Gianfranco e il Moncler post ideologico

Andrea Fabozzi, "il manifesto", 4 novembre 2009


La riabilitazione dei paninari e una stroncatura del Grande Fratello. C'è anche questo nel «manifesto» di Gianfranco Fini, centosessanta pagine da oggi il libreria con le quali il presidente della camera approfitta del ventennale della caduta del Muro per mettere ordine nelle sue numerose uscite eretiche rispetto al pensiero tradizionale di destra e al berlusconismo, provando a dargli la forma di un progetto politico generale e coerente. E certo i suoi avversari del centrodestra che lo sfottono chiamandolo «compagno Fini» troveranno qualche altro argomento, solo notando come la gran parte delle citazioni dell'ex segretario del Movimento sociale italiano (dettaglio biografico sparito dalla quarta di copertina, dove si parte dalla presidenza di An) è presa dagli intellettuali contributori di Repubblica: Dahrendorf, Gallino, il politologo Carlo Galli, Stiglitz, Thomas Friedman, Caracciolo. Non farà piacere a Silvio Berlusconi, che dalla lettura di Il futuro della libertà (Rizzoli) ricaverà anche altri dispiaceri, Grande Fratello compreso.
Fini, che negli anni Ottanta non era un paninaro ma un deputato e più che al Moncler andava dietro ad Almirante, scrive che la «generazione X» è stata «bistrattata e denigrata ingiustamente» ma è stata addirittura «quella che ha aperto concretamente la strada alla libertà. Sono stati principalmente quei ragazzi a picconare il Muro. Sono stati loro a tradurre in costume di massa, istintivamente e "selvaticamente" il definitivo tramonto delle ideologie». Perché «hanno sperimentato nella loro vita quotidiana, nelle loro abitudini e nella loro musica l'insensatezza del dividere, discriminare e finanche uccidere gli esseri umani sulla base delle loro scelte politiche». Disarmati, insomma, ma sempre a San Babila o a piazza Euclide.
Sul testamento biologico, sulla procreazione assistita, sulla cittadinanza agli immigrati le idee «progressiste» di Fini si conoscono e si confermano: qui vengono presentate come inevitabili scelte di un uomo politico che si considera oltre la distinzione destra-sinistra ma interprete di una «nuova linea di faglia culturale e ideale» e cioè «rinnovamento vs conservazione». Fini ovviamente sta con la seconda: «Voglia di futuro e voglia di rassicurazione, è su queste linee che si giocheranno le partite decisive del domani». Il libro è l'autoritratto del leader post ideologico, depurato dalle battute di polemica con il «monarca» Berlusconi che anche Fini ha voluto riservare all'esclusiva di Bruno Vespa. Ma tenuto a bada da vecchi capisaldi conservatori, come l'allarme per «il deficit di autorità» in famiglia, scuola e società. Vecchie convinzioni che così inibiscono un ulteriore ripensamento di Fini, stavolta a proposito di droga visto che è sempre lui il firmatario della legge che - per dire l'ultima - ha portato in carcere Stefano Cucchi. Ma di quella legge Fini non si pentirà, o lo farà troppo tardi.