TESI PROGRAMMATICHE  " FUTURO IERI "


Noi europei non dobbiamo subire la globalizzazione dilagante che cerca di imporre un'alimentazione basata sui cibi manipolati geneticamente e non nutritivi, nonché una vita quotidiana basata sul lavoro precario e sull'annientamento culturale:
E' nostro dovere denunciare l'allevamento intensivo perché pericoloso per l'ecosistema e per l'alimentazione dei cittadini.
E' nostro dovere sostenere la disperata lotta di tanti ambientalisti contro l'estinzione del mondo animale e vegetale.
E' nostro dovere dare all'avversario un nome: le multinazionali.
Questi primi concetti denunciano le responsabilità delle multinazionali industriali e finanziarie, che invadono le varie realtà locali e producono per il superfluo controllando ogni innovazione tecnologica.
La globalizzazione e la conquista di nuovi mercati sono gli scopi irrinunciabili delle multinazionali monopoliste o oligopoliste, le quali operano con strategie che non si fermano davanti a nulla e a nessuno.
Oggi il mondo è più povero rispetto a 50 anni fa: gli arricchimenti di poche nazioni non coprono un impoverimento generalizzato e strutturato; la pauperizzazione di certe nazioni iniziò in conseguenza di questa presunta nuova rivoluzione industriale e del colonialismo! I paesi del III mondo sono arrivati ad un livello di miseria mai visto nemmeno nei secoli passati: due terzi della popolazione mondiale sono poveri come non lo sono mai stati, e una parte di questi (milioni di donne e bambini) è composta da affamati e da assetati.
La causa di questa carestia permanente è evidente: i paesi poveri, costretti o asserviti alla globalizzazione, hanno abbandonato l'economia di sussistenza alimentare per produrre le materie prime richieste dalle multinazionali e queste esportazioni non danno guadagni sufficienti a soddisfare le esigenze alimentari. Nel continente africano la produzione agricola era stata sufficiente per i consumi fino al 1960, poi tutto è degenerato.
Gli aiuti internazionali non sono serviti a molto: L'AFRICA STAVA MOLTO MEGLIO QUANDO SI AIUTAVA DA SOLA!
Se questo vale per tutti i paesi del terzo mondo, allora è il momento di porsi una domanda: possiamo ignorare questa povertà se la globalizzazione rende noi più ricchi?
Questa ricchezza è la più grande menzogna della globalizzazione, superiore solo ai vergognosi steccati delle frontiere posti contro le persone e non contro le merci: la globalizzazione vuole una tolleranza zero per l'emigrazione e libero accesso dei capitali su tutti i mercati mondiali, e questo principio infame sostiene quelle politiche che allargano la forbice fra ricchi e poveri nei paesi industrializzati.
La globalizzazione non devasta solo le economie, le loro culture e i loro valori, essa è la causa dell'omologazione culturale realizzata attraverso l'azione scientifica dei mezzi d'informazione, da sempre posseduti dal potere politico e industriale.
La globalizzazione è la causa della perdita d'identità di quei popoli che non hanno più una loro proprietà, una loro cultura e una loro pedagogia, ovvero gli antichi punti di riferimento.
Esistono ancora molti tipi di società e di culture diverse fra loro: questo non è certo merito del "mondo occidentale" uniformato in una marmellata informe.
Esiste quindi anche molto più delle nostre frenetiche e tentacolari città orrendamente tecnologiche: esistono mondi lontani, belli e affascinanti proprio perché particolari, misteriosi, ignoti.
La globalizzazione, che tutto vorrebbe omologare, ancora non è riuscita nella sua tirannica riduzione ad uno, per realizzare un mondo in bianco e nero; il compito delle nuove generazioni è dunque quello di far sopravvivere il vecchio mondo a colori e di tutelare quelle diversità.
La vera tolleranza, non l'accoglienza che ti accetta solo se gli assomigli, è un'ospitalità che consente di conservare la propria identità. DONNE E UOMINI SENZA IDENTITA' SONO SOLO DISPERATI SENZA FUTURO.
Le nuove malattie (psichiche, cardiache e tumorali) si diffondono a macchia d'olio: l'ideologia liberale dell'individualismo, dopo aver distrutto l'istituto della famiglia, ha poi costruito una nuova individualità che si è mostrata debolissima e facile preda di stress, angosce, depressioni: sono aumentati i suicidi, l'uso di psicofarmaci e di droghe d'ogni tipo... e il tumore è l'ultimo stadio di tante nevrosi!!!
Questi problemi sono poco interessanti per i globalizzatori, i quali si illudono del fatto che l'integrazione economica mondiale possa produrre più possibilità di "benessere" per tutti, mentre noi sosteniamo e argomentiamo l'esatto contrario: la competizione tra multinazionali e aziende internazionali ha prima destrutturato, disgregato e reso miserabili le popolazioni del terzo mondo poi ha colpito anche l'economia delle "tigri" asiatiche e del sud America. Oggi è aggredita anche l'Italia, dove la sua più collusa multinazionale, che produce un macchinario inaffidabile e poco adatto agli stessi stili commerciali, vive una crisi irreversibile.
La globalizzazione non risparmia neppure i ceti medi, sia nei redditi che nella socialità: le multinazionali stanno localizzando i loro siti produttivi in zone dove il salario è livellato alla sopravvivenza.
Questo processo produttivo nefasto, unito alla liberalizzazione dei mercati, influenza i prezzi delle merci e le scelte di tutte quelle imprese che realizzano le loro produzioni per realtà più piccole con stipendi e condizioni di lavoro garantiti (ancora per poco). L'avvenire è pieno d'ombre: il movimento dei movimenti deve mantenersi estraneo alle distinzioni di destra-sinistra per valorizzare il suo animo vicino ai valori e ai diritti umani, intimamente estraneo ad una accecante modernità.
Il nostro pensiero è quello del "bioregionalismo" (vale a dire localismo più ambientalismo) di Kirkpatrick Sale, del "comunitarismo" di Alasdair MacIntyre e Mangabeira Unger, "l'antisviluppismo" di Ivan Illich e John Zerzan, così come il radicalismo ecologista scandinavo e il pensiero originale e coraggioso dei dissidenti politici italiani Pierpaolo Pasolini, Massimo Fini e Giuseppe Grillo detto Beppe!
QUESTE IDEE SONO TUTTE PER UN RITORNO RAGIONATO, GRADUALE E LIMITATO, A FORME D'AUTOCONSUMO E D'AUTOPRODUZIONE CHE PASSANO PER UNA VALORIZZAZIONE DELLA TERRA E PER UNA RIDUZIONE DELL'INDUSTRIALISMO E DELL'ECONOMIA FINANZIARIA.
Queste idee implicano una riduzione dei livelli di ricchezza di ceti alti e medio alti, per ridistribuire meglio e in modo equo quanto ne rimane: occorre fermare l'ossessiva corsa al futuro che ci rende nevrotici e angosciati e che distrugge le popolazioni del terzo mondo e la natura, rendendo miserabile una realtà che fino ad ieri era esotica.
UN NO-GLOBAL NON HA INTERESSE PER IL P.I.L., PER IL FALSO BENESSERE, PER I VIAGGI AI CARAIBI, PER CERTE AUTOMOBILI E IL SANGUINOSO E TUMORALE PETROLIO.
Un No-Global cerca una vita armonica, equilibrata, non industrializzata, non positivista, non ottimista e non progressista, come la vorrebbe il liberalismo capitalista ma anche il marxismo operaista.
Bisogna fermare questo meccanismo folle e a tal fine ognuno può fare la sua parte: l'Europa unita, neutrale, armata, delle regioni e autarchia può battere quell'economica, comica e camorrista di Maastricht e dell'Euro; questo continente ha popolazione, mercato, risorse e conoscenza per essere autosufficiente.
Così non potremo andare ad impiantare le nostre fabbriche puzzolenti sulle coste africane e non saremo costretti a lavorare 20 ore al giorno per seguire i giapponesi nella sfida dell'efficienza, allo stesso tempo non dovremo abbassare salari e stipendi ai livelli di quelli asiatici dove un operaio riceve una manciata di riso, né dovremo espellere i lavoratori delle fabbriche come avviene negli Stati Uniti d'America.
Tutto si può fare se si rimette al centro della società l'essere umano, un essere umano che si sottrae alla vita condizionata del consumatore e si fa avversario di quelle sanguinarie multinazionali: il primo passo quotidiano è quello dell'acquisto critico dei prodotti e forme legali di boicottaggio, poi seguiranno le iniziative sociali e collettive.
UN NO-GLOBAL OPERA NEL SUO TERRITORIO CON LA COSCIENZA DELLA SITUAZIONE ECONOMICA MONDIALE, E' APARTITICO (RISPETTO AL QUADRO ATTUALE) MA FA POLITICA E ATTIVITA' CULTURALE.

 

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