Junqueras, il miracolo della sinistra catalana che ha scalzato i secessionisti

Daniele Mastrogiacomo, www.repubblica.it, 26 novembre 2012


Dietro il successo di Esquerra Republicana de Catalunya c'è un leader capace e tenace che ha restituito credibilità alle ragioni dell'indipendentismo progressista. Un profilo da accademico, ma pragmatico e grande comunicatore.
 
Non ci crede nemmeno lui. Alza gli occhi verso il grande schermo che occupa una parete della hall dell'hotel Catalunya e gli occhi si illuminano di gioia. I militanti di Esquerra Republicana de Catalunya esplodono in un boato. Fuori, lungo le Rambla, altre centinaia di sostenitori sollevano braccia e pugni verso il cielo. Il miracolo è avvenuto. Ed è un miracolo tutto terreno, fatto di voti e di vittoria. Lo strepitoso successo del piccolo partito della sinistra, nato dalle ceneri dei Esquerra de Catalunya e dalla fusione con il Partito comunista locale, è la vera novità di queste elezioni. La gente lo ha votato in massa, ha creduto nel suo progetto. Non solo indipendenza ma cambio radicale della politica economica. Resta il sogno del distacco dal governo centrale che da sempre anima i catalani. Ma con un programma politico più concreto: più legato ai bisogni della gente, più sensibile alla disoccupazione che colpisce anche qui, a Barcellona, ai servizi sanitari tagliati, alla scuola e la cultura senza più fondi, ad un'economia viva e potente frenata da uno squilibrio fiscale.
Erc non cade nella trappola del secessionismo. La Catalogna non è la Padania di Bossi. E il merito di un successo davvero inaspettato è solo del suo nuovo leader. Nato a Barcellona nel 1969, gli anni del maggio francese, della rivolta degli studenti, di quella
stagione che segnerà la rottura con il passato e la nascita del welfare in Europa, Oriol Junqueras raccoglie i pezzi di una sinistra allo sbando e li ricompone. Lo fa con le piccole, grandi qualità di un outsider.
Oriol non è un politico. E' uno storico: un docente all'università autonoma di Barcellona. Studia al liceo italiano del capoluogo, si laurea in Storia moderna e contemporanea, torna nel paesino dove è cresciuto. A Sant Vicenc dels Horts si butta nell'arena politica. Ma lo fa da militante. Suggerisce, non impone. Media più che dividere. E lo fa con incisività. La sinistra vive la sua fase di passaggio, fatta di analisi, di discussioni, di spaccature e di fusioni. Esquerra de Catalunya, la sinistra della Catalogna, è in crisi. Alle ultime elezioni ha perso metà dei suoi deputati al Parlamento della Generalitat. Da 20 è passato a dieci. L'anima indipendentista deve fare i conti con il pragmatismo comunista. C'è distanza e divisione. Ma il professor Junqueras la colma con la sua capacità di grande conciliatore. Insiste, ricuce, trova soluzioni dove altri vedono solo problemi. E' positivo, allegro, perfino ironico. Contrasta la crisi con dosi di buon umore, senza cadere nella banalità. Conosce la storia e quindi gli uomini. Ha cultura ma sa parlare anche a chi non ha potuto e voluto studiare.
Viene letto consigliere al comune di Sant Vicenc. Lo apprezzano, lo candidano come sindaco. Guiderà l'amministrazione con scrupolo e fantasia. Rinnova, rilancia temi a cui la gente è più sensibile. E' attento alla vita di tutti i giorni. E' coraggioso: nella fase più difficile del partito, una sorta di Pd della Catalogna, si offre come segretario. Raccoglie i pezzi e li ricompone. Lavora sodo. Tratta, media, ragiona. Rilancia la sfida indipendentista, discute con la destra di Convergencia i Uniò. Condivide il progetto di Artur Mas, il grande distacco da Madrid e l'adesione, come nuovo Stato, all'Unione Europea. Ma critica le scelte economiche del governatore. I tagli alla sanità e alla scuola, il debito accumulato. Difende la classe media corrosa dalla crisi, si oppone alle misure che colpiscono soprattutto la parte più debole e indifesa della popolazione. Rilancia l'impossibile. Unisce le aspirazioni sovrane alla difesa del walfare. Una sintesi vincente che viene premiata.
I voti sottratti al CiU di Mas finiscono all'Erc di Junqueras. Era il quinto partito, diventa il secondo della Catalogna. In 18 mesi recupera i consensi che i contrasti e le divisioni avevano disperso. Ha svolto una campagna elettorale intensa ma senza eccessi. E' rimasto in silenzio fino all'ultimo. I sondaggi lo davano in fondo alla classifica delle preferenze. Era convinto di aver svolto un buon lavoro. Ma restava con i piedi per terra. Conosce la storia, con i suoi corsi e ricorsi. Conosce gli uomini, con i loro umori e le loro sorprese. Ha ottenuto 490 mila voti; due anni fa l'Erc ne aveva raccolti solo 219 mila. Ha raddoppiato. La nuova Catalogna dovrà confrontarsi con lui. "Da queste elezioni", ha ribadito davanti alla folla di militanti che urlavano e ballavano, "escono rappresentate tutte quelle forze che difendono un modello economico più giusto". Oriol Junqueras ha dimostrato che il cambio è possibile. Che il rigore, da solo, non paga. Che c'è bisogno di una spinta alla crescita. Che il nuovo esiste, senza cedere al populismo e all'antipolitica.