Nepal: guerra e Aids

Kamala Sarup, "La nonviolenza in cammino", N. 1032, 24 agosto 2005


[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Kamala Sarup. Kamala Sarup vive in Nepal ed e' un'attivista per i diritti delle donne, scrive per varie pubblicazioni in tutto il mondo e in diverse lingue incluso il nepalese, l'inglese e l'hindi] ("La nonviolenza in cammino")

Negli ultimi quattro anni, Nira Magar di Rolpa ha fatto la prostituta. Precedentemente, lavorava nella fattoria della sua famiglia. Un giorno, un gruppo di guerriglieri maoisti venne alla fattoria, e le chiese di unirsi a loro per essere addestrata alle armi. Il giorno successivo, sua madre la mando' con un paesano a Katmandu, temendo che i maoisti tornassero a cercarla. A Katmandu, dice semplicemente Nira: "Ho deciso di vendere il mio corpo per la mia famiglia". Nira viene pagata circa 7 euro da ogni cliente.
Samjhana Shrestha ha oggi 28 anni. Fu la nonna a mandarla a Katmandu, tre anni fa, dopo che il resto della famiglia era stato ucciso, nel tentativo di tenerla lontana dal terrore che e' parte della vita quotidiana nelle zone rurali del Nepal. "Sono stata picchiata, stuprata, forzata a seguire i maoisti. Cinque uomini mi hanno violentato. Mio marito e' morto. Non ho una casa. Dove posso avere aiuto per il mio bambino che deve nascere?".
La guerriglia maoista ha avuto inizio nel 1996. Da allora, fra "cessate il fuoco" proclamati e ritirati, la cifra standard dei cadaveri giornalieri e' di dodici persone. Le organizzazioni per i diritti umani stimano che dal 1996 siano state uccise quasi 6.000 persone dal governo e circa 3.000 dai guerriglieri. Nel conflitto fra le due parti, hanno perso la vita altre 10.000 persone. Il governo ha identificato una trentina di distretti nepalesi come fulcri dell'attivita' dei guerriglieri, ma sono in realta' 35 sui 75 totali i distretti in cui i maoisti amministrano direttamente il territorio.
Con l'escalation degli omicidi, dei bombardamenti e di altre forme di violenza, sono migliaia le donne che si riversano nelle aree urbane e semiurbane come Katmandu, Biratnagar, Nepalgunj, Bhairahawa, Pokhara, Kailali e Surkhet, cercando di avere un futuro.
La guerra ha ridotto la vita delle donne ad una paralisi totale. Di giorno vengono tormentate dalle forze governative che cercano maoisti, di notte vengono tormentate dai maoisti che cercano i fedeli al governo. Ishu Maharjan, a cui i maoisti hanno ucciso il marito, dice: "Vai fuori dal tuo villaggio, e ti sospettano di essere una simpatizzante dei guerriglieri. Ci torni, e i guerriglieri ti sospettano di essere una spia del governo".
Violenze brutali e selvagge, inflitte alle donne da ambo le parti, hanno generato una migrazione interna verso le aree urbane, in cui le donne sono delle profughe nella loro stessa nazione. "Le donne nepalesi non sostengono la guerra, continua Ishu, Il conflitto non permette di vivere ne' di lavorare. Vogliamo la pace, e vogliamo lavorare liberamente nelle nostre fattorie. Smettete di combattere, e dateci riso, medicine, case e mucche per cominciare da capo".
Il decennio di conflitto ha richiesto un prezzo altissimo alle donne, esposte all'abuso sessuale, rapite ed usate come schiave, a volte contagiate di proposito con l'aids. Migrazioni, prostituzione e sesso non sicuro sono una miscela mortale in Nepal, in cui la meta' dei sieropositivi sono tossicodipendenti. Le donne e le ragazze non hanno alternative a portata di mano, e cio' che il governo offre loro e' l'arresto quando le trova nei bordelli. In genere le prostitute usano e chiedono si usino i preservativi, sono i clienti a volere sesso non protetto. Le donne dicono che i clienti (uomini d'affari, impiegati statali, poliziotti, soldati, studenti) offrono loro piu' denaro per tali pratiche. La situazione in Nepal, a questo proposito, richiede particolare attenzione perche' a causa della guerra il paese non e' in grado di predisporre adeguate misure di prevenzione.
Il governo sta spendendo la maggior parte del denaro in armamenti e non pensa affatto a programmi capillari che riguardino la salute, sebbene un programma nazionale sia stato varato nel 1995, con il coinvolgimento di organizzazioni nn governative. Intanto le persone continuano a morire, decine di migliaia sono state costrette a spostarsi e innumerevoli infrastrutture sono state distrutte. Le donne hanno il peggio, da questa situazione, soprattutto quelle sieropositive: la presenza di strutture mediche si e' cosi' ridotta a causa del conflitto che la maggior parte delle donne non hanno accesso alle cure sanitarie.
L'abuso sessuale di donne da parte dei guerriglieri maoisti, della polizia e dell'esercito governativo contribuisce alla diffusione dell'aids. Gli stupri non vengono perseguiti legalmente, e si danno in un clima di impunita' che ha dell'incredibile; dopo aver subito lo shock emotivo della perdita dei mariti, dei figli, dei fratelli, ed il contraccolpo economico di tali perdite, queste ulteriori violenze risultano ancora piu' crudeli. Secondo l'Unaids, in Nepal si registrano trenta nuovi casi di aids al giorno. 182 persone al mese muoiono a causa dell'infezione. Entro il 2010, a meno di interventi massicci atti ad arrestare il diffondersi del virus, esso sara' la maggior causa di morte nel paese.
Poverta', diseguaglianza di genere, bassi livelli di istruzione, stigma sociale e discriminazione sono i fattori principali che rendono le donne vulnerabili all'hiv. Una donna sieropositiva deve fronteggiare molti problemi: l'accesso ai servizi sanitari, la possibilita' di curarsi e di avere informazioni, sono opportunita' drasticamente limitate. Al momento ci sono circa cento ong che lavorano nell'area hiv/aids, ma il coordinamento con le istituzioni nazionali e' carente, e riduce molto l'efficacia degli interventi.
Le leggi nepalesi, inoltre, rimangono discriminatorie. Sfortunatamente, il governo non riesce a capire quanto importante e' sostenere le vittime di violenza sessuale. Il programma "Smobilitazione, disarmo e reintegrazione" dovrebbe contenere la protezione dei diritti umani delle donne come parte integrante. Dovrebbe essere noto che in contesto di guerra lo stupro ed altre forme di violenza sessuale sono considerate crimini di guerra. Il governo dovrebbe prendere misure atte a rinforzare la capacita' delle forze dell'ordine e del sistema giudiziario di occuparsi dei casi di violenza sessuale, e dovrebbe lavorare con le organizzazioni e le esperte in grado di valutare le procedure adottate in base alla loro efficacia e sensibilita', nonche' alla protezione delle vittime. Le istituzioni e le ong dovrebbero sostenere appropriati programmi culturali, psicologici e sociali per coloro che hanno sofferto di violenza sessuale ed assicurarsi che le donne siano incluse in ogni fase della pianificazione per la pace, la smobilitazione, la reintegrazione e la ricostruzione.
I gruppi maggiormente vulnerabili in Nepal, collegati alla prostituzione, alla tossicodipendenza e alle migrazioni, sono a rischio a causa dell'instabilita' economica, sociale e politica. Mettere i servizi sociali in cima all'agenda politica puo' servire a mantenere la coesione sociale; investire in salute puo' ridurre i rischi del conflitto e mitigarne l'impatto: la salute dei cittadini e delle cittadine va ad aggiungere senso al concetto di "prevenzione del conflitto" tanto quanto lo sviluppo socio-economico. L'istruzione e la consapevolezza sono altri due potenti strumenti, e infine non si deve dimenticare che nessun programma diretto a contrastare l'aids avra' successo o sara' sostenibile fino a che le donne saranno finanziariamente dipendenti e non potranno controllare cio' che accade ai loro corpi.
Naramaya Tamang, che ha 30 anni, e' stata ferita accidentalmente mentre tornava dal mercato, in uno scontro a fuoco fra esercito e guerriglieri nel villaggio di Chisapani. Dalle ferite e' guarita. Oggi soffre per l'hiv. "Le donne nepalesi vogliono la pace, mi dice, Sanno che la guerra peggiora le cose per tutti, in molti modi. Serve solo ai politici e a chi sulla guerra fa i soldi".