UN INTRODUZIONE AL MAUSS

 

 


Il m.a.u.s.s. (Movimento Anti-Utilitarista nelle Scienze Sociali) nasce a Parigi nel 1981, da un  insieme composito di intellettuali (economisti, giuristi, sociologi e antropologi, provenienti da varie parti del mondo) che, per divulgare le proprie idee e iniziative, comincia a editare il periodico «Bullettin du m.a.u.s.s.». L’impulso alla nascita del mouvement venne casualmente nell’aprile del 1980, in occasione di un dibattito organizzato dal Centre Thomas More sul tema del dono. Tra i molti specialisti che vi presero parte c’erano anche Gérald Berthoud, docente di antropologia all’Università di Losanna, e Alain Caillé, professore di sociologia all’Università di Caen (poi a Paris X, - Nanterre). Essi si conobbero per la prima volta in questa occasione, e rimasero entrambi molto colpiti dall’«accanimento con cui tutti i partecipanti, economisti, filosofi, psicoanalisti ecc., cercavano di negare qualsiasi realtà all’oggetto stesso dell’incontro» (Caillé, Critica della ragione utlitaria, Boringhieri, 1991, p. 4), e ancora più dall’assoluta ignoranza dei lavori di una certa antropologia che quell’oggetto aveva indagato nel modo più adeguato, come “fenomeno sociale totale” (il riferimento è ovviamente all’opera di Marcel Mauss, di cui non a caso il mouvement parlerà come di una «découverte», troppo a lungo dimenticata o unilateralmente interpretata dalla scienza sociale contemporanea).

All’inizio, come Caillé ha spesso sottolineato, il movimento concepiva il proprio anti­utilitarismo nei termini di una generica critica dell’economicismo. Ma durante i sette anni di edizione del «Bullettin du m.a.u.s.s.», mentre il mouvement criticava, attraverso un approccio storico-antropologico, i fondamenti economicisti delle varie discipline accademiche (economia politica in testa), veniva via via scoprendo la specificità dell’utilitarismo rispetto all’economicismo, e cioè, come avrebbe scritto Caillé nel Manifesto del m.a.u.s.s.: «il fatto che l’utilitarismo non rappresenta un sistema filosofico particolare o una componente fra le altre dell’immaginario dominante nelle società moderne. Piuttosto esso è diventato quello stesso immaginario...» (Caillé, Critica della ragione utlitaria, op. cit., p. 4).

Con gli anni novanta, in seguito a un accordo con le Éditions La Decouverte, verrà poi fondata la collana «Recherches: un nouvel espace pour les sciences sociales et humaines et sociales», all’interno della quale nasce la «Bibliothèque du m.a.u.s.s.» che pubblica i testi promossi dal gruppo e promuove, con una nuova veste editoriale, la rivista del gruppo, che diviene la «Revue du m.a.u.s.s.», trimestrale prima e semestrale poi. Questa collana è suddivisa in due serie: oltre alle ricerche antiutilitariste, pubblica anche i testi prodotti dall’«Observatoire sociologique du changement social en Europe occidentale».

Come indica il suo nome, il m.a.u.s.s. si ispira ai lavori dell’etnologo, sociologo e storico delle religioni Marcel Mauss. Il riferimento, in particolare, è all’Essai sur le don, apparso nel 1923-24 sull’ «Année sociologique», poi ripubblicato con altri scritti dell’autore nel 1950 sotto il titolo Sociologie et anthropologie (Puf, Paris, a cura di Claude Lévi-Strauss). Le personalità più rilevanti del gruppo sono Serge Latouche, Jacques Godbout, Gérald Berthoud, Jean-Luc Boilleau e Alain Caillé, animatore del movimento, direttore della rivista e autore del manifesto dell’antiutilitarismo (“Critica della ragione utilitaria”). In Italia è stato Alfredo Salsano il vero promotore del movimento antiutilitarista, facendo tradurre o traducendo egli stesso per Bollati Boringhieri vari autori del mouvement e numerosi testi di Latouche e Caillé. Nel dicembre 1993 l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e l’Università di Salerno organizzarono con i componenti del m.a.u.s.s. un seminario internazionale («Dono, contratto, dispendio. Per la critica dell’utilitarismo»), cui poi fecero seguito numerosi altri incontri e un infittirsi delle relazioni tra il movimento e il mondo culturale italiano (accademico e non).

 

Le differenze all’interno del gruppo sono considerevoli, e non solo per l’elevata differenziazione degli ambiti di ricerca, ma anche (e soprattutto) in relazione a questioni di metodo e di approccio. Quanto all’approccio si va dalle interpretazioni del dono di Boilleau, in chiave agonistica e competitiva (sulla scia della analisi di Alain Testart), a quelle di Godbout, tutte incentrate sull’ottica della fiducia e dell’aimance. Per non parlare della varietà dei temi affrontati dal movimento; per citarne solo pochi, e a caso: sviluppo e sottosviluppo, informale, decostruzione dell’immaginario economico (Latouche), teoria del sacrificio (Berthoud, Nicolas, Caillé), antropologia della manifestazione di sé e forme sociali di rappresentazione del sé (Dewitte), teoria relazionale dell’azione e simbolismo (Caillé), crisi della democrazia e reddito di cittadinanza (Mouffe, Caillé), conflitto e legame sociale (Boilleau), antropologia e sociologia della moneta (Rosapabé), cristianesimo e utilitarismo (Tarot). Nel suo complesso, inoltre, il movimento ha ormai prodotto un confronto sistematico con le grandi correnti della sociologia, dell’antropologia e della filosofia politica moderna, e un’interpretazione, spesso originale, dei momenti salienti della riflessione politica occidentale (da Platone ai maestri della sociologia francese e tedesca contemporanea, dai moralisti classici ai teorici della complessità). Lo dimostra la recente pubblicazione di una monumentale Histoire raisonnée de la philosophie morale et politique, edita da La Découverte sotto la direzione di Alain Caillé, Christian Lazzeri e Michel Senellart.

La ricchezza e la prolificità del movimento dipendono d’altronde proprio da questa ampia differenziazione di approcci e temi. Alain Caillé per esempio si è dichiarato favorevole all’istituzione di un “terzo paradigma” (sintesi di olismo e individualismo metodologico, superamento dell’impasse relativismo-razionalismo), fondato su una sistematizzazione (mise en forme) della teoria antropologica e sociologica del dono (e quindi del legame sociale, della legittimità) e capace di ereditare i maggiori punti di forza della sociologia classica (in particolare il suo senso politico) integrandoli ai presupposti epistemologici dei teorici della complessità. In questa prospettiva la critica dell’utilitarismo (e, lato sensu, della modernità) non assume mai un carattere reazionario o meramente oppositivo, e si offre piuttosto nei termini di un tentativo di integrazione dell’utilitarismo stesso nel quadro di un paradigma di ricerca più ampio, complesso e politicamente orientato (radicato): quello del dono e del simbolismo, appunto; un paradigma critico e spesso radicale nelle sue posizioni e nei suoi assunti, ma sostanzialmente solidale ai valori fondanti la modernità e coerente col progetto politico illuministico (democratico). Serge Latouche, da un altro punto di vista, propone un relativismo culturale radicale che accentua l’elemento olistico nell’analisi e, a tratti, assume i contorni di una critica frontale alla modernità. Egli sembra reinterpretare la missione del m.a.u.s.s. come “programma di ricerca” e proposta di alternative “storico-culturali” miranti a decolonizzare l’immaginario economico contemporaneo, e si è dimostrato particolarmente attento a ridimensionare l’obbiettivo sintetico e universalistico del paradigma del dono, sia sotto il profilo scientifico-descrittivo sia sotto il profilo politico e volontaristico.

Da un punto di vista generale, il mouvement trova la sua unità fondamentale nel comune tentativo di smascherare gli idoli delle scienze sociali contemporanee (economicismo, materialismo, naturalismo, razionalismo), nella volontà di intendere l’azione sociale umana in tutta la sua ricchezza e complessità, oltre il principio di ragione strumentale e utilitaria, che descrive l’uomo nei termini di un attore sociale egoista, calcolatore, teso alla massimizzazione della propria funzione di utilità, mosso dalla ricerca del massimo piacere e della soddisfazione di bisogni illimitati. L’idea di fondo è quella di ripensare l’azione sociale degli uomini alla luce di ciò che li lega tra loro, che permette loro di fare società, di allearsi e ad-sociarsi; Caillé la definisce legittimità, e in un passo davvero centrale per la comprensione delle istanze del movimento, la identifica con l’essenza stessa del “politico”:

 

La legittimità non è (…) una cosa, ma un rapporto sociale globale. Essa non è il substrato nascosto sul fondo dell’ordine della politica, ma ciò che verso, accanto e al di sotto di esso scorre provenendo da ogni luogo, irrigando le menti e i cuori, mettendo in relazione a distanza ogni uomo con ogni altro. Laddove il dono intreccia e salda le relazioni innanzitutto tra coloro che si conoscono, le relazioni fondate sulla reciproca conoscenza, il politico opera il passaggio estremo verso gli sconosciuti che potremmo conoscere, quelli che sono estranei alla sfera del “tra-noi” senza essere tuttavia dei nemici. La legittimità, il politico rinviano dunque al modo di collegamento generale tra le molteplici sfere dell’azione sociale e tra le miriadi di relazioni interpersonali e sovra-personali, producendo un effetto d’eco e di risonanza tra tutti i luoghi dello spazio sociale (Caillé, Il tramonto del politico, Dedalo, p. 271).

 

[P.M.]

 

 

Bibliografia introduttiva sull’anti-utilitarismo

 

 

Per una presentazione generale del movimento:

-          Alain Caillé, Critica della ragione utilitaria, Boringhieri, Torino, 1991

-          Alfredo Salsano, “presentazione” a Alain Caillé, Il tramonto del politico, Dedalo, Bari, 1995, pp. v-xiii

-          Sito internet: www.revuedumauss.com (in francese)

 

Opere fondamentali di Caillé (in italiano):

-          Mitologia delle scienze sociali. Braudel, Lévi-Strauss, Bourdieu, Boringhieri, Torino, 1988

-          Critica della ragione utilitaria, Boringhieri, Torino, 1991

-          Il tramonto del politico. Crisi, rinuncia e riscatto delle scienze sociali, Dedalo, Bari, 1995

-          Trenta tesi sulla sinistra, Donzelli, Roma, 1997 (con interventi di S. Latouche, R. Esposito, F. Cassano)

-          Il terzo paradigma, Boringhieri, Torino, 1998

 

Opere fondamentali di Latouche (in italiano):

-          I profeti sconfessati [titolo originale: Faut-il refuser le développement?], La Meridiana, Bari, 1995 (prefazione di Onofrio Romano)

-          L’occidentalizzazione del mondo, Boringhieri, Torino, 1992

-          Il pianeta dei naufraghi, Boringhieri, Torino, 1993

-          La megamacchina. Ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Torino, Boringhieri, 1995

-          L’altra Africa. Tra dono e mercato, Boringhieri, Torino, 1997

 

Opere di altri autori:

-          Camille Tarot, De Durkheim à Mauss, l’invention du symbolique. Sociologie et sciences des religions, La Découverte, Paris

-          Jean-Luc Boilleau, Conflit et lien social, La Découverte, Paris

-          Philippe Rospabé, La dette de vie. Aux origines de la monnaie, La Découverte, Paris

-          Guy Nicolas, Du don rituel au sacrifice suprême, La Découverte, Paris

-          Jacques Godbout, Lo spirito del dono, Boringhieri, Torino, 1993 (in collaborazione con A. Caillé)

-          Gérald Berthoud e altri, Il dono perduto e ritrovato, a cura di Alfredo Salsano, Manifestolibri, Roma, 1994

 

Numeri importanti della Revue du m.a.u.s.s. (ma a questo proposito si consiglia vivamente di consultare il sito internet):

-          «Droite? Gauche?», Reve du m.a.u.s.s. (trim.), n. 13, 1991 (interventi di A. de Benoist, M. Maffesoli, E. Morin)

-          «L’obbligation de donner», Reve du m.a.u.s.s.  (sem.), n. 8, 1996 (con un importante saggio di Bruno Karsenti)

 

Per un’analisi critica, ma essenzialmente simpatetica, del “paradigma del dono”:

-          Roberto Esposito, “Donare la tecnica”, in Micro-Mega, n.4, 1994

-          Serge Latouche, “Le don est-il l’autre paradigme?”, Reve du m.a.u.s.s., 12/1998, pp. 311-322

-          Pietro Montanari, “Sul simbolismo del MAUSS. Paradigma della traduzione o programma di ricerca?”, in Serge Latouche, L’invenzione dell’economia, a cura di P. Montanari, Arianna, Bologna, 2001