale dello strumento. Per un osservatore situato alla latitudine di 45° lo spostamento verticale apparente massimo di una stella ad ovest è approssimativamente pari a 0°,17 al minuto.

La velocità di esplorazione idonea (la più alta, compatibilmente con la possibilità di rilevare oggetti deboli) secondo numerose determinazioni empiriche è prossima a 0°,4 al secondo per telescopi con ingrandimento da 20 a 30 volte; sono necessari in media 2m per completare una passata ampia 50° e il corrispondente abbassamento apparente del cielo in corrispondenza del punto cardinale ovest è di circa 0°,35. In definitiva, l'ammontare dell'innalzamento del telescopio è pari alla differenza tra l'ampiezza del campo visivo e la somma della sovrapposizione prestabilita più la compensazione per la rotazione apparente della volta celeste: (0°,25+0°,35=0°,6).

Un binocolo 25X150 con campo visivo di 2°,7 esplora quindi ad ogni passata una nuova striscia di cielo alta circa 2° (2°,7-0°,6=2°,1). La regolazione si effettua direttamente all'oculare, stimando l'ammontare dell'innalzamento quale frazione del campo visivo (la sovrapposizione di 0°,25 evita l'esigenza di un'estrema precisione).

Nel caso di passate che richiedono un tempo superiore a quello medio (o più ampie di 50°) l'innalzamento del telescopio viene ridotto proporzionalmente per evitare di tralasciare strisce di cielo. È chiaro che le condizioni assunte per compensare l'effetto della rotazione apparente della volta celeste sono le più penalizzanti e che allontanandosi dal punto cardinale ovest la sovrapposizione tra passate contigue aumenta oltre il necessario, ma ciò è inevitabile se si vuole garantire la copertura completa e mantenere semplice la tecnica di ricerca.

Spesso la passata viene interrotta allo scopo di verificare la presenza sugli atlanti di oggetti diffusi sospetti: in questi casi è utile memorizzarne la posizione nel campo visivo al momento dell'individuazione; effettuate le verifiche, li si riporterà nella stessa posizione prima di riprendere la passata, sempre al fine di garantire il controllo completo dell'area.

LA RICERCA MATTUTINA: Il cielo mattutino possiede le maggiori potenzialità di scoperta; in esso alcuni astrofili compiono la maggior parte delle loro ricerche (anche sino 70% del tempo disponibile).

Le considerazioni sulla tecnica serale sono valide anche per la ricerca mattina: si può iniziare 2 o 3 ore prima dell'inizio del crepuscolo esplorando il cielo da est a partire da un'altezza di circa 50° e procedendo verso il basso si a raggiungere l'orizzonte all'inizio del crepuscolo.

Nel cielo mattutino la rotazione terrestre comporta l'innalzamento degli astri sull'orizzonte e ciò risulta proficuo se si conduce la ricerca "verso l'alto" in modo simile a quello normalmente usato di sera. La tecnica introdotta Bradfield prevede l'esplorazione dell'area prescelta a tappe. Si inizia puntando il telescopio a 20°-25° di altezza e si esplora verso l'alto fino a circa 60° Terminata la prima fase, la ricerca viene momentaneamente interrotta e si punta il telescopio a 15° di altezza, da dove si ricomincia procedendo Sin raggiungere il bordo inferiore della zona già esplorata. Al termine si torna abbassare il telescopio puntandolo a circa 10° sull'orizzonte e si procede come descritto sino alla zona già esplorata. Se le condizioni di trasparenza consentono, si esplorano infine le zone più prossime all'orizzonte, eventualmente impiegando un quindicina di minuti di crepuscolo.

La tecnica appare di primo acchito complicata ma in realtà è efficace e riduce il rischio di tralasciare strisce di cielo. L'effetto della rotazione terrestre, alla peggio, causa la sovrapposizione eccessiva tra passate successive, se queste eccedono in durata il tempo previsto; è anche semplice determinare l'ammontare dello spostamento in altezza del telescopio. Considerando l'esempio precedente, la rotazione terrestre opera ora in nostro favore e provvede di per sé a garantire la sovrapposizione arbitraria di 0°,25 se la durata della passata supera 1,Sm: il telescopio verrà innalzato di un angolo pari a un campo visivo.

La parte delicata della procedura mattutina è riuscire a raggiungere l'orizzonte in concomitanza con l'inizio del crepuscolo; arrivarci troppo presto significa esplorare quando le zone non hanno ancora raggiunto la massima altezza, mentre arrivarci tardi significa non completare la ricerca. Un'occhiatina di tanto in tanto all'orologio permette di adeguare il procedere della ricerca al tempo disponibile.

LA RICERCA IN ALTEZZA: Alcuni osservatori utilizzano, per la caccia nelle zone di cielo vicine agli orizzonti, la tecnica di esplorare lungo l'asse di altezza mantenendo fissa la direzione in azimut. Anche in questo caso sono valide, opportunamente adeguate, le considerazioni esposte in merito alla compensazione della rotazione terrestre e di conduzione unidirezionale delle passate. Si inizia la ricerca da un'altezza prestabilita e si esplora scendendo verso l'orizzonte per poi rapidamente risalire, effertuare la regolazione in azimut e ricominciare verso il basso la passata successiva.

Il problema che si incontra nella ricerca in altezza è l'impossibilità di completare l'esplorazione delle aree più prossime all'orizzonte - quelle vicino all'est e all'ovest, a minor elongazione - a causa della rotazione terrestre. Il metodo si adatta invece perfettamente alla ricerca in zone diverse, specie con i telescopi medio-grandi. Per esempio, con i dobsoniani, oggi molto diffusi, si può effettuare la ricerca all'orizzonte nord e quella in prossimità del meridiano. Alle nostre latitudini per circa cinque mesi, a cavallo del periodo estivo, è interessante l'esplorazione del cielo a nord, dall'orizzonte sino alla Stella Polare, ove rimangono visibili per tutta la notte aree di cielo di elongazione inferiore a 90°. In quella direzione l'effetto della rotazione terrestre diviene meno fastidioso e la componente verticale si riduce a zero proprio a nord, permettendo un'efficace esplorazione.

Anche a sud in zone prossime al meridiano il metodo garantisce efficienza e copertura rigorosa; unica accortezza da adottare, stante l'elevata elongazione dal Sole e quindi la presumibile debolezza di una cometa nella zona, è l'impiego di telescopi di almeno 25-30 cm. È opportuno inoltre tenere presente che le aree di cielo prossime all'eclittica e all'opposizione sono quelle più controllate dai professionisti alla ricerca di asteroidi con camere Schmidt, anche se ciò non deve assolutamente costituire un deterrente.

LA RICERCA CON MONTATURE EQUATORIALI

Il metodo equatoriale per motivi analoghi alla ricerca verticale con montature altazimutali, non è in grado di garantire la copertura efficace delle zone di cielo prossime all'orizzonte, ma in tutte le altre offre indubbi vantaggi. Non essendo adatto al controllo delle zone in cui le comete si presentano più brillanti, il telescopio da usare con il metodo equatoriale deve avere un'apertura di almeno 25 cm. La montatura equatoriale supera i problemi posti dalla rotazione terrestre:

esplorando in ascensione retta (A.R.), a declinazione costante, per determinare l'ammontare della regolazione in declinazione tra due passate successive si tiene conto solo della sovrapposizione prestabilita, indipendentemente dalla loro durata. Non è neanche obbligatoria la tecnica unidirezionale e si può evitare di tornare al punto di partenza dopo ogni passata.

Scegliendo di esplorare in declinazione (dec.), sarà il motore dell'asse orario a mantenere costante l'ascensione retta; si abbia l'accortezza di effettuare la regolazione in A.R. all'estremità della passata più prossima all'equatore celeste, onde evitare di tralasciare zone di cielo in prossimità dell'equatore stesso e quindi di operare in modo unidirezionale. La ricerca lungo l'asse di declinazione delimita in modo preciso l'area esplorata e permette scansioni di aree contigue in notti successive evitando sovrapposizioni indesiderate.

Un inconveniente del metodo equatoriale è l'ampio arco descritto dall'oculare durante la passata; riducendo l'ampiezza a 30°-40° il problema diviene nella maggior parte dei casi gestibile. Comunque, una montatura che permette di accedere comodamente all'oculare, ovunque sia diretto il telescopio, agevola l'osservazione prolungata: un vantaggio tutt'altro che trascurabile.

Da ultimo va ricordato che un telescopio di apertura considerevole rivela, durante la ricerca, molte false comete. Con un 25 cm "scopriremo" la maggior parte degli oggetti riportati da atlanti come lo Sky Atlas 2000 o l'Atlas of the Heavens, e la verifica richiede parecchio tempo ed impegno, specie se non si ha un'ottima conoscenza del cielo.

ACCESSORI ELETTRONICI

Il problema del riconoscimento delle "false comete" diviene importante se si usano telescopi di dimensioni rilevanti; in alcuni casi talmente importante da rendere poco efficiente la ricerca, specie se si effettua la verifica col metodo tradizionale di confronto con atlanti cartacei. Oggi però l'elettronica permette di superare con semplicità questo inconveniente.

Tramite encoder, facilmente applicabili agli assi del telescopio, e un'interfaccia seriale di connessione al PC, sul quale è installato un programma tipo The Sky - meglio se su CD-ROM con l'enorme quantità di dati che rende disponibili - è possibile vedere sulla mappa riprodotta dal computer la posizione, costantemente aggiornata, in cui il telescopio viene diretto. Le numerose librerie del software forniscono visualizzazioni cartografiche accurate con stelle sino alla quindicesima magnitudine e oggetti non stellari sino alla diciottesima, molto più deboli di quelli rintracciabili con telescopi di 40 cm di diametro. I sistemi più semplici, che non necessitano del PC, forniscono solo le coordinate del centro del campo inquadrato e richiedono di conseguenza la consultazione di atlanti o cataloghi cartacei. L'abbandono dei metodi tradizionali di verifica velocizza il processo a tal punto da aprire nuovi orizzonti verso telescopi giganti di 60 cm e più, con prospettive e potenzialità ancora da esplorare.

 

 

LA RICERCA FOTOGRAFICA

condotta con telescopi Schmidt professionali ha i~Ldeterminato per decenni un numero cospicuo di scoperte di comete

anche se, per la quasi totalità, si tratta del prodotto secondario di pro-grammi di ricerca di asteroidi e non del frutto di ricerche specifiche.

Pochi e sporadici invece i risultati amatoriali, per lo più ottenuti con foto a lunga posa di corpi celesti noti o, anche in questo caso, frutto di programmi di ricerca di asteroidi. Poiché non disponiamo di un numero significativo di eventt, e difficile fissare le caratteristiche di un programma-tipo per la ricerca fotografica amatoriale, anche se le potenzialità del settore sono tali da giustificare ogni sforzo per ottimizzare la tecnica di osservazione.

lossiamo provare a costruire un programma di ricerca fotografica amatoriale a partire dall'esame delle scoperte professionali ottenute con telescopi Schrnidt di medio diametro, storicamente rivelatisi i più efficienti. il primo elemento importante è la considerazione che un buon numero di scoperte professionali riguarda oggetti di magnitudine 12-15, quindi oltre il limite visuale, ma perfettamente alla portata di ricerche fotografiche amatoriali.

STRUMENTI PER LA RICERCA FOTOGRAFICA

Esclusa la ricerca fotografica al telescopio, inadatta per i lunghi tempi di posa e i piccoli campi inquadrati, rimangono al dilettante le interessanti possibilità offerte dalle camere Schmidt e dai teleobiettivi.

Le Schmidt di 15-20 cm di apertura, per luminosità, ampiezza del campo inquadrato e qualità delle immagini, sono strumenti idonei; il loro costo è però ragguardevole e la disponibilità di mercato scarsa. Loro tipici difetti sono la limitata praticità e i problemi conseguenti alla macchinosa manipolazione della pellicola; richiedono inoltre montature un po' ingombranti, sempre scomode per chi non dispone di una postazione fissa.

I teleobiettivi fotografici per reflex formato 35 mm offrono la soluzione migliore: sono facilmente reperibili, luminosi, compatti, di buona praticità d'uso e con costi relativamente limitati. Quelli con focale sino a 300-400 mm, se montati su inseguitori automatici, con esposizioni brevi, non richiedono neppure la guida. La tabella qui sotto riporta alcune caratteristiche dei teleobiettivi.

È consigliabile utilizzare pellicole rapide per contenere i tempi di esposizione, ma si dovrà esporre almeno due fotogrammi per ogni campo, meglio se a 30-60m l'uno dall'altro, per eliminare i difetti delle emulsioni, che sono sempre presenti e provocano falsi allarmi in fase di controllo. Il tempo di esposizione sarà il più breve possibile e comunque verrà determinato empiricamente in funzione delle condizioni del cielo e della magnitudine limite che si intende raggiungere.

Per la ripresa di decine di fotogrammi per ogni notte di osservazione si useranno pellicole economiche che forniscono buoni risultati senza richiedere laboriosi processi preliminari (come l'ipersensibilizzazione) e che si possono agevolmente sviluppare in casa, per comprimere i tempi tra la ripresa e l'esame dei fotogrammi. In genere, si impiegano pellicole bianco/nero (tipo la Kodak T-Max 400), ma alcuni cacciatori preferiscono le diapositive a colori (come la Scotch Chrome 400): a parità di sensibilità, queste forniscono immagini da esaminare positive e inoltre con il colore possono aiutare a identificare la natura dei corpi celesti fotografati.

I giapponesi R. Kushida e K. Takamizawa, per esempio, hanno effettuato diverse scoperte con fotocamere di medio formato, obiettivo di 400 mm di focale f/4 e pellicola T-Max 400 esposta per 4m.

L'ESAME DEI NEGATIVI

La ricerca fotografica produce molte immagini per ogni notte di osserazione. La fase successiva, quella dell'esame dei negativi, in genere necessita di un tempo quattro volte maggiore di quello richiesto per esporre la foto!

È inutile effettuare molte riprese se poi non si è in grado di controllarle tempestivamente. Se il singolo cacciatore non dispone di tempo sufficiente, è consigliabile un lavoro di squadra ben organizzato, che ottimizzi e incrementi l'efficacia della ricerca: dividere i compiti, alternarsi tra ripresa ed esame e soprattutto sfruttare ogni notte serena per aumentare l'area di cielo controllata si traducono in una maggiore probabilità di scoperta.

Raramente il dilettante dispone di apparecchiature sofisticate per esaminare i negativi, ma esistono metodi semplici, economici ed efficaci anche per superare questo ostacolo. Un esame consiste nel confronto della foto più recente con un negativo-campione ottenuto in precedenza. Le comete, per il loro aspetto peculiare, agevolano l'esame rispetto agli asteroidi, alle stelle novae e alle variabili; nel caso di foto particolarmente "profonde" va però considerato il disturbo della miriade di deboli galassie con cui possono essere confuse.

Si inizia con un esame veloce per mezzo di una lente che ingrandisca 15-20 volte o con un proiettore di diapositive, per escludere la presenza di oggetti cospicui; in seguito, si passa a un esame accurato mediante un comparatore, uno strumento per il confronto di due negativi di cui esistono diversi tipi, anche di semplice realizzazione. La scelta di un tipo piuttosto che un altro dipende dalle preferenze personali. I più noti sono il comparatore a proiettori di diapositive (detto Problicom), i dispositivi blinker e i visori stereo.

I Problicom sono comparatori costosi, costituiti da due proiettori di diapositive identici, montati sovrapposti su supporti regolabili che consentono di allineare con precisione le due immagini. Un piccolo motore elettrico posizionato tra i due proiettori fa ruotare un semicerchio di materiale opaco che alternativamente blocca una delle due immagini, mettendo in risalto ogni oggetto presente solo in una delle due, che sembra lampeggiare.

I blinker esistono in molte varianti e possono essere molto sofisticati; il principio di funzionamento è basato sull'osservazione in rapida sequenza dei due negativi, opportunamente ingranditi, permessa dall'alternata accensione delle lampade che li illuminano. Le variazioni si evidenziano, come con il Problicom, con una sorta di scintillazione.

I visori stereo sono costituiti da due sistemi ingranditori indipendenti, accostati in modo da adattarsi alla distanza interpupillare dell'osservatore, che guarda contemporaneamente due immagini fuse dal cervello in una sola. Con un po' di pratica si avverte ogni differenza tra le due immagini: in particolare, i corpi celesti in movimento (comete e asteroidi) presenti in immagini riprese a distanza di qualche decina di minuti, appaiono "galleggiare" sullo sfondo del cielo (era il metodo usato dagli Shoemaker).

Qualunque sia lo strumento comparatore prescelto, i negativi vanno esaminati accuratamente ponendo la massima attenzione agli oggetti più difficili, quelli al limite di visibilità, poiché quelli più brillanti attireranno subito la nostra attenzione.

 

LE CAMERE ELETTRONICHE

I CCD sono i più moderni ed efficienti rivelatori disponibili in astronomia, oggi anche alla portata degli astrofili. Si comportano come fotocamere estremamente efficienti nel registrare sorgenti celesti deboli, in tempi brevi. Le considerazioni valide per la ricerca fotografica valgono anche per la ricerca con CCD, seppure con qualche significativa distinzione.

I CCD, per l'elevata sensibilità, permettono di riprendere oggetti più deboli e in minor tempo rispetto alla fotografia; sono in grado di mitigare l'effetto dell'inquinamento luminoso e della mediocre trasparenza in prossimità dell'orizzonte, risultando pertanto utilizzabili nelle regioni controllate dai cacciatori visuali. Il problema che tuttora inibisce il passaggio in massa verso la nuova tecnologia è costituito dalle dimensioni ridotte dei sensori disponibili (quelli a prezzi ancora ragionevoli). Il problema non è trascurabile poiché un piccolo CCD significa un piccolo campo visivo e ciò si traduce in una minore probabilità di scoperta.

In attesa di sensori più grandi, che certo non tarderanno a rendersi disponibili, ecco che cosa permettono gli odierni CCD. Iniziamo dal campo inquadrato: con un sensore economico da 6X4 mm di lato e un obiettivo di 50 mm di focale (il "normale" di molte fotocamere) si inquadra un campo di circa 5°x7°; con 20s di posa otteniamo immagini sufficientemente "profonde" per il nostro scopo. Su queste immagini, visualizzabili in certi casi direttamente su un monitor televisivo senza bisogno del computer (non elaborate per non perdere tempo prezioso ed esaminate subito dopo la ripresa), un osservatore allenato è in grado di individuare oggetti diffusi sino alla nona magnitudine a patto che le dimensioni apparenti non siano troppo ridotte. Siamo a livelli di profondità della ricerca leggermente inferiori a quelli visuali con piccoli telescopi (15 cm).

Con un obiettivo di 200 mm di focale si raggiungono già risultati lusinghieri, paragonabili a quelli di un osservatore visuale dotato di telescopi di 35-40 cm di apertura; il tempo di posa passa a circa 1,5m, mentre il campo visivo precipita a 1° x 2°, con prevedibili conseguenze sull'efficacia del sistema.

Già c'è chi immagina l'epoca del monopolio CCD anche nel settore della ricerca di comete; ma non è detto che valga la pena di impegnare oggi ogni energia in un campo che è ancora immaturo e probabilmente non competitivo con i sistemi tradizionali. Può sicuramente intraprendere un programma CCD, l'unico efficace in presenza di inquinamento luminoso, chi non è disposto a recarsi a osservare in luoghi isolati e bui. Se lo si adotta, allora si modifichi la filosofia di ricerca: al posto di controllare ampie aree di cielo, si miri ad approfondire il controllo su zone limitate nella speranza di incrociare una cometa debole non rilevabile con altre tecniche. R.A. Tucker, con una tecnica di questo tipo nell'ambito di un programma di ricerca di asteroidi, ha scoperto la cometa LONEOS-Tucker, P/1998 QP54, in un tempo incredibilmente breve!

CHE FARE IN CASO DI SCOPERTA

Le comete sono "prede" celesti particolarmente ambite. Per non correre il rischio di perdere il riconoscimento di una scoperta, magari frutto di anni di lavoro, è importante sapere come comunicare in modo efficace e rapido la notizia al Central Bureau for Astronomical Telegrams (CBAT) di Cambridge, USA, ufficialmente preposto alla verifica e all'attribuzione delle scoperte di fenomeni astronomici transienti.

Prima di inviare comunicazioni, che nel caso si rivelassero inesatte o non veritiere non gioverebbero alla nostra reputazione, è bene abituarsi ad effettuare alcune verifiche. Eccone alcune delle più comuni (si dà per scontato che siano già stati effettuati riscontri banali, quali l'individuazione del campo osservato, la presenza di comete già conosciute nelle vicinanze ecc.):

e verificare che non si tratti del riflesso di una stella brillante o di un pianeta appena fuori dal campo visivo: il controllo si effettua spostando leggermente lo strumento e verificando se l'oggetto sospetto rimane fermo rispetto alle stelle di campo;

· se lo strumento è dotato di un ingrandimento variabile, aumentarlo per escludere che si tratti di un gruppetto di stelle deboli, che spesso a basse ingrandimento possono assumere un aspetto diffuso;

· verificare il movimento rispetto al campo stellare: in genere ciò viene fatto dopo i precedenti controlli e fornisce la prova convincente che l'oggetto sospetto è proprio una cometa. Si effettua uno schizzo del campo visivo del telescopio al più elevato ingrandimento, indicando con precisione la posizione dell'oggetto rispetto alle stelle di campo e l'ora di osservazione Dopo 30-60 minuti, si verifica il disegno con l'immagine al telescopio: se l'oggetto sospetto è effettivamente una cometa, si potrà rilevare un piccole spostamento. Si annotano, oltre alla direzione, l'ammontare dello spostamento e le posizioni all'inizio e alla fine del periodo di osservazione.

Nella ricerca fotografica si verifica la presenza dell'oggetto su entrambe le immagini della zona; inoltre, grazie alla differenza degli istanti di ripresa, potremo già avere un'immediata indicazione sulla direzione e sull'ammontare dello spostamento.

Se, effettuate le verifiche, permane qualche dubbio, è bene chiedere ad astrofili esperti un'osservazione di conferma; se ciò non fosse possibile o dovesse richiedere troppo tempo, si può contattare Guy Hurst, di The Astronomer, uno dei migliori gruppi internazionali di astrofili che, tramite una rete di osservatori infaticabili e strategicamente distribuiti sul pianeta, è in grado di verificare o smentire l'osservazione in capo a poche ore.

Se ognuna delle verifiche dà esito favorevole e vi è certezza sull'attendibilità dell'osservazione, allora si passa alla comunicazione.

COMPOSIZIONE DEL MESSAGGIO DI SCOPERTA

Innovato di recente in modo radicale dall'avvento della comunicazione elettronica, per decenni il sistema di comunicazione rapida delle scoperte si è basato sul telex. Il sistema telex, pur fornendo al mittente garanzia di ricezione del messaggio da parte del destinatario, ha lo svantaggio del costo e presenta problemi logistici tali da impedirne la diffusione di massa. In primo luogo, il telex impone l'utilizzo di strutture pubbliche, con i conseguenti vincoli sugli orari di accessibilità e con la possibilità di introdurre nel testo errori di trascrizione da parte dell'operatore; a tale riguardo, è stato creato un sistema di codifica numerica dell'informazione che, mediante gruppi di controllo, rivela al destinatario gli eventuali errori di trascrizione.

La posta elettronica, che dapprima si è affiancata al telex, lo ha poi di fatto soppiantato ed è oggi l'unica via per comunicare con la necessaria celerità informazioni importanti al CBAT. Con un personal computer, un modem e l'accesso alla rete informatica si possono inviare/ricevere messaggi in tempo reale da casa propria tramite la normale linea telefonica a/da chiunque, in qualsiasi parte del pianeta, sia dotato di analoghi strumenti. Il sistema elettronico permette anche la connessione al computer del CBAT dove sono immagazzinate precise istruzioni sulla compilazione dei messaggi di scoperta e "bacheche elettroniche" in cui lasciare la nostra comunicazione.

Ma torniamo al messaggio della scoperta; esso deve contenere le informazioni indispensabili per individuare in modo preciso il tipo di oggetto, la posizione, la velocità e la direzione del movimento (qualora rilevati), la luminosità e l'aspetto, i dati sull'osservatore e sullo strumento, nonché la notizia di eventuali conferme a opera di osservatori di comprovata affidabilità. Nel caso in cui si verifichi una scoperta, è difficile mantenere la calma e compilare correttamente il messaggio; è perciò consigliabile predisporne una bozza da riempire al momento buono... qualora dovesse arrivare.

L'EDGAR WILSON AWARD

La circolare IAUC 6936 ha annunciato l'istituzione del Premio Edgar Wilson attribuibile per la scoperta di nuove comete e i criteri per individuare, tra gli scopritori, quelli che hanno titolo a riceverlo. Il premio costituito da una somma in danaro da ripartirsi annualmente tra gli astronomi dilettanti che, con mezzi non professionali, abbiano scoperto una più comete. Solo le comete che ufficialmente ricevono il nome dei loro scopritori sono incluse nel conteggio annuale per la determinazione dell'ammontare unitario del premio: in pratica, si fissa una "quota" che viene determinata dividendo la somma totale a disposizione per il numero delle comete scoperte nel corso dell'anno. Il metodo di ripartizione incentiva chi compie più scoperte, poiché a ciascuna viene attribuita una quota intera, anche nel caso di più scopritori indipendenti; solo se la scoperta è stata effettuata da un team di due persone, che lavorano in coppia, viene attribuita una sola quota da ripartire equamente.

Le scoperte frutto di informazioni fornite allo scopritore da altri non ricevono il premio, che è invece riconosciuto solo per scoperte effettuate con metodi visuali, fotografici o elettronici. Il premio è amministrato dallo Smithsonian Astrophysical Observatorv (SAO) e la gestione operativa è del Central Bureau for Astronomical Telegrams, che, previa consultazione dello Small Bodies Names Committee, ha la responsabiltà dell'attribuzione del nome alle comete. I fondi disponibili per il premio annuale ammontano a circa 20.000 dollari.

Ai fini dell'attribuzione del premio, il periodo di riferimento inizia e termina il giorno 11.0 T.U. giugno. Per beneficiare del premio lo scopritore deve d mostrare:

· che ha operato, almeno per la scoperta della cometa, in qualità di dilettante;

· che ha utilizzato unicamente apparecchiature amatoriali proprie o privatamente possedute.

Il premio Edgar Wilson è di portata internazionale e può essere attribuito ai cittadini di ogni Paese. Un osservatore che ritiene di avere scoperto una cometa si accerta che il rapporto raggiunga il CBAT secondo le procedure usuali. Il CBAT effettua le verifiche di competenza e può mettersi in contatto con lo scopritore per ottenere la documentazione a supporto della titolarità.

A titolo di curiosità, se il premio fosse stato attivo in anni recenti, si sarebbero riscontrati i seguenti numeri di scoperte titolate: premio 1995, 5 scoperte; premio 1996, 6 scoperte; premio 1997, 5 scoperte; premi 1998, 4 scoperte.

 Scritto da MAURO VITTORIO ZANOTTA

Associazione The Astronomer

 

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