La figura di Gesù di Nazareth si staglia in piena luce
storica. La sua avventura terrena comincia con la nascita (forse
il 6 a. C.), e si chiude, come ormai è comunemente ammesso,
l'anno 30 dell'era cristiana.
In primo luogo vengono le fonti dei discepoli del Cristo,
soprattutto i Vangeli.
L'antichissima e costante tradizione attribuisce i Vangeli a
discepoli di Gesù (Matteo, Giovanni), a un compagno dei primi
apostoli, che può anch'egli aver conosciuto personalmente Gesù
(Marco) e a un medico di Antiochia (Luca), che ha avuto occasione
di interrogare testi oculari (e lo dice lui stesso). Già Papia,
vescovo di Gerapoli in Frigia, verso il 130 fa i nomi di Matteo e
Marco; alla fine del sec. Il S. Ireneo e il cosiddetto Canone o
Frammento Muratoriano (perché scoperto dal grande Muratori)
fanno il nome di tutti e quattro gli evangelisti.
L'antichità dei Vangeli è confermata da papiri scoperti
recentemente. Specialmente il Vangelo di Giovanni si tentava di
spostarlo al 200, o al 300 d. C. Tra i papiri egiziani nella
biblioteca John Rylands a Manchester è oggi ben noto il Ryl. Gk
457 (P52) che contiene Giovanni 18, 31-33, 37, 38:
risale ai primi decenni del sec. Il (verso il 130), se non prima.
Il papiro Bodmer classificato come P66 nella prima
parte contiene i primi 14 capitoli di Giovanni: è scritto verso
il 200, ma per i primi fogli si ammette una data anteriore.
Accanto ai Vangeli ci sono le lettere degli Apostoli, tra cui
le 13 lettere di Paolo: benché l'Apostolo non sia stato tra i
discepoli di Gesù, è vicinissimo agli avvenimenti, e la sua
figura eccezionale dà anche un valore eccezionale alle sue
affermazioni storiche.
L'esame dei Vangeli ci conferma che gli scrittori conoscono
bene storia e geografia del tempo. La loro narrazione è precisa,
e quanto mai fredda, oggettiva e distaccata; narrano nei minimi
particolari la passione e la morte di Gesù, e non narrano la sua
resurrezione a cui nessuno fu presente. Ed è bene ricordare che
quasi tutti questi scrittori, questi testimoni (o martiri) hanno
firmato e confermato col sangue la loro testimonianza.
Fuori dell'ambiente cristiano vi sono brevi, ma significative
indicazioni tra giudei e latini.
Tra i Giudei ricordiamo Giuseppe Flavio che nelle Antichità
giudaiche, scritte in greco verso il 93-94 si
riferisce a Cristo in due passi. Notevole importanza ha il
cosiddetto " testimonium flavianum " nel libro XVIII,
63-64. Il testo finora conosciuto presenta delle "
interpolazioni cristiane ". Riferiamo quello che si presume
fosse il testo originale: " In questo tempo esisteva un uomo
saggio chiamato Gesù. E la sua condotta era buona, ed era
conosciuto come virtuoso. E molta gente tra i giudei e altre
nazioni divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò alla
crocifissione e alla morte. E coloro che divennero suoi discepoli
non abbandonarono la sua sequela. Essi raccontavano che egli era
apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione e che egli era
vivo; di conseguenza egli era forse il Messia riguardo a cui i
profeti avevano raccontato cose meravigliose " . (I due
professori israeliani Shlomo Pines e David Flusser (1972) pensano
che il testo originale è quello contenuto in un testo arabo del
sec. X, scritto da un certo vescovo Agapio, che parlando della
crocifissione di Cristo cita appunto il testo di Giuseppe Flavio
riferito nel testo. La traduzione italiana l'abbiamo desunta da P.C.
Landucci, L'università ebraica per la storicità di Gesù,
in Osservatore Romano, 10 marzo 1972, p. 5).
Tra i latini ci sono le testimonianze di Plinio il Giovane,
Svetonio e Tacito. Tacito negli Annali 15, 14, dopo
aver parlato dell'incendio di Roma nel 64 e delle persecuzioni
contro i " chrestiani ", continua: " L'autore di
questa denominazione, Cristo, sotto l'impero di Tiberio era stato
condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; ma,
repressa per il momento, l'esiziale superstizione erompeva di
nuovo, non solo per la Giudea origine di quel male, ma anche per
l'Urbe". Plinio il Giovane, nella sua qualità di
governatore della Bitinia, nel 112 o 113 scrive a Traiano che un
gran numero di Cristiani, gente di ogni condizione, età e sesso,
in determinato giorno (domenica) prima dello spuntare dell'alba
si riuniscono per rendere culto a Cristo come a Dio ("
Carmenque Christo quasi Deo dicere").
Come conferma della " storicità" di Cristo
ricordiamo il " ritratto " del crocifisso nella Sindone
di Torino: quel Crocifisso non può essere altro che Gesù di
Nazareth.
Vita narrata in anticipo
La storia di Gesù è stata " narrata " secoli
prima che egli nascesse, da scrittori (profeti) separati nel
tempo l'uno dall'altro, e senza che si accordassero. Spigoliamo
qualche particolare.
Doveva nascere da Abramo, da David, da una madre vergine, a
Betlemme; su quest'ultimo particolare si noti che tutto portava a
far nascere Gesù a Nazareth: ma all'ultimo momento intervenne il
censimento di Augusto, e Gesù nacque a Betlemme, donde proveniva
la famiglia di David.
La sua passione e morte e sepoltura è raccontata nei minimi
particolari.
Sarebbe entrato a Gerusalemme cavalcando un puledro figlio di
un'asina (Zaccaria 9,9). Poi sarebbe stato ridotto come un
lebbroso, un verme; le sue vesti distribuite tra i suoi
carnefici, che avrebbero poi tirato a sorte la sua tunica (Salmi
22, 19); sepolto con empi, ma avrebbe avuto il sepolcro da ricco
(Isaia 53, 9).
Da tali coincidenze filosofia e Apologetica tirano le loro
conclusioni.
La filosofia conclude che tale racconto, preannunciato tanti
secoli prima e da persone che non si erano accordate, esige una
persona fuori tempo che prevede tutto e domina tutto: senza
timore la possiamo chiamare Dio.
L' Apologetica conclude che Gesù è quindi il Messia
promesso e annunciato: accettare la sua parola, come parola di
Dio.
(Tale coincidenza ha un valore particolare per il popolo ebraico.
Tutta la storia di questo popolo ha senso come preparazione e
tendenza al Messia che doveva nascere da Abramo, da David.
L'unico Messia che può essere preso in considerazione è Gesù (attenderne
oggi un altro è cosa fuori luogo e fuori tempo); e quindi per
gli ebrei non accettare Gesù è rinnegare tutta la prodigiosa e
unica storia del loro popolo).
Gesù parla di se stesso
Dai Vangeli si può ricavare che cosa Gesù abbia detto di se
stesso, con estrema chiarezza, sia pure con prudenza e in modo
progressivo.
Ha detto di essere il Cristo, il Messia promesso: per esempio
lo ha detto chiaramente alla Samaritana (Giovanni 4, 25-26).
Il Cristo, o Messia come inviato di Dio, avrebbe potuto
essere anche un semplice uomo, come Mosè. Invece Gesù ha detto
di essere figlio di Dio in senso stretto, " una cosa sola
col Padre". Egli ha dato a se stesso attributi divini: ha
detto di essere anteriore ad Abramo, anzi al mondo, di essere
disceso dal cielo. Di fronte agli elementi si presenta come
padrone assoluto; durante una furiosa tempesta sul mare di
Galilea egli " dormiva sopra un cuscino... svegliatosi,
minacciò il vento e disse al mare: Taci! Calmati! " (Marco
4, 38-39). Egli dice di essere il nostro unico Maestro, di essere
la " via, verità, e la vita "; di essere " la
resurrezione e la vita"; si proclama giudice supremo
dell'umanità, col potere di rimettere i peccati, potere che
conferisce anche agli altri. Accetta, anzi esige onori divini:
deve essere onorato come il Padre, cioè come Dio (Giovanni 5, 23);
ogni uomo lo deve amare più dei genitori, della moglie, dei
figli, dei fratelli e della sùa stessa vita (Luca 14, 26).
Concludendo, Gesù si è detto figlio di Dio in senso stretto
e quindi vero Dio: a Pietro, che lo aveva riconosciuto il "
Cristo figlio del Dio vivente " promise il primato della
Chiesa; e l'accusa finale per la quale il Sinedrio lo condannò a
morte fu appunto perché si era detto figlio di Dio.
Ciò che Gesù ha detto di sé o è vero o non è vero: non
c'è una via di mezzo. Se è vero, dunque Dio c'è, e si è
manifestato soprattutto con la venuta di Gesù, suo figlio.
Chi rigetta la testimonianza di Gesù su se stesso come falsa
(la persona di Gesù Cristo, il suo problema si impone a tutti:
non interessarsene è già un rigettarlo; non decidere è già un
decidere per la falsità della sua testimonianza. Tanto vale
allora di prendere una decisione esplicita, e saggia) deve poi
scegliere tra due ipotesi: o Gesù l'ha detto in buona fede, o
l'ha detto in mala fede, sapendo di mentire, volendo ingannare.
Chi dice che Gesù parlava (e si sbagliava) in buona fede,
viene a dire che Gesù fu il più compassionevole dei pazzi. Un
povero ciabattino che si dice imperatore d'Europa è un pazzo
incurabile; che dire di un povero carpentiere giudeo che si
proclama figlio di Dio, eterno, padrone del mondo? Naturalmente
chi volesse sostenere che Gesù fosse il più compassionevole dei
pazzi deve poi spiegare la coerenza e altezza del suo
insegnamento, la prontezza della sua intelligenza (per es.
nell'affare dell'adultera: " Chi è senza peccato, scagli la
prima pietra "; nella questione del tributo: " Di chi
è l'immagine?... Date a Cesare... ").
Chi dice che Gesù parlava in cosciente malafede viene a dire
che Gesù è il più abietto degli impostori e dei mistificatori:
se non è il Cristo è l'anticristo, se non è Dio è un demonio.
Chi se la sente di dire una simile cosa?
Così Renan e seguaci che, mentre fanno mostra di esaltare
Gesù (il grande maestro di morale, il martire del Golgota
ecc. ecc.) ne negano però la divinità, in realtà vengono a
dare a Gesù del pazzo o del demonio. E viene inevitabilmente di
applicare a Renan e seguaci la stessa alternativa: se essi
compiono siffatta " pseudoesaltazione " di Gesù in
buona fede senza rendersi conto di come in realtà lo ingiuriano,
sono dei poveri deficienti; se poi la compiono in mala fede, sono
stati a scuola dal demonio.
Concludiamo che la sola testimonianza di Gesù su se
stesso basta a dirci ch'egli è Dio, e quindi Dio c'è.
Gesù e i miracoli
Tutta la vita di Gesù è costellata di avvenimenti superiori
alle forze naturali.
Ricordiamo le profezie. A Pietro dice con precisione: "
Questa notte prima che il gallo canti due volte, mi avrai negato
tre volte "; gli preannunciò anche la morte per martirio: e
fu così. A Gerusalemme profetizzò la vicina distruzione,
precisando che la città sarebbe stata presa d'assedio: " I
tuoi nemici ti circonderanno con trincee... " (Luca 19, 43);
e in realtà Tito, dopo aver tentato invano di espugnare la città
per assalto, la fece circondare con un vallo.
I miracoli sono innumerevoli. E' guarito un cieco nato: la
scena è narrata con vivacità straordinaria, e sul fatto fu
ordinata dai farisei una inchiesta regolare (Giovanni 9). Due
volte pochi pani sono moltiplicati in modo da sfamare migliaia di
persone. Gesù con un solo cenno fa cessare una furiosa tempesta
nel lago di Tiberiade. Sono raccontate in modo circostanziato tre
resurrezioni di morti: della figlia di Giairo, del figlio della
vedova di Nain e di Lazzaro.
Il fatto più decisivo è che Gesù stesso è risuscitato da
morte, si è autorisuscitato. Il fatto stesso della sua
risurrezione non è narrato dagli evangelisti, perché nessuno vi
fu presente per attestarlo, e in ciò si vede una ennesima
conferma della loro oggettività. Ma la risurrezione di Gesù si
deduce con sicurezza da tre fatti certi. (Rileviamo anche un
quarto indizio, anche se non apodittico: il corpo del Crocifisso
avvolto nella Sindone non si decompose; altrimenti la Sindone
sarebbe stata alterata dalla corruzione del corpo che vi era
involto).
Il primo è il sepolcro vuoto. Contro gli Apostoli che
esaltavano la risurrezione di Gesù, i nemici (il Sinedrio e le
autorità romane) avevano un rimedio infallibile per tappare loro
la bocca: mostrare il corpo morto del Maestro. Non l'hanno fatto;
ed è segno che non l'hanno potuto fare.
Il secondo fatto è dato dalle apparizioni di Gesù. Per
quaranta giorni Gesù si fa vedere spesse volte in diversi
luoghi, fino a 500 persone insieme; si fece toccare le carni dai
discepoli, mangiò con loro: segno che era vivo.
Il terzo fatto è la fede incrollabile dei discepoli e della
Chiesa primitiva. Se Gesù non fosse uscito dalla tomba, nella
tomba sarebbero rimasti e morti con lui il suo nome e la sua
opera. Se Gesù non fosse risorto, i discepoli l'avrebbero
inevitabilmente ritenuto un vinto, un mentecatto, un impostore; e
al più presto l'avrebbero dimenticato. Invece, benché fossero
pochi e di basso rango, si diedero con costanza invincibile a
predicarlo, pagando tranquillamente col sangue. I discepoli
ebbero assoluta certezza nella legittimità del mandato ricevuto
e nella riuscita della impresa: perché, dissero, " questa
è la vittoria che ha vinto il mondo, la nostra fede " (I
Giovanni 5, 4). E la fede si fondava sulla invincibile sicurezza
della risurrezione di Gesù.
Le affermazioni di Cristo
IL MESSIA
Gesù ha detto di essere il messia, l'atteso di Israele
(Mt. XVI, 17; Mt. XXVI, 63-64; Mt. XXIII, 10; Mc. IX, 40; Lc.
XXIV, 26; Gv. XVII,3). Gesù ha affermato di essere il Messia sia
in circostanze solenni, che in quelle meno impegnative, in tutte
con dichiarazioni chiare, serene, ma, anche perentorie e
inequivocabili.
MANDATO DA DIO E RIVELATORE
Gesù dice di essere mandato da Dio affinché
insegnasse e predicasse (Mt. X,40; XV,24; VII,29; XXIII,10; Mc. ,21-38;
Lc.IV,31; X,16; Gv. VII,16).
Gesù è un apportatore di verità da parte di Dio: Egli è un rivelatore,
per cui chi non ascolta Gesù non ascolta Colui che lo ha
mandato.
PERFEZIONATORE DELLA LEGGE
Gesù dice di non essere venuto ad abrogare, ma a perfezionare
la Legge e i Profeti (Mt.V,17).
Dal discorso della montagna ed altri, sono tanti gli interventi
di Gesù tesi a perfezionare la Legge (Mt. V, 21segg.; VI,9segg.;
XVIII,18; X,14segg.).
Tutta la vita morale si raccoglie intorno al concetto e alla
pratica di carità.
APPORTATORE DI UNA VITA NUOVA « Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano con grande
abbondanza » (Gv. X,10).
Gesù insiste su questo punto con frequenza, insistenza e
solennità (Gv. I,1segg.)
FONDATORE DI UN REGNO
Gesù afferma di essere venuto a fondare il Regno di Dio,
conformemente alla sua missione messianica.
Egli fissa i caratteri di questo Regno: storia, attribuzioni e
gerarchia.
FIGLIO DI DIO
Nelle circostanze più solenni Egli si chiama Figlio di Dio
(Mt.XI,27; Lc. XXIII,24)
Egli distingue la paternità di Dio nei suoi riguardi rispetto a
quella con gli altri (Mt. VI,1-32).
Tutti lo chiamano Figlio di Dio o gli contestano che si fa
chiamare tale (Mt. IV,3; VIII,23; Lc.I,35; III,22; Gv. V,23segg.
Il messaggio di Gesù ci ha educati a familiarizzare con
le più alte cose: Dio, paternità, vita, amore.
Le profezie e Cristo
Esiste una corrente profetica unica nella storia umana
che preannuncia Cristo.
TRADIZIONE PRIMITIVA COMUNE A TUTTI I POPOLI STORICI :
ci sono in tutti i popoli degli elementi comuni quali una felicità
primitiva, un decadimento dovuto a cause morali, un'aspettativa
di un riparatore e salvatore, che rivela l'esistenza in tutti i
popoli di un'intima pena e di una segreta speranza e
aspettativa di una riparazione.
LA STORIA DI ISRAELE
Sin
dall'inizio della sua vita il popolo di Israele è
cosciente della propria missione di preparare
l'avvento del Messia e del suo Regno (Gen. XII,1segg.;
XIII,14;...);
conseguentemente
Israele caratterizza religiosamente ogni
aspetto della sua vita;
per
difendere questa sua fisionomia religiosa e per evitare
la contaminazione, Israele si isola dagli
altri popoli;
ha
una costituzione politica e sociale teocratica
per la quale tutto fa capo a Dio;
ha
organi di collegamento con Dio: i Profeti;
la
dinastia davidica è quella da cui nascerà il Messia;
tutte
le manifestazioni letterarie esprimono l'attesa del
Messia.
LE PROFEZIE
I Profeti erano
coloro che parlavano « in vece di Dio », erano il
legame visibile con Dio.
Gli scritti profetici si distribuiscono in un arco di tempo di
circa 1300 anni (dal XVII al IV sec. a.C.). Si pone il problema
dell'unità del soggetto di riferimento delle profezie.
Esistono tre elementi di connessione:
la
prima profezia di Dio nell'Eden (Gen.III,15);
il
vaticinio di Noè (Gen. IX,27);
il
vaticinio fatto ad Abramo (Gen.XII,15).
Questi elementi di connessione sono la base che unisce le
successive profezie, che preciseranno e arricchiranno. Ora, le profezie sono anteriori a Cristo ed esse si sono
avverate in Cristo.
I miracoli di
Cristo
I fatti prodigiosi
attribuiti a Gesù sono una parte importante della Sua vita.
Occorre esaminarli come fatti per vedere se rappresentano
o meno un'ulteriore conferma della realtà del Cristo,
Figlio di Dio.
I MIRACOLI DI
GESU'
I miracoli sono una parte notevole dell'attività di Gesù.
Complessivamente negli Evangeli sono narrati 41 miracoli:
24 da Matteo, 22 da Marco, 24 da Luca e 9 da Giovanni (alcuni
miracoli sono narrati da più evangelisti).
Gli evangelisti raccontano i miracoli senza enfasi, né con
personale ammirazione o amplificazione.
Il campo di applicazione della taumaturgia di Gesù è vastissima:
ogni sorta di infermità, la materia inanimata, quella vivente e
i demoni.
Ci si può
chiedere se questi fatti narrati corrispondano alla realtà
storica (veri ammalati, veri storpi, veri morti,... veri risanati)?
Si può
rispondere che i Vangeli, di cui si è già dimostrata la
storicità, indicano inequivocabilmente come reali i cambiamenti
da infermo a sano, da non vedente a vedente, da morto a risorto,...
Il Vangelo non dà
appigli sulla possibilità che il fatto del miracolo si sia
verificato e sia stato constatato all'esterno (es.
il miracolo del cieco nato). Il Vangelo non consente altre
interpretazioni. Sussiste l'equazione tra valore storico dei
Vangeli e realtà storica dei miracoli: o si accettano entrambi,
o si negano entrambi.
I MIRACOLI DI
GESU' E L'AMBIENTE
La realtà storica dei miracoli di Gesù emerge anche analizzando
le reazioni degli osservatori. Gli avversari e i nemici : non contestano il fatto, ma il
modo (« guarisce di Sabato », « è opera del demonio »
). Gli amici e i fedeli: mostrano ammirazione, entusiasmo,
sono la causa della fede in Lui ( « Tale fu l'inizio dei
segni di Gesù in Cana di Galilea, e manifestò la Sua gloria e i
suoi discepoli credettero in Lui » ; « Della turba molti
credettero in Lui e dicevano: il Cristo, quando verrà compirà
forse prodigi maggiori di quelli che costui opera? »)
I miracoli sono il mezzo ordinario con il quale Gesù dà
prova della Sua origine divina ( « Davvero Tu sei il Figlio
di Dio » ; « Rabbì, noi sappiamo che Tu sei venuto da parte di
Dio come Dottore, perché nessuno, se Dio non è con Lui, può
fare i miracoli che Tu fai » . )
L'azione
taumaturgica di Gesù è percepita da tutti come una realtà di
fatto indiscussa.
CARATTERISTICHE
DEI MIRACOLI DI GESU'
I miracoli di Gesù hanno il carattere della subitaneità ( «
Egli stendendo la mano lo toccò dicendo: lo voglio, sii guarito:
E tosto la sua lebbra fu guarita » ).
C'è un legame volitivo tra causa ed effetto, cioè un legame
spirituale.
I Suoi miracoli sono assolutamente liberi.
Non ci sono ripetizioni di circostanze, di soggetti , di
procedimenti.
I MIRACOLI
INTELLETTUALI DI GESU'
Gesù ha l'abituale percezione dell'intimo pensiero degli altri (
« Ma Lui non si fidava di loro, perché li conosceva tutti e non
aveva bisogno gli si rendesse conto - dei pensieri - dell'uomo;
poiché sapeva quello che dentro l'uomo c'era » ) .
Gesù predice con insistente chiarezza le vicende successive che
Lo riguarderanno (la Sua morte e la Sua resurrezione).
Gesù predice la fine di Israele e la distruzione di Gerusalemme.
Gesù predice l'avvenire della Sua Chiesa.
Gesù predice la fine del mondo e la Sua seconda venuta.
Dunque il mistero
del futuro dinanzi al quale nessuno scruta, non esiste per
Cristo, come non esiste per Lui la soggezione alle leggi e alle
possibilità umane. Tutto ciò è la conferma della Sua Divinità.
Noi, come i
discepoli del Battista, siamo andati da Gesù per « chiedergli
» se è il Cristo; e anche a noi è stato risposto : « Andate
e riferite a Giovanni quello che avete udito e visto. I ciechi
vedono, gli storpi camminano, i sordi odono, i morti risorgono ».
La Sua
resurrezione
Gesù annuncia la
sua resurrezione ( « Allora alcuni scribi e farisei gli
risposero dicendo: Maestro, vogliamo vedere un prodigio
proveniente da te. Rispose loro: una generazione maligna e
depravata chiede un prodigio e prodigio non le sarà dato che
quello di Giona profeta. Ché, proprio come Giona rimase nel
ventre del pesce tre dì e tre notti, così rimarrà il Figlio
dell'uomo nel cuor della terra tre dì e tre notti. »; «
Distruggete questo tempio ed in tre giorni io lo riedificherò...
Parlava del tempio del suo corpo. Quando egli adunque fu
risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono (di questa
predizione, dicendo): è ciò che egli diceva. »; « E cominciò
a mostrare ai suoi discepoli che bisognava andare in Gerusalemme
e patisse molto dagli anziani e dai capi dei sacerdoti e dagli
scribi e risuscitasse il terzo giorno. »). Gesù
intendeva chiaramente presentare la sua resurrezione come segno,
come elemento dimostrativo.
Egli era certo di risorgere. La sua resurrezione è connessa con
tutta la storia precedente e ne è la più completa garanzia.
CRISTO E'
VERAMENTE MORTO
La morte e i suoi particolari sono narrati dai quattro
Evangelisti.
CRISTO E'
VERAMENTE VIVO AL TERZO GIORNO
Anche qui abbiamo la testimonianza dei quattro Evangelisti, di
cui tre erano testimoni oculari. Davanti alla chiarezza dei testi
si può negare la resurrezione di Gesù solo:
negando
la storicità dei Vangeli;
considerando
allucinati le centinaia di testimoni che lo videro
risorto(« Egli si mostrò a più di cinquecento
fratelli ») . L'allucinazione è
cosa diversa dalla suggestione :
questa può prendere una folla, quella no!
LA TESTIMONIANZA
DELL'AMBIENTE APOSTOLICO
Tutta la predicazione apostolica primitiva, o parte dalla
risurrezione di Gesù o ci arriva (« Con grande potenza gli
apostoli rendevano testimonianza della risurrezione di Gesù
Cristo Signore Nostro e una grande grazia era con tutti loro »;
« Vi rammento, fratelli, il Vangelo che vi annunziai, che voi
avete ricevuto e nel quale perseveraste e per il quale anche
siete salvi; se lo conservate come ve lo annunziai, che non
abbiate creduto invano! Vi trasmisi dunque anzitutto ciò che io
stesso avevo ricevuto: che Cristo morì per i nostri peccati,
conforme alle scritture, che fu sepolto, che risorse il terzo
giorno, secondo la scrittura e che comparve a Pietro, poi ai
Dodici. In seguito comparve a più di cinquecento fratelli in una
volta, la più parte dei quali sono vivi ancor oggi, alcuni
invece, son morti. Poi comparve a Giacomo, poi a tutti gli
apostoli; dopo tutti questi, come all'abortivo, comparve a me...Ma
se si predica che Cristo risorse dai morti, come dunque certuni
tra voi dicono che non c'è resurrezione dei morti? Se i morti
non risorgono, neppure Cristo risorse! Ma se Cristo non risorse,
dunque, è vana la nostra predicazione, vana anche la nostra fede...Ma
di fatto Cristo risorse dai morti, prima di coloro che son morti...
»).
Il fatto della
resurrezione di Gesù fu metodicamente, solennemente ripetuto. Né
mai vi fu una contestazione del fatto.
L'INTERPRETAZIONE
A-CATTOLICA
Per tutti coloro che partono dal pregiudizio dell'impossibilità
del soprannaturale, la resurrezione di Gesù è un ostacolo
da eliminare in qualunque modo e con qualunque mezzo.
Inoltre, posta la realtà della resurrezione non è possibile
darne una spiegazione di ordine naturale.
CINQUE TIPI DI
INTERPRETAZIONE Spiegazioni naturali - Il corpo è stato sottratto;
Gesù ebbe una sincope temporanea...Tali spiegazioni sono poco
serie e devono alterare il testo evangelico. Creazione del mito della resurrezione mediante sostituzione di
un concetto materiale ad un concetto spirituale - Si
pensava ad una immortalità spirituale di Cristo e poco a poco se
ne è fatta una resurrezione materiale del corpo. Anzitutto
questa interpretazione deve prescindere dal testo evangelico.
Inoltre la formazione del mito richiede tempo,
mentre a solo 50 giorni dalla riapertura del sepolcro, il
messaggio degli Apostoli è proprio la resurrezione di Gesù. Da
tutta la predicazione apostolica primitiva emerge con chiarezza
che al mito sarebbe mancato il tempo per nascere. Il fatto non sarebbe credibile perché vi è diversità nelle
narrazioni - Diversità non significa opposizione. E'
vero che le narrazioni dànno particolari diversi, ma essi
analizzati bene sono particolari complementari che si integrano.
Tali narrazioni sono indice di spontaneità e di mancanza di
artificio. I testimoni erano esaltati e quindi allucinati - A
tale obiezione si è già risposto. Infiltrazioni mitologiche orientali - Il
cristianesimo avrebbe assorbito miti orientali ed ellenici.
Questo metodo richiede il rigetto del valore storico dei racconti.
Inoltre, l'idea di un Dio morto e risuscitato non esiste in
nessuna mitologia. La narrazione del Vangelo è personale, non
simbolica. Tali infiltrazioni mitologiche sono, dunque,
affermazioni arbitrarie.
La vittoria di
Cristo sulla morte rende piena e sicura testimonianza della sua
Divinità.
L'ORIGINALITA'
DEL PENSIERO DI CRISTO
L'originalità di una dottrina consiste nella non derivazione di
essa da fonti estranee.
L'importanza di tale argomento è sottolineata dai tentativi che
molti hanno fatto per negare l'originalità del cristianesimo
riducendolo ad un eclettismo di altre religioni e forme di
pensiero.
IL FATTO: IL
PENSIERO DI GESU' E' ORIGINALE Tutto poggia fondamentalmente sulla fede in Gesù, Figlio di
Dio - Fede significa aderire ad una verità proposta,
basandosi unicamente sulla autorità di Dio che la rivela e la
garantisce: è un atto intellettuale e libero. La
verità rivelata a cui liberamente si aderisce, viene trasmessa
senza alterarla e viene garantita da un Magistero infallibile.
Queste caratteristiche della fede cristiana non comparvero mai
prima del cristianesimo né dopo. Al vertice della verità rivelata sta il dogma trinitario
- Il mistero trinitario, sintetizzato dai termini natura e
persona, che rappresentano la vetta dell'indagine per
la mente umana, è infinitamente trascendente gli stessi. In
nessuna altra religione e/o espressione di pensiero è mai
apparso una tale verità se non in forme antropomorfiche o
volgari o mitiche la cui unica somiglianza sta nel numero 3. La storia umana si svolge attraverso la creazione -
Da cui c'è distinzione tra l'Essere assoluto e gli esseri
creati, la storia della caduta e della Redenzione: libertà e
intervento divino, amore e dolore, si armonizzano. Niente di
simile nelle altre espressioni religiose. Gesù Cristo vero Dio e vero uomo sta al centro -
Tutta la riflessione su Gesù non trova paragoni nella storia. L'ordine soprannaturale, la grazia, costituiscono l'essenza
del cristianesimo - La grazia è una partecipazione
alla dignità del Figlio di Dio che inserendosi nel genere umano
vi ha portato l'eredità divina. La grazia innalza l'uomo, non lo
distrugge, apporta aiuto non lo sopprime nelle sue libere facoltà.
Niente a che vedere con le « mistiche orientali » che
annientano la vita e la personalità. Dalla grazia sgorgano i sacramenti come mezzi che vivificano.
IL VALORE DELLA
ORIGINALITA'
L'originalità del cristianesimo acquista un valore maggiore se
si tiene conto che la sua fisionomia è perfetta sin dagli
inizi. L'analisi storica permette di concludere che nessuno
di quelli che operarono nel cristianesimo primitivo apportò
elementi sostanziali allo stesso. Pertanto, la
fisionomia originale, autonoma, completa del cristianesimo è
dovuta al solo Gesù Cristo.
IMMUTABILITA' DEL
CRISTIANESIMO
Gesù ha pensato la
sua « opera » come immutabile.
Tale immutabilità riguarda sia il fatto che l'idea. Si può e si
deve indagare se ciò è avvenuto.
Il confronto del cristianesimo qual era nel I sec. e qual è nel
XX sec. ci fa escludere che ci sia stata mutazione sostanziale
nello stesso.
CARATTERI DELL'
IMMUTABILITA'
L'immutabilità riguarda la sostanza e le idee
e non le forme;
Immutabilità non significa immobilità : il
cristianesimo è vissuto in contatto con varie civiltà e, ciò
nonostante, si è conservato simile a se stesso;
L'immutabilità ha permesso lo svilupparsi di una vasta e
feconda gamma di forme (di vita monastica e religiosa,
di vita sociale, di attività missionaria);
L'immutabilità non ha impedito una illimitata capacità di
adattamento : gli stessi princìpi valgono per tutti i
problemi umani, li risolvono nelle situazioni più disparate,
creano i santi sia nei tempi antichi che in quelli moderni (è
raro in natura trovare qualcosa che si adatta senza corrompersi);
L'immutabilità ha resistito perfino alle situazioni di «
convivenza » forzata a cui il cristianesimo è stato
costretto: è vissuto nei diversi clima sociali e politici senza
deformarsi; ha subìto forti pressioni esterne che vanno dalle
persecuzioni agli « allettamenti »;
L'immutabilità ha resistito anche e soprattutto rispetto al
nemico peggiore: le eresie, la cui natura era
proprio quella di apportare « novità »; e le eresie sono
incominciate sin dal I sec.
Il carattere
dell'immutabilità del cristianesimo è, dunque, unico.
Dopo
Gesù di Nazareth
La Chiesa: anomalia storica
Gesù fu un giudeo, un povero artigiano, un crocifisso: tre
qualifiche che lo collocavano ai gradini più bassi dell'umanità
del suo tempo; egli fu come una piuma insignificante che a un
certo momento ha sfiorato il nostro pianeta, e il pianeta si è
mosso, e si è mosso nel senso segnato da quella piuma. La
comparsa di Gesù taglia in due la storia dell'umanità (a. C., d.
C.). E anche oggi tutti devono prendere posizione, tutti prendono
posizione: per Cristo, contro Cristo. Tutto ciò sarebbe privo di
senso, di ragion d'essere, se Gesù fosse stato solo un povero
artigiano giudeo crocifisso: illuso e sconfitto.
Gesù partendo dalla nostra terra (nell'anno 30 dell'era
cristiana) ha lasciato uno sparuto gruppetto di discepoli, di
bassa condizione sociale: per lo più erano pescatori di Galilea.
Quella gente si è messa a girare, e buona parte del mondo è
cristiana.
Il capo, il pescatore Simon-Pietro di Betsaida, è capitato a
Roma. Umanamente dello sparuto gruppetto non si sarebbe dovuto
sentir nulla dopo pochi decenni. E invece la Chiesa (la Chiesa di
Gesù è la Chiesa Cattolica Romana: l'unica che risale fino a
Gesù. Non interessano i rami (morti) che se ne sono staccati in
seguito), nata così umilmente, si è sviluppata, ed è sotto i
nostri occhi. Bersagliata in tutti i tempi e in tutti i modi:
contro di essa ogni bastone è buono; anche i suoi membri, i suoi
figli, talvolta fanno del loro meglio per rovinarla. E tuttavia
è ancora lì: salda come roccia, nave che avanza sicura dopo 20
secoli di navigazione rischiosissima. Imperi e regni sono
scomparsi; altre società scompariranno: e la Chiesa resta.
Il paradosso etnico del popolo ebraico che doveva metter capo
a Gesù ha un riscontro nel paradosso storico della Chiesa
derivata da Gesù. I due paradossi (e un giorno dovranno pur
incontrarsi) sono unici nella storia dell'umanità, e ambedue
sono umanamente inspiegabili. E l'unica spiegazione è Gesù di
Nazareth, il Cristo, figlio di Dio.
Incontri con Dio
Nella storia della Chiesa (in modo analogo a quanto è stato
già detto per la storia del popolo ebreo) vi sono persone
eccezionali che in qualche modo si sono "incontrate"
con Dio.
I nomi da fare sarebbero tanti, e la lista pur sempre
insufficiente: ricordiamo S. Paolo e S. Agostino, S. Francesco e
S. Caterina da Siena, S. Giovanni della Croce e S. Teresa d'Avila...
E ai nostri tempi si è molto parlato di P. Pio da Pietrelcina (Benevento),
di Teresa Neumann di Konnesreuth ecc.
Si parla di " visioni ", rivelazioni, esperienze
mistiche di cui, chi non le sperimenta, non può formarsi una
idea precisa. Negare Dio è ammettere che tutti questi uomini e
donne, il "fiore della nostra gente", erano poveri
illusi o mentitori. Viceversa dire che si trattava di persone
sane e sincere è concedere che quindi Dio c'è, e si è ad essi
manifestato.
Fatti miracolosi
Nella storia della Chiesa c'è tutta una "cataratta di
testimonianze umane " (Chesterton, Ortodossia,
p. 226) in favore dei miracoli. Tali testimonianze non sono tutte
di eguale valore: ci saranno esaltati, o ingenui, o anche
mistificatori. Ma ci sono anche tanti testi freddi, non
impressionabili, intelligenti e onesti. Chi ammette i miracoli
non è obbligato ad ammettere tutti i miracoli narrati: esaminerà
caso per caso; e in fondo gli basta che anche un solo miracolo
sia storicamente attestato. Chi nega i miracoli, se è onesto,
deve anche lui vagliare caso per caso, e dimostrare che in tutti
i casi i testi erano illusi o mentitori.
I miracoli nella Chiesa cominciano con gli Apostoli, si
proseguono al tempo dei Padri e nel Medio Evo, fino ai tempi
nostri. Ci sono, nei tempi recenti, i miracoli esaminati con
estremo rigore nei processi di canonizzazione; ci sono i miracoli
di Lourdes col " Bureau des constatations "; il
miracolo del sole a Fatima il 13 ottobre 1917, attestato da
decine di migliaia di spettatori; il miracolo delle lacrime della
Madonna a Siracusa nel 1953, attestato dall'esame chimico; c'è
il fatto attestato che Teresa Neumann di Konnesreuth è vissuta
senza mangiare e bere dal 1927 al 1962, data della morte (come S.
Nicola de Flüe stette 19 anni senza mangiare).
Il semplice negare (o sorridere) non è distruggere: la realtà
per questo non cambia: è così, anche se non vi pare.
Del resto, al di là e al di sopra dei singoli miracoli,
resta il miracolo perenne della Chiesa: e questo miracolo "è
tal, che gli altri non sono il centesmo ". (Dante, Paradiso,
XXIV, 108). E mentre nella Chiesa i suoi difetti
mostrano che essa è una società di uomini, la sua storia
prodigiosa mostra ch'essa è opera dello Spirito Santo.