FIAT vs FIOM
Un braccio di ferro

di Andrea Parola

Sabato 16 luglio, a due settimane dall’intesa Confindustria-Sindacati, il tribunale di Torino si è pronunciato in merito alla vertenza che Fiom ha aperto nei confronti del Lingotto, con al centro i contratti NewCo Fabbrica Italia. La sentenza la conosciamo: da una parte Fiat condannata per comportamento antisindacale, per aver escluso Fiom dal tavolo della contrattazione, dall’altra la legittimazione del contratto, nato fuori da Confindustria. Chi ha perso e chi ha vinto non ci interessa, probabilmente tutti oppure nessuno, ma certamente chi non ha vinto è ancora una volta la strategia della stabilità. “La strada legale all’infinito non ci porta da nessuna parte” sono le parole di Susanna Camusso a La Stampa del 23 luglio u.s.



Crediamo che la decisione del tribunale, abbia cercato di far prevalere il buon senso, lo stesso buon senso che ha portato all’accordo del 28 giugno. Ma non chiarisce ancora abbastanza. C’è anche chi la considera una decisione per non decidere.

Ci sono alcune cose ancora da capire, ed è per questo che si attendono le motivazioni della sentenza, previste entro fine settembre. Ciò che sappiamo, per ora, è che da un lato è garantita una rappresentanza all’interno dell’azienda per tutti i lavoratori attraverso le tre confederazioni, anche se non firmatarie del contratto (ed è proprio qui il nodo della questione), dall’altra la liceità giuridica di un contratto “di rottura” dal punto di vista delle rappresentanze, già replicato per Mirafiori e Oag (ex Bertone).

Certamente si tratta di una sentenza che ha dato un’interpretazione molto estensiva dell’art.19 dello Statuto dei Lavoratori, il quale riconosce la rappresentanza esclusivamente ai soggetti firmatari degli accordi. E’ questo il punto che ha causato il congelamento degli investimenti e l’immediato ricorso da parte del Lingotto, dove si ritiene necessario un accurato esame del provvedimento per valutare l’impatto che la sentenza può avere sulla praticabilità dei piani di investimento annunciati.

Le dichiarazioni successive alla sentenza non si sono fatte attendere. Da una parte Landini dichiara di voler presentare, entro il prossimo settembre, una piattaforma per il rinnovo del contratto del 2008 e, come se non bastasse, minaccia verso Fiat un’altra vertenza per comportamento discriminatorio, visto che, finora, le ultime assunzioni hanno lasciato fuori i lavoratori iscritti alla Fiom. Dall’altra parte, Angeletti, segretario generale UIL, già a giugno, ha disdetto l’accordo del ’93, vale a dire lo Statuto dei Lavoratori, azione totalmente approvata dal ministro Sacconi.

Secondo Marcegaglia, Fiat dovrebbe essere soddisfatta perché i contratti di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco possono facilmente rientrare nelle norme pattuite dall’accordo unitario, mentre Marchionne ritiene di non aver ancora quelle garanzie di esigibilità necessarie per la gestione dei contratti dei tre siti produttivi e degli investimenti annunciati.
La confusione regna sovrana. Altro che stabilità!



La decisione del tribunale, comunque sia, cambierà il mondo del lavoro e le sue regolamentazioni. Se, da una parte, chi voleva comprimere la rappresentanza per aumentare la capacità produttiva dell’impresa è rimasto deluso, dall’altra, chi invece pretendeva di rimanere ancorato al vecchio modello di rappresentanza dei lavoratori, dovrà allinearsi alle nuove regole (tradotto, dovrà firmare il contratto). Qui non si tratta più di deroghe alla contrattazione collettiva nazionale, si tratta piuttosto di due percorsi diversi di contrattazione, due strade che, con molta probabilità, porteranno in futuro a nuove contrapposizioni sindacali.

Una nota positiva proviene da un recente incontro dei vertici Fiat con i sindacati (al quale ancora una volta Fiom non ha partecipato), durante il quale è stato stabilito che, nel mese di settembre prossimo, tutti i dipendenti Fiat saranno riassunti da Fabbrica Italia, circa 5.200 addetti. La nuova società, come riferisce il segretario nazionale di Fismic, non sarà iscritta all’Unione Industriale di Napoli. Durante la stessa riunione, Fiat ha dichiarato che sono stati avviati tutti gli ordini per le linee della nuova Panda.

Al di là degli aspetti tecnici però, ciò che ci interessa anche capire è se questa sentenza può essere guardata come un lasciapassare per la nascita, nel prossimo futuro, di un contratto specifico del settore auto. E se si, come si inquadrerà questo contratto con l’accordo firmato da Confindustria e le tre sigle sindacali? La Fiat uscirà da Confindustria a fine anno? E poi, che posizione assumerà il Governo, specialmente quello locale?

Ci sembra ormai tanto chiaro che Marchionne intenda proseguire con la sua strategia di riposizionamento di Fiat su altri mercati e su altri siti produttivi rispetto all’Italia. Ma in Italia cosa succederà? L’abbandono da parte di Fiat del nostro paese, sarebbe un disastro sociale ancor prima che economico. La filiera delle imprese della componentistica auto, anche se ha ridotto lo sbilanciamento del proprio fatturato verso Fiat dal 63% al 56% negli ultimi anni, attraverso una attività di export, è pur sempre un indotto che conta su 2.300 imprese con quasi 170 mila addetti.

L’augurio è che, prima possibile, prevalga la saggezza, di cui tanto abbiamo bisogno dopo un lunghissimo periodo di forti contrapposizioni, che spinga tutte le parti sociali, politica compresa, verso un obiettivo di soddisfazione comune, specialmente per i lavoratori, che esorcizzi questo panorama catastrofico per la nostra città e per il paese intero.

(31 Luglio 2011)
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