Albori del fascismo

"la Contraddizione", n. 85, luglio 2001

La soluzione su donazioni ed eredità manda libera da qualsiasi imposta (che continuerà invece a gravare sempre più sui redditi da lavoro, direttamente con l’Irpef e indirettamente con l’Iva) anche la componente pa-trimoniale del plusvalore, accumulata sul lavoro altrui, dopo che la ripresa della legge boia di Tremonti esen-ta dal pagamento di ogni tributo i “profitti reinvestiti”. [Perché, per il “pierino delle finanze”, sono forse con-cettualmente definibili profitti anche quelli non reinvestiti? Il profitto, se non rientra nel giro del capitale, cessa di essere profitto, ma il “professorino” evidentemente nei suoi brogli contabili non lo sa].
A proposito di odg inaugurali, una breve postilla riguarda il primo odg del governo Mussolini, dopo mar-cia 1922, che cominciava con l’abolizione della nominatività dei titoli (ossia licenza di occultare qualsiasi individuabilità della proprietà) e con l’abolizione o la riduzione della tassa di successione,  proseguiva con  l’abolizione di quasi tutte le imposte sui sovraprofitti, sui proventi degli amministratori e dei dirigenti delle spa, l’alleggerimento dell’imposta sul patrimonio, compensate dall’aumento delle imposte dirette sui salari e dalle imposte indirette [cfr. i due scritti di Grifone sull’economia del fascismo]. Era codesta la “politica eco-nomica dei primi anni del fascismo, quella gestita da Alberto De Stefani”, etichettata come “tendenzialmente liberista”: “si trattava, fin dagli inizî di una politica ferocemente reazionaria, ispirata agli interessi della gran-de borghesia e degli agrari”, ma che di lì a due o tre anni, sotto l’incalzare della crisi, si sarebbe tramutata nella forte politica statalistica e protezionistica del nuovo ministro fascista Volpi di Misurata (con la revoca di molte delle misure “liberiste” della prima ora). Il falso “liberismo” non ha retto alla prova della storia: i precedenti hanno un senso. Se non è zuppa, è pan bagnato.
E di precedenti la storia ne è piena, dal “bonapartismo” al comediavolosichiama. Un brillante esempio di “contratto” con gli elettori (di volta in volta scelti come i “più stupidi del pianeta”) è il seguente, già am-piamente circolato in rete e sulla stampa [l’ha già pubblicato, tra gli altri, il manifesto], ma che non è affatto male farlo conoscere a coloro ai quali fosse sfuggito:
“Il governo nazionale nell’arco di quattro anni spazzerà la miseria dei contadini. Nell’arco di quattro anni eliminerà la disoccupazione. A questo colossale compito di risanamento della nostra economia, il governo nazionale unirà l’attuazione di un piano di risanamento dello Stato, delle regioni, dei comuni. I partiti marxi-sti e fiancheggiatori del marxismo hanno avuto quattordici anni a disposizione per dimostrare la loro capaci-tà. Il risultato è un campo di rovine. Concedete a noi quattro anni e poi giudicherete”. L’ha detto il kavaliere nero? No! Si tratta “semplicemente” del contratto di Adolf Hitler col popolo tedesco, del 1933. Il resto è tragica storia.