Francesco Forgione, in arte Padre Pio. Il ciarlatano

Massimo Ortalli, "Umanità nova", N. 35, 4 novembre 2007


Dal «Dizionario dei Medicamenta»
Acido fenico: «[…] Si debbono assolutamente evitare gli impacchi con le soluzioni feniche perché il contatto prolungato di esse con la cute, dopo un periodo di anestesia, può provocare fenomeni di necrosi, specialmente alle estremità […]».
Veratrina: «Tossica alla dose di 0,5 – 1 cg. Eccita le estremità dei nervi e provoca energiche azioni riflesse, tenesmo, contratture muscolari, anestesie cutanee. Applicata su cute e mucose determina irritazione fortissima a cui segue ottundimento della sensibilità. All'interno non trova alcuna speciale applicazione; anzi è meglio evitarne l'impiego perché è molto pericolosa».

In un libro appena uscito da Einaudi, lo storico Sergio Luzzatto ricostruisce la figura di Francesco Forgione, meglio noto come Padre Pio o, più recentemente, San Pio. In questo studio che, come vedremo, non ha mancato di suscitare immediatamente le più stizzite reazioni dell'intero mondo cattolico (e in questo caso è sbagliato distinguere fra cattolici "buoni" e cattolici "cattivi" perché la stizza è stata unanime), Luzzatto presenta alcuni documenti inediti che proverebbero, se mai ve ne fosse bisogno, come il cappuccino Forgione non fosse propriamente uno stinco di santo, a dispetto della massiccia venerazione di torme di piissimi fedeli che con le offerte e i pellegrinaggi costituiscono uno dei più grossi cespiti della Chiesa italiana.
Questi documenti parlano, in particolare, delle frequenti, insistenti e misteriose richieste fatte, nei primi anni Venti, dal buon padre a pie donne, farmaciste o apparentate con farmacisti. Richieste di particolari sostanze chimiche, quelle citate all'inizio, atte, con le dovute manipolazioni, a provocare le famose stigmate da cui discendeva la sua fama di santità. Acido fenico in dosi industriali, per provocare le ustioni e i "buchi" nelle mani, la veratrina, richiesta anch'essa in dosi talmente alte da far sospettare pure la piissima devota a cui era indirizzata la richiesta, per anestetizzare, con la massima efficacia, la cute aggredita dall'acido fenico. Di più, nel libro si parla anche della durissima ma inutile opposizione fatta alla creazione del mito di santità, da parte di Giovanni XXIII ("Padre Pio, un immenso inganno, un disastro di anime"), costantemente aggiornato da informatori sulle cose non propriamente cristiane, ma decisamente piccanti, che accadevano regolarmente, e per lunghi anni, a San Giovanni Rotondo. Come sempre in questi casi, gli elementi contrari alla sua dichiarata santità erano la fame di sesso e di soldi. Sesso a gogò, come provano altre lettere, epistolari e informazioni riservate inedite, sempre pubblicate da Luzzatto, e la montagna di soldi che ha sempre girato intorno alla figura del santo cappuccino.
Ovviamente, come dicevamo, queste notizie, sparate con grandi titoli dal Corriere della Sera e dalla Stampa, hanno provocato la unanime riprovazione del mondo cattolico, che dopo la santificazione di Forgione ad opera del mistico Wojtila, si è messo il cuore in pace, ha tralasciato di considerare le ricorrenti accuse di falsità mosse all'interno della Chiesa stessa, e ha deciso che i soldi e il consenso popolare che gravitano attorno al monastero del Gargano sono talmente importanti che non ci si può più permettere di avere la puzza sotto il naso.
E infatti, fra i detrattori dei detrattori di Pio, compare addirittura Loris Capovilla, che fu per anni il più fedele e sincero collaboratore di Roncalli, ma che ora non esita a dichiarare che pure Giovanni XXIII, nella sua ingenuità contadina, fu indotto a credere alle accuse da informatori falsi e invidiosi. Se addirittura Capovilla si lascia andare, per la prima volta nella sua vita, in affermazioni che contrastano con il pensiero e l'opera di Roncalli, è facile pensare che le reazioni al libro di Luzzatto di altri noti personaggi del cattolicesimo siano ben più scomposte. E infatti per Baget Bozzo quello di Giovanni XXIII fu un "massacro condotto in modo spietato perché padre Pio andava eliminato per lanciare l'operazione del Concilio Vaticano II", mentre per quell'altra bell'anima di Socci si usarono "la segregazione e metodi da Inquisizione per il suo rifiuto di versare nelle casse dell'ordine dei cappuccini le offerte di San Giovanni Rotondo". Più elegante, c'era da immaginarselo, Vittorio Messori che dice che Padre Pio "è ovunque, nelle gigantografie dei Tir e nelle cornicette d'argento sui tavoli dei Vip, nel borsellino della massaia e nel portafoglio del professore" mentre il frate Belpiede, uno dei custodi della miliardaria Casa del Sollievo dalla Sofferenza si chiede, con finta ingenuità " com'è possibile parlare di relazioni sessuali da parte di un uomo che allora aveva settant'anni?". Viene facile il commento, tralasciando la ormai riconosciuta piena sessualità degli anziani, che delle congiunzioni carnali del nostro si cominciò a parlare quando aveva poco più di venti anni, e non se ne è più smesso.
Insomma, come si vede, tutta le anime della chiesa unite per difendere la presunta "spiritualità" di San Pio, consapevoli che grazie a questa spiritualità pienamente ufficializzata da Wojtila, si muove una industria miliardaria alla quale non si può e non si deve rinunciare. Quindi il monito unanime, tanto da parte del prete progressista quanto di quello conservatore, di scherzare coi fanti ma di lasciare stare i santi. Tanto più se l'autore del libro, oltre a non essere un fanatico del frate è pure un "perfido ebreo". Ma insomma, è mai possibile che laici e giudei non abbiano ancora imparato a stare al loro posto? E dire che ne ha fatte la Chiesa, nei secoli, per insegnarglielo!