Spari in casa
Pistole, omicidi e pornografia securitaria

Umanità nova, 4 febbraio 2007

 

Il 14 gennaio 2007 a San Vincenzo, in Toscana, un bambino di sei anni è morto durante un inutile la corsa all'ospedale, dopo essersi sparato con la pistola del padre. È un genere di notizia che purtroppo si legge sempre più di frequente e solo l'ipocrisia dei pennivendoli di regime può spingerli a definire questi episodi il frutto di "disattenzione fatale o forse di un tragico gioco" (come scriveva il Corriere del 15 gennaio), quando sono con tutta evidenza i frutti marci del clima di insicurezza sociale creato ad arte dalla pornografia securitaria che riempie buona parte delle pagine dei quotidiani e dei programmi televisivi e che spingono le persone più suggestionabili ad esempio a prendere una pistola in casa "per difendere la famiglia", come aveva fatto anche il padre del piccolo sanvincentino secondo la stampa locale che si è ben premurata di scrivere che la pistola assassina era "un'arma legalmente detenuta con una licenza di tiro sportivo". Di armi legalmente detenute in Italia ce ne sono sempre di più, soprattutto da quando il 24 gennaio del 2006 l'ex maggioranza parlamentare di fascisti, leghisti, berlusconiani etc ha votato la nuova legge sulla legittima difesa che consente di sparare a vista a chiunque sia in possesso appunto di un'arma legalmente detenuta e "ravvisi l'ipotesi di essere minacciato" (la legge dice proprio così: "ravvisi l'ipotesi...", nella prima stesura dicevano addirittura "si senta minacciato") da un ipotetico aggressore. La nuova legge sulla legittima difesa (che il centrosinistra ha già dichiarato di non pensare nemmeno ad abrogarla) non ha sicuramente aumentato la sicurezza dei cittadini, ma oltre ad aver prodotto tragedie come quella di San Vincenzo, una serie non indifferente di vittime disarmate e colpevoli nel peggiore dei casi di tentato furto (reato per cui evidentemente dall'anno scorso vige la pena di morte), ha fatto schizzare in alto i profitti delle industrie di armi che solo nei primi sei mesi del 2006 hanno visto aumentare del 58% le vendite di revolver e pistole automatiche. Così mentre i media continuano a raccontarci le loro orribile tavolette di un mondo spaventoso pieno di extracomunitari e drogati assetati del sangue dei bravi cittadini che lavorano, sono proprio le belle e linde casette delle famiglie-modello ad essere teatro dei crimini più sanguinosi...
Recentemente, il rapporto Eures-Ansa 2006 ''L'omicidio volontario in Italia'' ha messo in luce che nel nostro Paese il numero di omicidi volontari è calato del 65% negli ultimi 15 anni passando dai 1.695 del 1990 ai 601 del 2005. Inoltre, il rapporto ha messo in evidenza che il numero degli omicidi in Italia è al di sotto della media europea di 2 omicidi ogni 100 mila abitanti. Il Belpaese, tra il 2000 e il 2004, ha avuto infatti una media di 1,2 omicidi, superiore nell'ambito UE solo a quello di Germania, Paesi Bassi e Grecia (0,7), la nazione più sicura.
Se le strade italiane, però, stanno diventando in qualche misura più sicure, lo stesso non si può dire delle case italiane. Lo stesso rapporto Eures-Ansa 2006 rivela infatti che su dieci omicidi avvenuti nel 2005 nella sfera familiare, sei sono stati commessi tra le mura domestiche. Con un allucinante bilancio di sangue di 1.200 vittime in cinque anni (praticamente due morti ogni tre giorni), la famiglia italiana – quella santificata da milioni di spot pubblicitari e da tutti i bravi difensori dei valori tradizionali, "uccide più della mafia, della criminalità organizzata straniera e di quella comune", come hanno dichiarato gli stessi estensori dello studio. Solo nel 2005 in Italia vi sono stati 174 omicidi in famiglia, il 29,1% del totale.
Con queste cifre la sfera familiare, dove avviene anche il 91,6% degli omicidi-suicidi, precede le vittime della mafia (146, il 24,4%) e della criminalità comune (91, il 15,2%). La maggior parte degli omicidi in famiglia avviene al Nord. Ad armare la mano degli assassini è una volta su quattro il movente passionale e su dieci donne uccise in Italia ben sette sono state ammazzate dal partner o da un familiare.
Questa autentica mattanza ha le sue radici in una serie di fattori, di cui sicuramente la diffusione sempre maggiore di armi da fuoco è uno dei più determinanti. La diffusione delle armi da fuoco a sua volta legata al clima di insicurezza  creato dall'isteria dei media e dai tanti "venditori di odio" che affollano la scena politica nostrana. A questo proposito è da notare che dei 601 morti ammazzati in Italia, solo 4 sarebbero state le vittime della criminalità "straniera", cioè di quei mitici extracomunitari che secondo la propaganda di regime sarebbero scesi sullo Stivale per metterlo a ferro e a fuoco...