Associazione ALTA VORACITA' - Contro questo Terzo Valico

[ alla Home Page ]
   Testo originale all'indirizzo: http://www.ilfederalismo.net/ ...

    [ all' Indice ]
- Download testo in formato PDF: ( pdf - 12Kb ) - ( pdf-zip - 10Kb )
- Siamo in una Botte di Ferro -        07 novembre 2005
L'Alta Rapacità arriva            
      ... sempre in orario

Si è detto che l’Alta velocità servirà a risolvere i problemi di viabilità, diminuire
il traffico commerciale sulle autostrade intasate, rendere più veloci i trasferimenti
della gente fra una città e l’altra.  Palle.  Vi spieghiamo perché

di Gilberto Oneto

Per un po´ è stata chiamata Tav (Treni ad alta velocità, per la gente alta voracità), poi, in un raro sussulto di pudore, l´hanno ribattezzata alta capacità, subito trasformata nell´immaginario popolare in rapacità.  Il nome è abbastanza sfigato, ma quello che sta a indicare è anche molto peggio.
Si è detto che la Tav-Ac servirà a risolvere tutti i problemi di viabilità, diminuire il traffico commerciale sulle autostrade intasate, rendere più veloci i trasferimenti della gente fra una città e l´altra.  Palle.

La struttura ferroviaria esistente è buona (15.985 chilometri) ma non funziona: nel 2002 ha trasportato 492 milioni di passeggeri (un aumento dello 0,8% in 3 anni) e 83.209 tonnellate di merci (con un calo del 5% nello stesso periodo).
Una linea ferroviaria a doppio binario (tutte le principali lo sono) potrebbe portare tranquillamente 150 convogli al giorno per senso di percorrenza: una valanga di vagoni.  Con un po´ più di tecnologia il numero può anche aumentare.
Per poter trasportare prodotti in maniera efficiente non occorrono grandi velocità di percorrenza: gran parte delle merci (in pratica tutto, meno la posta, i quotidiani, gli animali vivi, i cibi in celle frigorifere) può viaggiare con calma.  Occorre però che ci siano intercambi funzionali, che il materiale rotabile sia efficiente, che si possano trasbordare le merci senza troppi casini, che la distribuzione in dettaglio - necessariamente effettuata su gomma - possa accedere con facilità alla ferrovia.

Sui treni ci potrebbero salire anche le automobili: pensate alla comodità, per andare ad esempio da Torino a Trieste, di mettere l´auto su un vagone e starsene seduti a leggere il giornale, guardarsi un film, andare al cesso quando serve, appisolarsi, lavorare.  Sarebbe un viaggio forse più lento di quello autostradale (salvo intasamenti nelle tangenziali di Milano e di Mestre, e una decina di altre trappole infernali), ma costerebbe di meno e si arriverebbe a Trieste freschi come delle rose.
Lo stesso si potrebbe fare per biciclette e moto.  Un bel sogno?  Da qualche parte funziona.

Ci dicono che la Tav serve ad aumentare la velocità del trasporto persone, ma c´è qualcosa che non quadra nel ragionamento.

Primo: sappiamo che dal 1939 a oggi la velocità media dei treni italiani è diminuita di 30 chilometri l´ora.  A giustificare questo disastro non basta tirar fuori la scusa che per fare andare i treni in orario il bieco regime fascista sottoponeva i macchinisti e il personale a condizioni di schiavitù che i sindacati di oggi non accetterebbero.

Secondo: la grandissima maggioranza dei passeggeri è composta da pendolari, gente che fa piccole tratte periurbane, che non ha bisogno di correre a 300 all´ora, ma di "viaggiare", di partire e arrivare in tempo, possibilmente in condizioni umane.

Terzo: le distanze fra le città della penisola sono limitate e il percorso di un treno si riduce essenzialmente a un susseguirsi di tratte di accelerazione e decelerazione.
Per fare un esempio, fra Torino e Venezia ci sono in mezzo almeno sette città importanti (Vercelli, Novara, Milano, Brescia, Verona, Vicenza e Padova) dove non si può non sostare, pena la perdita di una grossa fetta degli utenti.  In tutto sono 420 chilometri, divisi in otto tratte di lunghezza media di 52 chilometri.
A cosa serve un treno che vada a 350 chilometri all´ora come quelli giapponesi? Non farebbe neanche in tempo a raggiungere quella velocità che dovrebbe rallentare per la fermata successiva.

Un treno che viaggi a 120-130 chilometri di media (circa quattro ore fra Torino e Venezia, comprese le soste) sarebbe già grasso che cola, rispetto alle quasi cinque ore del più veloce Intercity di oggi (quando non è in ritardo...) e alle sei ore e passa di un "normale" diretto.
Ma per ottenere un risultato del genere si possono più semplicemente (e saggiamente) razionalizzare le linee esistenti che, oltre a tutto, hanno il grande vantaggio di arrivare nei centri storici.

Invece oggi si investono risorse incredibili in progetti faraonici che costano un sacco di soldi ai contribuenti (in maggioranza padani), creano enormi problemi ambientali, sociali (espropri, contenziosi) e disagi per i cantieri, che distruggono il territorio, che si mangiano risorse agricole, e che finiscono inevitabilmente (come tutte le grandi opere italiane) in malaffare e corruzione.
Per fare arrivare qualcuno mezz´ora prima? Per aumentare i convogli? Tutte palle.  Quanti sono quelli che devono andare da Torino a Lione in tre ore invece che in quattro?

Come si fa a credere a una struttura (le ex FS, ora più patriotticamente ribattezzate Trenitalia) che non riesce a fare funzionare quello che ha?
Oggi i treni sono delle fogne sgangherate e spesso pericolose, sono piene di zecche, cimici e pantegane, di notte sono dormitori clandestini, sono sporchi, pieni di siringhe, puzzolenti, vandalizzati, dipinti da graffitari rintronati, sono insomma uno schifo.
Le stazioni sono lerce, piene di balordi, accattoni, delinquenti e sfaccendati.  I treni non rispettano gli orari, il personale è spesso scortese.
Salire a bordo dà un avvilente senso di eternità: non si sa quando (e se) si parte, non si sa quando (e se) si arriva, e se si arriva la cosa più urgente è una disinfestazione radicale.
I pendolari vengono ammassati in vagoni che hanno subito ogni oltraggio e in condizioni da subcontinente indiano.
Non serve neppure arrancare fino in prima classe: lì ci sono le stesse puzze e l´identico affollamento di umanità affranta, grazie alla frequentazione scontata o gratuita di ferrovieri, parenti di ferrovieri e di statali in genere.

E gli stessi che sono responsabili di questa bolgia infernale e pelasgica vorrebbero farci credere di essere in grado di gestire efficientissime, modernissime e costosissime linee ad alta velocità!
Ma come saranno in grado di pilotare e gestire una Ferrari se non riescono a tenere in ordine una bicicletta?

Un Paese civile sfrutterebbe in maniera efficiente il patrimonio disponibile, migliorerebbe le attrezzature che ci sono, raddoppierebbe le linee dove serve, investirebbe in materiale e nel personale.  Qui invece si ruba e si usa l´azienda come un sfogo per la disoccupazione meridionale o come un serbatoio elettorale.  Proprio come le false pensioni di invalidità.

Un paese civile rimetterebbe in sesto l´enorme patrimonio edilizio, razionalizzerebbe la rete esistente, costruirebbe nuove linee metropolitane nella grandi città, nelle aree più congestionate.
Un Paese civile sacrificherebbe un po´ di illusioni tecnologiche al rispetto per il paesaggio e per la proprietà privata.  Ma questo non è un Paese civile.

Oltre a tutto sulle ferrovie si è da sempre concentrato l´appetito patriottico, e c´è un´antica tradizione di malaffare legata alle rotaie.
La prima grande abbuffata alle spalle dei contribuenti del nuovo Stato unitario è avvenuta prima ancora che si fosse concluso il glorioso cammino risorgimentale: Garibaldi aveva affidato l´appalto della costruzione delle ferrovie meridionali a Pietro Augusto Adami, finanziatore dell´eroica impresa dei Mille e ad Adriano Lemmi, sostenuto da Mazzini, che aveva scritto una lettera di raccomandazione al Generale dicendo del suo protetto che: «(...) dove altri farebbe pro suo d´ogni frutto d´impresa, egli mira a fondare la Cassa del partito e non sua».
Cioè il tipo non avrebbe rubato (solo) per sé ma per il partito.  L´Italia nasceva sotto i più sicuri e coerenti auspici.
Appena dopo essersi liberato di Garibaldi, il Governo italiano ha però revocato l´appalto e lo ha concesso prima ai Rothschild e poi a Pietro Bastogi, che ci costruirà il più grosso affare della nuova Italia redenta.
Per decenni sulla costruzione delle ferrovie ci hanno mangiato tutti: sovrani e ministri, mafie e logge, partiti e fazioni.  Menotti Garibaldi aveva addirittura messo su una fabbrica di traversine.
Tutti i padri della Patria hanno partecipato al banchetto, ciascuno con un faccendiere di fiducia.
Ne è rimasto escluso solo Cavour ma perché non ha vissuto abbastanza: aveva dovuto "contentarsi" delle ferrovie piemontesi.

L´affollamento di interessi attorno alle rotaie non ha mai perso di vigore, come ricordano le tante vicende più recenti che hanno coinvolto ministri e amministratori, faccendieri delle lenzuola d´oro e tutta una spensierata brigata di amiconi.

L´allegra cuccagna patriottica sembra avere trovato nuovo slancio con l´Alta velocità, con il suo corollario di gallerie e di ponti miliardari.
Ci resta una sola speranza: che l´Italia che si è unita con un grande malaffare ferroviario, si disfi con un altro grande truso ferroviario.
In fondo - come dice una nota pubblicità televisiva - il treno ha una particolarità: porta via ma riporta anche indietro.  Non solo la gente ma - speriamo - anche la libertà!



Milano, 07 novembre 2005
Gilberto Oneto


_________



- Download testo in formato PDF: ( pdf - 12Kb ) - ( pdf-zip - 10Kb )


[ Torna ad inizio pagina ]


[ alla Home Page ]

Gilberto Oneto - "L'Alta Rapacità arriva ... sempre in orario" - Da "il federalismo" n.44 anno IX - 07 novembre 2005 - pag.18