Matteo Renzi, il grillo parlante

"Crescita Politica", Newsletter dell'Unione dei Comunisti Anarchici d'Italia, N. 34, 6 novembre 2011


Nella città che celebra a primavera la festa del grillo, in vista delle elezioni che potrebbero svolgersi in quella stagione, il sindaco di Firenze si è messo a fare il grillo parlante, facendosi interprete della voglia generalizzata di liberarsi dei vari Veltroni e D’Alema e non solo di loro, perché nella sinistra parlamentare cominci a circolare un po’ di aria nuova e il candidato da contrapporre all’attuale premier sia credibile e capace di raccogliere il consenso necessario.
L’idea è giusta e l’esigenza sentita, tanto che cominciava a profilarsi una soluzione che vedeva una scelta tra Bersani e Vendola. Tutto sembrava giocarsi sulla capacità dei due candidati in pectore di costruire un accordo con il centro e qualsiasi delle due soluzioni avrebbe comunque prodotto uno schieramento spostato a sinistra, reso accettabile dalle drammatiche condizioni finanziarie del paese.
E allora ecco la soluzione. Parte una campagna mediatica per accreditare il sindaco fiorentino come possibile candidato sul quale far convergere i voti degli elettori di destra sconcertati dalle performance berlusconiane e gioco forza quelle della sinistra. A rassicurare, l’investitura ricevuta ad Arcore dal sindaco fiorentino in una udienza, si disse, fatta per perorare la richiesta di una legge speciale per Firenze.
Di questa legge neanche l’ombra – ovviamente – ma da allora comincia a crescere un circolo mediatico di sostegno che ha dispiegato le sue forze nella kermesse svoltasi alla stazione Leopolda alla quale hanno partecipato personaggi che ricoprono ruoli significativi nel centro destra e addirittura in Mediaset. A tirare la
volata personaggi come Chiamparino, consumato ex sindaco di lungo corso, candidato a sfuggire alla rottamazione in virtù delle birrette e delle pizze consumate con Marchionne, pronto a coprire sul versante dei rapporti con l’imprenditoria d’assalto tutta l’operazione che si qualifica per i contenuti che dichiara

I cento punti del rottamatore

Il sindaco fiorentino proviene dai ranghi dell’Azione Cattolica e con modi ruspanti si è imposto nelle primarie fiorentine, riuscendo a catalizzare i voti di una base sconcertata dalla reggenza di un sindaco opaco quale è stato Domenici, quello che lo ha preceduto. Renzi si è distinto al suo esordio politico per una critica
all’articolo 3 della Costituzione e al principio di uguaglianza in quanto per lui l’egualitarismo si identifica con la mortificazione dell’iniziativa e dell’eccellenza di molti.
Pragmatico e nemico delle ideologie, vuole essere un personaggio postmoderno e traduce il liberismo che impregna tanta parte del suo partito in un populismo d’accatto che utilizza la manipolazione pubblicitaria per collocare sul mercato un prodotto generico, all’occorrenza riempibile di contenuti, a posizioni di potere
acquisite.
Se si scorrono i suoi cosiddetti cento punti si può agevolmente constatare come nei primi 17 punti si recepiscano una serie di slogan sulla moralizzazione e la riduzione dei costi della politica con un disegno chiaro di indebolimento del tessuto partecipativo dei cittadini e rafforzamento della delega verso i cosiddetti esperti. Il
tema 2 dei punti emersi alla Leopolda riguarda il rilancio della crescita economica da attuarsi attraverso provvedimenti tipici del liberismo. Di particolare significato l’abolizione dell’IRAP – tassa dalla quale dipende il finanziamento del sistema sanitario - senza indicare altre modalità per reperire le risorse sostitutive necessarie; la privatizzazione dei servizi pubblici locali, ribaltando la tendenza sostenuta dai referendum contro la privatizzazione dei beni comuni; l’apertura del mercato delle assicurazioni contro malattie e infortuni alle aziende private. In buona sostanza l’apertura al mercato del settore dei servizi per potenziare il profitto accentuando la terziarizzazione del tessuto economico del paese con la scusa dell’efficienza e della managerialità. Inoltre l’efficienza dei servizi dovrebbe essere garantita dalla concorrenza tra le diverse strutture anche pubbliche adoperando il mercato come strumento regolatore.
I punti dal 39 al 44 sono dedicati alla sanità che andrebbe riorganizzata e razionalizzata lasciando uno spazio maggiore ai privati attraverso l’esternalizzazione dei servizi in linea con l’ampliamento dello spazio economico di profitto a vantaggio del privato (magari confessionale, vista la significativa presenza di strutture
sanitarie e di assistenza gestite dagli enti ecclesiastici).
Dopo due punti dedicati alla ricerca per la quale si auspicano una quota del PIL pari all’1 % annuo e soprattutto l’intervento dei privati, l’adunanza fiorentina ha dedicato la sua attenzione alla giustizia alla quale sono dedicati i punti dal 47 al 53 con interventi di razionalizzazione organizzativa più che di sostanza.
L’attenzione si sposta poi al terzo tema “Green, digital, cultura e territorio: le nuove leve dello sviluppo” dedicando a questi argomenti ben 19 punti nei quali si fanno delle dichiarazioni di intenti estremamente vaghe e generiche, mai indicando come attuarle e con quali risorse e puntando sull’effetto annuncio, lasciando
immaginare un progetto che non c'è.
Questa tecnica di comunicazione viene utilizzata nei punti dal 74 all’86 che dovrebbero avere l’obiettivo di “dare un futuro a tutti”, un futuro inconsistente, fatto di deindustrializzazione, di vaghezza estrema nell’indicazione delle risorse alle quali attingere e sui modi per reperirle.
Infine l’ultimo tema è dedicato prosaicamente a quello che dovrebbe essere il progetto: la costruzione di una “società solida e solidale”. Si tratta di 13 punti incentrati sull’introduzione del quoziente familiare e di provvedimenti di rafforzamento della famiglia, ma segnati dalla scelta di utilizzare le risorse pubbliche per incentivare il volontariato e il terzo settore e promuovere la sussidiarietà orizzontale di fronte a uno stato sociale che arretra e riduce le prestazioni e i servizi.
Insomma un progetto di società che ha al centro il superamento dell’Art. 3 della Costituzione e in particolare quel principio di uguaglianza che lo ispira come lo stesso Renzi ebbe a dichiarare al momento della sua candidatura a sindaco di Firenze. Per lui l’egualitarismo è un’idea vecchia, ottocentesca, frutto delle ideologie che lui aborrisce. Meglio ricorrere a un sano principio di concorrenza e di competizione, fare appello alla meritocrazia in modo che il mercato possa selezionare i più forti, perché è la tendenza stessa all’uguaglianza che appiattisce la società e ne impedisce la crescita.

Buttiamola in video

Delle chiacchiere della Leopolda non si sarebbe accorto nessuno se non ci fosse stato un circuito mediatico trasversale predisposto a dargli spazio e visibilità. Prova ne sia che l’iniziativa degli ex soci Civati e Serracchiani ben più partecipata soprattutto da iscritti ai DS, svoltasi una settimana prima a Bologna, ha avuto uno spazio mediatico risicato ed è scomparsa tra le notizie senza lasciare spazio. Invece, a iniziativa ormai terminata, quella della Leopolda è stata “richiamata” con apparizioni televisive nelle trasmissioni più seguite in modo da divenire nell’immaginario collettivo l’evento tale da produrre l’effetto annuncio che gli organizzatori cercavano.
Non bisogna meravigliarsi perché gli organizzatori dell’evento sono tutti esperti di comunicazione televisiva marca Mediaset e aziende collegate e uno di essi Giorgio Gori (quello che ha portato in Italia il “grande fratello” e “l’isola dei famosi”) sta alla base della redazione dei cento punti. Da qui a capire che siamo di fronte alla riedizione in salsa renziana del berlusconismo ci vuol poco. Ma c’è di più. Nel salone della Leopolda, utilizzando uno sfondo preso a prestito da una scuola o un
salotto di casa sul palco appariva un solo protagonista che passeggiando e tenendo il microfono ben stretto sembrava fornire risposte rassicuranti a tutti, così ovvie da essere vuote, così di buon senso da sembrare delle grandi novità, ma capaci di sembrare affascinanti rispetto al linguaggio criptato della politica, o alla metafore
dello scamiciato Bersani. Benché dal palco Renzi dicesse che un politico si dimostra capace non se dice di saper fare tutto ma per la sua capacità di circondarsi di collaboratori validi, l’uomo era solo e se le persone capaci sono quelli che hanno preparato l’evento della Leopolda si tratta di berlusconismo in salsa renziana.
Per la verità una sinistra presenza aleggiava comunque nella sala: quella di Marchionne al quale Renzi guarda come al vero guru del suo agire politico. Consapevole del fatto che candidandosi anzi tempo ci si brucia, il sindaco fiorentino manda avanti e sponsorizza Chiamparino che non a caso è il compagno di merende di
Marchionne.
Come ricorda Luca Telese “Renzi si presenta come la quintessenza del nuovo, ma è anche il più antico dei giovani politici italiani. Nel 1994, nel movimento dei giovani Popolari c’erano due leader locali: il responsabile dei giovani di Firenze (il nostro Matteo) e quello dei giovani siciliani (Angelino Alfano). Il nuovissimo in Italia ha radici antiche (e sempre democristiane)”.

Crisi economica e società dello spettacolo

Per una volta la felice battuta di Bersani, che ha sostanzialmente dato dell’asino a Renzi, ha ridimensionato l’evento, ma a farlo passare in ombra sono le drammatiche condizioni del paese Come si può pensare di continuare a proporre l’uomo salvifico – travestito da candidato della sinistra – per riproporre ancora
una volta a questo paese non solo il format berlusconiano nell’uso della comunicazione ma i contenuti di una politica economica di stampo liberista, fatta di ulteriori attacchi al mondo del lavoro, di crescente terziarizzazione del paese, di totale diffusione della precarizzazione, di sostanziale immobilismo dei fondamentali dell’economia, illudendosi che basti sostituire il “puparo” perché tutto cambi ma nulla cambi ?
Eppure su questa scommessa non si giocano solo i destini di questo paese e forse dell’intera Europa, ma le prospettive di potere e di ricchezza di un’accolita di personaggi, di un circo mediatico che non vuole rinunciare al potere acquisito e che, camaleonticamente, cerca un nuovo specchietto per le allodole per attirare
un paese disorientato e allo sbando.
Ad ostacolare questo progetto non è il PD, ingessato e dilaniato al tempo stesso dalle eterne faide tra i “ragazzi del Botteghino” - intendendo con ciò riferirsi a Veltroni, D’Alema e soci, formatisi nelle stanze di Via delle Botteghe Oscure - ma la durezza della fase economica che richiede un effettivo cambiamento di passo e
una decisa scelta a favore dell’intervento pubblico in economia, che spazzi via il ciarpame liberista che ammorba l’aria e restituisca al lavoro dignità e centralità nella vita politica e sociale.
Si tratta di una scelta di campo che ancora la sinistra parlamentare non riesce a fare e perciò occorre che i fermenti e gli stimoli che vengono dalla società si rafforzino e crescano e che si producano lotte capaci di sviluppare consapevolezza non solo attraverso la concretezza degli obiettivi, ma soprattutto mediante l’utilizzo di una metodologia di partecipazione e di coinvolgimento che si caratterizzi per una crescita collettiva della consapevolezza di coloro che alle lotte partecipano. Si tratta di una strada difficile e faticosa, che a volte non dà risultati immediati, ma che è la sola capace di produrre livelli di acquisizione di coscienza dai quali non si arretra.
Non si tratta solo di lotte per difendere il lavoro, che vanno certamente fatte, non è solo un problema di maggior salario o almeno di un salario dignitoso e di lotta contro il lavoro precario e/o nero, ma si tratta di impegnarsi in lotte per la difesa e la gestione collettiva dei “beni comuni”, quei beni strategici come l’aria,
l’acqua, le risorse energetiche, il patrimonio storico artistico, la ricerca e la cultura. La lotta su questo versante ha caratteristiche molto concrete e si articola nella difesa della gestione pubblica di questi beni che va sostenuta e affermata anche con iniziative di lotta specifiche per contrastare i tentativi di privatizzazione delle attività di gestione di questi beni e il progetto di farne occasione di profitto.
E’ tempo di capire che la lotta per l’autonomia del sociale per una gestione diretta della propria vita e dei propri interessi passa per la socializzazione dei beni di interesse pubblico. Si tratta di comprendere che in questa fase è in corso un tentativo del capitale di ripetere ciò che avvenne all’inizio della prima rivoluzione industriale, quando i proprietari terrieri delle terre viciniori inclusero le terre comuni destinate alla collettività nelle loro proprietà, sottraendo alle popolazioni la possibilità di sostenersi. Il capitalismo di rapina – allora come oggi – è alla ricerca di nuovi campi dai quali trarre profitto e questo progetto, che ha carattere e dimensioni planetarie, va contrastato in tutto il mondo come ha ben compreso il movimento Occupy Wall Street.
Per la prima volta da tanto tempo non siamo soli e un nuovo mondo sembra possibile.

Il piccolo sindaco

Per quanto riguarda il piccolo sindaco ricordiamo che alla festa del grillo si regalavano le gabbiette ai bambini con il grillo dentro. La funzione era di ripulire i campi dai grilli considerati nocivi per l’agricoltura. Ora la legge vieta di catturare i grilli e la festa ha perso di senso: nelle gabbiette si mette l’immagine di un grillo.
Rilanciamola: quest’anno si potrebbe utilizzarne la foto del sindaco e metterla in gabbietta, per difendere il paese da quel che potrebbe accadergli nella malaugurata ipotesi che fosse lui il nuovo premier.